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Autore: HollyMaster    06/04/2014    3 recensioni
Blair Waldorf ha un futuro pianificato. Crescerà con la migliore amica Serena, frequenterà Yale e infine erediterà la casa di moda della madre. Ma tutti i piani vanno in frantumi quando, a undici anni, riceve una lettera dalla Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts.
Tra spese pazze a Diagon Alley, partite di Quidditch e lezioni di Erbologia, conoscerà Al, Scorpius, Rose e un nuovo nemico da sconfiggere.
Storia scritta per il contest "Un anno speciale a Hogwarts" indetto da Dragone97 sul forum di EFP
Genere: Avventura, Fantasy, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Albus Severus Potter, Neville Paciock, Nuovo personaggio, Rose Weasley, Scorpius Malfoy
Note: Cross-over, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
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Xoxo Hogwarts’ owl

Capitolo I

 

 

 

Fare shopping le era sempre piaciuto. Soprattutto se con lei c’era tutta la sua famiglia e quel pomeriggio l’intera casa Waldorf aveva accompagnato l’undicenne Blair nel suo primo viaggio a Diagon Alley, dove, le avevano garantito, avrebbe trovato tutto ciò che le occorreva per la sua nuova scuola speciale.

 

La lettera che dichiarava che la ragazzina bruna avrebbe iniziato a frequentare l’anno scolastico dal primo giorno di settembre, era arrivata nell’attico di famiglia a New York, facendo quasi svenire Dorota, la governante, che si era vista recapitare il messaggio da un gufo piumato, che aveva, molto diligentemente, atteso nell’ascensore di essere ricevuto.

I genitori di Blair avevano subito cercato di contattare questa “Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts” ma apparentemente nessuna istituzione a livello nazionale rispondeva a quel bizzarro nome.

Fortunatamente poche settimane dopo erano stati informati, da un altro gufo, un po’ più maldestro del primo, dato che si era appollaiato sul davanzale fiorito allarmando il faticoso lavoro di giardinaggio della povera Dorota, che la famiglia Waldorf aveva la fortuna di possedere tra i suoi eredi una piccola streghetta. Blair, per l’appunto.

Certo, l’idea non era stata ben accettata, né da sua madre, che la vedeva alla vetta di una carriera nella moda, e men che meno da suo padre, che le aveva già comprato la divisa di Yale, per quando sarebbe entrata al college.

Il nuovo marito di sua madre, un ometto con pochi capelli bianchi sulla testa che raggiungeva si e no la spalla della compagna, era stato invece molto sorpreso e piacevolmente intrigato dall’esistenza della magia. Così come il ragazzo di suo padre che si era detto meravigliato di non aver ricevuto lui stesso una lettera del genere.

Blair si era solo preoccupata che questa “Scuola di Magia” non fosse in realtà un modo dolce e tenero, di quelli che usano i genitori, per rinchiuderla in una di quelle scuole per persone speciali, con strani problemi mentali.

 

Stava per chiederlo nuovamente quando le si parò davanti un viale acciottolato e tortuoso, stretto da negozi che spuntavano da ogni lato e animato da strani personaggi, vestiti con abiti scuri, lunghi fino ai piedi ed eccentrici cappelli a punta.

Non aveva bisogno di domandarlo ancora.

Era sicura.

Quella era Diagon Alley.

 

E così i cinque avevano cominciato a fare compere entrando in ogni negozio possibile alla ricerca di tutto ciò che la lista, data loro insieme alla lettera di iscrizione alla scuola, diceva di dover possedere per poter superare l’anno.

Presto però erano stati fermati. Apparentemente nessuno voleva accettare i loro dollari e anche i cartellini sui prodotti riportavano la parola “galeone”.

Fortunatamente una dolcissima signora che si era presa cura di misurare con riguardo l’intera figura di Blair per poterle confezionare le divise da lavoro, rigorosamente nere, che richiedeva la lista, aveva indicato alla famiglia dove poteva cambiare quelli che venivano chiamati “soldi babbani” con delle monete che sarebbero state accettate in quegli strani negozi.

