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Autore: Krysh    04/04/2014    1 recensioni
Ci furono epoche nelle quali uomini e creature magiche gioivano assieme, ma la paura degli uomini portò ad una tirannia. Le creature magiche furono costrette a vivere all'ombra e nascoste, ma non per molto.
Delle creature si ribellarono e capitanati da un elfo fondarono dei luoghi dove potevano vivere in pace, nascosti all'uomo.
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Raccolta | Avvertimenti: Violenza
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 1. Prologo

Via dalla città dell’acqua

Il sole era appena sorto sulla costa sud-occidentale dell'enorme isola.
Quel giorno era caldo e con poche nuvole. I bambini correvano e giocavano sulla spiaggia, mentre, le madri erano occupate con le loro faccende. Chi cuciva, chi lavava le lunghe vesti e chi cucinava.
Gli uomini erano partiti per pescare ed erano fuori da qualche giorno. In quei giorni, le donne e i bambini erano come un'unica famiglia. Allestivano un'enorme tavolata per mangiare tutti assieme e si dividevano i compiti per le giornate.
La quiete era il pane quotidiano di quei giorni e non c'era nulla di meglio per i bambini, che giocare dalle prime luci dell'alba fino a notte tarda quando le loro madri si raggruppavano e raccontavano favole antiche. Per la stessa occasione, quattro anni prima, la moglie del capo villaggio aveva dato alla luce una bambina il giorno prima che suo marito partisse per il mare. Non era la prima loro figlia, quel titolo spettava alla sorella più grande di lei di due anni, Brumier. Se la più grande era identica al padre, la più piccola era la madre in ogni suo tratto. L'aveva chiamata Fimbethil, era così gracile e le ricordava tanto le sue terre nei boschi. Elanor non era un elfo di mare, lei veniva dai più bei boschi dell'isola, un posto che a volte le mancava troppo...
Fimbethil era il perfetto elfo silvano, bionda con sgargianti occhi verdi smeraldo, una pelle bianca come un giglio e una spruzzata di lentiggini sul naso a punta, mentre, Brumier era più un misto: aveva dei fulvi capelli rosso fuoco e occhi color del cielo ,come il padre; ma la pelle bianca, il naso a punta e le lentiggini, li aveva ereditati dalla madre.
In quei giorni le neo-madri si limitavano a badare ai piccoli e a preparare cibi semplici, Brumier era sempre a zonzo a giocare con i più grandi o a esplorare non si sa cosa. Fortunatamente veniva sempre fermata dalle altre donne, prima che combinasse qualche pasticcio. L'anno in cui nacque Fimbethil gli uomini tornarono prima del previsto e portarono con se pesce in abbondanza per tutta la stagione. Brumier odiava vedere pesci morti e odiava il loro puzzo, sia cotti che crudi. In questo era identica alla madre, aveva mangiato solo ciò che cresceva nel bosco e l'idea di mangiare animali la nauseava. Fimbethil e suo padre sembravano accomunati da questo e si divertivano ad abbuffarsi dei frutti dell'oceano.
Anche quell'anno il periodo della pesca era caldo e piacevole, Brumier era andata ad avventurarsi con i maschi, mentre Fimbethil creava ghirlande con le bambine più grandi. Erano due bambine completamente diverse, ma sua madre le adorava entrambe. Per mezzogiorno, le anziane cucinarono vari tipi di pane, mentre le altre donne si sbizzarrirono con pesce e frutti.
Era un'altra giornata gioiosa, tutti scherzavano e i bambini non smettevano di giocare nemmeno a pranzo. Per farsi perdonare da sua madre di aver infangato tutti i vestiti, Brumier riempì le caraffe con l'acqua del fiume durante le sue “avventure” e gliele porse sorridendo colpevolmente.
«Quando ti comporterai come si conviene?» La rimproverava sempre sua nonna paterna che era così schizzinosa da poter essere confusa con un elfo dei cristalli.
«Non c'è nulla di male a lasciare che si diverta, è una bambina» sua madre la difendeva sempre, forse perché anche lei da piccola avrebbe voluto essere difesa e non costretta a seguire rigide regole comportamentali.
Le settimane passarono e degli uomini non vi era traccia, le donne era in uno alto stato dall'erta e le più giovani cercavano di non farlo percepire ai bambini. L'ultima cosa che volevano era spaventarli, ma più i giorni passavano, più il cielo diventava nuvoloso e gonfio d'acqua. Le madri confinarono i bambini nelle loro palafitte, mentre loro costruivano delle barchette richiudibili, dove avessero messo i bambini in caso le cose peggiorassero.
Brumier non ne poteva più di stare confinata in quella palafitta vuota, così, mentre sua sorella dormiva, uscì di casa. Era mezzogiorno, il sole cercava di oltrepassare le nuvole con non poca fatica. Dall'uscita di casa, Brumier, vide dei pezzi di legno galleggiare. Ce n'era uno molto più grande con una strana scritta. Scese di corsa e andò sul bagnasciuga, dove la tavola di legno si era accasciata. Lei la prese divertita, credendo fosse una nuova avventura, poi vide qualcuno in acqua. Non era lontano da lei, così immerse metà delle sue magre gambe nell’acqua per avvicinarsi, finalmente l'uomo era idenificabile, ma Brumier si volle avvicinare di più «BRUMIER!» una voce isterica urlò il suo nome. Sua madre. L'aveva tirata fuori dall'acqua in un batter di ciglia
«Che volevi fare?» non era arrabbiata. Era furiosa. Lei si limitò ad indicare il corpo galleggiante, sua madre si voltò a guardare e sconvolta la lasciò andare ed entrò in acqua, prese l'uomo e lo avvicinò al bagnasciuga. Era Beren, capo villaggio e padre di  Brumier e Fimbethil.
«Padre...» la voce dolce e acuta di Brumier si era ridotta in un sussurro appena percettibile «Brumier» le si rivolse senza forze, la guardò intensamente per quanto poté, lei si avvicinò lasciandogli toccare il suo viso caldo. Gli occhi di entrambi, azzurri come il ciel sereno, si riempirono di lacrime prima che quelli di suo padre si spensero definitivamente «PADRE!» urlò e le sue lacrime caddero sul viso bianco e morto del padre. Brumier non smise di urlare e piangere, si disperava. Sua madre la riportò nella palafitta dove aveva svegliato Fimbethil con le urla.
Il giorno dopo il cielo prometteva un temporale e il mare si stava ritirando su se stesso, le donne si erano alzate prima dell'alba per preparare le provviste ai loro figli, quel giorno sarebbero partiti con le barche richiudibili e, se ci fossero riuscite, le madri li avrebbero seguiti appena possibile. Brumier si era rifiutata di partire e sua sorella la copiava buffamente. Infine, Elanor le prese di peso e le mise sulla barca richiudibile tutta in legno con dentro qualche cuscino e provviste per una settimana. Le baciò sulla fronte e spinse la barca sull'oceano «Mamma!» urlò Brumier che aveva trovato uno spiraglio sul tettuccio della barchetta per vedere. Vedeva sua madre e tutte le altre donne rivolte all'oceano che piangevano e salutavano altre barchette. Si spostò, guardò la sorella e la vide impaurita, l'abbracciò “Se saremo assieme non saremo sole”. Pianse.
 



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