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Autore: _Arika_    09/07/2008    13 recensioni
Una song-fiction in otto atti che ripercorre la storia fra Bulma e Vegeta dall'inizio fino ad una, ipotetica, fine.
-Hey donna, si può sapere che ti prende?
-Niente Vegeta, niente.
Io voltata alla finestra. La sua mano sul mio collo. Se solo volessi potrei spezzartelo, sembra dire la sua presa.
Il mio ventre contro il vetro. Il contatto freddo della mia pelle.
Non posso dirglielo.
Il suo sorriso alle mie spalle, beffardo, la sua mano sulla mia spalla. Che mi fa voltare.
-Allora se non hai niente vieni qui.
La sua mano che mi tira con prepotenza, il suo corpo contro il mio.
Ma perchè il suo odore...
è sempre così forte? Anche stanotte puoi distruggermi come fai sempre.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Bulma, Vegeta
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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GRAZIE

Disclaimer: La canzone citata in questa song-fiction è "Grazie" di Gianna Nannini, uscita nel 2006 e contenuta nell'album Grazie. Non sono state effettuate modifiche alcune sul testo originale, nè nessun disclaimer legato alla suddetta canzone viene qui negato. Nessun violazione del copyright può pertanto ritenersi intesa.

RATING: Per il frequente riferimento alla sfera sessuale dei personaggi trattati e alcuni termini scurrili e volgari contenuti nella fan fiction si sconsiglia la lettura della suddetta ad un pubblico di età inferiore ai 13 anni. Non ci sono comunque scene di sesso esplicito nè ambientazioni spiccatamente pornografiche, quindi si consente la lettura anche a un pubblico particolarmente sensibile.

ATTO 1- UNA PICCOLA, FOTTUTISSIMA, LINEA ROSA (- 9 mesi)

Non può essere vero.
Non può essere vero.
Non può essere vero.
-Mamma!
Una chioma biondo grano che compare sulla soglia. -Bulma, tesoro. Che succede?
Quella dannata linea rosa, quella piccola, fottutissima linea rosa.
Sento mia madre che mi guarda mentre guardo quella linea. Ti prego Dio, se mi accontenti giuro che smetto di fumare. Fammi un favore, per una volta.
Ma forse...
Allungo una mano verso mia madre. -Dammi la scatola.
-Ma tesoro...
-Dammela!
Mia madre prende il pezzo di cartone dal lavello. Lo afferro senza guardarla, mi porto la scatola sotto gli occhi: il disegno del test è lo stesso, ma non so perchè lo sto guardando.
Dove cazzo sono le istruzioni? Ah, eccole.
Allora: vediamo, vediamo, vediamo, "Come leggere il risultato", eccolo.
Linea rosa, linea rosa, linea rosa, ecco, "se compare la linea rosa".
Mi sono sicuramente sbagliata a leggere.
Eppure...
-MERDA!
Mi rendo conto che mia madre comincia a sorridere. Mi cinguetta attorno. Dice omioddio tesoro, sono così contenta per te. Dice anche vado subito a dirlo a papà. Esce dal bagno ciabattando via.
Mi siedo sul water con il cartoncino e il test ancora in mano.
Sono incinta.
Incinta.
Di Vegeta.
Incinta di Vegeta.
Sono-incinta-di-Vegeta.
Volto il test per non vedere quella linea. Come se non vederla fosse utile.
Fuori dalla finestra sento i rumori nel Gt. Rombi e piccole esplosioni, battiti sul metallo.
Potrei abortire senza dirglielo. In fondo sono giovane e bella, mica ci tengo a diventare una balena e riempirmi di smagliature. Potrei diventare così grassa da poter indossare solo vestiti extra-large, potrei diventare tutta cadente e dovermi far fare la liposcultura.
Poi sono sicura che a Vegeta non importa. Come se fosse colpa mia.
Ma certo, posso abortire senza dirglielo, è la soluzione ideale.
Però un attimo: e se poi lui lo scoprisse? Mi ammazzerebbe, come minimo.
-TU hai abortito il MIO erede senza dire nulla a ME?
Come se questo dannato bambino fosse il suo più grande sogno.
Come se gliene importasse.
Sono sicura che non gli darebbe neanche il biberon, quello scimmione.

Sei stato tu a scegliere:
solo bugie, per vincere.

***

-Hey donna, si può sapere che ti prende?
-Niente Vegeta, niente.
Io voltata alla finestra. La sua mano sul mio collo. Se solo volessi potrei spezzartelo, sembra dire la sua presa.
Il mio ventre contro il vetro. Il contatto freddo della mia pelle.
Non posso dirglielo.
Il suo sorriso alle mie spalle, beffardo, la sua mano sulla mia spalla. Che mi fa voltare.
-Allora se non hai niente vieni qui.
La sua mano che mi tira con prepotenza, il suo corpo contro il mio.
Ma perchè il suo odore...
è sempre così forte?

