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Autore: Meraki    04/04/2014    2 recensioni
E così avevo ceduto, di nuovo.
Nonostante mi tratti per la maggior parte del tempo come un fratellino minore di cui prendersi gioco, vale la pena sopportare per assaporare quel brevissimo lasso di tempo in cui divento il suo mondo intero. Giusto?
(GRI/Nyongtory)
Genere: Angst, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: G-Dragon, Seungri
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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Mi mangia con lo sguardo.
I suoi occhi si muovono avidi lungo il mio corpo, assapora ogni piccolo istante che lo separa da me. Si avvicina lentamente, appoggia una mano sul mio collo, lo percorre fino a farmela passarmela tra i capelli. Posso sentire il suo fiato caldo sulle mie labbra: le osserva come un uomo disperso nel deserto guarderebbe un sorso d’acqua fresca.
“Seunghyun…” sussurra, “Nessun altro oltre me dovrà mai sapere quanto le tue labbra siano buone… Intesi?”.
Annuisco, inerme. In momenti del genere, potrebbe dire o fare qualsiasi cosa e io non riuscirei comunque a contraddirlo.
“Dillo”
“Sono tuo,” rispondo flebilmente con una voce che non sembra neanche appartenermi.
Lo vedo sorridere prima di avventarsi con avidità sul suo sorso d’acqua fresca.


Quando mi sveglio sono solo.
Dev’essere ancora presto perché il sole illumina solo flebilmente la camera d’hotel.
Mi stropiccio gli occhi e mi guardo attorno: il letto è disfatto, le coperte e i cuscini sono a terra e sul comodino sono abbandonati due flûte e una bottiglia di champagne vuota. Sospiro pesantemente e prendo il cellulare dalla tasca dei miei pantaloni, appallottolati a terra. Segna le 7:18 di Domenica mattina e non ci sono messaggi né chiamate perse. Deluso, osservo lo schermo per qualche minuto;  mi alzo e vado a farmi una doccia, chiedendomi come, dopo tutto questo tempo, ancora riesca ad aspettarmi qualcosa da lui. Con una lentezza estrema mi faccio la barba, mi pettino e mi vesto con dei vestiti puliti: per fortuna mi ero portato dietro un cambio.
Già sapevi come sarebbe andata a finire la serata, vero?
Scaccio quel fastidioso pensiero dalla testa ed esco.
L’aria di Seoul è particolarmente fresca questa mattina, quindi decido di prendere un taxi per arrivare fino a casa. Durante il viaggio ripenso alla sera prima e una rabbia tanto forte quanto impotente torna ad impossessarsi di me. Mi gratto via una pellicina dal pollice in un momento di nervosismo e sospiro pesantemente.
Ieri ho partecipato ad un variety show assieme agli altri membri dei Big Bang. So benissimo qual è il mio compito all’interno del gruppo e la mia posizione. Così, spesso, lascio che i miei hyung raccontino storielle divertenti su di me per intrattenere il pubblico. Beh divertenti… per loro. Ma sopporto volentieri questo tipo di “nonnismo” perché ormai conosco il mio ruolo tra i Big Bang: Seungri, il piccolo maknae pervertito e scemo. Mi etichettano come quello che guarda porno e ci prova con tutte indiscriminatamente. Il ragazzino esuberante e pieno di sé che fa freddure brutte e scontate. Anni fa me la prendevo per essere definito così, cercavo in tutti i modi di scrollarmi di dosso certi pregiudizi… Finendo solo per peggiorare la situazione. La verità è che ora non me ne importa più niente. Che la gente parli, che dicano quello che vogliono. Non mi interessa. Anche perché, al 99%, tutte le cose che gli hyung raccontano su di me sono sciocchezze che si inventano e che non fanno altro che ingigantire il “personaggio” che è Seugri.
Il mio problema è rappresentato da quell’1%. Quell’1% sono le storie che spesso e volentieri “scappano” a Jiyong durante le dirette tv. Fatti veri, di vita vera, della mia vita, della vita di Seunghyun. Aneddoti che mi vergogno di far sapere in giro, G-Dragon li sventola ai quattro venti come se stesse raccontando una barzelletta di Pierino.
