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Autore: bradlifer    05/04/2014    3 recensioni
Dopo la battaglia alla Sword & Cross, per Luce viene scelta una destinazione diversa dalla Shoreline: passerà, infatti, i diciotto giorni della tregua a New York, dove come unico punto di riferimento avrà Cam.
Il loro rapporto si evolverà, così come quello tra lei e Daniel, e questi cambiamenti potrebbero portarla ad agire e a scegliere come lei stessa non avrebbe mai immaginato.
Genere: Azione, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Cameron Briel, Daniel Grigori, Gabrielle Givens, Luce Price
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Spoiler!, Triangolo
Capitoli:
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    Capitolo 16 – Paradiso + Inferno

Come si aspettava, Luce fu sputata fuori dall'Annunziatore con poca grazia, cadendo in ginocchio contro il suolo. Un suolo caldo ma non bollente, così scuro che Luce non riusciva a vedersi le scarpe.
Alzandosi, si rese conto di essere avvolta nella penombra, in una stanza scarsamente illuminata da luci sui toni del rosso.
Si aprì le orecchie sbadigliando, per capire cosa fossero quei suoni soffusi che percepiva.
"E se la chiamassimo Lucinda?" La voce di suo padre la sconvolse.
La risata di sua madre la straziò. "Come la cantante?"
"È al suo concerto, che ci siamo conosciuti. In fondo, le rendiamo omaggio." Continuò Harry.
"Okay." Disse Doreen, un sorriso nella voce.
Luce sentì il gorgoglio di un neonato.
"Benvenuta, Lucinda Price." La voce rotta da un pianto felice di sua madre portò Luce a girarsi ripetutamente su sé stessa, cercandola.
"Oh, Lucinda! La mia nipotina preferita!" Questa era Anne, sua nonna paterna, morta sei anni prima. Cosa avrebbe dato Luce per rivederla, anche se solo una volta!
"Anne, per forza è la tua nipotina preferita: abbiamo solo lei." La bacchettava sempre Max, il nonno, ancora in vita.
Di sottofondo alle voci dei suoi nonni, un'altra voce, molto più profonda e intensa, continuava a dire una strana frase, su cui Luce si focalizzò a poco a poco.
"Per la vostra profonda mancanza di responsabilità e rispetto verso tutti noi vostri Fratelli, io vi condanno..."
"Ciao, sono Callie. Tu come ti chiami?" La voce di una piccola Callie riempì le orecchie di Luce. Si erano conosciute in prima elementare, più di dieci anni prima.
"Allora, Lucinda... come ti appaiono esattamente queste ombre? Le vedi anche adesso? Sono attorno a noi?" Questo era sicuramente uno degli psicologi da cui i suoi genitori l'avevano portata. Il dott. Stratford o il dott. Brixton?
"... a rincontrarvi in Terra. Ogni diciassette anni, vi ritroverete e vi innamorerete. E al primo bacio..." Di nuovo quella voce profonda e incontestabile.
"Pennyweather Van Sykle Lockwood." La presentazione di Penn riecheggiò in quella stanza buia.
"Non mi hai mai visto prima di questa settimana." Daniel, in un vano tentativo di dissuadere Luce dalle sue ricerche alla Sword & Cross. Sembravano passati secoli da quei giorni.
"È una vita che ti aspetto." Luce rivide lo sguardo di Cam quando le aveva detto quella frase, la domenica precedente.
"... Lucinda morirà, avvolta da una fiammata." Ci fu una pausa, dove tutte le altre voci tacquero e calò un terrificante silenzio. "E ora, cadete."
Un tonfo assordante e un tremolio che fece cadere Luce a terra percossero la stanza per una decina di secondi. Poi, tutto tacque di nuovo. Luce rimase sul pavimento, in ascolto, in attesa.
Dopo un lungo istante, un suono pesante, come quello di un antico portone che viene aperto, riempì le orecchie di Luce, che scattò in piedi.
Alla sua sinistra, notò la figura scultorea di un uomo dal viso squadrato, i lineamenti duri, la pelle verdognola. L'uomo era dietro un leggio, e aveva lo sguardo perso in un punto davanti a sé.
Luce si avvicinò, ponendosi davanti alla traiettoria dello sguardo di quell'essere inquietante. Niente. Non batté ciglio.
"Dove mi trovo?" Gli chiese, senza ottenere risposta.
Luce guardò le spalle dell'uomo: respirava? Impercettibilmente, ma sì, respirava.
"La prego. Mi dica qualcosa."
Le pupille dell'uomo si spostarono di un millimetro alla sua sinistra, puntandosi su Luce. L'espressione tirata e la voce piatta, disse una frase dura e diretta: "Non sono io quello che devi pregare, Lucinda."
E il suo sguardo si spostò di nuovo.