Anche stanotte puoi distruggermi
come fai sempre.


ATTO 2: CHE NE BASTA UNA GOCCIA (+ 2 mesi)


Non voglio più combattere,
il cuore è un'arma
da fottere.

Mi dà fastidio averti intorno, mi dà fastidio che tu finga di non vedermi.
Sono stufa, Vegeta, di giocare a far la guerra.
Cosa vuoi che faccia, Vegeta? Vuoi che ti dica che mi hai vinto?
Che da due settimane non penso che a te?
E' questo che vuoi? Vedermi sottomessa a te come nessuno lo è mai stato?
Mi dà fastidio, Vegeta, la tua indifferenza.
Mi fa male, soprattutto.
Posso dirti cosa vuoi, che sono forte, che senza te io vivo bene.
Che Trunks è il MIO bambino, visto che tu ti ostini a ignorarlo.
Posso dirti cosa vuoi, di discorsi preparati ne ho a valanghe.
Me li sono preparati di notte, immaginando di affrontarti. Di fermarti in corridoio e vomitarti addosso tutto quanto.
Dirti che non mi sono messa incinta da sola, che se non ho abortito è anche e molto colpa tua.
Che io ero giovane e adesso per colpa tua mi sento vecchia.
Vorrei dirti che sei un bastardo, a non aver capito niente. Che non è possibile tu non abbia visto.
Che ho perso 10 kg in due mesi perchè pensavo fosse quello, ad allontanarti dal mio letto.
E invece tu mi eviti, mi passi accanto senza guardarmi, ti alleni e poi ti alleni e poi ti alleni.
Vorrei dirti che non sono gli ormoni e non sono le mie cose, se mi sento sola e frustrata, in certi momenti.
In certi momenti che sono quei pochi in cui posso stare senza dover fare la recita della mamma single che meglio di così non potrebbe stare.
Mi dai fastidio, Vegeta, tu e tutte le tue azioni. Qualsiasi cosa tu non faccia. Sì, tu e tutte le cose che NON fai.
Tu che non accarezzi tuo figlio, tu che non vieni nel mio letto, tu che non mi chiedi come sto.
Tu, tu che non fai mai niente.
Vorrei trovare il coraggio di sbatterti fuori, ricacciarti in quella bocca d'inferno da cui sei uscito.
Ma chi si prenderebbe una mamma single di trent'anni? Cosa potrei dire a mia discolpa?
Che sono troppo sciocca per usare il preservativo?
Cosa potrei dire, Vegeta? Tu a questo non ci pensi.
E intanto io sto qui con questo bambino e cerco di convincermi che lui mi basta.
Che effettivamente hai ragione tu, non ti assomiglia neanche un po'.
Ma mi dà fastidio cercare di convincermi. Mi dà fastidio contarmi la favola che tutto va bene e tutto andrà bene sempre quando non è per niente vero, che tutto va bene.
Vorrei tagliarti la gola nel sonno, per quanto mi dai fastidio.
Vorrei fingere di non vederla, la verità incisa in Trunks.
Vorrei che guardandolo non mi rendessi conto di che malattia sei.
Davvero lui non ti somiglia?
Ti basterebbe guardarlo un po' più a fondo, per capire cosa intendo.
Perchè io me ne rendo conto, che i suoi capelli non sono i miei. Che non sono azzurri ma lillà, cosa che per te non cambia nulla.
Ma se guardassi un po' più a fondo capiresti, Vegeta.
Che tra l'azzurro e il lillà c'è una punta di nero in più. Che ne basta una goccia, perchè il colore cambi.
Se lo guardassi capiresti, Vegeta.
Che malattia sei.

Le tue parole solo lividi
sulla mia pelle.


ATTO 3: CRINIERE (+ 9 mesi)