Ma, d’altronde, cosa dovrei aspettarmi da Jiyong?
E così ieri abbiamo litigato, di nuovo.


“Hyung, perché hai detto quelle cose?!”
“Mh? Quali cose?” mi guarda con un’espressione confusa.
“Sai benissimo a cosa mi riferisco” borbotto arrossendo leggermente.
“Ah, ma dai… Stavo scherzando no? Mica te la sarai presa? Se-un-gri-shi!” cantilena divertito mentre mi scompiglia I capelli.
“Certo che me la sono presa! Hyung, quella era una cosa privata che ti avevo confidato e…”
“Non dire scemenze, a nessuno importa di quella roba… Domani nessuno se ne ricorderà più. Sarà solo l’ennesimo aneddoto che ti riguarda su cui rideranno i fans!” sogghigna e lascia scivolare la mano sul mio braccio, per poi stringere la mia, “E’ solo una storiella divertente…”
“Beh, per me non è divertente!” controbatto ritraendo la mano e infilandomela con rabbia nella tasca, “devi smetterla di trattarmi come se fossi un bambino!”
“Ma tu sei un bambino, il mio…” sorride dolcemente e si avvicina a me, guardandosi attorno per controllare che non ci sia nessuno nei paraggi, poi mi pizzica dolcemente il lobo dell’orecchio tra le dita e mi da un bacio leggero al lato della bocca, “Sali in taxi con me… Ho una sorpresa per te.”


Sospiro pesantemente, scuotendo la testa.
E così avevo ceduto, di nuovo.
Nonostante mi tratti per la maggior parte del tempo come un fratellino minore di cui prendersi gioco, vale la pena sopportare per assaporare quel brevissimo lasso di tempo in cui divento il suo mondo intero. Giusto?
“Signore, siamo arrivati.”
Sussulto e guardo fuori dal finestrino.
Perso com’ero nei miei pensieri, non mi ero accorto di essere arrivato sotto casa.
Pago il taxista e scendo lisciandomi il soprabito con una mano.
Abito in un un quartiere tranquillo e silenzioso appena fuori il centro città. O meglio, abitiamo. Beh, tecnicamente non abitiamo proprio assieme, però abbiamo comprato due appartamenti nello stesso palazzo. Quindi, in pratica, abitiamo assieme.
Decido di salire le scale a piedi e, casualmente, indugio davanti alla porta di Jiyong per qualche minuto. Ovviamente non succede niente. La porta resta ermeticamente chiusa. Lo zerbino con sopra disegnato un cane simile a Gaho e la scritta “Welcome”, rimane perfettamente allineato con l’uscio. Che diavolo sto facendo?

Ci fermiamo davanti ad un grande hotel e Jiyong scende per primo dal taxi, venendo ad aprirmi la portiera con fare galante “Prego signor Lee”.
Rido divertito “Hyung che fai… La gente potrebbe riconoscerci e pensare male!”
“Ma va… E poi sarebbe tutta pubblicità,” mi sorride e richiude la portiera dietro di me: per lui è tutto uno gioco e quelle parole mi feriscono un po’.
“Ehi, stavo scherzando” si affretta a dire lui, forse notando la mia espressione.
E’ incredibile come, quando siamo soli, cambi completamente, tanto da sembrare un’altra persona. A volte riesco a percepire nettamente il distacco tra la figura dell’idol G-Dragon e quella del ragazzo Kwon Jiyong. Probabilmente questo accade perché anche la mia “maschera” di Seungri decade, quando sono circondato da persone fidate come lo è lui. E io, ovviamente, preferisco di gran lunga Kwon Jiyong a G-Dragon, con tutti i suoi difetti e le sue imperfezioni che contribuiscono a renderlo una persona “reale”.
Prendiamo le chiavi della camera e saliamo al quinto piano dell’Hotel, in una delle suite che si apre sulla skyline di Seoul con le sue immense vetrate. Entriamo nella stanza senza accendere le luci e ci sediamo sul letto in silenzio, ammirando il panorama.
