Giochi di Ruolo > Vampiri: la masquerade
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Autore: Celaeno    08/04/2014    1 recensioni
Vita mondana ed "ordinaria amministrazione" del Clan Giovanni in occasione del recente festeggiamento del 4 di Aprile.
Genere: Drammatico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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DISCLAIMER: Gli eventi descritti sono ispirati al gioco di ruolo Vampire: The Masquerade (ma va! o.ò). Nello specifico al Clan Giovanni e le sue splendide Tradizioni.
Il mio unico merito (sempre se c'è) è quello di far muovere dei personaggi nell'ambientazione predisposta.
Spero che la lettura sia piacevole sia per gli "addetti ai lavori" che a coloro che (per ora) ignorano il gioco.
Chiedo scusa per i sicuri errori grammaticali e di distrazione. Per questi ultimi faccio appello all'orario di pubblicazione...nonchè al fatto che si tratti del mio primo tentativo di scrittura.
Ho finito di lagnarmi!
Enjoy!



Vittoria era davanti allo specchio da ore ormai e buona parte del suo armadio era sparso per la camera. Al momento indossava un abito a sirena color grigio perla che fasciava il corpo esaltando la sua forma a clessidra, ma per quanto potesse essere della perfetta tonalità per il suo incarnato chiaro e con la giusta scollatura per ottenere il look sexy, ma sofisticato che stava cercando, qualcosa continuava a non convincerla del tutto. La folta chioma castano scuro veniva arrangiata ad ogni cambio d'abito in almeno cinque o sei modi diversi e comunque non c'era verso di prendere una decisione. La vecchia tata che la stava assistendo dall'inizio della giornata era seduta sul bordo dell'ampio letto a baldacchino interamente ricoperto da vestiti di vari colori, forme e fattura e di cui l'unica cosa in comune era la provenienza dai migliori atelier di moda del mondo. L'anziana signora guardava la splendida ragazza con l'affetto di un genitore, ma nei suoi profondi occhi castani si leggeva anche la stanchezza di mezza giornata passata dietro alla giovane per suggerirla nella scelta del migliore ensemble per affrontare l'importante evento al quale era stata invitata per quella sera. Era felice di essere ancora parte della vita della bambina che aveva accudito fin dalla tenera età e finché lei l'avesse cercata sarebbe sempre stata lì, fosse anche per sei estenuanti ore di prove d'abiti.
"Tesoro, ormai hai provato tutto ciò che questa casa aveva da offrire. Hai almeno ristretto la scelta a tre o quattro vestiti?" le chiese apprensiva la signora.
"Marzia, è difficile..." bofonchiò la ragazza, sospirando dopo un'ultima occhiata lanciata allo specchio e quindi dirigendosi lentamente verso il balconcino che s'affacciava sul Canal Grande. "Sono già le quattro e mezza, io non ho le idee affatto chiare e devo ancora farmi truccare e pettinare. Non ce la farò mai a prepararmi per tempo. Sono un disastro, possibile che anche a 25 anni non debba avere le idee chiare su cose tanto futili?" Onesto sconforto si sentiva nella sua voce e per evitare di farsi sfuggire una lacrimuccia alzò lo sguardo al cielo, ponendo le mani con decisione sui fianchi e rimanendo dunque in muta contemplazione dell'universo.
"Qualunque cosa deciderai di mettere ti starà comunque d'incanto sorellina. Il tuo viso è splendido e hai un fisico da far invidia a ogni ragazza di Venezia." L'improvvisa intrusione della voce del fratello, proveniente dal balcone accanto, la fece sobbalzare. La sua presenza era passata del tutto inosservata a Vittoria, troppo intenta a compatirsi per l'ardua scelta da compiere. "Non per niente ho chiesto a te di accompagnarmi questa sera." Aggiunse il giovane uomo con un mezzo sorriso sornione dipinto sulle belle labbra. Stravaccato su una sedia mentre era intento a concedersi una pausa sigaretta staccò i piedi scalzi dal parapetto di pietra rimettendosi sui due piedi e contemporaneamente gettando il mozzicone oltre il balcone senza minimamente preoccuparsi che vi fossero persone sotto. Difficile a Venezia, ma rimaneva un gesto maleducato.