Certe volte non ti capisco, Vegeta. Certe volte davvero mi spiazzi.
Quanti mesi ha Trunks? 8, 9?
Non ho bisogno di pensarci, 311 giorni che non entravi nel mio letto. Da quando l'evidenza ti aveva negato anche solo la convinzione che potessi non essere davvero incinta.
311 giorni, sono una mente matematica, li ho contati bene.
E adesso se mi giro vedo il tuo volto addormentato, per la prima volta sento il tuo braccio che mi cinge.
Stamattina Trunks è andato via, e tu sei andato a vederlo partire e l'hai anche salutato.
Credi che non me ne sia accorta, di quel veloce gesto della mano che gli hai rivolto, del sorriso che per la prima volta ho visto sincero e non beffardo sul tuo volto.
Perchè se anche non te ne sei accorto l'hai guardato e hai SORRISO. Hai assunto il sorriso del padre orgoglioso, dell'uomo che con quello scambio di occhiate sembrava sugellare un'alleanza di sangue che neanche il tempo potrà sciogliere. Con quel sorriso è come se per la prima volta lo avessi chiamato figliolo, come se l'avessi realizzato solo allora, quando hai rischiato di perderlo, che lui ti somigliava e molto.
E ora erano 311 giorni che non entravi nel mio letto, 311 giorni dacchè ti avevo annunciato la mia gravidanza. Sembrano passati secoli in questi giorni. Neanche un anno, ma secoli di attese di gesti che non arrivavano mai, centinaia di notti passate ad aspettare che rientrassi dal Gt per farmi trovare casualmente in corridoio.
Migliaia di volte che avrei voluto scoprire come doveva essere, svegliarsi con te accanto.
Non sei mai stato bravo nelle questioni di cuore, sempre ammesso che tu sappia che cos'è, una questione di cuore. Non sei mai stato molto bravo perchè forse a dirti di metterti una mano sul cuore non avresti saputo dove metterla.
Pensaci Vegeta, c'è voluto un ragazzo del futuro venuto a salvare il mondo per farti capire come stavano le cose.
E ora non sono più un corpo da straziare per divertimento, puoi negarlo quanto vuoi ma me ne rendo conto da come mi tocchi. Da come mi maneggi quasi avessi paura di rompermi. Da come le tue mani sono diventate appassionate ma non violente, da come certe volte ti vedo trattenere un sorriso per le mie stranezze.
Se prima ero una bambola di pezza da lasciare anche per giorni in mezzo alla campagna sapendo comunque di ritrovarla, ora sono diventata la bambola di porcellana da custodire gelosamente in un teca.
Te ne sei accorto, Vegeta, che è dal mio grembo che quel magnifico ragazzo è uscito. Che sono la madre di tuo figlio, che ti piaccia o no, e che quella notte in quel letto c'eri anche tu e anche se avresti potuto non hai fatto nulla per uscire da me.
E se fossi com'ero prima ti direi che ho vinto, che alla fine sei tu quello che è rimasto.
Ma come sei cambiato tu sono cambiata anch'io, da quando lui è andato via.
Non m'interessa più combatterti, Vegeta.
Questa letto non è un campo di battaglia.
Non lo sarà più da questa notte.

Grazie, è solo bastato
tenerti vicino, dentro di me.


Sono stata abituata a vedere la famiglia come una casa in centro e un marito che torna dal lavoro alle otto di sera. La passione come un principe su cavallo bianco che ti porta chissà dove verso nuove avventure, Sono stata abituata ai miei genitori, a mio padre sempre chiuso in laboratorio e mia madre in cucina. Sono stata abituata a loro, sempre così amorevoli e tranquilli.
Non so cosa mi fossi imposta di cercare nel mio uomo ideale, guardandomi indietro mi rendo conto di aver comunque sempre evitato gli uomini come mio padre.
Ho scelto Yamcha quando lo vedevo come un guerriero indomito cresciuto nel deserto, quando aveva quei capelli lunghi che ricordavano una criniera. Ho scelto Yamcha quando vedevo in lui la diversità rispetto ai miei monotoni e innamorati compagni di liceo.
Ho scelto lui perchè lo credevo diverso, dai miei monotoni e innamorati compagni di liceo.
Eppure ora più ci penso e più mi rendo conto di quanto in realtà lui e loro fossero simili, di quanto con gli anni abbia cominciato a disinnamorarmi di lui proprio per la sua facilità ad adattarsi alla vita "normale".
Forse è anche questo che mi ha compito di te, Vegeta.
Ricordo che il giorno che ti diedi quell'assurda camicia ero convinta che non l'avresti indossata. L'avevo fatto per puro e semplice scherzo, perchè tu capissi fin dall'inizio chi comandava in questa casa. L'ho fatto per il puro gusto di ridere alle tue spalle insieme agli altri.
Non mi sono resa conto che con il passare del tempo quel tuo vivere in casa mia come se fossi da solo ha cominciato ad attrarmi, non mi sono resa conto della strana rabbia che mi ardeva dentro ogni qualvolta mi vestivo in modo provocante per stupirti e tu nemmeno mi guardavi.
Non mi sono resa conto che in fondo ho sempre pensato tu fossi un uomo attraente. Le prime volte pensavo anche che riuscire a conquistarti sarebbe stato come ottenere una medaglia in una corsa.
Mi rendo conto solo ora che avrei dovuto troncare con Yamcha ben prima di cominciare a guardare te, che il fatto lui non abbia mai scoperto nulla non mi rincuora neanche un po'.
Yamcha non ha mai saputo nulla di noi due, forse sospettava già che ci fosse un interesse, ma sono sicura che pensi ancora adesso che mentre stavamo ancora assieme fra me e te non sia successo nulla.
Mi spiace avergli mentito così spudoratamente, specialmente quando io ero la prima a rinfacciargli le sue attenzioni per le altre ragazze.
Mi sono sentita sporca solo dopo, nel mentre a Yamcha nemmeno ci pensavo. Se mi avessero chiesto chi era il mio uomo avrei detto tu, Vegeta, non lui.
Se lui l'avesse scoperto prima della fine della nostra storia mi avrebbe dato della puttana, mi avrebbe detto di tutto e che lui non ci sarebbe stato quando mi avresti spezzato il cuore.
Mi avrebbe odiata e quindi ho fatto bene a non dirgli nulla.
Che poi come spiegargli, che c'era una criniera più folta e scura da domare?