 

Blair non aveva capito molto di quello che era successo alla Gringott. Apparentemente avevano aperto un conto a suo nome dove avevano depositato diversi galeoni, falci e zellini.

L’unica cosa di cui era certa era che quella strana banca era gestita da goblin, esserini  bassotti e con pochi capelli bianchi in testa, un po’ come il compagno di sua madre, tranne che per le orecchie a punta, quelle Cyrus non le aveva.

Sapeva che non avrebbe dovuto pensare delle cattiverie simili, o almeno trattenersi quando queste riguardavano un qualche membro della sua strana famiglia allargata, ma proprio non ci riusciva.

Dopo la visita alla Gringott le tasche dei Waldorf traboccavano di galeoni e nessun mago o strega li avrebbe più fermati dal loro shopping sfrenato.

 

Trascorso ormai l’intero pomeriggio i cinque viaggiavano carichi come dei muli, tra calderoni standard, divise nere e peli bianchi di quel gatto scontroso che la ragazzina aveva deciso di comprare e soprannominare Minù.

 

Blair camminava per la via affollata brandendo la sua nuova bacchetta che aveva appena acquistato da Olivander. Sua madre restava scettica e la definiva un “bastone ricurvo”. In effetti poteva assomigliare ad un semplice rametto ma la ragazzina sapeva c’era qualcosa di magico, qualcosa di potente in quell’oggetto.

Appena entrata nella bottega polverosa aveva adocchiato un’elegantissima bacchetta bianca e dritta dall’impugnatura intagliata, ma proprio mentre Balir si stava avvicinando, pronta ad afferrarla, un uomo dai capelli bianchi e dritti sulla testa, il signor Olivander, per l’appunto, l’aveva bloccata. Le aveva poi gentilmente spiegato che il mago non può scegliere la bacchetta, ma è lei che sceglie il proprio possessore.

Blair si aspettava che tutte le bacchette avrebbero voluto una padroncina vivace come lei, e in più era sicura che sarebbe diventata una grandissima strega. Infondo aveva sempre eccelso in qualunque ambito si fosse mai applicata.

Sembrava, però, che nessuna volesse entrare in suo possesso.

Dopo averne provate una ventina, fra i volti sempre più atterriti dei suoi parenti, ecco che un sorriso si era acceso sul viso del signor Olivander non appena la bruna aveva impugnato quella che ora era diventata la SUA bacchetta.

11 pollici, leggermente flessibile, un nucleo di piuma di fenice e il legno di Salice.

-Chi più lontano deve andare, con il Salice più in fretta ci potrà arrivare. Sei destinata a grandi cose ragazzina, è chiaro!- Le aveva sussurrato l’uomo in modo che solo lei potesse sentire le sue parole.

 

Mancava solo una cosa da fare: dirlo a Serena.

Non sarebbe stato facile, erano sempre state molto legate, quasi sorelle e avevano già pianificato la loro vita insieme. Avrebbero sottomesso l’Upper East Side al loro controllo, sconvolgendo quel mondo con intrighi segreti e feste grandiose.

Ma Serena avrebbe dovuto dominare da sola.

Blair era sicura che la bionda l’avrebbe presa inizialmente per pazza ma poi avrebbe capito che la magia era il suo destino e che non poteva restare bloccata in quel mondo con lei. L’avrebbe lasciata andare con un sorriso.

 

Non era stato così. Nulla era andato come pianificato.

Serena non l’aveva creduta matta nemmeno per un secondo. La conosceva troppo bene; le bastava uno sguardo per capire se stava mentendo, e non lo stava facendo.

Semplicemente non voleva rimanere sola in quella grande città.

