Per Rue
Volevo soltanto dire che non conoscevo Thresh: ho parlato con lui una volta sola.
— Cosa diceva? Su Rue che era tua alleata?
—Io... noi... abbiamo fatto squadra. E fatto saltare le provviste. Ho tentato di salvarla, davvero. Ma lui è arrivato prima. Il ragazzo del Distretto 1 —
—E tu l'hai ucciso? —
—Sì, l'ho ucciso. E ho coperto lei di fiori. Ho cantato finché non si è addormentata.
—Addormentata? — chiede Thresh con voce roca.
—Morta. Ho cantato, finché non è morta — dico io.
Poteva uccidermi, ma nei miei confronti ha mostrato pietà.
— Fallo in fretta, d'accordo, Thresh?
Emozioni contrastanti gli attraversano il viso. Abbassa il sasso e mi punta il dito contro, quasi mi
accusasse. — Per questa volta ti lascio andare. Per la ragazzina. Tu e io siamo pari, allora. Non
siamo più in debito. Capisci?
Non riuscirò mai a ripagare questo debito.
Annuisco, perché capisco bene cosa significa essere in debito. E odiare di esserlo. Capisco che se
Thresh vince, dovrà tornare e affrontare un distretto che ha già infranto le regole per ringraziarmi, e anche lui sta infrangendo le regole per ringraziarmi.
Ho conosciuto Rue: non è stata solo mia alleata, è stata mia amica.
Le parole mi escono di bocca prima che io riesca a trattenerle.
— Sai, loro non sono gli unici che possono fare alleanze — dico.
Per un istante, nessuna risposta. Poi un occhio di Rue fa capolino da dietro il tronco. — Mi vuoi
come alleata?
—Perché no? Mi hai salvato da quegli aghi inseguitori. Sei sufficientemente sveglia se sei ancora
viva. E a quanto pare non ti faccio paura — rispondo.
—D'accordo — dice. Ci stringiamo la mano. — Affare fatto.
—D'accordo, allora. Se va tutto secondo il piano, ti vedrò per cena — dico.
Inaspettatamente, Rue mi abbraccia. Esito solo un istante, prima di ricambiare il suo gesto.
—D'accordo, allora. Se va tutto secondo il piano, ti vedrò per cena — dico.
Inaspettatamente, Rue mi abbraccia. Esito solo un istante, prima di ricambiare il suo gesto.
—Stai attenta — mi dice.
—Anche tu — replico. Mi volto e riparto verso il torrente, sentendomi un po' preoccupata. Temo che
Rue possa essere uccisa, temo che Rue non venga uccisa e che alla fine rimaniamo solo noi due, temo
di lasciare Rue da sola, di lasciare Prim a casa da sola. No, Prim ha la mamma e Gale e un fornaio che
mi ha promesso che non patirà la fame. Rue ha soltanto me.
La vedo ancora nei fiori che crescono sul prato vicino a casa.
Mi mordo un labbro. Rue, la ruta dai fiorellini gialli che crescono nel Prato. Rue. Primrose.
Nel bosco, a pochi passi, c'è un folto di erbe selvatiche. Forse sono solo erbacce, ma hanno fiori
dalle belle sfumature di violetto, giallo e bianco. Ne raccolgo una bracciata e ritorno accanto a Rue.
Lentamente, sistemandoli uno alla volta, orno il suo corpo con i fiori. Copro la ferita orrenda. Le inghirlando il viso. Intreccio i suoi capelli di colori vivaci.
La sento nel canto della Ghiandaia Imitatrice.
Comincio a conoscere Rue, è la maggiore di sei ragazzini, è molto protettiva con i suoi
fratelli, è quella che dà le sue razioni ai più piccoli, che va in cerca di cibo nei prati, in un distretto
in cui i Pacificatori sono molto meno tolleranti dei nostri. Rue, che quando le domandi cosa ama di
più al mondo, risponde - chi l'avrebbe detto? -la musica.
—La musica? — chiedo. Nel nostro mondo la musica sta in qualche punto tra i nastri per i
capelli e gli arcobaleni, quanto a utilità. Almeno gli arcobaleni danno qualche informazione sul
tempo. — Avete molto tempo per la musica?
—Cantiamo a casa. Anche al lavoro. Ecco perché mi piace la tua spilla — dice indicando la
ghiandaia imitatrice di cui mi sono dimenticata ancora una volta.
—Avete le ghiandaie imitatrici? — domando.
—Oh, sì. Alcune sono mie amiche. Possiamo andare avanti a cantare per ore. Portano dei
messaggi per me — risponde.
—Cosa intendi? — chiedo.
—Di solito mi trovo più in alto di tutti, quindi sono la prima a vedere la bandiera che segnala la
fine dei lavori. C'è una canzoncina speciale che canto — dice Rue. Apre la bocca e canta un
motivetto di quattro note, con voce dolce e limpida. — E le ghiandaie la diffondono per il frutteto.
È così che tutti sanno che è ora di staccare —
La rivedo in mia sorella Prim.