"La fai facile tu Samuele. Uno smoking, una pettinata veloce giusto se l'occasione lo richiede e sei a posto tu. Perfetto. Ma grazie delle belle parole fratellone." Rispose prontamente lei, allungando con gesto teatrale la mano destra verso il balcone vicino e attendendo che il fratello come di consueto con altrettanta teatralità gliela prendesse ed eseguisse un elegante baciamano. Era un loro rituale da qualche anno a questa parte di cui non ricordavano la nascita e malgrado fossero arrivati ad oltre mille ripetizioni entrambi non mancavano di ridacchiare divertiti una volta terminato il loro teatrino, guardandosi negli occhi grigioverde che condividevano e che agli estranei non lasciavano molti dubbi riguardo il loro stretto legame di parentela malgrado per il resto non si somigliassero molto.
"Chiudi gli occhi, girati verso camera tua e indica a caso. A questo punto ti conosco abbastanza da sapere che ovunque dovesse finire il tuo ditino ci sarebbe qualcosa di adatto per stasera. Infilalo e non pensarci più. Se è nero poi tanto meglio, ma se vuoi tenere quello che hai addosso non ho obiezioni in merito." Con una scrollata di spalle e sondando velocemente da capo a piedi la figura della sua accompagnatrice con occhi evidentemente soddisfatti, il ragazzo si ritirò nelle sue stanze senza lasciare tempo alla sorella di ribattere; un motivetto fischiettato con nonchalance come ultimo segno della sua presenza prima di sparire dal campo visivo dell'altra.
Vittoria attese ancora qualche istante prima di rientrare, inspirando profondamente un paio di volte a mo' di auto-incoraggiamento e tornando poi spedita nel suo personale inferno di indecisione. "Va bene. Procediamo con ordine." Esordì lasciando scorrere lo sguardo tutt'intorno nella stanza e facendo una pausa per resettare il cervello. "Colore. Rimaniamo sul grigio?" Domandò ritornando in un guizzo speranzoso a fissare l'anziana signora rimasta immobile dove l'aveva lasciata poco prima. Un piccolo cenno d'assenso da parte di quest'ultima la fece riprendere ad occuparsi dei vestiti adocchiando ormai solo quelli della tonalità prescelta. Ne raccolse una mezza dozzina e li appese uno vicino all'altro per confrontarli, osservandoli a lungo in assoluto silenzio e con l'espressione assorta di uno scienziato di fronte a complicatissime formule pronte a partorire la risposta alla domanda fondamentale sulla vita l'universo e tutto quanto se solo si rimaneva sufficientemente a lungo a contemplarle.
Sembrò un'eternità, ma in meno di due minuti la scelta definitiva era stata finalmente compiuta. Vinceva un abito estremamente semplice: un tubino grigio antracite senza spalline e scollatura diritta che arrivava fino ai piedi come base, decorato per intero da un velo di pizzo che formava un piccolo strascico e sul petto saliva oltre la scollatura disegnando una elegante linea da spalla a spalla. Il grosso era fatto, in men che non si dica tutti i dovuti accessori vennero sapientemente aggiunti per completare l'opera e la ragazza fu pronta per uscire al braccio del fratello maggiore di otto anni. Insieme erano una visione incantevole, trasudavano charme da tutti i pori e ogni minimo gesto era imbevuto di un'eleganza che non si può acquisire con il tempo, ma è semplicemente innata.
Scesero al moletto privato del palazzo che abitavano e salirono sul piccolo motoscafo che li avrebbe portati a destinazione.
"Ti sto facendo fare tardi? Mi dispiace, mi sento un'idiota..." confidò Vittoria con sincero rammarico poco dopo la partenza, cercando nello sguardo del fratello la verità che era quasi sicura non le avrebbe mai rivelato a voce.
"Stai tranquilla, la notte è giovane e non saranno dieci minuti...o mezz'ora.....o due ore se è per questo a fare la differenza." rispose Samuele senza sembrare minimamente preoccupato e anzi rassicurando la sorella con il sorriso smagliante che lo aveva spesso aiutato a svicolare da situazioni sgradevoli, soprattutto in gioventù quando era solito sfruttare le innate doti di leadership per architettare loschi piani ai danni di chiunque fosse stato tanto sfortunato da finire nel suo mirino.
"E poi basterà che ti vedano per far dimenticare del tutto il ritardo...e far stramazzare al suolo qualche vecchio bacucco magari. Ti ringrazio per tutto l'impegno che hai messo nella vestizione, sei quasi più bella di me sorellina." Ponendole un braccio intorno alle spalle la richiamò a se, dandole prontamente un casto bacio sulla fronte a mitigare il sarcasmo della sua ultima uscita mentre l'altra già si fingeva profondamente offesa. Per la seconda volta si misero a ridacchiare della loro stupidità e terminarono in silenzio il tragitto, godendosi il panorama offerto dalla splendida città che conoscevano a memoria, ma che non smetteva mai di incantarli.

