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Autore: shinchan_    07/04/2014    2 recensioni
Speravo davvero che per noi potesse esserci quel tanto sospirato lieto fine annunciato al termine di ogni fiaba, perché dopotutto vivevamo anche noi in una sorta di favola, non è vero? Era una fiaba bellissima, cullata dalle note limpide della tua voce e dalla delicatezza dei tuoi gesti, ma destinata a terminare in lingue di fuoco ancor prima di cominciare.
Una storia di fantasia curata nel minimo dettaglio, affinché io potessi avere finalmente il mio posto nel mondo.
{One-shot su Alois, consapevole di stare per morire per mano di Claude e intento a lasciare un'ultima lettera, per lo più indirizzata a Claude stesso.}
Genere: Angst, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Alois Trancy, Claude Faustas
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Questa è stata una delle mie prime ff, scritta molto tempo fa, su uno dei personaggi che più ho sentito vicini in tutta la mia vita. E' sostanzialmente un monologo di Alois che si impegna a mettere per iscritto ciò che i minuti precedenti alla morte gli trasmettono, lo fanno pensare, lo spingono a trascrivere nero su bianco ciò che vuole che Claude sappia, consapevole dell'inutilità del proprio gesto.
Pairing: Accenni Claude x Alois; 
Fandom: Kuroshitsuji / Black Butler;
Characters: Alois Trancy.

 
je confie mon âme.

Non è esattamente così che speravo che la mia vita si concludesse, se solo fossi io a condurre la cinepresa della mia esistenza avrei saltato la parte in cui mi riduco ad uno sputo di vita, piegato in due su questo pezzo di carta straccia che di me racconterà solo le ultime gocce di sangue.

Respirare è diventata una
scommessa con il Mietitore, sento il fruscio del mio fiato scivolare via come fumo tra le dita, risucchiato da queste quattro mura imprese della mia stessa apatia, mura scalfite da colori scarlatti che segnano il confine con un mondo che forse non rivedrò mai più.
Questo mondo che in fondo non cono
sco nemmeno, se non per l’unico vertice di disperazione incastonato al centro del mio universo personale.

Sei come Nebbia,
sfuggi alle mie occhiate con la stessa velocità con cui ti sistemi gli occhiali sul naso,
e mi sorridi in quel modo famigerato che mi prosciuga il respiro in gola,
quel sorriso carico di promesse che di sincero non ha niente,
per cosa poi,
un’anima grigia che non sarà mai capace di appagare la tua spietata fame.

E’ un gioco che sono destinato a perdere, ma mai potrò pentirmi del giorno in cui decisi di evocarti al mio fianco, perché sei la morte più dolce che potessi mai desiderare in questo schifo di sopravvivenza che qualsiasi altro mortale chiamerebbe “vita”.

Quando mi marchiasti con quelle unghie di tenebra sentii una miriade di terminazioni nervose fibrillare al contatto con il tuo tocco malvagio, potrei paragonarlo quasi all’orgasmo della più volgare puttana, allo spasmo dell’overdose più malata, il piacere intriso di malcelato rammarico di quando mi chiamasti per la prima volta Danna Sama, e mi porgesti la mano come se fosti solo il mio umile servitore in nero.

Tutto mi manca, tutto si è dissolto, tutto è solo una nube di fumo al centro del niente, sono rimasti solo i miei pensieri che vorticano ancora attorno a te come se fossi il centro della mia gravità malsana, come se l’unica cosa che mi impedisce di sbriciolarmi seduta stante è il pensiero di ciò che è stato e che mai più sarà.

Non ho futuro, ho un passato, ne ho parecchi, ed il tempo che non mi pentirò mai di aver consumato è quello trascorso a crogiolarmi nelle tue attenzioni finte come le tue intenzioni, quando ci sorridevamo a vicenda come se fosse la cosa più naturale del mondo e non ci fosse niente nel retroscena di questi sorrisi, niente, sorridevo ed ero felice a modo mio, tra le tue braccia sempre troppo fredde come i tuoi occhi sempre troppo vuoti.
Gli stessi occhi che non comunicavano nulla, ma che a modo loro erano sempre così maledettamente pieni di noi, del nostro amore, del nostro odio.

Ed eri sempre così premuroso, quando mi sfioravi la guancia in punta di guanti e mi sussurravi che a combattere contro il mondo c'eravamo noi due e solo noi due, che nessuno avrebbe mai potuto portarmi via perché non c’era persona alcuna degna di potermi divorare, nessuna che non fossi tu.
E gioia più immensa non riuscivo a provare nel momento in cui riponevo il mio cuore e tutte le sue speranze fra le tue mani grigie.
Cuore.
Tu credi che io ne abbia mai avuto uno, Claude?
Se così non fosse, come ho potuto amarti fino a questo punto?
Cos'è che alimentava il mio amore nei tuoi confronti?
Mancanza di scelta? Disperazione? Terrore?
Non mi concederai mai la risposta, non è vero?

Durante un tempo lontano in cui il tuo abissale egoismo quasi superava il tuo ego, mi sentivo invulnerabile e sicuro del fatto che nessuno ad eccezione di me avrebbe mai vinto, mentre adesso mi sento solo una sporca puttana abbandonata nel sudiciume di un vicolo buio, con il sangue raggrumato fra le gambe ed il cuore ridotto in mille pezzi.

Invece sono qui, a carponi sul pavimento umido di questa stanza due metri per tre, privo di speranza e privo di onore, privo di qualunque cosa che non sia l’immensa voglia di strapparmi i la faccia con le unghie, di far sgorgare il mio sangue infetto e potermene andare con il corpo più leggero.

Sangue, non lo farei mai.
Il mio sangue ti appartiene, è contaminato dalle migliaia di bugie con cui hai nutrito il mio amore nei tuoi confronti, e mai permetterei che esso possa abbandonare le mie vene asciutte senza che tu lo acconsenta. 

Speravo davvero che per noi potesse esserci quel tanto sospirato lieto fine annunciato al termine di ogni fiaba, perché dopotutto vivevamo anche noi in una sorta di favola, non è vero? Era una fiaba bellissima, cullata dalle note limpide della tua voce e dalla delicatezza dei tuoi gesti, ma destinata a terminare in lingue di fuoco ancor prima di cominciare.
Una storia di fantasia curata nel minimo dettaglio, affinché io potessi avere finalmente il mio posto nel mondo.
Mi hai dato tutto, e tutto hai portato via.

Sono scoperto da ogni dove e da ogni mentre, come un lurido verme che si trascina sotto i raggi cocenti del sole.
Potrei esalare il mio ultimo fiato da un momento all’altro, e sento che forse adesso potrei accettare questa fine quasi con gioia, perché so che tu verresti a prendere la mia anima e la porteresti dentro di te fino alla fine dell'Universo, come fossimo un’unica entità.

Ma non lo farò.
Voglio che sia tu a privarmi del respiro finché il battito cardiaco non verrà a mancarmi, ed allora potrò dire di essermene andato esattamente come avrei voluto.

Stretto nella tua morsa mortale, quasi fosse il più paradisiaco dolore.

Felice. 

Davvero felice. 

Hai salvato il mio corpo, mi hai portato in cima alle nuvole e reso degno di poter camminare su questa terra come essere umano e non come feccia,

e poi hai gettato tutto in pasto alle fiamme.

E te ne sarò sempre
riconoscente.


Per sempre. Tuo.
Danna Sama.
   
 
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