Grazie, di questo amore
senza paura, più forte di noi.


ATTO 4: UNA PUNTA D'AMAREZZA


Di nuovo quel torneo. Di nuovo uno scontro con il tuo eterno rivale Kakaroth.
Sono cinque notti che ti alleni e torni sfinito a notte fonda. Neanche Trunks ti ha potuto convincere a smettere per cena.
Goku tornerà sulla Terra per questo torneo, dopo tanti anni potrai chiudere un conto lasciato aperto per troppo tempo. Se mi giro di fianco li sento bene, i colpi che sferri alle apparecchiature del Gt.
Ti ho fatto la solita scenata su quanto sia ridicola la tua ostinazione nel voler battere uno che tuo nemico non è, ma adesso è meglio lasciarti stare.
Trunks ormai è abbastanza grande per capire se starti attorno o aspettare tempi migliori. Insieme a Goten ha sempre qualcosa da fare o qualche scherzo da architettare.
E' molto orgoglioso di te, lo sai?
L'ho sentito l'altro giorno che parlava di te. -Mio padre è il guerriero più forte dell' universo!- diceva, con quella voce squillante e spavalda che sarebbe potuta essere la tua da piccolo se avessi potuto usarla per parlare e non per mordere.
Quella voce che è molto più spavalda di quella dell'altro Trunks. Non so se lui avrebbe mai parlato con quel tono descrivendoti.
E a dirla tutta questo mi fa piacere, in questi anni Trunks ha imparato a capire che la tua rudezza non vuol dire nulla, che solo perchè non lo abbracci non significa tu non gli voglia bene.
Sono cotenta perchè sinceramente non me l'aspettavo, che diventassi così simile a un buon padre. Dico così simile perchè non sei perfetto come non sono perfetta io, ma rispetto a com'eri all'inizio c'è solo di che rallegrarsi.
Sono passati quasi sette anni dacchè Trunks e Goku sono andati via, e in modo o nell'altro hai sentito la mancanza di entrambi. Mi è capitato spesso, sai, di trovarti immobile a guardare Trunks dormire come se cercassi in lui una qualche somiglianza con l'Altro, e mi è successo spesso anche di sentirti parlare da solo a Goku mentre ti alleni.
-Ti batterò Kakaroth, stà pur certo che questa volte non la passerai liscia- ti sentivo dire attraverso la parete di metallo.
Sono contenta che tu ricordi bene Trunks anche se preferirei che a Goku ci pensassi un po' meno. Ma queste cose sono malattie che abbiamo tutti, sono sicura che se un giorno ti rendessi conto di non rivedere mai più Goku qualcosa dentro te si spezzerebbe.
Sei cresciuto abituato ad avere sempre un nemico, questo non l'ho dimenticato.
Ma adesso è tardi.
Sento che apri la porta di casa, i tuoi piedi fanno cik ciak dentro gli stivali, hai fatto la doccia ma quando arriverai qui riconoscerò il tuo odore sotto il bagnoschiuma.
Ti sento che entri nell'ingresso, che ti togli gli stivali e con cautela (adesso fai anche piano per non svegliarmi) sali le scale fino alla nostra camera.
Io coricata di lato ti do le spalle e non mi volto. Ti sento fermarti sulla porta per ascoltare il mio respiro.
Non preoccuparti, sono sveglia.
E poi, anche se il nemico che hai nel cuore non l'hai sconfitto, sento il tuo peso premere l'imbottitura de materasso e un tuo braccio cingermi la vita.
E la tua faccia che sprofonda nell'incavo della mia spalla e fà quello che fai sempre. Mi annusa la pelle.
Il suono del tuo respiro che prende parte di me dentro le tue narici. Il rumore di un'appartenenza, dopo tutto.
E solo allora mi giro.
Per sentire anch'io il tuo profumo.
Io non sono Kakaroth, ma starò con te, in ogni caso.
E anche se so di non poterti dare aiuto, la punta d'amarezza si perde nei tuoi occhi.

