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Autore: Elfa    06/04/2014    2 recensioni
Gurthang non è un ragazzo come tutti gli altri. Probabilmente perchè in realtà è figlio di un Maia corrotto, o perchè si è risvegliato dopo secoli in una base militare nell'harad, quando avrebbe dovuto essere morto... quello che sa per certo, è che non vuole finire i suoi giorni a fare la cavia.
Intanto a Lasgalen Anarion, figlio di Legolas, è deciso a ritrovare la spada spezzata che uccise il suo fratellastro, quando 600 anni prima Sauron fu sconfitto, e che ora è stata rubata.
E in tutto ciò, i Valar sono ben decisi a non lasciare che gli equilibri della Terra di Mezzo vengano sconvolti di nuovo.
A qualsiasi costo.
-Sequel degli Eredi dell'ombra, cercherò di renderla comprensibile anche ai nuovi lettori-
Genere: Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Legolas, Sauron
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Cap. 3: Ultimatum



La sveglia digitale sul comodino segnava le dieci e quaranta passate. Questo voleva dire che suo padre doveva essere sveglio da un pezzo e doveva aver già avuto la settimanale riunione col ministro della difesa, che con ogni probabilità lo informato sui recenti movimenti di spesa. Quindi era lecito aspettarsi che ora il suo cellulare fosse rovente di tentativi di chiamata. Invece tutto taceva.
Anie si allungò ancora sul letto, afferrando lo smarthphone sul comodino, fissandolo vacuo per alcuni istanti. Niente chiamate nè messaggi.
Rimase steso sul grande letto, a pancia in sù e con solo i boxer addosso, la trapunta di piuma raggrumata ai suoi piedi per tutto quell'agitarsi inconcludente tra le lenzuola. Sbuffò, tirandosi a sedere e cercando nel cassetto il telecomando per aprire le tende. La luce fredda di un gelido primo mattino  invase la stanza, mostrando all'esterno la città di Lasgalen, bigia nei colori dell'inverno, gli abiti spogli e un cielo grigio che minacciava neve.
Anie non si prese il disturbo di vestirsi per scendere di sotto, dato che nell'appartamento faceva caldo. C'era un odore esotico, come di legno di sandalo e di incensi. C'era un sentore d'oriente, in quella casa, dei rimandi al Rhun, nei mobili, nelle foto e nei quadri alle pareti, negli odori e nei tappeti che lasciava respirare una malinconia mai sopita.
L'altro elemento ponderante dell'appartamento faceva a pugni, in certi casi, col resto dell'arredamento... vecchi film in locandina e gadget spuntavano un pò ovunque, al piano inferiore, un'intera parete era occupata da un televisore al plasma con annesso impianto audio e lettore dvd ultima generazione. Sugli scaffali erano impilati ordinatamente decine e decine di film, catalogati meticolosamente per genere e titolo, un armadio a parte conteneva le videocassette che aspettavano di trovare un altro supporto. Era l'unica zona ordinata della casa, almeno fino a venerdì, quando quella santa donna della domestica fosse tornata dalle ferie... Anarion si segnò mentalmente di darle un aumento, mentre ricordava che sul tavolino del salotto c'erano ancora una bottiglia di birra vuota e mezzo spinello, insieme ai vestiti della sera precedente, spiegazzati e appoggiati sul divano rosso che avvolgeva un grande tappeto antico di lana.
La televisione però era accesa... accigliato, Anie si affacciò all'arco che dal corridoio portava alla sala, osservando il profilo di suo padre, affossato contro lo schienale, coi capelli biondi pettinati all'indietro e trattenuti da una coda stretta e addosso un completo grigio scuro, camicia chiara, cravatta cashmere. Impeccabile. Come al solito, del resto.
"Te la sei presa comoda." Osservò, con calma, senza voltarsi verso di lui, solo abbassando gli occhi a guardare l'orologio al polso, prima di tornare a fissare lo schermo. Lo Hobbit, La Desolazione di Smaug, oltre lo schermo, un'improbabile Tauriel pomiciava con un nano. Legolas fece una smorfia, bloccando il film. "Pessima." Concluse, finalmente voltandosi verso il figlio.
"Non... piace nemmeno a me." Balbettò Anarion, passandosi una mano tra i capelli spettinati, in imbarazzo. Se anche si aspettava una cazziata, ritrovarsi il padre in casa a guardare un film sul suo televisore, vestito di tutto punto mentre lui si era appena alzato... beh, lo coglieva un pò impreparato. "Tutto il secondo film non è un granchè... è che volevo la serie completa." Spiegò, voltando gli occhi sulla sala, posandosi sul tavolino, dove c'erano ancora i resti del suo momento relax della sera prima. Troppo tardi per limitare i danni, in ogni caso.
"Già..." Un commento vago da parte del re, che si alzò in piedi, avvicinandosi al figlio. "Beh... di pessimo c'è stato anche il tuo scherzo, direi. E tanto perchè tu lo sappia, sappi che ho dovuto sopportare per l'ennesima volta una filippica di Turiel su quanto tu sia inaffidabile..."
"Non mi sorprende..."
"Quindi, come minimo, adesso mi devi spiegare dove sono finiti quei quindici milioni di ammanco e perchè." Concluse, freddo, lanciando all'altro un'occhiata gelida. "E spero davvero che sia un buon perchè."