“E’ bellissimo Jiyong…”
Un’altra cosa che adoro è che, quando siamo soli, posso chiamarlo Jiyong, senza dover per forza usare appellativi o nomignoli stupidi.
“Ti piace?” la sua mano risale sulla mia gamba per poi intrecciarsi teneramente alla mia, “mi dispiace per prima ma… Lo sai, G-Dragon non riesce a resistere nel farsi bello davanti alle telecamere.”
“Non è umiliandomi che G-Dragon riuscirà a farsi bello davanti agli altri, sai? Puoi riferirglielo,” rispondo seccato, facendo schioccare la lingua con disappunto.
“Sì lo so… Ma è più forte di me. Devo inserirti in tutti i miei discorsi, sai?” sussurra cercando di farsi perdonare, sfiorandomi il collo con le labbra.
“No… Sono arrabbiato,” sbuffo e piego la testa da un lato “questa sera non l’avrai vinta tu!”
Ride sommessamente e si sporge sul letto per prendere una bottiglia di champagne abbandonata sul tavolino li a fianco.
“Allora facciamo un brindisi… Alla prima volta in cui Seunghyun rifiuta le attenzioni speciali del suo Leader!” stappa la bottiglia e mi porge una flûte alzando le sopracciglia in segno di sfida.
Sbuffo e la prendo, poi mi metto a ridere e brindiamo.
“Quindi… Cosa hai intenzione di fare?”
“Cosa intendi?”
“Beh siamo noi due da soli, al buio, in una meravigliosa suite d’hotel e siamo seduti sul letto…”
“Sono arrabbiato…” ripeto con la gola secca, prendendo poi un altro sorso di champagne.
“E io sono affamato,” controbatte prontamente Jiyong. Giurerei di poter vedere i suoi occhi brillare nel buio.
“Se vuoi possiamo chiamare il servizio in camera.”
“Ma io non sono affamato di cibo…”


E così ci ero ricascato.
Per l’ennesima volta.
Mi strofino le scarpe sullo zerbino di casa sua con un’aria un po’ sconsolata.
Nonostante tutto non riesco a resistergli.
Di colpo la porta si apre e nella penombra riesco a scorgere la figura di Jiyong, che mi guarda con gli occhi ancora mezzi socchiusi per il sonno “Entra…”
“Come facevi a sapere che ero qua fuori?” chiedo sconcertato.
“La tua aurea da scemo del villaggio si percepiva fino in camera mia,” mugugna e, senza aspettare risposta, si volta e scompare nel corridoio.
Sospiro ed entro, togliendomi le scarpe sull’uscio e afferrando un paio di pantofole dalla scarpiera. Casa sua è… Beh, incasinata quasi quanto la sua testa. Ci sono scarpe e vestiti accatastati un po’ ovunque, Gaho sta beatamente sonnecchiando nella sua cuccia in salotto e non si degna nemmeno di venire a farmi le feste.  Seguo Jiyong fino in camera, dove lui si infila nel letto e riprende a dormire ignorandomi completamente. Sospiro pesantemente “Hyung però non si trattano così gli ospiti, sai?”.
Decido di preparargli la colazione: con le poche cose che ha in frigo, riesco a mettere assieme qualche pancakes con della frutta fresca e del caffè.
“Che buon profumo” lo sento prendere posto attorno al tavolo e sbadigliare sonoramente. Probabilmente è riuscito a svegliarsi solo con l’aspettativa di una colazione decente. Preparo due piatti, uno per me e uno per lui, e li metto a tavola. Jiyong inizia a mangiare di gusto senza preoccuparsi neanche di ringraziarmi, stropicciandosi gli occhi e riavviandosi i capelli di tanto in tanto.
Sospiro.
Smettila di aspettarti questo tipo di gentilezze da lui. Le uniche attenzioni che ti rivolge sono quelle che apportano vantaggio anche a lui. Come la storia dell’hotel… Gentilezza? Non farmi ridere, il suo scopo era ben chiaro… E tu ci sei cascato come uno scemo.