E prendimi, abbracciami
che te ne fai ora di me?


ATTO 5: CERCANDOTI

-I piccoli Goten e Trunks stanno bene...
Uno sguardo che lo interroga.
-Ma Vegeta e Gohan...
Perchè ha quel tono?
-...purtroppo...
Oddio...
-...non ci sono più.
Un fulmine che sembra spaccarmi il cranio, un'immagine che ho solo io, e poi Chichi che sviene e l'unica cosa che posso fare è urlare.
Le braccia di Yamcha che cingono le mie. -Bulma, ti prego calmati...
Cosa vuoi da me, Yamcha?
Perchè dovrei calmarmi?
Non sento nulla, il contatto delle sue mani calde che dovrebbero ricordarmi un'amicizia di fondo mai scomparsa sono come morte sulla mia pelle.
Eppure l'unica cosa che riesco a pensare non riesco neanche a spiegarla.
Penso che io lo sapevo, non so come ma lo sapevo. Quando eravamo in viaggio verso il palazzo, io l'ho sentito, che qualcosa stava per succedere.
E adesso io che mi avvicino pallida al parapetto del palazzo. Io che guardo di sotto e vedo morte e distruzione intorno a Babidi.
Io che egoisticamente penso che non me ne importa, di tutta quella gente morta. Li darei tutti in pasto all'inferno per vedere quell'unico uomo comparire fra di loro.
Scruto il paesaggio del mondo chiedendomi dove potrei vederlo, aspettandomi magari di scorgerlo di spalle ferito ma vivo. Magari anche riverso in terra, ma pur sempre vivo.
E invece di lui non c'è traccia, neanche una minuscola traccia.
Non so cosa fare, ora, l'unica cosa che riesco a pensare è che spero Trunks si svegli il più tardi possibile.
Chissà se c'era anche lui, quando Vegeta è...
Quando Vegeta è...
No, non ce la faccio.
Una grossa lacrima mi solca la guancia destra e mi sento una stupida, a non aver capito. L'avevo visto anch'io lo sguardo che aveva Vegeta, prima di sparire con Goku. Come ho fatto a non capire?
E in quello sguardo ho rivisto il suo vero io.
Non l'avrei tenuto con me per sempre, che stupida sono stata a illudermi. Come potevo pensare che fosse cambiato al punto da sradicare il proprio io a quel modo? Come potevo pensare, che nel mio Vegeta non ci fosse più nulla del sayan di un tempo?
Ma allora mi chiedo perchè, perchè è restato tutto questo tempo? Perchè l'ha fatto?
Dovrebbe essermi di consolazione questo, il fatto che l'ha fatto per amore, probabilmente.
Eppure.
So che quello di Vegeta non è un addio, so che lo riporteremo in vita. Ma allora perchè non sento niente?
Perchè finalmente hai visto, dice una voce nella mia testa, che non sei così importante da farlo vivere per te.
Importante forse.
Ma non abbastanza.
Rassegnati Bulma.
Rassegnati al pensiero che quel sayan prima che tuo sarà sempre un sayan.
Continuo a guardare in basso senza meta.
Poi all'improvviso una voce nelle orecchie. E' Babidi che ci dice di chiudere gli occhi e ascoltarlo. Che ci dice di star cercando Trunks, Goten e Junior. E per dimostrarci che non scherza distrugge una città davanti ai nostri occhi.
Ma a me tutto questo non importa, in quelle immagini l'unica cosa che riesco a fare è scrutare ancora.
In cerca di Vegeta.

In questo fuoco, noto in lacrime,
non sento niente.


