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Autore: Paper Town    04/04/2014    1 recensioni
«Guarda in alto.» le aveva sussurrato, prendendole le mani, abbracciandola da dietro, tenendola stretta a sé.
E Sophie aveva guardato.
L&S 7.07.2012
Perfetti insieme. Perfetta quella data. Perfetta quella sensazione di poter volare.
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1.524 words
Genere: Malinconico, Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Louis Tomlinson, Nuovo personaggio
Note: AU | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Trying to Fly Away
 

Sophie stava seduta su quella collina, al loro posto. Quello dove lui le aveva confessato il suo amore, quello dove lui l’aveva baciata un’ultima volta due mesi fa.
Quel posto era come una medaglia: aveva due facce.
La prima era quella bellissima, quella che le piaceva, quella che le faceva ricordare del tempo passato insieme, quella ce le faceva ricordare i baci, le parole sussurrate, le carezze. In quella faccia della medaglia il vento soffiava in modo diverso, le cose sembravano diverse alla vista, gli odori erano più forti, intensi. Erano odori belli, vivaci, dolci. Come le loro risate. Come i loro baci. Come i loro abbracci.
L’altra faccia della medaglia è quella più bastarda. In questa sono rinchiusi tutte le lacrime, la nostalgia, il dolore provati in quei due miseri mesi senza di lui.
Perché a Sophie mancano i suoi baci, le mancano quelle labbra sottili e morbide. Le manca quel sapore di miele che solo lui aveva.
Perché a Sophie mancano da morire quelle braccia tutte tatuate, quelle braccia forti che l’avvolgevano, la facevano sentire bene, protetta, al sicuro. Perché quelle braccia erano calde e familiari come la sua casa, perché lui era la sua casa.
Perché a Sophie mancano quegli occhi, così accesi, pieni di vita. Perché le mancano quegli occhi blu come il cielo, come il mare. Perché le mancano quegli occhi così accesi di voglia di vivere. Perché le mancano come diventavano due piccole fessure quando rideva. Perché quegli occhi scaldavano l’anima, che adesso era congelata.
Perché a Sophie manca tanto la sua voce. Quella voce dolce, sempre divertita, quella voce a volte stanca, ma mai troppo per parlarle.
E Sophie seduta sui quella collina sente freddo, perché non c’è il suo petto caldo dietro la sua schiena.
Sophie vorrebbe tornare indietro nel tempo, per godersi meglio quegli occhi, quelle braccia, quelle labbra, quel suo calore familiare.
Stacca qualche filo d’erba. Sembra meno verde senza di lui.
Guarda quell’albero sotto al quale è seduta. Un salice piangente. Guarda i suoi lunghi rami flessibili che si muovono portati dal vento. “L’albero di Avatar”, lo chiamava lei. Anche esso li aveva visti baciarsi, ma non l’ha riportato indietro.
Quell’albero, con le sue foglie verde chiaro, quel suo leggero movimento, non mettono tranquillità a Sophie. Lei ancora siede lì, sperando che lui possa tornare ed abbracciarla, farle sentire il suo calore, scongelarla.
Guarda il punto più alto della collina, ricorda come lui l’ha baciata per la prima volta. Le ha preso le mani, le ha fatto allargare le braccia, le loro dita si completavano perfettamente. Ha poggiato la fronte sulla sua, i loro respiri che si fondevano. Non riuscivano a staccarsi dagli occhi che avevano di fronte. Poi lui si era avvicinato, aveva fatto scendere le loro mani, ancora unite, lungo i fianchi. I loro nasi si erano toccati. Poi lei ricorda di aver chiuso gli occhi e ricorda di aver sentito le sue labbra, così fresche, così perfette.
E Sophie soffre ricordandosi di quello che era la loro storia. Si toglie un riccio ribelle da davanti gli occhi, ricordandosi che lui non è più lì per farlo. Non sentirà mai più le sue lunghe dita, le dita di un pianista, che le accarezzano il volto.
«Perché?» sussurra, mettendo la testa tra le gambe. Sophie non riesce proprio a spiegarsi perché lui, proprio lui che era così buono e gentile con tutti, se ne sia dovuto andare. Non solo dalla sua vita.
Si sdraia e sul ramo sopra di lei riesce ancora a vedere l’incisione fatta con gli occhiali rotti, quel pomeriggio d’estate.
Aveva pestato gli occhiali.
«Solo tu, Boo, puoi rompere gli occhiali.» gli aveva detto ridendo, reggendosi la pancia, mentre il povero Louis si grattava la nuca imbarazzato. Era quel suo comportamento così dolce, vulnerabile a volte, ad averla attratta tanto. Non c’erano tanti ragazzi dolci e belli in giro. E lei aveva trovato quello giusto.
«Guarda allora che faccio.» aveva detto lui. Poi si era arrampicato sull’albero, quell’albero che li aveva visti passare da semplici amici a qualcosa di più.
Aveva preso la stecchetta spezzata ed appuntita degli occhiali da sole, e aveva iniziato a scrivere. Il ramo si muoveva pericolosamente e delle foglie cadendo si impigliarono tra i capelli di Sophie.
