«Amore».
Un mugolio quasi impercettibile uscì dalla bocca della compagna; si alzarono anche i suoi occhi, mostrando disappunto.
L’aveva interrotta per l’ennesima volta.
Lei lo sapeva, eccome se lo sapeva, che odiava quelle pause tra un bacio e l’altro. Tra una carezza e l’altra.
Però insisteva.
«Amore».
Questa volta uno sbuffo.
Le mani della bionda accolsero il volto dell’altra, carezzando le guance piene, per richiamare tutta la sua attenzione.
Quando le mani smisero di toccarle i fianchi nudi, sentì l’inesistente aria fredda su quella parte che con cura, le stesse, avevano scaldato.
Un piccolo brivido lungo la schiena.
«Fai veloce, ho da fare».
Chiuse piano gli occhi, spostando la testa verso di lei e colorandosi le labbra di un sorriso.
Ora solo buio.
Buio che le nascondeva da sguardi indifferenti o fin troppo curiosi.
Buio diventato ormai, quasi, un porta fortuna.
Buio della stanza in cui si amavano da così tanto tempo.
Due dita ancora tiepide sulla sua tempia, lei ancora in silenzio.
Poteva vederla nonostante le palpebre stanche e chiuse. Poteva immaginare quella fossetta nel lato sinistro, vicino al labbro.
Non le lasciava il volto.
«Baciami» chiese piano, senza preoccuparsi del tono roco con cui pronunciò quella preghiera.
Si gustò l’attesa.
Poi sentì quella leggera pressione. Sentì il cuore sospirare. Sentì la dolcezza lasciare spazio all’irruenza.
Sentì il sorriso dell’altra nascere sulla sua bocca e mischiarsi tra i baci.
Il buio della stanza di nuovo testimone di ben poca innocenza.
«Ora non interrompermi più, ho da fare».
Una risata, poi un sospiro.
E di nuovo il buio, mentre si acuivano i sensi.