***Avvertenze:***
Questa non è una storia convenzionale.
Si inizia sempre da qualche parte, e loro
hanno iniziato da qui.
I francesi amano parlare del coup de foudre.
Noi lo chiameremo, per semplicità, colpo di fulmine.
Il crash del cervello umano, quando le sinapsi smettono di connettere fra
di loro, andando in fumo e mettendo la razionalità in fuga.
Lei non lo aveva mai provato.
Quella mattina di nuvole grigie, cariche di pioggia ansiosa di sgorgare
dal cielo, lo provò.
Appena lo sguardo si posò sulla sua figura, quella consapevolezza si
scagliò, come una bestia indomita, contro di lei.
Si era innamorata? Tuttora lei lo domanda a sé stessa.
Man mano che il tempo trascorreva, la sua infatuazione peggiorava.
Voleva che fosse suo, carpire il suo vero essere e fare delle abitudini
con le sue stranezze.
A lungo non ottenne altro che anni di
treni persi e nuove insicurezze.
Lui, d’altra parte, si sforzava di mandare dei segnali per farla
dissuadere, avendo capito il debole provato nei suoi confronti ed evitava ogni
contatto.
Eppure quell’insistere lo faceva sorridere ed implicitamente aumentare il
suo ego, già eccessivo.
Ed infine, cedette.
Ancora una volta furono anni di treni
persi e nuove insicurezze.
Una famosa citazione di Dalla recitava che
la normalità è un’impresa eccezionale.
Entrambi lo sapevano bene.
Spesso a voler essere normali, a voler fare
il giusto gesto, si ottiene l’esatto opposto, conquisti un posto sul podio
delle sconfitte personali.
Loro erano l’uno la sconfitta dell’altra.
Il
rumore scrosciante della pioggia, protagonista indiscussa di quest’autunno, che
ormai avanza imperioso, si unisce alle note taglienti di “Quel che non ho” di De André che fuoriescono delle cuffiette
adagiandosi nel mio canale uditivo.
Osservo
le gocce scivolare lungo la finestra, seduta a gambe incrociate sul cornicione
interno, di spalle a te.
In
sottofondo, il ticchettio della tastiera che aggiorna il tuo ultimo status su
Facebook e il tuo cellulare che vibra. Odio
quella dannata vibrazione.
Schiocco
le mie dita per passatempo e per allentare la tensione, altissima ormai.
“Hai
intenzione di startene lì tutto il giorno?” la tua voce mi risuona fastidiosa nell’orecchio
e sbuffo.
Sei sempre irritante. Anche oggi, in un
noioso pomeriggio di pioggia, in cui, nonostante l’unica alternativa alla mia
attuale attività sia parlare con te, io scelgo la pioggia.
Fingo
di non averti sentito scuotendo la testa a ritmo di musica, che da tempo ho smesso
di ascoltare.
Hai
rovinato persino la musica perché è la tua.
“Mi
vuoi rispondere?” domandi con fare stizzito socchiudendo gli occhi per
ritrovare la tua solita calma.
Se
fossi una melodia, credo saresti un adagio. Calmo, rilassato e riflessivo.
Fingo
un’espressione sorpresa inarcando un sopracciglio e mi volto verso di te senza
muovermi di un millimetro.
“Te
ne vuoi stare lì tutto il giorno?” mi scruti con espressione interrogativa. Mi
stai di nuovo studiando, sforzandoti di decifrare il mio comportamento.
Per
te resterò sempre un enigma –per il resto del mondo invece un libro aperto–.
“Sì,
la pioggia è più interessante di te” rispondo senza rimarcare alcuna acidità.
Non mi sforzo nemmeno più di esserlo, non sortisce alcun effetto su di te. Ed
io sono stanca di litigare con me stessa.
Quasi
come in preda ad un riflesso pavloviano, tu ti abbandoni alla tua solita risata
amara e scuoti la testa. Discutere per te equivale ad un eccessivo ed inutile
dispendio di energie, energie a cui tu non sei più disposto a rinunciare per
me.
Quando
siamo finiti così?
Era già da diverso tempo che tentavano di
dare una scossa, di ritrovare sé stessi.
Come
un tempo.
Una volta, oramai lontana, si erano davvero
incontrati, visti e persino sfiorati.
Fra loro si era stabilita una connessione
intima e profonda.
Avvenne, all’improvviso, con un unico
sguardo.
Sebbene, a lungo si fossero evitati.
Viaggiando su binari paralleli, consapevoli
che, prima o poi, si sarebbero scontrati.
Lei fu la prima ad averne piena
consapevolezza.
Capì subito che erano due universi in
tensione destinati a collidere per puro sfizio.
“Io
non capisco che cosa ti ho fatto..” a queste tue parole pronunciate in un
soffio misto di amarezza e tristezza, mi volto fissando i miei occhi
nell’argento vivo dei tuoi.
Posso
leggere un’espressione di sconfitta sul tuo volto. Posso toccare con mano la
tua consapevolezza che abbiamo mandato tutto a puttane. Posso sfiorare il tuo
desiderio di rimediare senza sapere come e nemmeno il perché.
Sento
il naso pizzicare e un grappolo formarsi in gola. Anche io ho sbagliato, al
pari e forse anche più di te.
“Nulla”
mormoro abbassando lo sguardo e tenendolo fisso sulle punte delle mie scarpe
ormai consumate.
Un
po’ come noi due.
Eppure,
di loro non mi stanco mai.
Il
rumore del tuo respiro riempie il silenzio della stanza. Quanto vorrei che lo
riempissimo con parole.
Si amavano e si odiavano al contempo.
Nel corso degli anni avevano sviluppato una
strana dipendenza l’uno verso l’altra.
Non sapevano più fare a meno della loro
quotidianità, che diveniva sempre più pesante.
Persino lavarsi i denti insieme divenne
difficoltoso.
Volavano insulti in tre differenti lingue.
Lui la chiamava “boluda”,
lei rispondeva con un beffardo “saukerl”.
Entrambi pensavano di essere dei veri
stronzi.
Decido
di rinunciare al mio angolo sicuro e muovo qualche passo verso di te. Anche tu
mi imiti.
Avverto
che stiamo finalmente accorciando quelle distanze che noi stessi abbiamo
creato, smettendo di scendere a compromessi. Perdendo di vista noi.
“Non
hai fatto nulla..” ribadisco prendendo le tue mani fra le mie.
Tu
annuisci, finalmente hai capito.
“Prometto
che farò qualcosa..” abbozzi un mezzo sorriso mentre lo dici. Era da tempo che
non sorridevi.
Improvvisamente
la stanza diventa più accogliente, più calda. Di nuovo nostra.
Azzeri
completamente le distanze, allargando le braccia per farmi spazio, e mi avvolgi
posando un bacio sulla mia testa.
“Mi
era mancato questo..” sussurri stringendomi ancora più forte. Il tuo battito si
confonde con il mio.
“Anche
a me” mormoro scomparendo nel tuo abbraccio.
Forse
non ci siamo mai davvero persi. Dopo tutto, è questa la vera essenza di noi.