Così come suo padre e sua madre, anche la sua migliora amica era rimasta delusa da quella che, apparentemente solo agli occhi di Blair, era una grande dote. Insomma aveva appena scoperto dell’esistenza della magia, di poterla controllare a suo piacimento, usarla come arma, ma anche come difesa. Eppure tutto ciò che continuava a fare la bionda era scuotere il capo da destra a sinistra, facendo volteggiare i lunghi capelli dorati.

-Non possiamo dividerci! Noi siamo Blair e Serena, Serena e Blair, dovremmo restare unite. Dovremmo…- Continuava a ripete.

-Tu non puoi venire con me, non so nemmeno se potevo raccontarti di tutta questa storia.-

-Allora rimani tu con me, qui a Manhattan!- Era un’affermazione ovvia, quello che chiunque in quella situazione avrebbe detto, quello che chiunque, nei panni di Blair, avrebbe valutato, ma non lei. Non una piccola testarda come la ragazzina che ora si trovava a sorridere a suo malgrado.

-Io non posso rimanere qui, quello è il mio posto.- Continuava a sorridere, perché nonostante tutto quello che stava lasciando, la famiglia, gli amici, il futuro che tutti gli avevano sempre costruito attorno, sapeva benissimo, come se avesse un presentimento, che là, ad Hogwarts ne avrebbe avuto uno più splendente e luminoso, proprio come le aveva rivelato Olivander.

 

Che non sarebbe stato facile lo sapeva, ma non si aspettava che Serena gli avrebbe riversato contro tutto il suo odio e la sua invidia, non così almeno.

-Sai cosa? Tu…– Serena indicò l’amica con l’indice della mano.

-Tu non sarai mai nessuno. Puoi andare ad una scuola per strambi, e allora? Tutto ciò che avresti avuto qui, con me, tutta la grandezza che avresti potuto raggiungere, se ne è andata non appena hai deciso di far entrare quel gufo in casa tua!- Così aveva sorriso alzando un sopracciglio in quello che voleva sembrare un segno intimidatorio e si era allontanata.

Blair l’aveva guardata allontanarsi cercando di imprimere nella sua memoria quell’immagine; le sarebbe servita quando, una volta tornata da Hogwarts, l’avrebbe cercata per mostrarle tutto ciò che aveva appreso, per darle prova del suo immenso potere, per spiattellarle in faccia la grandezza che avrebbe raggiunto.

Perché è di quello che stava andando ad impadronirsi, della grandiosità.

 

L’addio al binario 9 ¾ era stato insostenibile per la famiglia di Blair che stava ancora piangendo nei fazzolettini di carta che sventolavano in segno di congedo come nei vecchi film in bianco e nero.

La ragazzina era già salita e aveva trovato una carrozza libera, nella quale però, aveva trovato ben presto compagnia. Due ragazzini, che parevano avere la sua stessa età erano entrati chiedendo gentilmente permesso nella carrozza.

La prima aveva dei ribelli capelli rossi e un sorriso dolce e gentile, mentre il ragazzo moro che le stava dietro sembrava turbato da qualcosa.

Blair non era una di quelle ragazze aperte e socievoli, che instaurano una conversazione con chiunque; aveva prima bisogno di studiare le persone, capire come poter meglio interagire con loro, per poi farsi inevitabilmente adorare. Ma non ne aveva avuto il tempo, non appena si era seduta di fronte a lei la ragazzina aveva cominciato a parlarle mentre il moro al suo fianco continuava a guardarsi la punta delle scarpe.

 

-Sei una nata babbana, non è vero?- Le aveva domandato con un sorriso gentile che le si apriva sul volto.

-Sono…una cosa?- Blair piegò impercettibilmente la testa di lato facendo ricadere i lunghi capelli castani su una spalla, in segno di incomprensione.

E ora cos’era una babbana?

Più stava in quel mondo e più pensava che la gente che lo abitava fosse svitata quanto un tappo.

-Direi che lo sei.- Sorrise la rossa dando uno sguardo al suo compagno che però non dava alcun segno di volersi far contagiare da quell’allegria.