ATTO 6: CHOCOLAT

Scendo le scale con cautela poggiandomi una mano sul ventre. Ormai manca poco, me lo sento, ma la bambina non sembra convinta come me di voler venire al mondo.
E' mattino presto ma Vegeta è già uscito. Non credo ad allenarsi, forse solo a far due passi.
Mi sono svegliata supina con la stessa sensazione di famelica fame di ogni mattina da nove mesi a questa parte; mentre addento una brioche al cioccolato senza neanche scaldarla penso che questa piccola sayan avrà sicuramente l'appetito del padre.
Questa piccola sayan.
Vegeta.
Se ci ripenso mi fa ancora tenerezza.
-Ma non vuoi sapere se è maschio o femmina?
Io che ti guardavo ansiosa . Tu che scrollavi le spalle con finta noncuranza. -Tanto qualunque sesso avrà sarà uguale a te e non ne vorrà sapere di allenarsi.
Se ci ripenso ancora ora mi fai sorridere.
Non hai voluto saperlo, che sarà una bambina. Dici che la cosa non ti importa, che maschio o femmina è lo stesso, ma io so che non vuoi rovinarti la sorpresa.
Le cose stabilite non ti sono mai piaciute, preferisci scoprirle vivendo, ti sembra stupido fare congetture prima del tempo.
Mi sono accorta che non volevi saperlo giorno per giorno. Quando ogni volta che accennavo a lei tu cambiavi discorso, diventando persino quasi loquace.
Tu pensi che io non me ne accorga, ma in realtà io guardo tutto.
Sono passati anni da quando Majinbuu è scomparso, sono passati tanti inverni e per molti giorni hai avuto il tempo di leccarti le ferite.
E' stato un periodo duro, per la nostra storia, quello subito dopo Majin Buu.
Ti ho tenuto lontano per così tanto tempo che ormai pensavo ti saresti stufato e saresti andato via. Non riuscivo ad accettare, il gesto eroico che avevi compiuto.
Non gliene importa nulla di me, continuavo a ripetermi, per lui sono solo un passatempo per i momenti di pace.
E la cosa che mi rincresce e che lo pensavo davvero, in quel periodo ero davvero convinta che non te ne importasse nulla.
Per giorni e mesi non ho sopportato di averti vicino, di sentire il tuo odore impregnare le nostre lenzuola e le tue braccia stringermi di notte.
E' bastato un semplice gesto, la notte subito dopo lo scontro, è bastato scostare la tua mano e dirti un secco no, per ottenere che tu te ne andassi dal mio letto per non tornarci se non con le mie scuse.
Non mi hai toccata per mesi, per giorni e settimane sei stato qui ma non davvero. Non saresti venuto a supplicarmi spiegazioni, in fondo sapevi già il perchè delle mie azioni.
Ma alla fine sono stata io a tornare indietro, a venire una notte sul divano a prenderti una mano e intimarti ad alzarti per tornare in camera.
E senza saperlo è stato Trunks il fautore di tutto questo.
-Tu dovrai prenderti cura di tua madre...-gli avevi detto, prima di quel gesto che avevo odiato.
Prenderti cura di tua madre...
Prenderti cura di tua madre...
Ti ho ricondotto nel mio letto, nel nostro letto, quella notte stessa. Per una volta capendo che l'orgoglio può non servire.
E capendo che certe volte non è tutto così chiaro come sembra.
Bisogna saper capire.
Nella leggera brezza mattinita di questo marzo una rondine si posa sul tetto vicino al nido e scorgo in controluce la tua figura nel cortile. Hai in mano un sacchetto di plastica bianco. Un croissant al cioccolato per domani.
Mi poggio una mano sul ventre e penso che è davvero strano, come un croissant possa spiegare tutto.

Grazie, è solo bastato
tenerti vicino, dentro di me
Grazie, di questo amore
senza paura più forte di noi.


ATTO 7: Buchi neri


Questo letto d'ospedale è troppo molle, mi sento profondare. Mi sento senza controllo del mio corpo, non riesco a muovermi.
Questo letto d'ospedale è troppo molle, o forse è solo un letto d'ospedale.
Apro gli occhi con estenuante fatica e ruoto un po' la testa. C'è una tiepida falce di luce che dal vetro della finestra mi accarezza il volto. Sento la luce che mi solca le rughe e le attraversa piano. Sono proprio diventata vecchia, adesso delle rughe non m'importa nemmeno più.
Non mi volto verso la sedia perchè saprei di trovarla vuota. Non è orario di visita, la falce di luce me la godo sempre sola, un giorno dopo l'altro.
Potrei immaginarti entrare dalla finestra come facevi all'inizio della nostra storia, quando io avevo troppa paura che mia madre capisse qualcosa sentendoti passare in corridoio e poi fermarti da me.
All'inizio mi vergognavo, di aver ceduto a quella scimmia maleducata che pensavo fossi. Mi vergognavo di essermi innamorata di qualcuno che non era nemmeno paragonabile a Yamcha in quanto a prestigio, bellezza e simpatia.
Avevo paura, di ammettere a me stessa che a volte il tutto non è la soluzione.
Sono passati tanti anni da quei giorni, ma è come se fosse ieri. In un certo senso tu non sei cambiato nemmeno tanto, mentre io...
Un passo cabiattante si ferma davanti alla porta.
-Cambio della flebo- dice Pat, l'infermiera innamorata del chirurgo del terzo piano, con un sorriso triste da ventenne non corrisposta.
Ha i capelli azzurri ma un po' più chiari, li tiene raccolti sulla sommità del capo e sul collo porta un piccolo tatuaggio a forma di occhio.
E' l'occhio del destino, mi ha detto un giorno, lui sa già cosa capiterà alla tua vita.
L'occhio del destino, che bella invenzione. Sapere che è colpa del Destino fa sempre bene.
Volto lentamente la testa verso di lei, ogni giorno mi sembra sempre più bella e la cosa stranamente non mi turba. Siamo su piani opposti, anni fa l'avrei odiata per questa sua inconsapevole bellezza. Ho sempre odiato le belle ragazze quando io potevo dirmi ancora bella ma non più ragazza. E questo sarebbe stato normale, e accettabile, anche, se perlomeno tu mi avessi fatto il favore di diventare vecchio insieme a me.
E invece no. Io mi sono degradata di anno in anno, tu non sei mai stato così bello.
Non è giusto.
Pat mi sorride e penso che pur somigliandomi molto con me non c'entra nulla.
Penso che forse non è vero, che la sua bellezza non mi disturba.
Sto diventando vecchia. Comincio anche a contraddirmi.