Affranta e stremata, Luce sbuffò, voltandogli le spalle.
Fece un paio di passi, poi notò un movimento alla sua sinistra. Decine di movimenti provenienti da decine di scure sagome alate che si avvicinavano piano.
Quando un bagliore rossastro li illuminò, Luce riconobbe Arriane, Roland e la ragazza con i capelli rosa che aveva visto alla capanna il giorno prima.
Il cuore che le batteva fortissimo, il respiro corto e il corpo tremante di paura, Luce guardò oltre loro tre. C'era Daniel. E Constance, con il suo aspetto originario e etereo. E Rosalyn.
Riportò lo sguardo sul viso soddisfatto e pieno di fiducia di Arriane, la prima amica che aveva avuto alla Sword & Cross, che si era portata una mano sul cuore, un sorriso sul viso.
Luce ricambiò il sorriso spontaneamente, gli occhi pieni di lacrime. Avrebbe voluto abbracciarla.
Deglutendo, Luce soppesò la possibilità di dire qualcosa agli angeli che l'avevano protetta in quelle ultime settimane.
"Mi dispiace per le vostre perdite. So che non ve ne fate molto delle mie parole, ma spero di riuscire a porre fine a tutto questo. Stanotte finisce tutto." Sbatté le palpebre un paio di volte. "E scusate, se vi ho portati ad odiarmi. Addio." Gettò un'ultima occhiata a tutte quelle persone, che ricambiavano lo sguardo in silenzio, e si avviò verso quelle che sembravano delle porte verso l'aldilà. Le porte del Paradiso.
Luce procedeva a passi piccoli e incerti, la salivazione bloccata e le mani gelide.
Poi, sentì qualcosa puntato alla sua schiena.
"Fa' un altro passo e giuro che ti ammazzo." La voce che Luce amava, quella che era abituata a sentire squillante e ironica, ora suonava torbida e decisa.
Luce si voltò piano, ritrovandosi la punta della stellasaetta ferma sul cuore, e lo sguardo di Cam piantato nel suo.
Le si gelò il sangue nelle vene. Era giunto il momento. Avrebbe dovuto fargli credere di avergli mentito per quasi due settimane, quando in realtà non si era mai sentita più libera e sé stessa. Avrebbe dovuto farsi odiare dall'uomo che amava. Avrebbe dovuto essere fredda, e severa, mantenendo sempre un irritante tono ironico, come aveva visto fare a lui quando aveva ucciso Miss Sophia.
Lo aveva osservato così tanto e aveva pensato così tanto al suo piano, che le venne quasi naturale.
Incatenò lo sguardo a quello di Cam, posò una mano sulla mano di lui che impugnava la freccia e gli fece un sorriso triste e finto. Lentamente, gli fece scostare la mano, allontanandosi la stellasaetta dal petto.
Luce batté le palpebre, serrò le labbra e tirò un sospiro di sollievo.
"Cam." Disse con voce piatta lei, un nuovo e nostalgico sorriso. "Non puoi uccidermi con una stellasaetta, non sono un angelo." Scosse la testa, come una mamma che rimprovera il figlio adorato.
Cam deglutì, stringendo forte la mano attorno alla freccia, che ora era puntata verso il pavimento. Gettò un'occhiata cupa a Luce, che cambiò repentinamente espressione, guardandosi attorno.
Sembrava che tutti gli angeli stessero trattenendo il fiato, in attesa che lei capisse. Che lei capisse tutto.
Luce, sconcertata, guardò Daniel, di cui continuava a fidarsi e con cui avrebbe voluto parlare della sua vera natura proprio in quel momento. Lo avrebbe preso per mano e portato in un angolino, e si sarebbe fatta dire come diamine fosse possibile. Perché, dallo sguardo di Daniel, non c'erano dubbi. C'era un motivo preciso se Cam le aveva puntato contro una stellasaetta e non una pistola. Non si era sbagliato, affatto. Luce era una di loro. Era un angelo. E come tale, sarebbe morta solo con una stellasaetta. O al primo bacio con Daniel, nelle altre vite. Cos'era cambiato?
Vide Arriane avvicinarsi, le braccia aperte e gli occhi pieni di lacrime proprio come quelli di Luce, che però scosse la testa.
No. Mimò all'amica. Non voleva sapere altro. Era stato abbastanza scoprire di essere un angelo dal silenzio che si era creato attorno a lei.
Arriane indietreggiò, un'espressione dispiaciuta sul viso, e Luce riportò lo sguardo su Cam, ancora di fronte a lei.
"Si può sapere che cazzo ti passa per la testa, eh?" Sibilò lui. "Hai idea di dove ti trovi?"
"Alle porte del Paradiso, presumo." Rispose lei acida, alzando la testa.