Giunti a destinazione nel cuore di Venezia Samuele aiutò da bravo gentiluomo la discesa della sorella dal mezzo di trasporto, lasciando quindi libero l'autista di tornare ai propri affari mentre Vittoria rimaneva a bocca aperta di fronte al sontuoso edificio nel quale si teneva il ricevimento. "Hai detto che si tratta di una riunione di famiglia? Io qui non ci sono mai stata." Confidò lei a bassa voce all'orecchio del fratello non appena si furono ricongiunti, incamminandosi quindi verso l'ingresso presidiato da una dozzina di energumeni ed un signore di mezza età piuttosto ridicolo visto di fianco agli altri uomini. Dal nulla Samuele materializzò un biglietto che doveva essere l'invito per l'esclusiva festa privata e lo allungò al signore, che l'accettò con un leggero inchino. "Buonasera e benvenuti Signor Giovanni, Signorina... prego procedete pure." Restituendo il biglietto a Samuele con un secondo inchino non si occupò più di loro, rivolgendo l'attenzione al moletto dal quale erano giunti poco prima probabilmente per accogliere altri invitati. Non appena varcata la soglia del salone principale del palazzo un cameriere fu pronto a offrire un flute di spumante che i fratelli accettarono di buon grado, quindi com'era venuto l'inserviente si dileguò.
"Nemmeno io ci sono mai stato, ma si, il palazzo è di qualche nostro lontano parente." Rispose finalmente Samuele tenendo anch'egli il tono di voce basso, accostando le labbra all'orecchio di Vittoria ed avanzando nel salone con estrema lentezza per dare ad entrambi il tempo di acclimatarsi alla sala. "Se si fanno le dovute ricerche sorellina, si scoprono parecchie cose sulla nostra famiglia." Aggiunse con atteggiamento misterioso che alla destinataria parve solo una mess'inscena per risvegliare la curiosità che -si sa- è donna, ma con scarsi risultati. "Ah si? Da domani farò i compiti allora. Per adesso però facciamo che almeno per un'ora non mi abbandoni al mio destino e ti comporti da bravo ragazzo rimanendo vicino alla tua dama ed evitando di correre dietro ad una bella donna a caso..." Gli rispose lei senza guardarlo, sondando gli invitati già presenti e lasciandosi pervadere da una leggera agitazione più che naturale per la situazione in cui si trovava: ospite di un evento chiaramente elitario in mezzo a perfetti sconosciuti e rischiando di far sfigurare il fratello che tanto adorava, ignorando del tutto il fatto che in quella sala fosse indubbiamente la figura più splendente e che Samuele dovesse essere solo riconoscente che lei avesse accettato il suo invito.
Decisero di muoversi verso il banchetto e Vittoria lasciò al fratello il compito di recuperare le cibarie mentre lei rimaneva in disparte, poi si diressero verso il più vicino balcone dal quale poterono godere delle ultime luci del tramonto chiacchierando amabilmente tra di loro del più e del meno. Nessuno nel frattempo li disturbò e, anzi, parve a entrambi che non vi fosse particolare interesse da parte degli invitati di socializzare e nella sala regnava una insolita quiete per un evento con così tanti invitati.

