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Autore: Lady_Cassandra    07/04/2014    1 recensioni
"I francesi amano parlare del coup de foudre. Noi lo chiameremo, per semplicità, colpo di fulmine.
Il crash del cervello umano, quando le sinapsi smettono di connettere fra di loro, andando in fumo e mettendo la razionalità in fuga.

Lei non lo aveva mai provato.
Quella mattina di nuvole grigie, cariche di pioggia ansiosa di sgorgare dal cielo, lo provò.
Appena lo sguardo si posò sulla sua figura, quella consapevolezza si scagliò, come una bestia indomita, contro di lei.
Si era innamorata? Tuttora lei lo domanda a sé stessa.
Genere: Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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***Avvertenze:***

Questa non è una storia convenzionale.

 

Si inizia sempre da qualche parte, e loro hanno iniziato da qui.

I francesi amano parlare del coup de foudre. Noi lo chiameremo, per semplicità, colpo di fulmine.

Il crash del cervello umano, quando le sinapsi smettono di connettere fra di loro, andando in fumo e mettendo la razionalità in fuga.

 

Lei non lo aveva mai provato.

Quella mattina di nuvole grigie, cariche di pioggia ansiosa di sgorgare dal cielo, lo provò.

Appena lo sguardo si posò sulla sua figura, quella consapevolezza si scagliò, come una bestia indomita, contro di lei.

Si era innamorata? Tuttora lei lo domanda a sé stessa.

Man mano che il tempo trascorreva, la sua infatuazione peggiorava.

Voleva che fosse suo, carpire il suo vero essere e fare delle abitudini con le sue stranezze.

A lungo non ottenne altro che anni di treni persi e nuove insicurezze.

Lui, d’altra parte, si sforzava di mandare dei segnali per farla dissuadere, avendo capito il debole provato nei suoi confronti ed evitava ogni contatto.

Eppure quell’insistere lo faceva sorridere ed implicitamente aumentare il suo ego, già eccessivo.

Ed infine, cedette.

Ancora una volta furono anni di treni persi e nuove insicurezze.

 

Una famosa citazione di Dalla recitava che la normalità è un’impresa eccezionale.

Entrambi lo sapevano bene.

Spesso a voler essere normali, a voler fare il giusto gesto, si ottiene l’esatto opposto, conquisti un posto sul podio delle sconfitte personali.

Loro erano l’uno la sconfitta dell’altra.

                                         

Il rumore scrosciante della pioggia, protagonista indiscussa di quest’autunno, che ormai avanza imperioso, si unisce alle note taglienti di “Quel che non ho” di De André che fuoriescono delle cuffiette adagiandosi nel mio canale uditivo.

Osservo le gocce scivolare lungo la finestra, seduta a gambe incrociate sul cornicione interno, di spalle a te.

In sottofondo, il ticchettio della tastiera che aggiorna il tuo ultimo status su Facebook e il tuo cellulare che vibra. Odio quella dannata vibrazione.

Schiocco le mie dita per passatempo e per allentare la tensione, altissima ormai.

“Hai intenzione di startene lì tutto il giorno?” la tua voce mi risuona fastidiosa nell’orecchio e sbuffo.

Sei sempre irritante. Anche oggi, in un noioso pomeriggio di pioggia, in cui, nonostante l’unica alternativa alla mia attuale attività sia parlare con te, io scelgo la pioggia.

Fingo di non averti sentito scuotendo la testa a ritmo di musica, che da tempo ho smesso di ascoltare.

Hai rovinato persino la musica perché è la tua.

“Mi vuoi rispondere?” domandi con fare stizzito socchiudendo gli occhi per ritrovare la tua solita calma.

Se fossi una melodia, credo saresti un adagio. Calmo, rilassato e riflessivo.

Fingo un’espressione sorpresa inarcando un sopracciglio e mi volto verso di te senza muovermi di un millimetro.

“Te ne vuoi stare lì tutto il giorno?” mi scruti con espressione interrogativa. Mi stai di nuovo studiando, sforzandoti di decifrare il mio comportamento.

Per te resterò sempre un enigma –per il resto del mondo invece un libro aperto–.

“Sì, la pioggia è più interessante di te” rispondo senza rimarcare alcuna acidità. Non mi sforzo nemmeno più di esserlo, non sortisce alcun effetto su di te. Ed io sono stanca di litigare con me stessa.

Quasi come in preda ad un riflesso pavloviano, tu ti abbandoni alla tua solita risata amara e scuoti la testa. Discutere per te equivale ad un eccessivo ed inutile dispendio di energie, energie a cui tu non sei più disposto a rinunciare per me.

Quando siamo finiti così?

 

Era già da diverso tempo che tentavano di dare una scossa, di ritrovare sé stessi.

 Come un tempo.

Una volta, oramai lontana, si erano davvero incontrati, visti e persino sfiorati.

Fra loro si era stabilita una connessione intima e profonda.

Avvenne, all’improvviso, con un unico sguardo.

Sebbene, a lungo si fossero evitati.

Viaggiando su binari paralleli, consapevoli che, prima o poi, si sarebbero scontrati.

Lei fu la prima ad averne piena consapevolezza.

Capì subito che erano due universi in tensione destinati a collidere per puro sfizio.

 

 

“Io non capisco che cosa ti ho fatto..” a queste tue parole pronunciate in un soffio misto di amarezza e tristezza, mi volto fissando i miei occhi nell’argento vivo dei tuoi.

Posso leggere un’espressione di sconfitta sul tuo volto. Posso toccare con mano la tua consapevolezza che abbiamo mandato tutto a puttane. Posso sfiorare il tuo desiderio di rimediare senza sapere come e nemmeno il perché.

Sento il naso pizzicare e un grappolo formarsi in gola. Anche io ho sbagliato, al pari e forse anche più di te.

“Nulla” mormoro abbassando lo sguardo e tenendolo fisso sulle punte delle mie scarpe ormai consumate.

Un po’ come noi due.

Eppure, di loro non mi stanco mai.

Il rumore del tuo respiro riempie il silenzio della stanza. Quanto vorrei che lo riempissimo con parole.

 

Si amavano e si odiavano al contempo.

Nel corso degli anni avevano sviluppato una strana dipendenza l’uno verso l’altra.

Non sapevano più fare a meno della loro quotidianità, che diveniva sempre più pesante.

Persino lavarsi i denti insieme divenne difficoltoso.

Volavano insulti in tre differenti lingue.

Lui la chiamava “boluda”, lei rispondeva con un beffardo “saukerl”.

Entrambi pensavano di essere dei veri stronzi.

 

Decido di rinunciare al mio angolo sicuro e muovo qualche passo verso di te. Anche tu mi imiti.

Avverto che stiamo finalmente accorciando quelle distanze che noi stessi abbiamo creato, smettendo di scendere a compromessi. Perdendo di vista noi.

“Non hai fatto nulla..” ribadisco prendendo le tue mani fra le mie.

Tu annuisci, finalmente hai capito.

“Prometto che farò qualcosa..” abbozzi un mezzo sorriso mentre lo dici. Era da tempo che non sorridevi.

Improvvisamente la stanza diventa più accogliente, più calda. Di nuovo nostra.

Azzeri completamente le distanze, allargando le braccia per farmi spazio, e mi avvolgi posando un bacio sulla mia testa.

“Mi era mancato questo..” sussurri stringendomi ancora più forte. Il tuo battito si confonde con il mio.

“Anche a me” mormoro scomparendo nel tuo abbraccio.

 

Forse non ci siamo mai davvero persi. Dopo tutto, è questa la vera essenza di noi.

 

  
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