Cam accusò il colpo. Luce che usava ironia in una situazione del genere? Sapeva che il loro battibecco si sarebbe protratto a lungo, purtroppo. La guardò attentamente: persino la postura sembrava diversa. Più rigida, autoritaria. Lo sguardo freddo e crudele, il ghigno beffardo ancora ben stampato sul viso. Non era la ragazza di cui si era innamorato.
Così, Cam si ritrovò ad ammettere di amare Luce proprio quando la stava perdendo. O forse, quando l'aveva già persa.
"Cam... è stato tutto così veloce, non trovi?" Domandò Luce, portando le mani giunte al petto. "Peccato." Sbuffò, lasciando che le braccia tornassero lungo i fianchi. "Ma tutte le cose belle hanno una fine, a quanto pare." Gettò un'occhiata a Daniel, e così fece Cam, come ipnotizzato dalle parole e dagli spostamenti di Luce. Di scatto, gli occhi di lei tornarono sul demone. "Sei sempre riuscito a leggermi, Cam. A capirmi. E questo... beh, questo è sempre stato un punto a tuo favore." Fece una pausa, alzando un sopracciglio. "Ma poi, hai iniziato a farti leggere da me. E ti sei innamorato. È stato sufficiente. È bastato l'amore a farti vedere quello che io volevo che tu vedessi."
Cam scattò in avanti ringhiando, stringendole la gola e scaraventandola contro l'enorme portone che incombeva alle spalle di lei.
Il dolore alla testa a causa della botta col legno non era nulla in confronto a come si sentiva dentro. Era devastata, distrutta.
Con la coda dell'occhio destro, vide il gruppo di angeli e demoni fare un passo in avanti, ma poi si fermarono. Sapevano che Cam non le avrebbe mai fatto del male. La stellasaetta era a terra, lontana diversi metri da loro.
"Tu menti!" Gridò Cam lasciandola andare, allontanandosi con lenti passi all'indietro.
Sì, mento, mento spudoratamente! Perdonami. Salvami. Portami via di qui. Mi odio, mi odio. E amo te. Portami via, Cam.” Gridò nella sua mente Luce. Sperò con tutte le sue forze che lui potesse leggerle lo sguardo come una volta, ma evidentemente, in quel momento i suoi occhi e i suoi sentimenti erano davvero ghiacciati.
L'espressione tradita e delusa di Cam non cambiò, e Luce rimase in silenzio con le lacrime agli occhi, guardandolo.
Poi, prendendo un respiro profondo, si voltò. E posò le mani sulle maniglie del portone.
"Hai davvero bisogno che te lo dica?" Le domandò Cam all'orecchio.
Sconvolta com'era, Luce non si era nemmeno accorta che lui l'aveva raggiunta. Una mano di lui appoggiata al fianco destro, l'altra che le accarezzava il viso. Era una posizione così intima. Luce si sarebbe girata a baciarlo. Ma non lo fece.
"Hai davvero bisogno che ti dica che ti amo, Luce?" Aggiunse lui, disperato. "Basterebbe questo a non farti varcare questa soglia? Eh?"
Luce tacque, deglutendo. La amava. Glielo aveva detto. Fino a che punto lo aveva spinto? Luce si odiò, di nuovo e di più.
"Ti amo, Lucinda Price. Io... io... ti amo." Ripeté Cam, la bocca che le accarezzava il lobo dell'orecchio mentre parlava.
Luce chiuse gli occhi, cercando di godersi il suono di quelle parole.
Poi se lo scrollò di dosso, come una signora infastidita dalle effusioni di una scimmietta allo zoo.
Si voltò di nuovo verso di lui, posando una mano su una guancia del suo viso.
Lasciò che le lacrime iniziassero a scorrere, non le importava più.
"Leggi la lettera, Cam."

Fu un attimo. Un respiro. Un battito di ciglia. Un battito del cuore. E una luce bianca e insopportabile prese ad accecarlo, sprigionata dal portone che Luce aveva aperto.
Si coprì gli occhi con una mano, indietreggiando, solo.
I suoi compagni gli gettarono occhiate timide e dispiaciute, Arrianne e Roland gli si avvicinarono, ma poi ci ripensarono e seguirono gli altri, entrando in Paradiso.
Quando anche l'ultimo angelo fu entrato, il portone si richiuse con un tonfo, e Cam rimase in quell'anticamera cupa e vuota, in ginocchio e con un pezzo di carta stritolata tra le mani.
La lettera di Luce. L'unico modo che aveva per capire qualcosa di quello che stava succedendo.

Spero che tu abbia fatto come ti avevo detto. Che abbia aspettato il momento in cui mi odiavi. O quello in cui io ti dicevo di leggere la lettera.
È andata nel secondo modo, eh? Immaginavo. Tu non puoi odiarmi. E questo, amore mio, sarà sempre la tua rovina. E la mia salvezza.