La ragazza si sporse verso Blair portandosi la mano aperta vicino alle labbra, come per volerle confidare un segreto. –Vedrai che gli passerà non appena passeranno i dolci. Papà mi ha detto che passeranno.- Sussurrò piano per poi lasciarsi ricadere contro lo schienale del suo sedile.

-Comunque mi chiamo Rose.- Si presentò con il suo solito sorriso.
-E lui è mio cugino…- Aggiunse indicando il suo compagno.

-Sono Al.- Si intromise il ragazzetto moro con voce rauca alzando finalmente lo sguardo da terra e mostrando dei profondi occhi verdi.

 

Ed ecco che, poco dopo, la profezia della ragazzina diventava realtà.

Una signora anziana stava passando nel corridoio del treno con un carrello stracolmo di dolciumi, e quando raggiunse la loro carrozza i due amici comprarono un pacchetto di Cioccorane a testa. Blair evitò di comprare qualunque cosa zuccherosa, a casa le avevano sempre insegnato il rigore per la linea.

Una volta aperta la confezione e mangiata la strana forma di cioccolato che si trovava all’interno (Blair era quasi sicura di aver visto quel dolcetto muoversi prima di essere addentato dagli incisivi bianchi di Rose), i due ragazzini avevano estratto dall’involucro quella che aveva tutta l’aria di essere una figurina.

-Ho trovato tuo padre, di nuovo.- Sospirò Rose mentre mostrava l’immagine al cugino.

-Tuo padre è sulle figurine?- Chiese Blair sgranando gli occhi. Ecco, quello era uno dei risultati a cui poteva aspirare; se era lì significava che era un grande mago, proprio ciò che voleva diventare lei.

Al non si scompose e si limitò ad annuire, mostrando un impercettibile sorriso.

-Il Ministero della Magia ha deciso di inserire anche coloro che hanno preso parte alla battaglia contro Voldemort, il più grande mago oscuro di tutti i tempi.- Gli occhi della rossa brillavano sempre di più via via che pronunciava quelle parole. –Suo padre è Harry Potter!- Annunciò infine con gli stessi occhi sognanti.

Blair scosse la testa.

–Non conosco nessun Harry Potter.- Ammise notando la delusione nello sguardo della ragazza.

Forse essere ritratti su di una figurina non bastava ad essere grandi maghi, forse avrebbe dovuto aspirare a dei livelli maggiori. Certo, essere definita come colei che “ha preso parte alla battaglia contro il più grande mago oscuro di tutti i tempi” sembrava allettante come punto di partenza, ma ciò che voleva era che la sua grandezza raggiungesse anche il luogo da dove veniva lei, che non si arrestasse nel mondo magico come invece era successo con questo Harry Potter, ma che si estendesse fino a raggiungere le orecchie di Serena e dei suoi genitori.

 

Con in volto una palese delusione, Rose si rivolse al cugino che stava ammirando ancora la sua figurina.

-Tu chi hai trovato?- Gli chiese semplicemente.

Quello alzò le spalle, probabilmente anche quella era una carta che faceva già parte della loro collezione, e gliela mostrò.

-Merlino.- Si limitò a sospirare Al.

Questa volta furono gli occhi di Blair ad illuminarsi nel sentire un nome che riconosceva in quel pazzo mondo.

–Lui lo conosco!- Annunciò fiera di se stessa, gonfiando il petto, tronfia.

Diventare importante e conosciuta come Merlino non era per niente male.

-Ecco, è così che diventerò io!- Dichiarò dando voce ai suoi pensieri.

Rose scossò il capo vigorosa. –Non penso che accadrà.-

Blair corrugò le sopracciglia, non capiva per quale motivo il suo modello non potesse essere un mago rinomato come quello rappresentato nella figurina.

-Lui era un Serpeverde, e tu, essendo una nata babbana, non verrai mai ospitata in quella casa.- Spiegò la rossa notando l’interrogativo dipinto sul volto della compagna.