Il calare del buio portò con se un vento freddo che spinse i due fratelli a tornare all'interno della sala e si accorsero subito che diversi nuovi volti si erano aggiunti alla festa. Per quanto Vittoria si sforzasse non era ancora riuscita a riconoscere qualcuno dei presunti parenti e stava per esprimere i suoi dubbi al fratello quando vide avvicinarsi un signore tanto elegante quanto inquietante. Inspiegabilmente a Vittoria venne la pelle d'oca e quasi le mancò il respiro quando si rese conto che, si, quell'uomo cercava proprio loro, rimanendo talmente inebetita dalla propria reazione fisica che non riuscì a seguire la civile conversazione che il signore stava cominciando ad intrattenere con suo fratello, riuscendo solamente a fissare con insistenza il volto dello sconosciuto nella vana speranza di comprendere come mai quella persona le suscitasse un così forte timore pur non conoscendola affatto. Con un sorriso tirato e nervoso cercò di sembrare a proprio agio, ma al fratello non passò inosservato lo stato d'animo agitato della ragazza e nel tentativo di rassicurarla la cinse nuovamente a se dalle spalle. "Anche se vi sono parecchie opere d'arte degne di nota, mio caro Samuele, sua sorella le fa sfigurare tutte." Fu la prima frase che Vittoria riuscì a sentire provenire dall'uomo che ora la guardava rivolgendole un sorriso cordiale mentre gli occhi neri rimanevano profondi e cupi. Si accorse immediatamente che parlava perfettamente italiano, ma l'accento americano era inequivocabile. "Milliner ne sono consapevole, ma non lo dica in giro. Non vorrei che il nostro ospite si risentisse. Avrà faticato molto per realizzare una collezione tanto superba e sarebbe un peccato vederla oscurata da un comune essere umano." I due maschi si scambiarono un sorriso complice e l'americano cominciò a dare l'impressione di voler proseguire il giro di saluti. "Ci proverò, ma sarà impossibile mantenere il segreto." Aggiunse giusto prima di salutare i due lasciandoli nuovamente a loro stessi senza che Vittoria riuscisse a spiccicare parola.
"Lo conosci?" Gli chiese lei con eccessiva apprensione non appena l'uomo le parve sufficientemente lontano da non poterla udire e sentendo scemare la tensione che le aveva suscitato la figura fino a tornare del tutto rilassata. "Più o meno, ci sentiamo per questioni di lavoro." Spiegò evasivo Samuele, conducendoli intanto a caso in mezzo alla folla e scambiando qua e là qualche parola con gli altri invitati. Passarono circa un'ora in presentazioni e convenevoli; Vittoria fu notevolmente aiutata dallo spumante che a ripetizione veniva offertole per sciogliersi e scacciare le sgradevoli sensazioni che di punto in bianco l'assalivano, cercando contemporaneamente di dosare l'alcool per evitare di far fare figuracce al fratello che, notò, era spesso oggetto di complimenti da parte dei suoi interlocutori per le sue doti in ambito finanziario. Samuele doveva essere una figura chiave nella ricerca e sviluppo di nuove fonti di profitto e molti dei presenti avevano avuto modo di beneficiare della cosa; non che ne avessero bisogno perché a giudicare dagli abiti e dai gioielli che Vittoria adocchiava di sfuggita addosso alle altre signore era evidente che fossero tutti estremamente benestanti.
Proprio mentre era intenta ad osservare lo splendido scintillio di un collier indossato da una splendida ragazza, forse l'unica che si avvicinava alla sua età tra tutte, Samuele si sporse nuovamente verso il suo orecchio. "Scusami Vi, ma devo lasciarti per qualche tempo." Non lasciò il tempo di rispondere alla sorella e come se niente fosse tornò a rivolgersi al piccolo gruppetto di persone con le quali stavano conversando al momento per accomiatarsi educatamente. Nessuno si oppose e a turno fecero un qualche cenno alla volta del ragazzo per salutarlo. Vittoria cercò di mascherare la propria ansia e anche lei salutò il suo fratellone con una carezza lungo il braccio, lasciandolo poi andare del tutto. Mentre lui si allontanava i due continuavano a guardarsi e prima di voltarsi Samuele le fece l'occhiolino, lei sorrise e prese in mano la conversazione preoccupandosi solamente di lasciare quantomeno una buona impressione di se.
L'assenza del fratello al proprio fianco diede un'inaspettata sicurezza a Vittoria, che pian piano faceva la conoscenza di parecchie persone venendo presentata prima da uno, poi da un altro e così via, perdendo in men che non si dica la cognizione del tempo finché, obbligata da urgenze fisiologiche, non si trovò nella toilette dopo che un cameriere le aveva indicato dove trovarla. Di fronte allo specchio del bagno si guardò in faccia approfittando del momento di solitudine per riprendersi dalla lunga immersione nell'evento sociale, ma anche per controllare che il trucco e il parrucco fossero ancora in ordine. Si accorse così che erano passate le tre di notte e immediatamente sbadigliò. Non era stanca, era stata probabilmente condizionata dalla scoperta dell'orario e parte del suo cervello cercava di dirle che fosse il momento di andare a dormire, ma l'altra parte non era d'accordo e supportata dal fisico decise di continuare a godersi la festa.