Sono stata convincente? Cioè, davvero ti ho fatto credere di non averti mai amato? Di averti fatto vedere quello che volevo vedessi (ammettilo, è stata una grande uscita!) sempre?
Beh, mi devi dei complimenti. E lo sai.
Mentirti mi è costato così tanto. Costruire questo piano per giorni, ore. Prepararmi le frasi da dire, gli atteggiamenti da tenere. È stato estenuante. Anche perché tutto quello che avrei voluto fare era passare ogni istante della giornata con te. Ed è ancora così. Sarà sempre così.
Adesso, puoi credermi. E so che lo farai.
Lo so perché ho imparato a conoscere meglio te in dieci giorni che me stessa in diciassette anni di vita.
E questa vita, Cam, avrei tanto voluto viverla con te. Se me ne daranno l'occasione, anzi, se tu me la darai dopo quello che ti ho fatto, credimi, sarà la vita più bella che possiamo vivere, entrambi.
Mi rendi migliore di quanto io stessa credessi possibile. E te ne sono grata. Grazie per avermi riportata in vita. Grazie per avermi afferrata, sempre. Grazie per le risate, le chiacchierate, la rabbia e l'amore. Grazie per avermi guidata con leggerezza nel percorso per capire come poter risolvere questa situazione. Grazie per New York, la nostra New York.
Lascia che ti spieghi meglio questo piano, questo complotto che ha vagato nella mia mente negli ultimi giorni. Tutto parte da Rosalyn, domenica scorsa, che si lascia sfuggire che è nelle mie capacità sconfiggere Lucifero e... ehm, Dio. Okay, la cosa è strana, ma non importa. Poi conosco Constance, per caso, nella sua botteguccia su Central Park West. E boom, scopro che anche lei è stata maledetta. E che ha elaborato una formula, una specie di polvere, in grado di annullare parzialmente una maledizione. E me la regala! Capisci? Un'estranea mi da' questa polverina rosa visibile solo agli occhi umani e ai suoi e una speranza. Il martedì scopro che praticamente posso usare gli Annunziatori come cavolo voglio, il che è una figata, perché posso andare dritta dritta da Lucifero con uno schiocco di dita. Non so se piangere o ridere di questa consapevolezza.
Comunque, ecco qui. Mi affido alla polvere. E alla fortuna. In fondo, chi mi assicura che funzionerà?
Chissà, magari Lui è davvero buono come dicono e mi lascia andare. Ma non sarà così facile, vero?
Se non ce la dovessi fare, se dovessero decidere che ho vissuto e sbagliato abbastanza, ti prego, non odiarmi. Non sei fatto per l'odio, anche se ti ostini a fingere di esserlo. Vai avanti. Sopravvivi. Vivi anche per me. Ama anche per me. Perdonami, se puoi, e dimenticami. E dimentica Lilith. Quella era davvero la donna più pazza del mondo. Quella donna ti ha lasciato volare via, Cam.
Trova il tuo posto nel mondo, con una persona che meriti il tuo amore più di me e Lilith messe insieme.
Ti amo, addio.

Luce

♦♦♦

Luce non aveva mai visto tanta luce. Era tutto così bianco. Sentiva i passi leggeri degli angeli dietro di lei, che prendevano posto in un semicerchio alle sue spalle, bloccandole l'uscita.
Il portone marrone, era l'unico colore in quella sorta di stanza di nuvole. Poi, c'erano i suoi vestiti e i suoi capelli e quelli degli angeli. Le ali dei demoni.
Si guardò attorno. C'erano tutti. Tranne Cam. Luce sorrise istintivamente. Menomale. Si augurò che stesse leggendo la sua lettera.
Poi, guardò di nuovo davanti a sé. Non ebbe il tempo di realizzare ciò che stava osservando, il suo corpo fu pervaso da una nuova e inebriante sensazione.
Sentì la schiena drizzarsi, tutte le vertebre scrocchiarono, i capelli vennero scostati da due grosse e morbide ali che andavano aprendosi sulle sue spalle. Girò la testa a destra e a sinistra: la sua apertura alare era quasi di dieci metri. Molto più grande di quella di Daniel. Le piume delle sue ali erano di un grigio intenso. Perché? Non erano né bianche come quelle degli angeli, né nere come quelle dei demoni. Le accarezzò, affondando le dita nelle lunghe piume. Sorrise con le lacrime agli occhi.
Per un attimo, si dimenticò di tutto. Persino della sua anima e del suo cuore, lontani di qualche metro, chiusi fuori con quel demone con gli occhi verdi.
Poi, venne distratta da una voce profonda e a cui non si poteva porre resistenza.
"Bentornata a casa, Lucinda."
Luce aguzzò la vista: davanti a lei c'era l'imponente figura di un trono, disegnata da nuvole leggermente grigiastre, e seduta vi era la sagoma di un uomo, che uomo non era. Era solo spirito.
