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Autore: Hitsuki    07/04/2014    7 recensioni
{ introspettivo; avventura; malinconico/nostalgico; angst }
Delle stelle bianche si rincorrevano sulle note di un vento gelido, mentre alcune di esse le sferzarono il viso con veemenza; ricordavano molto gli schiaffi che si danno ai bambini irrequieti, sebbene era le neve in subbuglio e non lei - a dir la verità negava l'altalenante caleidoscopio di emozioni al suo interno: preoccupazione, curiosità, rabbia, meraviglia ma soprattutto tanta malinconia. La neve era prepotente, impetuosa, libera si librava come una piuma fra l'aria rarefatta e continuava la sua scalata verso il Cielo alla ricerca di onore e maggiore potenza. Gaia pensò rapidamente a una plausibile allegoria della neve, ma non riuscì a delinearne né i lineamenti né tantomeno il sesso; su una cosa però non aveva dubbi, se la neve fosse stata una persona di sicuro sarebbe stata molto nostalgica. ×
Si aprano le danze dei mortali rinchiusi in gabbie dorate, che inciampano nei propri Destini intrecciandosi in quelli altrui.
[ • Barocco!AU ]
[ • possibile innalzamento del rating ad arancione | iscrizioni ad OC chiuse. Grazie a tutti per aver partecipato! ]
Genere: Angst, Generale, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Shoujo-ai | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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#prefazione ;

 Buonsalve pipol, ed ecco il primo capitolo della mia long! Vi ricordo che le iscrizioni sono ancora aperte, per chi fosse interessato (mi manca un OC). Questo angolino fungerà da introduzione, in cui spiegherò brevemente a chi appartengono gli OCs, la trama e così via. Questo primo capitolo tratta principalmente di Margherita Elisei, una ragazza riservata ma al contempo ambiziosa, di diciannove anni ma con una maturità superiore ai suoi coetanei. Il personaggio appartiene alla prima partecipante, Paradichlorobenzene_, che ha deciso di far abitare Margherita a Firenze. Ho perciò deciso di inserire anche l'altro OC che abita nella città toscana - nonostante provenga da Napoli - e appartenente a T o u k o, che ha creato la vivace e simpatica Gaia Capoleti. Farà una piccola apparizione anche il personaggio diClaireroxy, ovvero Angela Calandra. Nell'ultima parte ho scritto anche sugli altri due OCs (appartenenti a due altre zone dell'Italia), che approfondirò nei prossimi capitoli: Anemone Cybo, OC di Lunetta 12, ed Elisabetta Lefebvre, OC di Madness of Sky. Ringrazio tutte queste persone per aver partecipato e naturalmente anche Biondina3000 eIriisya che hanno recensito la fanfiction e la continueranno a seguire! O almeno, lo spero. Infine vorrei avvisare i non-partecipanti che la storia si svolgerà nel Seicento perché alcuni OCs suonano il pianoforte - che nel Rinascimento non esisteva. Niente, ci vediamo sotto con il mio commentino personale. ~
PiEsse; ho associato a Firenze a una "città addormentata" poiché ebbe per un attimo una decadenza - non tanto sotto l'aspetto culturale, anzi, è sempre stata ricca d'artisti, piuttosto per le continue guerre presenti in tutta la Toscana. L'idea di una "città addormentata" è quella che più le si addice; Firenze pare onirica, in bilico fra religione e scienza. Edits alla fine.

 
La morte tinge di scarlatto la neve immacolata.
 
Atto I — La perla nella Città Addormentata { Margaritès }
 

La giovane stava rimirando distrattamente fra le esili dita affusolate i suoi capelli castani pigmentati di biondo, quando dal silenzio tombale si levò il tono aspro del maestro.