 

La questione “Case” era stata affrontata dai tre, o per meglio dire, da Rose, poco prima dell’arrivo del carrello pieno zeppo di dolciumi.

Ne esistevano quattro: Grifondoro, Tassorosso, Corvonero e Serpeverde.

Gli adepti di ogni Casa dovevano avere determinate qualità per essere scelti da quello che, alla bruna, era stato descritto come un Cappello Parlante. 

-E se invece volessi essere io il Serpeverde?- Domandò con voce tremante Al, stupendo Blair, che ormai aveva compreso, che non era un tipo di molte parole.

-Io ti vorrò bene lo stesso.- Rose sollevò le spalle e sorrise al cugino mentre si sporgeva verso di lui per abbracciarlo.

Blair, a quella scena, non poté fare a meno che farsi impossessare da un moto di spensieratezza.

 

La sala era esattamente come era stata a lei descritta dai due ragazzini che ne avevano sentito parlare dai cugini maggiori.

Quattro tavoloni apparecchiati con piatti e calici dorati, intorno ai quali erano seduti gli studenti, si allungavano a dismisura. L’intera stanza era illuminata da candele fluttuanti nell’aria e il soffitto risplendeva di mille stelle.

In fondo alla Sala Grande, così veniva chiamato quello stanzone, un tavolo si protraeva orizzontalmente per tutta la lunghezza del muro. Proprio davanti a questo si trovava, poggiato sopra ad uno sgabello di legno, un cappello nero e logoro.

Il Cappello Parlante!

I ragazzi furono accompagnati fino a proprio davanti al tavolo degli insegnanti, da un professore dai capelli corvini che i due cugini avevano salutato animatamente chiamandolo “Neville”; lui aveva risposto con un timido sorriso mentre le sue guance si tingevano di un color rosso vivo.

Aveva ripetuto ciò che era stato spiegato a Balir da Rose: le Case, le qualità necessarie per accedervi.
Tutti i ragazzi del primo anno ascoltavano assorti dalle parole dell’insegnante, mentre quelli ai tavoli bisbigliavano e sussurravano tra loro, stanchi di quella procedura che si ripeteva di anno in anno. Ogni tanto qualcuno chiamava il nome di Al o quello di Rose; sembrava conoscessero già mezza scuola.

 

Il giovane insegnate aveva cominciato a chiamare, uno ad uno, ogni studente del primo anno, che terrorizzato dalla paura sedeva sullo sgabello e si lasciava far calcare il Cappello fino agli occhi. Qualche secondo dopo quello urlava il nome di una delle quattro Case e il tavolo di appartenenza scoppiava in un’ovazione tra applausi e grida di gioia.

 

Per ogni studente il Cappello impiegava qualche minuto e Blair si disse che era normale; non doveva essere un lavoro semplice, quello di scrutare nelle menti dei ragazzini alla ricerca delle loro vere doti.

Solo al nome di Malfoy Scorpius il copricapo non ebbe bisogno di nessuna pausa di riflessione, non aveva ancora sfiorato i capelli del biondo che aveva gridato “SERPEVERDE!”

 

Fu poi la volta di Al, o per chiamarlo come aveva fatto l’insegnante, Potter Albus Severus, che al contrario del ragazzo che lo aveva preceduto aveva dato filo da torcere al povero e logoro Cappello, che aveva impiegato diversi minuti per decidere quale Casa sarebbe stata la migliore per lui, ma alla fine aveva esultato un “SERPEVERDE!” e il tavolo di quella Casa era scoppiato in un applauso subito seguito da diverse grida di approvazione da parte delle altre tavolate. Rose aveva accennato al numero di parenti che già percorrevano i corridoi di Hogwarts, dovevano essere loro, felici che un altro familiare si fosse unito, anche se in un’altra Casa.