Luce trattenne una risata isterica: voleva tornare da Cam e volare via con lui, non fare due chiacchiere con Dio.
Tutto ciò in cui non aveva mai creduto si rivelò reale, e Luce sapeva che Lui non avrebbe mai permesso che lei tornasse a casa sana e salva. Anche se nessuno le avrebbe mai creduto davvero se avesse detto di aver parlato faccia a faccia con Dio, Lui non poteva lasciarla andare.
In quell'istante, il momento in cui realizzò che non avrebbe davvero mai più visto Harry e Doreen Price, né Callie, né Cam, né Daniel, né Roland e Arriane, né Miranda, che non avrebbe mai più camminato sulla Fifth Avenue, che non avrebbe mai più sentito il sole sulla pelle né il vento a scompigliarle i capelli, Luce morì. La sua anima si spense. La speranza la abbandonò. La gioia di avere un paio d'ali tutto suo svanì. Rimase il suo corpo, tenuto in vita dal lento battito del suo cuore, pesante.
Le girava la testa, e tremava. Non voleva morire. Non era pronta, nonostante si fosse convinta di essersi abituata a quell'idea.
Alzò lo sguardo sconvolto sul Trono, notando che accanto, alla sinistra di Dio, c'era una semplice sedia, sospesa, dove seduto vi era un ragazzo, di bell'aspetto, i capelli legati in una coda dietro la testa, gli occhi chiari che la scrutavano.
Trattenne il fiato. Lo sguardo di quel ragazzo aveva uno strano effetto su di lei. Chi era?
"Ciao, Luce." Le disse, la voce gentile.
Luce spostò lo sguardo velocemente tra il Trono e il ragazzo, poi gettò un'occhiata agli angeli attorno a lei. Daniel stava fulminando con gli occhi quel tizio, mentre le ali di Roland erano puntate dritte verso di lui, vibranti, le striature dorate non avevano mai brillato così tanto. Lo sguardo devoto del demone con i dread le fece capire chi aveva di fronte. Lucifero.
Perché Satana stava seduto accanto a Dio?
"Ti facevo più brutto, Lucifero." Ribatté lei.
"Cam sa essere molto impietoso, a volte." Fece lui, uno strano sorriso sul viso.
"Vuoi spiegarmi che sta succedendo?" Gli chiese Luce, prendendosi la libertà di iniziare una conversazione col diavolo. Nel profondo del suo cervello, sentiva una stana connessione col Male incarnato. Forse perché erano molto più simili di quanto pensasse.
Lucifero sorrise, scuotendo la testa. "Bellissima domanda, Lucinda. Bellissima domanda." Sospirò, scendendo dalla sua sedia con uno scatto. Le si avvicinò. "Sei così bella." Le spostò una ciocca di capelli dietro l'orecchio. "Lo è sempre stata, non è vero?" Disse, sorridendo agli altri angeli. Le prese il viso tra le mani. "Non ti dice niente il mio viso, Luce?"
Lei ricambiò lo sguardo.
"Dovrebbe?" Domandò, cauta.
Lui la lasciò andare, di scatto. Indietreggiò, scuotendo la testa.
"Eppure..." Iniziò, ma lasciò la frase a metà.
"Eppure?" Lo incalzò lei, un sopracciglio alzato. Gli doveva strappare le parole di bocca, proprio come a Cam.
"Eppure dicono che il primo amore non si scorda mai." Glielo disse in un soffio, un sorriso beffardo sul viso.
Lucifero le voltò le spalle, tornando a sedersi accanto al Trono.
Luce batté le palpebre un paio di volte, cercando di assimilare anche quella scoperta.
"Non è possibile." Mormorò. "Daniel... Era lui... È sempre stato lui. Il primo amore."
"Se hai ascoltato le storie che Cameron ti ha raccontato, sai che non è così." Intervenne il Trono.
Luce lo guardò, sconvolta. "Allora perché lo hai maledetto?!" Gridò. "Se l'amore di cui si tratta è quello tra me e..." Luce lanciò uno sguardo schifato a Lucifero. "Lui, perché maledire Daniel?"
"Non capisci, Lucinda?" Sbraitò il diavolo, una scintilla di rabbia negli occhi. "Tu amavi me. Il nostro amore è stato il primo, il più puro e incondizionato. Eravamo bellissimi, e così forti, insieme. Avremmo potuto governare il mondo." Il suo sguardo s'incupì. "Poi hai visto lui, e mi hai dimenticato. Hai persino provato a dare la colpa alla mia sete di potere, piccola stronza, quando la realtà è che sei solo una donna infedele, egoista. Ne abbiamo avuto l'ennesima prova nelle ultime settimane, vero, compagni?" Lucifero alzò gli occhi sugli angeli e i demoni al suo cospetto e a quello di Dio, che continuava a tacere."Ti chiesi di scegliere, o me o lui, e tu scegliesti lui." Alzò il mento con fare sprezzante in direzione di Daniel. "E l'ombra ebbe la meglio su tutti noi." Concluse con fare teatrale.