Dolce com’e’dolce il pensiero che resta
Ora dopo ora io ti perdo


***

Pat è andata via e il tempo scorre lento. Sono le dieci di mattina, una bella giornata di primavera non troppo calda.
Fuori dalla finestra i ciliegi sono in fiore. Sono bellissimi, mi ci sono voluti sessant'anni per apprezzarti.
Se dovessi morire oggi sarei contenta. Voglio morire al caldo, con le braccia scaldate dal sole e il volto scurito dalla luce. Tutto sommato questo posto non è nemmeno male, forse un po' asettico, ma comunque...
Una rondine si posa sul davanzale. Sono tre giorni che non ti vedo.
Stiamo solo aspettando che succeda, Vegeta, prima o poi dovrai accettarlo.
Non so cosa tu stia facendo ora, ma dallo sguardo che aveva ieri Trunks non era nulla di rassicurante.
Stiamo solo aspettando che succeda, Vegeta, sono vecchia, ormai. E sono cose che prima o poi capitano a tutti. Quando sei entrato nel mio letto la prima volta evidentemente non pensavi di restarci così a lungo da vivere questo momento.
Se fossi come un tempo penserei che alla fine ho vinto io, alla fine non sei più andato via e anche quando l'hai fatto sei tornato.
Sei morto e risorto e scappato e tornato tante di quelle volte che questa vita sarebbe un ottimo romanzo. Con abbastanza amore, odio e sesso da interessare il mondo.
Hai lasciato il niente in cui ti eri nascosto per imparare a creare qualcosa. Hai lasciato il tuo niente che era più difficile da lasciare di ogni altra cosa.
Hai passato anni ad accettare di non essere più solo. Di avere dei doveri.
Hai passato anni, a convincerti che essere innamorato non è un male.
Le rondini in questa stagione sono tante e tutto è più bello, colorato, caldo e accogliente. Vorrei che tu riuscissi a cogliere quello che colgo io. L'unica cosa che spero è che questo caldo arrivi anche a te, e superi il gelo di sapermi qui.
Quel che importa è che sei qui. Che sei rimasto. Non capisci?
Sono anni e lustri e decenni che dormi in quelle stesse lenzuola che sono anche le mie. Sono ormai 17 anni che Bra ti parla con affetto senza che tu la respinga. Sono anni e lustri e decenni che ammetti di essere capace d'amare,.
Sei cresciuto con la convinzione che non avendo nulla non avresti avuto nulla da perdere, ma cos'è successo, quando hai scoperto di non avere neanche nulla per cui combattere?
Quando eri piccolo combattevi per vincere Feezer, ti massacravi con il sogno che un giorno saresti diventato abbastanza forte da farlo fuori.
Ma quando Goku ha ucciso Freezer?
Cos'hai provato tirandoti fuori dalla terra di un pianeta che non era il tuo? Tu eri vivo e Freezer morto, eppure dimmi, ti sei mai sentito libero?
L'hai mai sentita davvero, quella libertà tanto cercata?
No che non l'hai sentita, ti sei solo reso conto che pur da schiavo non eri comunque solo. Avevi dei sottoposti, dei compagni, un tiranno, qualche infermiera occasionale. Ed era sempre meglio di nulla.
E' per questo che hai accettato di vivere con me. Non per cibo o riposo, non per Goku.
Hai accettato perchè in fondo del vuoto hai sempre avuto paura.
Hai scelto me perchè ti riempivo di parole, ti riempivo d'insulti, ti riempivo di gesti, ti riempivo di baci, ti riempivo di carezze, ti riempivo d'odio e d'amore.
Hai scelto me perchè potessi riempirti, perchè nel vortice del mio troppo tu potessi dimenticare il nulla.
E io ti ho scelto perchè mi svuotassi, perchè nei tuoi silenzi ci fosse più di mille mie parole.
Ti ho scelto mio malgrado per come ci incontravamo in corridoio. Per come passavi guardandomi fisso ma quando ti dicevo ciao non rispondevi.
Ti ho scelto per quel tuo modo muto di stabilire contatti.
Ti ho scelto per i tuoi occhi.
Per vedere la mia immagine sparire in te. Nell'immagine di me che tu solo, potevi vedere.