E, più incancellabile di tutti, una dodicenne del Distretto 11. Ha la pelle e gli occhi
marrone scuro, ma a parte quello, somiglia molto a Prim per taglia e atteggiamento. Solo che
quando sale sul palco e chiedono se ci sono volontari, tutto quello che si sente è il vento che sibila
tra gli edifici decrepiti che la circondano. Non c'è nessuno che sia disposto a prendere il suo posto.
Era troppo giovane, troppo dolce.
Non riesco a smettere di guardare Rue, più piccola che mai, un cucciolo rannicchiato in un nido
di rete. Non riesco a lasciarla così. Non soffre più, ma mi appare totalmente indifesa. Odiare il
ragazzo del Distretto 1, anche lui così vulnerabile nella morte, sembra inadeguato. Sono quelli di
Capitol City che odio, perché stanno facendo questo a tutti noi.
Non sono riuscita a salvarla.
Canta.
La mia gola è serrata dalle lacrime, roca per il fumo e la fatica. Ma se questo è l'ultimo desiderio
di Prim, voglio dire di Rue, devo almeno provarci. La canzone che mi viene in mente è una semplice ninnananna, una di quelle che cantiamo ai bambini irrequieti, affamati, per farli addormentare. È antica, molto antica, credo. Inventata molto tempo fa sulle nostre colline. È quella che la mia insegnante di musica chiama un'aria di montagna. Le parole sono semplici e rassicuranti e promettono che il domani sarà più piacevole di quell'orribile frammento di tempo che chiamiamo oggi.
Là in fondo al piato, all'ombra del pino
c'è un letto d'erba, un soffice cuscino
il capo tuo posa e chiudi gli occhi stanchi
quando li riaprirai, il sole avrai davanti.
Qui sei al sicuro, qui sei al calduccio,
qui le margherite ti proteggon da ogni cruccio,
qui sogna dolci sogni che il domani farà avverare
qui è il luogo in cui ti voglio amare.
Gli occhi di Rue si sono chiusi, con un battito delle palpebre. Il suo petto si muove, ma solo
leggermente. La mia gola libera le lacrime, che mi scivolano lentamente lungo le guance. Ma devo
finire la canzone per lei.
Là in fondo al prato, nel folto celato
c'è un manto di foglie di luna illuminato.
Scorda le angustie, le pene abbandona.
Quando verrà mattina, spariranno a una a una.
Qui sei al sicuro, qui sei al calduccio,
qui le margherite ti proteggono da ogni cruccio.
Gli ultimi versi si sentono appena.
Qui sogna dolci sogni che il domani farà avverare qui è il luogo in cui ti voglio amare.
Tutto è immobile e tranquillo. Poi, in modo un po' inquietante, le ghiandaie ripetono la mia
canzone.
Resto seduta per un momento, guardando le mie lacrime che gocciolano sul suo viso. Il cannone
spara per Rue. Mi chino in avanti e premo le labbra contro la sua tempia. Lentamente, come per non svegliarla, le poso di nuovo la testa sul terreno e lascio andare la sua mano.
Vi chiedo scusa.
C'è un lungo silenzio. Poi, da qualche parte in mezzo al pubblico, qualcuno fischia il motivetto a quattro note con cui Rue riproduceva il canto della ghiandaia imitatrice. Quello che segnalava la fine della giornata lavorativa nei frutteti. Quello che nell'arena voleva dire essere al sicuro. Quando il motivo si conclude, ho individuato la persona che fischia, un vecchio avvizzito in tuta da lavoro e camicia di un rosso stinto. I suoi occhi incontrano i miei.
Ciò che accade poi non è per caso. È troppo ben eseguito per essere spontaneo, si verifica in
totale simultaneità. Ogni singolo spettatore si preme sulle labbra le tre dita di mezzo della mano
sinistra e le tende verso di me. È qualcosa che si fa nel Distretto 12, è l'ultimo saluto che io ho
rivolto a Rue nell'arena.*
*È un antico gesto del nostro distretto, un gesto che si usa di rado e si vede qualche volta ai funerali. Significa grazie, significa ammirazione, significa dire addio a una persona a cui vuoi bene.
SPAZIETTO dell'AUTRICE *-*
Tendo a precisare che queste citazioni dalla saga di Suzanne Collins e dal film "Hunger Games -Catching Fire" di proprietà della Lionsgate sono soggette a copyright e sono state riportate per pure scopo di scrittura creativa, senza scopo di plagio o lucro. Il mio intento era quello di farvi provare quello che a me è venuto in mente risentendo il discorso di Katniss, come battuta nel film (parti in neretto). Volevo mettervi a nudo i miei pensieri, svelarvi quello che mi hanno smosso dentro, la mareggiata di emozioni che ha albergato dentro me. Sono state mie ed adesso sono anche vostre. Sono di tutti. Ecco perchè ho voluto usare le parole di Suzanne Collins stesse (parti in corsivo). Perchè le parole sono pubbliche, così come le emozioni che per pathos, compartecipazione possono essere condivise e prorpietà di tutti^^
Spero che vi sia piaciuto questo contatto con me, quello che di me che ho voluto trasmettere a voi. Fatemelo sapere RECENSENDO!!!