"Gli angeli si schierarono, Lucinda. Mancavate solo tu e Daniel, i colpevoli di tutto, e gli Esclusi, ma loro sono un discorso a parte. In un caso o nell'altro, sia che aveste scelto la mia fazione o quella di Satana, o una la mia e l'altro la sua, avreste dovuto rinunciare al vostro amore. I vostri sentimenti avevano portato troppa distruzione, troppi cambiamenti. Non poteva essere accettato." Il Trono parlò con calma, con tono tranquillo. Come un padre che raccontava una storia alla figlia. Ed effettivamente, non era una cosa tanto diversa. "Ma voi non sceglieste. E non c'era più equilibrio. Così, decisi di punirvi. Di punire te in particolar modo, per la debolezza e l'indecisione che avevi mostrato, con il circolo vizioso, e tutti i tuoi compagni con la caduta. Bandii gli Esclusi dal Paradiso, e mandai Lucifero all'Inferno." Fece una breve pausa, quasi per pensare come proseguire. "Tutto è sempre funzionato alla perfezione, eccetto quell'inceppo nel Medioevo, il tuo matrimonio e il tuo successivo incontro come Cameron. Fino ad ora. I tuoi genitori non ti hanno battezzata, Lucinda." La Sua voce si fece più dura. "Non ti hanno diretta verso una religione precisa. E hanno spezzato il circolo vizioso. Ecco perché non sei morta al primo bacio con Daniel. Ecco perché sei arrivata fino a qui."
Luce abbassò lo sguardo. Eccola, quindi, la verità.
Primo, lei era un angelo. Secondo, aveva amato Satana. Terzo, l'amore improvviso e puro per Daniel l'aveva portata a sbilanciare l'equilibrio cosmico. Quarto, Harry e Doreen Price avevano interrotto la maledizione, salvandole la vita nell'esatto istante in cui l'avevano messa al mondo. E quinto, nulla aveva potuto impedirle di innamorarsi di una persona che sembrava non c'entrare niente.
Luce sorrise. Era finita. Ora sapeva tutto. Ora capiva.
"Lucifero, la stella del Mattino, e Lucinda, la sua stella della sera." Cantilenò il diavolo, ma Luce lo ignorò.
"Quindi ora che succede?" Domandò, rivolgendosi al Trono.
"Oh, Lucinda, ho sempre apprezzato la tua curiosità e la tua impazienza." Ridacchiò il Trono. Rideva di lei? Bah. "E riconosco la tua caparbia nel scoprire la verità su di te. Ti fa onore. Ma, vedi... finisce qui. Tu morirai. Avvolta da una fiammata, dimenticherai la vita e ciò che hai attraversato, dimenticherai chi sei e chi hai incontrato, le cose che hai visto. Ti dimenticherai di me, di noi. E rinascerai. In un posto nuovo, da genitori nuovi. Te lo meriti solo per l'impegno che hai dimostrato in questa vita per conoscere la verità sul tuo passato, e l'astuzia. Addio, Lucinda."
Luce non ascoltò la sua nuova maledizione: il Trono aveva già perso la sua attenzione al “finisce qui”.
Luce si era voltata verso gli altri mentre le sue ritrovate ali iniziavano a prendere fuoco.
“Non ho nemmeno avuto il tempo di provarle”, pensò, triste.
Le immense ali grige di Luce bruciavano in fretta, centimetro dopo centimetro. Le piume cadevano a centinaia mentre anche i suoi capelli prendevano fuoco, e così i suoi vestiti e la sua pelle.
Il dolore era insopportabile, avrebbe voluto urlare ma la disperazione la teneva ferma, muta. Avrebbe voluto piangere, ma non riusciva a muovere un muscolo. Sentiva le urla di Arriane, e intravedeva Roland che cercava di tenerla ferma.
Luce guardò i suoi amici, i suoi angeli custodi, i cui visi erano scarsamente visibili a causa delle fiamme.
Si concentrò su Daniel, caduto in ginocchio talmente sconvolto e impotente davanti a quella situazione. Lui ricambiò lo sguardo, uno sguardo buono, ma triste, e comprensivo.
Mi dispiace”, mimarono all'unisono con un movimento silenzioso e veloce delle labbra.
Istintivamente, Luce sorrise. Quel semplice scambio le aveva fatto sentire che Daniel era con lei, le era vicino, ancora una volta la guardava morire.