Giocherello con i pancakes e mangio lentamente, pensieroso. Forse è vero? Jiyong non mi ha mai detto chiaramente cosa prova per me… O cosa non prova. Non abbiamo neanche mai ufficializzato cosa siamo.
Già… Ma noi, cosa siamo l’uno per l’altro?
“Seunghyun, che hai?”
“Niente… Pensavo.”
“Che novità” sorride flebilmente (appena sveglio non è in grado di ridere in modo soddisfacente) e si protende sul tavolo, “dammi le tue fragole,” mi ordina e, senza aspettare risposta, infilza le due fragoline nel mio piatto e le divora.
“Ma… hyung, le stavo tenendo da parte per mangiarle per ultime! Sono la frutta che preferisco!” protesto con tono piagnucoloso.
“Ah si? Eh, ormai sono andate. Non lo sai che le cose buone sono le prime che devi consumare? Altrimenti ti sazi con cose che non ti piacciono e quando arrivi alle tue pietanze preferite non riesci a godertele appieno. Mal che vada puoi sempre avanzare le cose non buone… Però almeno ti sarai assaporato appieno le fragole” spiega con fare saccente, tracciando in aria cerchi concentrici con la sua posata.
Lo guardo negli occhi aggrottando la fronte. Io ho sempre pensato fosse meglio mangiare prima le cose cattive: non si deve partire dal presupposto di avanzare qualcosa nel piatto. Prima le mangio, prima me le tolgo da davanti e posso occuparmi e deliziarmi con le cose che preferisco.
Forse è questo il problema…
Jiyong cerca di assorbire solo il bello dalla vita. Si abbuffa di esperienze positive, di cose che vuole fare e di gente che sente il bisogno di avere. Ma quando arrivano i momenti brutti, i lati negativi, quando le persone non hanno più niente di nuovo da offrirgli, semplicemente decide di scartarle. Come farebbe con il cibo non di suo gradimento.
“Perché questa mattina non sei rimasto con me in hotel?” chiedo di punto in bianco, cambiando completamente discorso.
Lui mi guarda con fare colpevole e non mi risponde subito. Mangia l’ultimo boccone della sua colazione e beve un sorso di caffè. Poi alza le spalle con fare indifferente “preferivo dormire e svegliarmi nel mio letto,” risponde semplicemente “ma non volevo svegliarti.”
Sospiro e mi alzo per sparecchiare la tavola, senza aggiungere altro.
“Che c’è ora?” domanda con fare scocciato, passandosi una mano tra i capelli, “pensavo ti avesse fatto piacere stare un po’ da soli!”
“Mi ha fatto piacere, molto,” aggiungo, appoggiando i piatti nel lavello “ma… noi due, cosa siamo?” domando senza voltarmi, il cuore che inaspettatamente accelera i battiti.
“In… in che senso noi due cosa siamo?” lo sento balbettare per la prima volta dopo tanto tempo e la cosa mi fa venire una voglia incredibile di ridere. Mi volto verso di lui e osservo con piacere la sua espressione sconcertata. Nonostante sia un discorso serio, mi piace pensare che anche io, a volte, sono capace di metterlo in difficoltà.
“Secondo te? Cioè, so che non potremo mai rendere pubblica la nostra relazione ma… Abbiamo una relazione?” prendo fiato e arrossisco appena, “noi due stiamo assieme?”.
Silenzio.
Dopo quelle che sembrano ore, Jiyong finalmente risponde: “non sono bravo in queste cose ma… Beh, Seunghyun… Ma che domande fai così di punto in bianco?” sbuffa e si alza sistemando la sedia per poi girarsi e tornare in camera.
Rimango un po’ interdetto, poi lo seguo “Beh, è tutto qui? Che risposta sarebbe quella? Perché te ne vai così?!” gli domando alzando leggermente la voce. Non volevo urlare, ma il suo comportamento inizia a darmi sui nervi.