 

-Waldorf Blair.- La ragazza tremando dalla tensione si avvicinò allo sgabello e ci si sedette sopra mentre muoveva convulsivamente una gamba per il nervosismo. Da quella posizione riusciva a osservare l’intera sala e, di rimando, l’intera sala guardava lei. Le sembrava di essere seduta su un trono, come una regina, e proprio allo stesso modo anche il suo capo venne incoronato, anche se, al posto di una tiara splendente, Blair si ritrovava, calcato fino agli occhi, un cappello logoro.

 

-Mmm…interessante!- Affermò una voce roca, quella del Cappello.

-Ho una grande mente, non è così?- Chiese conferma la ragazza che non vedeva l’ora che qualcuno riconoscesse le sue grandi doti.

-Direi di no.- La derise il Cappello. –Non ancora.- Aggiunse dopo che lei aveva mostrato uno dei suoi bronci meglio riusciti.

-Voglio seguire le orme di Merlino!- Aveva dichiarato poi al Cappello.

-Una nata babbana… Interessante… Mi pare di capire che vuoi seguire la strada della grandezza, non è vero?- Blair stava per rispondere, ma lui non ne aveva alcun bisogno, leggeva nella sua mente.

-E’ ovvio, così come è chiara la tua Casa di appartenenza. SERPEVERDE!- Urlò il Cappello mentre gli studenti di quel tavolo si alzavano nuovamente applaudendo.

 

-Quanta carne fresca quest’anno!- Furono le prime parole che gli rivolse, Marcus Zabini, il Prefetto della sua Casa mentre le stringeva la mano.

Blair si sedette di fianco ad Al che le mostrava un sorriso a trentadue denti e si ritrovò di fronte il biondino che il Cappello aveva subito smistato.

 

-Weasley Rose.- Chiamò il professore tra i sussurri degli insegnanti che si chiedevano quanti altri Weasley avrebbero dovuto aspettarsi.

Era l’ultima rimasta del gruppo di studenti del primo anno.

Al era teso come una corda di violino, forse più della ragazza stessa.

-GRIFONDORO!- Fu il responso del Cappello. Lei sorrise nella direzione di Al e Blair mentre il tavolo al quale si dirigeva esplodeva in un applauso di benvenuto.

Al si rabbuiò nuovamente e apparentemente nemmeno quello Scorpius era così felice di vederla scappare al tavolo dei Grifondoro.

-Problemi?- Chiese Balir guardandolo. Gli intrighi, lei, li sentiva a distanza, e lì c’era sotto qualcosa.

Scorpius fissò il suo sguardo di ghiaccio su di lei, fulminandola.

-Tu sei una nata babbana, vero?- Inquietante come quei due le avessero rivolto la stessa identica domanda.

-Sembra di si, ma è una cosa così importante qui da v…?- Ma non fece tempo a finire la frase che il biondo la interruppe.

-Mio padre dice che i nati babbani non dovrebbero far parte di una Casa pura come quella dei Serpeverde.-

-Mio padre dice che i nati babbani sono molto più bravi dei Purosangue nella pratica della magia.- Si era intromesso Al, difendendo a spada tratta la nuova amica.

-Io di padri ne ho tre.- Sospirò Blair attirando l’attenzione di entrambi su di sé che poi scoppiarono in una sonora risata.

Evidentemente il suo mondo era molto più pazzo di quello nel quale era finita.

 

 

 

 

HollyMaster’s words

Salve :)

Spero che il primo capitolo vi sia piaciuto. Forse è stato un veloce, sono successe molte cose, ma spero lo abbiate apprezzato lo stesso.

Come è scritto nella descrizione, questa storia è stata scritta per un contest a turni, ma mi sono davvero divertita ad immaginare la piccola Blair nel mondo della magia, quindi spero vi siate divertiti quanto me nel leggerla. Inoltre è il mio primo crossover.

Un bacione e aspetto i vostri commenti per sapere cosa ne pensate.

 

HollyMaster

 

 

 

 

   
 
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