Poi, proprio quando il portone dal quale era entrata poco prima si riapriva di nuovo, e un ragazzo correva in fretta verso di lei gridando, Luce cadde a terra.
Ricordami di Cam, ricordami di Cam, ricordami di Cam, ricordami di Cam...”, continuava a ripetere nella sua mente, pregando che la polvere di Constance funzionasse.
"LUCE!" Il ragazzo la scuoteva, fregandosene delle fiamme e non preoccupandosi del dolore che le procurava: la sua pelle bruciava, lasciando posto alla carne, ai muscoli. L'odore era terribile, Luce aveva iniziato a trattenere il fiato, e a contare.
Sei secondi dopo, Lucinda Price era morta e polverizzata per sempre.

♦♦♦

Quando Cam aprì il portone, ancora frastornato dalla lettera di Luce, decine di occhi scattarono da qualcosa di arancione e indefinito a lui, sconvolti.
Cam si concentrò sulle fiamme, incapace di realizzare che avvolgevano una persona. Che avvolgevano Lucinda, per l'ennesima volta.
Tremante di rabbia e di paura, Cam scattò in avanti, correndo da lei, stringendola, gridandole di resistere.
Non l'aveva mai vista morire. Non aveva mai saputo cosa si provasse.
Sentiva la pelle di Luce sciogliersi sotto le sue mani, che stringevano ormai una versione deformata del suo viso. Vedeva le fiamme divorarle i muscoli, le ossa, polverizzandola sotto di lui, tra le sue braccia.
Poi, prima che potesse anche solo accettare di doverle dire addio, lei se n'era andata.
Il fuoco si spense.
Il silenzio avvolse tutto.
Cam abbassò lo sguardo sulle sue mani: stringevano le ceneri di Luce, grigie e calde.
Se le scrollò di dosso, strisciando indietro sul pavimento bianco, incapace di distogliere lo sguardo da quello che restava della donna che amava.
Aveva il fiatone, continuava a tremare, la vista annebbiata e confusa, la testa che gli scoppiava e il cuore che batteva più forte che mai, lo stomaco chiuso. Cam avrebbe voluto morire. Per la prima volta dopo millenni, Cameron Briel desiderò morire.
Finalmente alzò lo sguardo, guardando prima l'ombra incombente e seria del Trono, poi Lucifero, poi suo fratello. Daniel era in piedi, qualche metro davanti a lui, e lo guardava enigmatico: uno sguardo misto a pena, comprensione e odio.
Cam batté le palpebre, sempre più confuso. Cosa ci faceva Daniel sotto la seduta di Lucifero?
"Bentornato a casa, Cameron." Salutò impassibile il Trono. Sembrava un saluto ironico, ed era strano che Dio usasse l'ironia, ma in fondo, il Paradiso tutto era tranne che la casa di Cam. In quel momento, non riusciva nemmeno a ricordare il tempo in cui lo era stato.
"Che cosa le avete fatto?" Gridò Cam, ancora in ginocchio per terra, la schiena appoggiata alla porta.
"Era in evitabile, Cameron." Continuò il trono. "Lei sarebbe morta comunque. Per tutta l'eternità."
Cam si alzò in piedi, senza distogliere lo sguardo dalla luce accecante del Trono.
Si avvicinò a passi lenti, studiati, cercando di ragionare a mente fredda come era sempre stato abituato a fare.
Poi, quando chiunque avrebbe pensato fosse al cospetto di Dio, fece qualche passo verso destra, mettendosi davanti a Lucifero.
"Tu hai lasciato che morisse." Lo accusò.
"Tu hai lasciato che si innamorasse di te." Ribatté il diavolo, scendendo dalla sua seduta e mettendosi in piedi di fronte a Cam. Erano alti uguale, si guardavano dritto negli occhi, sprezzanti. "È così che mi dimostri la tua fedeltà, Cameron?" Domandò subdolo, guardandolo di traverso.
"Io non devo dimostrare niente a nessuno." Cam disse quella frase con durezza e asprezza, tornando piano piano in sé. La disperazione l'avrebbe tenuta per dopo. Sputò sul pavimento, col suo solito fare plateale.
Lucifero indietreggiò, tremante di rabbia. Cam sorrise soddisfatto, aveva di fronte il Male in persona e gli stava bene così. Lucifero lottava contro la sua forma attuale, mostruosa e orribile. Non poteva trasformarsi in Paradiso: sarebbe morto. E poi, se voleva tornare più spesso al Cielo (e con “più spesso” Lucifero sapeva che non sarebbe stato prima di qualche altro migliaio d'anni), doveva restare col suo aspetto originario: elegante e bellissimo.