Anarion sospirò, voltando le spalle al padre. "Vieni in cucina, ho bisogno di un caffè."
*
"E hai seguito quella spada fino adesso." Legolas ricapitolò così la situazione, stando seduto su uno degli sgebelli dell'isola della cucina, succhiando dal cucchiaino lo zucchero rimasto sul fondo della tazzina di caffè, mentre Anarion rimaneva appoggiato al frigorifero, dall'altro lato del bancone, con una mug in mano, avendo aggiunto al caffè una generosa dose di zucchero, latte e panna spray. C'era da chiedersi come osasse chiamarlo ancora caffè. "Anie, la tua sta diventando un'ossessione. Non avresti potuto fare nulla, e restare attaccato ad un cimelio non porterà indietro nessuno di loro." Concluse, posando la tazzina.
"Tu non mi ascolti." Sbuffò il più giovane, ingollando un altro sorso del bevarone. "Non dico che tu non abbia ragione, che io sia in fissa con questa storia, ma obbiettivamente parlando... che se ne fa di una spada l'esercito gondoriano?" Chiese, retorico, incalzando il padre. "Stanno combinando qualcosa."
Legolas tacque, tamburellando con le dita lubghe e sottili sul bancone, riflettendo, forse cercando intimamente una spiegazione logica e tranquillizzante, senza in realtà trovare nulla di plausibile.
"E' strano, te lo concedo." Ammise, alla fine, rialzando gli occhi sull'altro e incrociando le braccia al petto. "Ma non vedo come ingaggiare una ladra per recuperare la spada possa..."
"Non deve solo recuperare la spada." Lo interruppe, quasi di getto. "Le ho chiesto di scoprire che cosa stanno facendo i gondoriani con quell'oggetto e di passarmi ogni informazione a proposito."
Legolas fissò il figlio, serio, accigliato a dir poco. Aggrottò la fronte, serio, gli occhi chiari a fissare l'identito sguardo del giovane elfo.
"Anie... questo è spionaggio. Se quella donna si fa prendere rischiamo un incidente diplomatico da cui non sono affatto sicuro di riuscire a uscirne."
"Per questo..." Lo rassicurò Anarion, sorridendo da sopra il bordo della tazza."... sto usando qualcuno di esterno." Spiegò, per poi finire il caffè e lasciare la tazza nel lavello, mentre il re rifletteva, senza più guardarlo, gli occhi fissi sul marmo del bancone, assente, inseguendo i suoi pensieri.
"Vi do sei mesi." Conclse, alzandosi dallo sgabello, serio. "Spera di avere dei risultati per allora, Anie, altrimenti lascerai perdere tutta questa faccenda. E' chiaro?" Chiese, serio, dirigendosi vrso l'uscita, col figlio dietro. "Non intendo rischiare una guerra. C'è già un clima da guerra fredda che mi preoccupa abbastanza, non gettare benzina sul fuoco." Chiese, prendendo il cappotto lungo e cominciando a infilarlo.
"Ho capito, ho capito." Lo rassicurò l'altro, serio, osservandolo mentre si preparava a uscire.
"E avresti dovuto parlarmene."
"Me lo avresti lasciato fare?" Chiese stancamente l'altro, sostenendo per alcuni lunghi secondi lo sguardo del padre, che infine cedette, con un sorriso stanco.
"No." Ammise, aprendo la porta, lasciando entrare nell'appartamento ricavato da un antico talan l'aria fredda dell'esterno. Fuori si snodava una lunghissima scalinata, che scendeva lungo l'albero fino a terra, o fino al talan sottostante, dove si poteva prendere un moderno ascensore.
"Papà!" Anarion lo richiamò mentre già cominciava a scendere le scale, coperte da una sorta di porticato. "Non farò casini, fidati."
Legolas si voltò e sorrise, stringendosi il colletto del cappotto. "Mi fido, Anarion. Altrimenti non te lo lascerei fare... ma devo dire che questo vizio di famiglia di mettere la gente davanti al fatto compiuto è molto più irritante da questo punto di vista." Sogghignò, voltandosi e scendendo di sotto, attento a non scivolare.
Anie sospirò, richiudendo la porta e rientrando in casa. Dove aveva messo il cellulare? Tornò in sala, cominciando a spostare i cuscini, fino ad estrarre il palmare. Digitò il numero, addossandosi allo schienale del divano.
Una voce femminile e impastata di sonno rispose dall'altro lato.
"Anie?"
"Ciao Rin... ancora a letto?"
"E' l'alba."
"Sono passate le dieci."
"Appunto" Ci fu un grugnito e altri rumori non meglio identificati, mentre la ragazza si muoveva sul letto. "Che cosa ti serve?"
"Ricordi la persona che hai rintracciato?" Domandò Anarion, fissando il soffitto, assorto. "La ragazza, l'haradrim."
"Sì, ho capito. Come è andato l'incontro"
"Abbastanza bene, direi... ma mi serve che le stai col fiato sul collo."
La voce di donna dall'altro lato del telefono rise piano.
"Paura che scappi coi soldi?"
"Se succede mio padre mi appende per i piedi."
Un'altra risata.
"Vedo che combina e ti faccio sapere. C'è altro?"
"Sì. Ceniamo insieme?"
  
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