Louis balzò giù, agile come un bradipo. Infatti cadde sul sedere per terra, facendo solo ridere di più Sophie. Si era dovuto riarrotolare i pantaloni sulla caviglia e si era dovuto girare meglio la maglietta.
«Guarda in alto.» le aveva sussurrato, prendendole le mani, abbracciandola da dietro, tenendola stretta a sé.
E Sophie aveva guardato.
L&S 7.07.2012
Perfetti insieme. Perfetta quella data. Perfetta quella sensazione di poter volare.
E Sophie adesso sta guardando in alto. Non se ne sarebbe dovuto andare. Sarebbe dovuto rimanere con lei, per sempre. glielo aveva promesso. Ma aveva imparato che la gente promette solo per il momento, la gente promette per non mantenere. Perché le regole, le promesse sono fatte così: fatte per essere trasgredite, fatte per non essere mantenute, fatte per essere dimenticate.
Si alza, e va sul punto in cui lui l’ha baciata la prima volta. Si guarda intorno. La campagna inglese si estende tutto intorno a lei. Vede il sole che tramonta, vede come infuoca tutti i campi attorno a lei.
Lo vede, e sente ancora di più la sua mancanza. Perché mai avrebbe pensato che avrebbe visto quella meraviglia senza di lui accanto. Perché lui, in qualche modo, faceva parte di quello spettacolo, faceva parte di quella perfezione.
Fissando il sole, Sophie si alza sulle punte dei piedi, allarga le braccia. E lo sente. Lo sente quel calore che preme contro la sua schiena. Le sente le sue braccia che sono sfiorate dalle dita sottili di lui, ma non si gira. Lo sente il suo respiro sul suo collo, e si alza ancora di più in punta.
Il sole le illumina il volto. Lei alza un braccio, seguita da quella presenza, tocca un raggio di sole, lo sente il suo calore.
Su, su, sempre più sulle punte. Chiude gli occhi, e il vento le porta dietro le spalle tutta quell’ammasso di ricci ribelli.
Le sente le sue labbra sulla sua guancia. Lo sente il vento che le sussurra qualcosa, ma non riesce a sentire cosa.
Il vento entra nei suoi vestiti, raffreddandola, ma facendola sentire così viva.
Sophie Campbell sta cercando di volare via. E la sente. Quella sensazione che provi solo quando davvero stai volando, quella sensazione che provi solo nei sogni, quella sensazione stupenda di stare sopra il mondo, di possederlo, quella sensazione stupenda di far parte di qualcosa di più grande.
E Sophie la sente ancora quando apre gli occhi. La sente e sorride. La sente ed una lacrima le cola lungo la guancia. La sente, e lo sente lì con lei.
E adesso di nuovo il vento.
Adesso lo sente più forte. Le sente le mani che spingono la sua schiena, sente di star perdendo l’equilibrio. Adesso sente l’erba sotto di sé, lo sente il masso su cui va a sbattere. Ma è felice.
Sanguina, ma è felice.
Sta per morire, ma è felice.
Ha volato, ed è stato bellissimo.
L’ha sentito accanto a lei, ed è stato bellissimo.
E lo sente adesso quello che il vento le sussurrava.
Sono qui, dietro di te.
E sorride, il suo ultimo sorriso.
Sorride  perché è la sua voce.
Sorride perché vede quelle pozze blu.
Sorride perché vede i suoi sgargianti pantaloni.
Sorride perché la barba sulle sue guance c’è ancora.
Sorride perché ha provato a volare via, e ci è riuscita.
Sorride perché finalmente sa che sta andando verso di lui, verso i suoi abbracci, verso il suo sorriso, verso quelle labbra che avranno sempre un dolcissimo sapore di miele.
Sorride perché è con lui.
Sorride perché il vento è tornato a soffiare in modo diverso, le cose sono tornate ad essere diverse alla vista, gli odori sono tornati ad essere più forti, intensi.
Sorride perché il ghiaccio nella sua anima si era sciolta, il disgelo era iniziato.
Sorride perché ormai nulla la può riportare con i piedi per terra.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Writer.
Sto piangendo.
Mi piace da morire questa OS.
Avevo abbandonato da troppo tempo Louis. E non mi andava di lasciarlo in un angolo.
Questa OS mi mette una tristezza incredibile, ma mi piace da morire.
Perché anche io provo sempre a volare via, ma non ci riesco mai.
 
La collina immaginatevela come vi pare, io l’ho descritta come una collina sulla quale sono stata dopo una gara di cavallo.
È un po’ il racconto di una mia giornata con il mio migliore amico.
E mi viene da piangere, perché è stato il giorno più bello della mia vita. Mi ha visto sulle punte come una cretina e mi ha detto “Sembra che voli via”. E mi è venuta in mente questa.
Ha un posto speciale nel mio cuore questa OS, quindi.
Oddio mi sento una depressa.
Ditemi cosa ne pensate, prendetemi anche a pesci in faccia, ditemi pure che fa schifo, anche se spero di no.
 
Vado, cercate sempre di evadere dalla vostra vita, almeno una volta al giorno.
Manu xx









 
   
 
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