"Vedi, Cameron..." Lucifero deglutì, cercando di ricacciare in gola la sua voce catarrosa. "Vorrei tanto ucciderti, ma credo che sarebbe troppo facile. In fondo, anche il Trono ha dato una seconda, ultima possibilità a Lucinda. Tutte le anime ne meritano una, e anche noi demoni abbiamo un'anima, dico bene?" Si avvicinò di nuovo a Cam. "O forse farei meglio a dire “umanità”? È così che hai definito Lucinda, giusto? La tua umanità."
Cam accusò il colpo. Lucifero sapeva sempre tutto dei suoi seguaci, soprattutto di quelli marchiati col sole di Luching, proprio come lui.
"Sì." Rispose lui. "E non sono mai stato più sincero."
"Benissimo." Annuì il diavolo, tornando a sedersi accanto al Trono. "Allora avrai l'occasione di ritrovarla. Diciassette anni. Questa è la vostra “nuova” data di scadenza." Lucifero fece il segno di due grandi virgolette alla parola nuova.
"Che significa?" Domandò Cam.
"Hai diciassette anni per scoprire dove si trovi Lucinda. Se alla scadenza del diciassettesimo anno non ci sarai riuscito, allora morirete. Entrambi, all'istante. In una fiammata, come piace a noi." Sentenziò il Trono.
Cam non badò troppo alla conclusione semi-ironica di Dio, sapeva che sarebbe riuscito a trovarla. Lo sentiva in ogni parte del suo essere.
"E cosa succede se riesco a trovarla? Io vivo per sempre e lei muore a ottantacinque anni? No. Non lo accetto. Se la trovo, voglio la mortalità. Voglio poter stare con lei. Senza più alcuna interferenza da parte vostra. Senza più ali, né tatuaggi col tuo marchio, Lucifero. E voglio essere libero di sposarla ovunque, anche in una chiesa, se proprio Lucinda vorrà." Cam parlò con calma, la voce decisa e tagliente, fredda e distaccata.
Satana lanciò un'occhiata al Trono, che fece un'espressione indifferente.
Dopo quello che sembrò un tempo infinito, Lucifero parlò.
"Tu sei fatto per la tenebra, Cameron. Guardati: la donna che ami è morta e tu stai trattando su come liberarti della tua natura demoniaca." Dalle sue parole, sembrava che Lucifero non avesse capito niente. Ma Cam sapeva che non era così. Non osava immaginare cos'avrebbe fatto Lucifero una volta tornato all'Inferno. Così, fece finta di niente e aspettò che il diavolo continuasse. "Ma non posso far altro che accettare la tua richiesta, prendendo esempio dal caso di Lucinda." Scosse la testa, fintamente triste. "Appena la troverai, sarai come lei. Mortale. E libero."
Cam tirò un sospiro di sollievo.
Lucifero si alzò stancamente dalla sua sedia, spiccando il volo e liberando le ali nere più grandi di tutte.
"Addio." In un istante, Satana scomparve.
E così fece anche l'ombra del Trono, che si dissolse in pochi secondi.
Cam tornò ad abbassarsi tra le ceneri di Luce.
Con la coda dell'occhio, vide gli altri angeli e demoni sparpagliarsi verso l'uscita, in silenzio ma disordinatamente: nessuno aveva voglia di restare lì, dopo quello che era successo.
Cam si passava tra le mani tra la cenere quando le sue dita s'intrecciarono a quella che sembrava la catenella di una collana. La sollevò: il ciondolo era una piccola bottiglietta vuota.
Guardò nuovamente le ceneri di Luce. Le sfregò con calma, stendendole sul pavimento.
E proprio quando gli occhi di Cam intravidero una strana scia rosa in mezzo a tutto quel grigio, antichi ricordi di una leggenda su una polvere che annullasse una maledizione che gli tornavano in mente, alle sue spalle l'unico angelo rimasto in Paradiso osservava la scena, mentre prendeva la decisione più importante della sua vita.
Nell'istante in cui Cameron Briel si metteva in tasca quella collana ormai priva di alcun potere e si alzava in piedi come rianimato, Daniel Grigori apriva le sue immense ali, che andavano assumendo una sfumatura sempre più scura.
E mentre Cam sceglieva la vita, suo fratello Daniel sceglieva l'Inferno.

--- Spazio autrice
Buonasera! Allora, penultimo capitolo... domani epilogo! :D
Ci tengo a dire che il nome del capitolo me l'ha ispirato il titolo di un film, e ora due parole per chiarire la scelta di Daniel, aspetto che penso possa essere poco chiaro, forse. Daniel ha perso Luce, ha perso tutte le ragioni che aveva per credere nel bene, nell'amore. Una decisione dettata dall'istinto, come anche quella di Cam quando a sua volta scelse l'Inferno, ma ho pensato che fosse l'ultima cosa da fargli fare: una scelta definitiva.
Che ne pensate di questo (quasi) finale? Vi è piaciuto? Pensate che Cam troverà Luce?
A domani!
Virginia.

  
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