«Signorina Margherita» disse il professore, con una leggera nota di disappunto nella voce secca e arida come un deserto - il deserto che percorrevano i mercanti Arabi, secondo la giovane. «Stia attenta alla lezione». Aggrottò la fronte e le rughe aumentarono quasi fossero ramificazioni della Via della Seta. Agli occhi della ragazza appariva sempre più un deserto percorso dai mercanti.
«Sì, signore» si affrettò a mormorare la fanciulla, sbattendo le ciglia nere cosicché le sue iridi brune osservarono quelle grigie dell'uomo. Egli fece un cenno con la testa e rilassò il volto - alcune rughe scomparirono, altre rimasero ostinate sulla pelle consunta del maestro. Prese un profondo respiro, per poi continuare la lezione di greco.
«Sai da cosa deriva il tuo nome?».
«Margaritès, signore» esclamò la giovane Elisei, e le labbra sottili le si tesero leggermente all'insù. «"Perla" in greco». 
Margherita, "perla". Le era sempre piaciuto come nome. 
Pensava a quanto le perle la rappresentassero. Nivee e rosate, fragili ma al contempo forti, esili ma di estremo valore. Non sapeva di preciso cosa la spingeva a pensarlo, ma qualcosa nelle acque del lago nel suo cuore[1] si muoveva increspandosi leggermente al solo pensiero di poter diventare qualcuno. La sua immaginazione spiccava il volo affiancata dai suoi sogni e ideali. Amava studiare e arricchire la sua mente delle meraviglie che avevano accompagnato l'uomo in tutto il suo percorso, fin dalla sua nascita. Diventando scrittrice, inoltre, poteva rilegare tutte le sue memorie potendo così migliorare un po' quel mondo disordinato - anche se mai sarà completamente in ordine, ma meglio così.
E mentre le parole dell'insegnante andavano scemando nel suo corpo, disperdendosi inesorabilmente, vide fuori dalla finestra un avvenimento tanto raro quanto spettacolare.
«Nevica! Che cosa strana». La signora Elisei accennò un sorriso, mentre scostava le ampie tende ricamate per osservare il paesaggio che si estendeva in tutta Firenze. I fiocchi di neve cadevano placidamente avvolgendo la città in una bianca ninnananna. Pareva addormentata, cullata da quei puntini che si distaccavano dal cielo con un'eleganza pari a quella di una dama.
Margherita era accanto alla madre e i suoi occhi s'erano per un attimo sgranati leggermente di fronte a quell'evento atmosferico. Se ne accorse anche la madre, che con tono caldo e vagamente bonario si rivolse alla figlia.
«Non hai mai visto la neve, vero?».
Ella fece cenno di no col capo, scuotendo impercettibilmente la testa. La neve, che strana. Sembrava portasse dietro di sé morte, tanto Firenze era sprofondata in un sonno che pareva eterno. Assottogliò le palpebre mostrando indifferenza.
«Vuoi ancora andare a vedere il concerto?» le chiese la madre, marcando il suo disappunto.
Lei sorrise, mostrandosi decisa. «Certamente, non m'interessa la condizione atmosferica poco gradevole». E dire che, la neve, presto avrebbe modificato la sua vita agiata.
A Margherita, poco le importava del denaro. Amava elargirlo per assistere a concerti musicali - soprattutto di pianoforte - e la musica deliziava ed allietava le sue giornate come nella Reggia di quel certo re di Francia, Luigi XIV, a Versailles. Quel giorno s'esibiva il suo migliore amico, che aveva conosciuto proprio sul palco rialzato del teatro. 
La neve picchiettava con insistenza sul vetro della carrozza, come se volesse entrare all'interno e avvolgere Margherita in un sonno senza fine. Sbuffò, visibilmente infastidita, mentre lo scalpiccio degli zoccoli dei cavalli riempivano la testa della ragazza.
«Siamo arrivati» disse allegramente il cocchiere, attendendo una mancia che avrebbe fatto gioire le sue tasche vuote. Margherita sussultò leggermente, sbattendo le palpebre più volte, per poi sorridere cordialmente al cocchiere porgendogli una somma di denaro - che questi avrà indubbiamente apprezzato, dal sorriso che gli spuntò appena ebbe fra le mani il gruzzolo. La carrozza se ne andò guidata dalla nebbia e ostacolata dalla neve, finché anche il rumore degli zoccoli scomparve dalla mente di Margherita così velocemente che mai ella poté trascrivere il ricordo di quel rumore su carta. Immediatamente si strinse nel suo mantello nero, mentre i graziosi piedi affondavano nella neve - senza però peccare d'eleganza. Notò che la neve era leggermente sporca di terra ed alzando lo sguardo vide una figura alta e scura nascondersi fra i muri variopinti della città, ma la sua attenzione non si focalizzò su quella persona - tanta la voglia di dirigersi a teatro[2]. Si mosse fra le vie più malfamate in silenzio, in quella Firenze addormentata che mai aveva visto, mentre le orme dietro di lei scomparivano ad un ritmo incalzante più di un virtuoso arpeggio data la quantità ancora numerosa di fiocchi che cadevano dal cielo; e Margherita stessa pareva parte di Firenze, della sua città. Si bloccò di scatto in un'ampia strada e alzò leggermente lo sguardo, mentre un'aria di soddisfazione la impregnava e le sopracciglia arcuate si alzavano sempre più - era arrivata presto e ciò voleva dire passare più tempo con l'amico pianista. Contemplò per un attimo il teatro ricco di dettagli e pitturato d'oro, con le statue sfarzose e i Santi dipinti quasi a proteggere l'edificio, poi storse leggermente il naso - che riteneva avesse un difetto della linea, anche se piccolo - alla vista di quelle figure religiose; era sempre stata atea e mai aveva apprezzato il fatto che Firenze fosse una città prevalentemente guelfa. Ricorda ancora i guelfi neri che esiliarono quelli bianchi - e il bello e che, Cristiani com'erano, dovevano essere amici l'un l'altro! - e un certo Dante Alighieri che fu il più stravolto e pallido. Poi scosse la testa per destarsi da quei pensieri; la neve la stava trasportando nel suo mondo, ma lei doveva fare da guardia all'ormai indifesa Firenze! 