“Dopo tutti questi anni perché mi fai questa domanda adesso?!” sbotta mentre sistema con rabbia la coperta sul letto, come se fosse lui quello a dover essere infuriato.
Non avevo mai visto Jiyong rifarsi il letto.
“Io… Volevo solo saperlo. Sono stufo di essere trattato come un bambolotto di pezza. Tu arrivi, ti prendi quello che vuoi e quando hai finito te ne vai e io… Mi sento mille volte più solo di prima,” ammetto, mentre una spiacevole sensazione si fa spazio dentro di me. Mi accorgo con sorpresa di star trattenendo a stento le lacrime; in ogni caso Jiyong continua a non guardarmi, fingendo di sistemare la federa del suo cuscino. In realtà so benissimo che è tutta una scusa per non confrontarsi con me. E’ in imbarazzo, è arrabbiato, è confuso…Non lo so. Forse sono io quello confuso.
Siccome continua ad ignorarmi, mi siedo a peso morto sul letto di fronte a lui e lo tiro per un braccio “guardami quanto ti parlo!” sbotto e finalmente lui si gira verso di me. E’ rosso in viso e non riesce a sostenere per molto il mio sguardo.
“Cosa vuoi che ti dica? Sono una frana nelle relazioni,” ammette, sospirando appena, “spesso mi sono comportato male con te e… Beh, sicuramente lo farò ancora. Quindi se al tuo fianco vuoi una persona premurosa e presente hai proprio sbagliato strada,” detto ciò, si siede vicino a me e mi passa un braccio attorno alla vita, “come ti ho fatto soffrire finora ti farò soffrire ancora mille altre volte,” ammette, appoggiando la testa sulla mia spalla, “ma non credere che io sia una persona così insensibile. Mi interessa quello che provi. Mi interessi tu.”
Mi bacia vicino al collo dolcemente e io lo lascio fare, ripercorrendo mentalmente quelle frasi.
“Non posso prometterti niente, non sono nella condizione di farlo. Ma se potessi promettere qualcosa, tu saresti la prima e l’unica persona a cui penserei di dedicare me stesso,” ammette e poi mi volta lentamente il viso con una mano per baciarmi dolcemente.
“Ho bisogno di te. Ti amo.”
Sospira a pochi centimetri dal mio viso e per la prima volta sento che mi ha aperto completamente il suo cuore. Contraccambio con un altro bacio e rispondo: “anche io”.
Qualche ora più tardi siamo sotto le coperte, abbracciati e completamente nudi.
Mi accoccolo tra le sue braccia e ascolto il suo cuore battere finché il suo respiro non si regolarizza e capisco che si è addormentato.
Rimango ad osservarlo: la forma del suo naso e la curva delle sue labbra, le sue ciglia, il suo collo… Tutto mi da una sensazione di familiarità e mi trasmette calore.
Nonostante le cose che mi ha appena detto, magari un giorno finirà per scartare anche me. Mi abbandonerà all’improvviso proprio com’è entrato prepotentemente nella mia vita, nel mio cuore. Ma, mentre sono li, nella calma piatta di quella domenica pomeriggio realizzo che io non posso fare a meno di lui: nonostante il dolore, i suoi comportamenti strani ed egocentrici, le sue manie strane e la sua possessività, non potrei mai immaginare la mia vita senza di lui. Voglio stargli vicino per quanto mi è possibile, fin quando mi è possibile.
Forse, semplicemente, dovrei imparare anche io a cominciare un pasto dalle fragole.
Sorrido e chiudo gli occhi, finalmente tranquillo.



You'd take the clothes off my back and I'd let you
You'd steal the food right out my mouth and I'd watch you eat it
I still don’t know why, why our love is so much, ohh
You curse my name, in spite to put me to shame
Hang my laundry in the streets, dirty or clean, give it up for fame
But I still don't know why, why I love it so much

And baby, it's amazing I'm in this maze with you, I just can't crack your code
One day you screaming you love me loud, the next day you're so cold
One day you're here, one day you're there, one day you care
You're so unfair, sipping from your cup 'til it runneth over, Holy Grail
  
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