Il corridoio nel quale era capitata era deserto e i rumori provenienti dal salone le sembravano distanti. D'impulso le venne voglia di esplorare il palazzo e dunque s'incamminò nella direzione opposta al vociare. Qualora l'avessero trovata a gironzolare, seguendo un qualsiasi copione di un film d'azione, avrebbe detto che si era persa a causa della sbadataggine, del vino o delle dimensioni della location...o un insieme di queste tre scuse. Sarebbe andato tutto bene e l'avrebbero ricondotta alla festa.
Con tutto il tempo che voleva a disposizione riuscì ad accorgersi di quanto fosse magnifico ogni particolare del luogo in cui si trovasse. Non c'era bisogno di essere un genio per capire che non solo si trattasse di uno dei palazzi più antichi di Venezia, che fosse tenuto in perfetto stato da una manutenzione impeccabile e che le opere d'arte che s'incontravano non avessero nulla da invidiare a quelle che affollavano un qualsiasi museo. Lungo i corridoi era più facile trovare delle statue, ma nelle stanze che trovava aperte aveva notato che i quadri rappresentavano la forma d'arte favorita e che all'interno dell'ambiente venisse rispettato il periodo o il movimento culturale di appartenenza.
Mentre era intenta a studiare un quadro che riteneva appartenesse a Gustav Klimt sentì improvvisamente una voce nota provenire dalla porta dalla quale era entrata qualche tempo prima. "Ecco dov'eri finita!" Sbottò Samuele, evidentemente scosso rispetto all'ultima volta che l'aveva visto. Non solo il suo sguardo aveva della follia in se, ma anche alcuni cambiamenti nel vestiario non erano coerenti con l'atteggiamento impeccabile cui era abituata da parte sua. Nessun dettaglio le sfuggì mentre lo vide avvicinarsi, dandole il tempo di voltarsi e dare le spalle all'opera che l'aveva tanto interessata. "Ti ho cercata dappertutto, ma cosa ci fai qui?" Ormai prossimo alla sorella le mise le mani su entrambe le guance con inaspettata delicatezza vista la tensione che si portava dietro. Vittoria, cercando per contrasto di rimanere calma, l'osservò quieta portando le proprie mani sui polsi del fratello. "Scusami, ho perso la cognizione del tempo..." si giustificò brevemente, "Ma che hai fatto? Stai bene? Sei pallido, hai le mani fredde." Senza darle una vera e propria risposta Samuele le fu immediatamente addosso, spingendola contro il muro e baciandola con foga.
Lo shock fu tale che Vittoria ci mise più di un attimo a capire cosa stesse accadendo e cominciò a ribellarsi tentando inizialmente di spingerlo via, poi tirandogli qualche pugno alla cieca, ma trovandosi in tempo zero con i polsi bloccati dalle mani di lui, unite tra di loro a mo di preghiera. Nell'infruttuoso tentativo di ribellione si era probabilmente fatta più male lei di lui, che le sembrava un blocco di marmo da quanto fosse inamovibile. In quel momento Samuele decise di rinsavire temporaneamente e recuperare una minima parte del contegno che lo contraddistingueva mantenendo il contatto fisico con la sorella tenendo solo le loro fronti attaccate. Vittoria era senza parole e lo guardava inorridita temendo sia per il fratello e cosa gli potesse essere successo per renderlo così che per se stessa, avendo appena avuto la conferma del fatto che fosse totalmente alla sua mercè. Cominciò a tremare.
"Vi," pronunciò a fatica, tremando pure lui, ma non di paura e incapace di guardarla negli occhi. "Tu sei così bella e io ti amo, tanto..." Samuele si fermò di nuovo, incapace di continuare a parlare per qualche istante. Vittoria cercò di cogliere la palla al balzo intervenendo, ma non fece in tempo a far uscire un solo verso che lui la premette maggiormente contro la parete togliendole il fiato. "Shhh...lasciami finire." Riprese a parlare quella persona che aveva le sembianze del fratello, ma che sempre meno le ricordava colui con il quale era cresciuta. "Io ti amo, ma tu sei così stupida. Così stupida che non posso tenerti con me per sempre. E io vorrei stare con te per sempre." Le disse parlando come un bambino che rifiuta una triste verità e non fu tanto l'improvviso insulto a colpire la ragazza, quanto l'incapacità di seguire il ragionamento del fratello mista ad un'atavica reazione di fronte all'imminente pericolo che la portò al pianto. Un pianto dirotto in grado di scuoterla ancor più dei tremori che stava patendo dall'inizio dell'aggressione. Samuele non ne sembrò felice, anzi per un attimo nei suoi occhi vide specchiata la propria tristezza e confusione. Anche se era ancora estremamente nervoso, con gesti lenti e curati, quasi dolci, abbassò le braccia della sorella e la portò a unire i polsi dietro la schiena senza mai lasciarla libera, riuscendo infine a trattenerli entrambi in una sola mano mentre l'altra le risaliva lungo la schiena e finiva per invitare la sorella a poggiare la testa sulla sua spalla, infilandole le lunghe dita tra i capelli.