Arrivata al portone che dava l'accesso all'interno del teatro, s'accorse che era chiuso. Poggiò le mani sul legno intarsiato e spinse, ma con scarsi risultati. Inspirò ed espirò, provo e riprovò, ma la porta non accennava a spostarsi. Ormai esausta e priva d'una qualsivoglia speranza, cominciò a bussare più forte che poté e dopo un lasso di tempo - breve o meno, a Margerita parve interminabile - la porta si spalancò violentemente e lei con agilità scattò all'indietro. Un volto seccato apparve da dentro il teatro, con una smorfia di fastidio. Ma appena notò che aveva davanti a lui una fanciulla la smorfia si sciolse lasciando spazio ad un caloroso sorriso. Margherita arrossì lievemente - per l'imbarazzo o l'attrazione nei confronti di quella persona, non si sa -, portandosi delicatamente una mano sulle labbra.
«Ecco…» disse, mentre i piedi battevano nervosi sulla neve «volevo entrare, ma la porta era chiusa. Per caso è già cominciato il concerto…?».
«Oh, no» rispose l'altro dolcemente, i lunghi capelli viola ad incorniciargli il bel sorriso «dobbiamo ancora aprire».
«Ah, mi scusi! Mi scusi davvero, allora tolgo immediatamente il dist—».
«Carlo[3] mi ha parlato di te, sai? Sei… Margherita, giusto?».
Margherita ora s'era fatta diffidente e si crucciò, serrando le labbra. Il suo migliore amico andava a spifferare su di lei? Non era affatto carino nei suoi confronti. Inoltre, quel "tu" e la cordialità che mostrava quella persona erano davvero insopportabili. Fece cenno di sì con la testa, sempre più sospettosa. Si conoscevano, per caso? La troppa confidenza mai le era piaciuta. L'altro la ignorò e continuò a parlare, calmo.
«Io sono Gano[4], il figlio del gestore del teatro» subito Margherita cambiò espressione, diventando sorpresa. «Ed io e Carlo siamo molto amici. Ci piace scambiare opinioni sui musicisti e lui m'ha parlato più che bene di te. Quindi, volevo chiederti: mi piacerebbe davvero tanto se ti esibiresti, un giorno».
La pelle già chiara di Margherita divenne ancora più pallida e cominciò a balbettare in preda alla vergogna. Inoltre, non avrebbe mai immaginato che Carlo avesse così tanta fiducia nei suoi confronti. S'era comportato in modo genuino, c'era da dirlo, e lei aveva sbagliato ad aver dato un'opinione tanto affrettata ed approssimativa.
«Ehm, ecco… sì, si vedrà» disse, mostrando falsa indifferenza e dirigendosi velocemente all'interno del teatro. «Adesso, se mi permettete, vorrei incontrare Ca—». Venne interrotta un'altra volta. Gano aveva il capo chino.
«È ammalato» disse «ma s'esibirà un musicista anche più eccelso di lui, oso dire. Anzi, una musicista». Margherita si rattristò; voleva porre delle domande sulla presunta malattia di Carlo, ma non s'intromise - intromettersi mai le era piaciuto, nonostante la sua attazione per tutto ciò che la circondava. 
Spinta dalla curiosità andò verso il palco, incurante della maestosità e grandezza che la circondava, dei Santi che dai dipinti la osservavano chi severamente, chi dolcemente - la maggior parte arrabbiati, secondo Margherita. Notò una figura snella e giovane seduta su uno sgabello, fra le mani uno spartito. Le sue iridi si muovevano dall'alto verso il basso, sempre più veloci, con vivace attenzione ed altrettanta sicurezza, ma quando percepì che qualcuno era salito sul palco spostò lo sguardo e donò a Margherita un radioso sorriso. 
«Sono Gaia, mi esibirò oggi al posto di Carlo!» era visibilmente eccitata e Margherita notò che aveva verso i quindici anni - si domandò se era così brava come s'affermava. 
«E tu, chi sei?».
La diciannovenne evitò di puntualizzare quel "tu". Sorrise gentilmente ma con un po' di riservatezza e si presentò alla certa "Gaia" - Gaia, "Terra" in greco; che lei, a differenza sua, stesse proteggendo l'intero mondo dalla neve? - con un elegante inchino.
Margherita notò che il palco era privo di un qualsivoglia pianoforte. Spostando lo sguardo, vide che fra le mani di Gaia spiccava un flauto traverso e la curiosità la pervase segretamente. Già attendeva con impazienza che le mani di quella giovane si posassero sui buchi del flauto, per emanare un suono armonioso che, fra poco, avrebbe invaso il teatro rendendo più saporita l'atmosfera.
«Parli francese? Inglese? Sai, io amo quelle lingue» la giovane aveva gli occhi verdi brillanti, mentre i capelli biondi parevano illuminare il teatro.
Margherita rispose di sì, aggiungendo di conoscere anche lo spagnolo, e Gaia fece una smorfia divertita.
«Oh, non parlarmi della Spagna! Mio nonno s'esibiva alla corte del Regno di Napoli, ma gli Spagnoli ce ne hanno fatte di tutti i colori». Le sue iridi assunsero una leggera sfumatura giallo oro e Margherita preferì evitare l'argomento.
«Sei di Napoli?» domandò con una nota d'entusiasmo. Gli occhi dell'altra ritornarono completamente verdi e sempre con molta allegria confermò, scuotendo con forza la testa in su e successivamente in giù.
«Mi trovo molto bene a Firenze!» esclamò, felice. «Io, mio nonno, mio fratello, Mia[5]… tutti». Sospirò.
«Si comincia!» Gano era dietro Margherita e le intimò di scendere dal palco. La giovane si ricordò di aver abbandonato il ragazzo e gli diede le dovute scuse; lui invece le donò un sorriso cordiale ma freddo - proprio come il suo - e la rassicurò. Gano spalancò platealmente le braccia, al centro del palcoscenico, dietro a lui una Gaia divertita che non riuscì a trattenere una risatina. Quando Margherita si sedette sulla sedia in prima fila che aveva prenotato incurante dell'alto prezzo, l'esibizione cominciò. Si accomodò assaporando la seta pregiata che l'avvolgeva e posò galantemente le mani sulle sue gambe.  
Le acque s'increspavano leggermente, sotto la guida tranquilla del vento. Una figura riccamente vestita portava il ventaglio alle labbra incise da un sorriso malizioso.
 