Ora, per sempre
grazie, di ogni tuo sguardo
dentro di me


ATTO 8: Un vero peccato


Dicono che la gente riesca a sentire la propria morte. Dicono che la notte che ti addormenti per morire sai già che il mattino dopo non ti sveglierai, ma non dici nulla per paura.
Io sento che questa è la mia notte: una fresca notte d'aprile con una rondine che ha fatto il nido nella grondaia dell’ospedale.
La stanza è tutta buia, ho chiesto a Pat di lasciar aperta la finestra per vedere le stelle.
E ce ne sono tante, il cielo sembra prender vita da tutti i luccichii.
Non c’è la luna ma va bene, le stelle sono tante e belle lo stesso.
Trunks è andato via tre ore fa, insieme a Bra e Goten.
Non ho detto nulla di quel che sento, loro non sanno che quel “a domani” resterà una frase pronunciata al vento.
Stento a prendere sonno perché sento di dover stare ancora sveglia.
Voglio che tu senta, voglio che tu venga.
Non posso morire senza vederti, non posso andarmene così, senza neanche salutarti.
Senza sentire le tue labbra un’ultima volta.

Dolce così dolce il pensiero che resta
Ora dopo ora io ti cerco


La tua figura solida che entra dalla finestra. Se avessi ancora vent’anni urlerei. Ora sorrido e mi sistemo i capelli con le mani.
-Non riesci proprio a venire a farmi visita di giorno, vero?-dico, con una disinvoltura che mi stupisce.
Tu ti avvicini in silenzio. Non rispondi alla mia domanda, ma non mi aspettavo lo facessi. Ti chini su di me appoggiandoti alle sbarre del letto, mi baci con dolcezza. –Ciao-dici, sollevandoti di nuovo.
Non ti siedi sulla sedia e resti in piedi accanto a me. Hai sentito, quello che succederà stanotte. Quando mi hai baciato l’ho sentito, quel nodo che ti porti in gola. Ma cerchi di sembrare indifferente, di far finta di non aver capito.
Ti parlo di Bra che si è proposta come reginetta della scuola. Ti parlo di Trunks che ha concluso un affare importante. Ti innondo di parole, per non darti il compito di dirmi cose che non riusciresti a dire.
Ti vedo che grato assorbi ogni sillaba di ciò che dico. Sento che assapori per la prima volta la mia voce, che la accarezzi e la apprezzi.
Ma io non riesco, a parlare come se niente fosse. Non so più cosa dirti. Così taccio e aspetto.
Tu passi accanto al letto e prendi la sedia, ti ci siedi senza dire nulla.
Perché mi fa così male, vederti star male?
-Vegeta…
-Sì?
Mi sento in colpa. E’ colpa mia aver fumato così tanto.
Il cancro non vede i grandi amori.
Allungo una mano per cercare la tua. La stringo piano, sento la tua che altrettanto piano ma con fermezza ricambia.
-Mi faresti un favore?
Tu alzi la testa e mi guardi. –Che cosa?
Mi volto verso il comodino e lo indico con la testa. –Lì c’è un astuccio con spazzolino e dentifricio. Dentro la confezione del dentifricio c’è una sigaretta…
Tu rimani immobile. Hai sempre odiato il mio fumare. Quando hai sorpreso Trunks a 15 anni a fumare gli hai dato uno schiaffo talmente forte da lasciarlo in terra per dieci minuti.
Mi hai sempre detto di smettere ma non l’ho mai fatto.
In fondo, tu non lo sai cosa avevo promesso a Dio in cambio di non avere Trunks.

***

Il tabacco mi riempie i polmoni ormai morti e penso che non c’è più nemmeno gusto.
Tu mi guardi e vedo la tua postura nervosa.
Sei arrabbiato. Guardi quella sigaretta come se volessi disintegrarla con lo sguardo.
Un supersayan sconfitto da un bastoncino.
Spengo la sigaretta e penso che mi fa male vederti star male, che mi odierai per questa scena.
Vorrei poter restare con te. Ma ormai è tardi.
Ti stringo la mano. –Ti amo- penso, passando il pollice sul tuo dorso.
E allora tu alzi il capo. Mi guardi, a lungo, intensamente.
Mi sento in colpa per questi tuoi occhi. Non sai quanto mi sento in colpa.
Eppure tu ti alzi. Vai verso la porta. Sconfitto da una sigaretta, ti volti appoggiandoti allo stipite.
–Anch’io-dici.
E ti allontani.
Ora.
Per sempre.
Penso che.
E’ un peccato.
Che il cancro non veda i grandi amori.

Vattene adesso

Lasciami il tuo silenzio
Spegni la voce
Le luci accese


Grazie.

  
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