Vittoria si lasciò guidare lentamente e credette di capire in quel momento come si sentissero gli animali destinati al macello. Continuò a singhiozzare in silenzio anche se da fuori sembravano uniti in un più o meno tenero abbraccio.
Il tempo era un concetto relativo a quel punto per lei, anche se forse erano fermi da poco più di quindici secondi le sembrò un'eternità e non ce la fece più ad attendere. Con tutto il coraggio che le rimaneva ed aiutata da un altro paio di profonde inspirazioni aprì bocca rimanendo per il resto del tutto immobile. "Che cos'hai?" Chiese con un filo di voce al fratello. Di nuovo non ebbe risposta verbale, ma in compenso aveva rotto l'incantesimo; il tempo aveva ricominciato a scorrere e credeva di essere pronta alla propria Fine una volta avvertito lo spostamento del fratello. Le dita di lui si strinsero tra i capelli e tirandoli la obbligò a riversare indietro la testa con non poco fastidio. L'affresco sul soffitto della stanza reggeva il confronto con le opere che erano state sparpagliate nella residenza, ma Vittoria ebbe ben poco tempo per bearsi di questa visione prima di essere accecata dal dolore più intenso che avesse mai provato finora. Il suo collo bruciava, sentiva che la carne era stata lacerata brutalmente e il sangue caldo che cominciava a fluire seguendo languidamente le linee del suo corpo ed impregnando l'abito che aveva impiegato tanto a scegliere. La reazione fu involontaria: il suo corpo tentava di ribellarsi a questo dolore come una bestia impaurita chiusa in una gabbia troppo piccola e si agitava cercando invano di sgusciare dalla presa del fratello, ma a nulla valsero i suoi sforzi se non a peggiorare la situazione. Cominciò a gridare con tutto quel che riusciva ancora ad offrire il suo corpo. Urlò per la rabbia, la frustrazione, la paura, la vana speranza che qualcuno la venisse a salvare da quella atroce tortura, ma soprattutto urlò per sfogare la propria sofferenza.
Anche la voce velocemente rotta venne meno fin troppo presto e con lo scemare dei suoi tentativi di ribellione e l'evidente indebolimento che l'ingente perdita di sangue stava causandole, pure Samuele allentò un poco la sua morsa, almeno sui capelli, consentendole di riappoggiare la testa sulla spalla come fatto fino a poco prima nel loro ultimo momento di pace. Il dolore non accennava a diminuire, ma Vittoria era incapace di cambiare le cose e a quel punto sperò soltanto che le sue pene giungessero a termine quanto prima senza avere necessità di risposte che giustificassero il suo ormai prossimo decesso.
La vista della ragazza si stava appannando e gli occhi erano fissi sulla porta, forse ancora in attesa di un salvatore, ma ad accedere alla stanza fu tutt'altra figura: una donna piccola e minuta avvolta in un lussoso abito nero. Gli occhi del medesimo colore, freddi e crudeli, la guardavano con indifferenza mentre si avvicinava ai due tenendo le braccia incrociate. Poteva essere la Morte, ma non portava con se una falce ed era sempre più difficile per Vittoria tenere a fuoco l'ambiente circostante, ma riuscì ancora a notare che la donna indossava dei guanti di pelle nera; fuori luogo per l'abbigliamento e la stagione. Aveva anche lunghi capelli corvini che le ricadevano morbidamente dietro le spalle. Era una visione meravigliosamente terribile.
L'ultimo sguardo lo concentrò sul viso della donna, che da lontano le era parso fatto di porcellana, ma da vicino delle sottili venature nere ne rovinavano la perfezione. Le labbra si mossero, ma Vittoria non era più in grado di sentire alcunchè.

"E' morta Samuele. Torniamo alla festa figlio mio."


Fine.


ps: Giulia, se sei qui, mammà ti vuole BBene e ti pensa (e ha ricevuto una prestuna la benedizione da Virgin Radio che ha passato più volte "Paint it Black" ) ç_____ç <3
  
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