La ragazza sbuffava, in preda al nervosismo, mentre le mani agili cucivano e ricucivano un abito colmo di merletti e altre cose che proprio non sopportava.
 
Margherita si preparò ad ospitare nelle sue orecchie il suono del flauto traverso. Gano sorrise sempre più compiaciuto dall'immenso palco che ospitava lui e Gaia.
«Che si aprano le danze».
***
Notes ;
[1] presa dalla Selva Oscura, Divina Commedia — Canto I, Inferno; "[...] che nel lago del cor m'era durata [...]".
[2] volevo precisare che lei è proprio l'OC di claireroxy, ovvero Angela. //smiles
[3] Kaito, ovvero l'amico pianista di Margherita. Ho optato per "Carlo" perché foneticamente mi ricorda proprio il nome "Kaito".
[4] Gano è Gakupo, nome non solo dell'epoca ma anche appartenente a un personaggio delle Chanson de Roland.
[5] la Vocaloid nei panni di tale "Mia" è IA. Ho scelto questo nome perché è molto simile ad "IA", ma immagino l'abbiate già dedotto. //ride

kaitoHitsuki's { future s t r e g a t t o } corner ;
ICON: KAITO
MADE BY: me (immagine modificata, adattata ad icon)
SIZE: 100 × 100
Finalmente ho finito il primo capitolo! Mi sono divertita moltissimo a scriverlo. Ho sempre apprezzato Firenze e mi sono informata ben benino per evitare figure e gaffe di vario genere. Il teatro è comunque puramente inventato, così come i Santi affrescati e i decori; tutto appartiene alla mia fantasia malata. Spero di aver rappresentato in modo corretto i vostri personaggi, in caso contrario non esitate ad avvisarmi. Ah, Gano/Gackupo è amante delle belle arti e per questo ama dire "Che si aprano le danze" nel suo amato teatro: ci credo che prova simpatia per Margherita, paga sempre un certa sommetta quando va a teatro (non è vero, Gano apprezza il suo carattere. Ignoratemi.) //coff. Non so, ho paura di aver fatto un mucchio di casini ma in fondo sono soddisfatta, sì. //annuisce convinta// E vorrei tanto scrivere altro, ma di questo passo non la smetterei più, da brava prolissa e logorroica! Ultima cosuccia: naturalmente, grazie per aver letto l'intero capitolo e, se siete arrivati qui, perfino i miei scleri. <3 Prendetelo come un regalo per chi legge le note d'autore - autrice, in questo caso. Ave, popolo(h)! Andate in pace con tanti cupcakes gusto semaforo. 
~ s t r e g a t t o . (cominciò a firmarmi così, vah)

Edits;
12/04/14
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