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Autore: Sheep01    08/04/2014    3 recensioni
Insomma, il dottor Banner non era a Londra in gita di piacere. E nemmeno Clint Barton.
Lo SHIELD aveva deciso di affidargli una missione. Niente di troppo impegnativo, vedrai, ti piacerà. Con un po' di fortuna avrai persino il tempo di fare il turista.
Già, il turista. [...] Gli serviva una vacanza, da anni. Peccato che quella particolare situazione a tutto somigliasse fuorché a una vacanza... di piacere. A meno che non si prediligessero gli sport estremi.
C'era davvero gente che pagava per correre su e giù dai palazzi?
[Spoiler Captain America: The Winter Soldier]
Genere: Azione, Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bruce Banner/Hulk, Clint Barton/Occhio di Falco, Natasha Romanoff/Vedova Nera
Note: Movieverse | Avvertimenti: nessuno
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Disclaimer: Tutti i personaggi citati non mi appartengono, ma sono proprietà Disney e Marvel.
Questa storia non è stata scritta a scopo di lucro.


Questa storia ha necessità di una piccola, piccolissima premessa.

Nata essenzialmente come un pretesto per veder interagire Clint Barton e Bruce Banner (un’accoppiata, a mio avviso, potenzialmente divertente. Ispirata un po’ da alcune sequenze della serie animata, un po’ per altri motivi che non sto qui ad elencare), si è trasformata in qualcosa di diverso dopo l’avvento del Capitano America e il suo Soldato d’Inverno (e dunque SPOILER, per chi ancora non lo ha visto). La storia è stata rimaneggiata e riveduta a favore di questi nuovi avvenimenti, per cui, mi scuso in anticipo per le potenziali incoerenze e frammentazioni narrative a cui ho cercato di dare un senso a favore di continuity. Chi non si è chiesto dove si fosse andato a cacciare quello stracavolo di Occhio di Falco, mentre allo SHIELD si scatenava l’inferno? Anche se ci piacerebbe tutti saperlo ai Caraibi, a bere cocktail sulla spiaggia, alla faccia della crisi, questa che vado a raccontare è una delle mille interpretazioni che si possono dare alla faccenda (sebbene se ne affaccino almeno un’altra decina all’immaginazione). 

Dedico la storia a Sere. Perché lei ed io, Budapest… ce la ricordiamo in modo molto simile. E perché il ciondolo a forma di freccia al collo della ScarlettJonzzon, lo ha beccato lei, prima di tanti altri. 

A voi buona lettura.

 

ENDLESS VACATION

 

Ancora non aveva una chiara idea di come si fosse trovato a saltare fra i tetti dei palazzi di Londra, novello Bert danzerino.

O forse ce l'aveva, ma al momento non era nelle condizioni di poterlo elaborare.

Perché quando ti trovi alle spalle un bestione verde di massa muscolare superiore a quelle di un rinoceronte, ma con livello intellettivo della stessa portata, non hai poi molto tempo di starci a pensare. Quando Hulk spacca, lo fa davvero. Soprattutto se si prende la premura di annunciartelo, non come minaccia ma come brutale avvertimento.

Eppure era convinto di esserselo fatto amico. Non uno di quegli amici con cui ti vai a fare una birra al pub, sia chiaro, nemmeno uno di quelli a cui regali il biglietto per la prossima partita di football, ma... insomma, un amico. Quella sorta di complicità che si instaura quando ti trovi a condividere qualcosa di importante. Tipo lavorare fianco a fianco durante un attacco alieno... tipo.

Ma evidentemente quella non era una di quelle giornate da annoverare fra le migliori rimpatriate di sempre. Focosa, su questo non c'era alcun dubbio, ma un po' troppo esagitata come mattinata, a maggior ragione se sei in astinenza da caffè, dal giorno in cui sei sbarcato nella terra di Albione. Se c'era una cosa che non si poteva negare a Clint Barton la mattina, era proprio una bella, calda tazza di fumoso caffè americano. Di quelle che danno la carica per affrontare una lunga giornata di... inseguimenti.

 

Il dottor Banner era arrivato da settimane nella capitale. Assoldato, suo malgrado, dallo SHIELD (come ambasciata, stavolta, un pigro, calvo e grasso agente prossimo alla pensione. Nemmeno l'esotico balsamo di avere un agente alla Romanoff), per monitorare la zona di Greenwich. Se i londinesi con il loro invidiabile aplomb avevano già accantonato lo spiacevole inconveniente dell'avvento Thor, lo SHIELD e chiunque si preoccupasse della sicurezza mondiale, universale della razza umana, avevano deciso di prendere provvedimenti e colto lastraordinaria occasione di studiare in modo ravvicinato tutto quello che si poteva decidere di recuperare, carpire, sviscerare dai residui alieni ritrovati un po' ovunque sparsi per il meridiano. Clint non era convinto di sapere perché non interrogare direttamente la muscolosa divinità norrena in vacanza straordinaria, ma evidentemente ci doveva essere qualcosa di immorale nel trattenere un essere - divino -, segregato per studi specifici. Non che questo li avesse frenati dal farlo comunque in passato. Forse il fatto che anche Thor si fosse guadagnato un posto d'onore fra i collaboratori della sicurezza mondiale, universale eccetera eccetera, doveva pur dire qualcosa. In buona sostanza, si poteva liquidare il tutto con un criptico Top Secret. E questo doveva bastare a sedare la curiosità (o alimentarla?)... quantomeno a metterla a tacere?

Insomma, il dottor Banner non era a Londra in gita di piacere. E nemmeno Clint Barton.

Lo SHIELD aveva deciso di affidargli una missione. Niente di troppo impegnativo, vedrai, ti piacerà. Con un po' di fortuna avrai persino il tempo di fare il turista.

Già, il turista.

Se avesse saputo che gli sarebbe bastato farsi possedere (mentalmente) da un ambizioso dio psicopatico, per concedersi il meritato (non perpetuo) riposo, forse sarebbe andato a cercarsene uno prima.

Gli serviva una vacanza, da anni. Peccato che quella particolare situazione a tutto somigliasse fuorché a una vacanza... di piacere. A meno che non si prediligessero gli sport estremi.

C'era davvero gente che pagava per correre su e giù dai palazzi? Evidentemente sì e non faceva Uomo di nome. Nè Ragno di cognome.

Ma quale fra Uomo e Ragno era da considerarsi nome e quale cognome?

Troppo complicato.

Sicuro era per quello che il baldanzoso aracnide non era stato interpellato per entrare a far parte dello squadrone dei Vendicatori. Troppi misteri. Nessuno di loro si celava dietro a una maschera, per dire. No, nemmeno il dottor Banner. Anche perché, trovarne maschere di quella grandezza, capace di nascondere quel mostruoso grugno verde.

Scartò di lato poco prima che un pugno si abbattesse sul suo cranio, fracassandoglielo senza possibilità di ritorno.

"Eccheddiamine! Adesso sei anche capace di leggere nel pensiero, bestione?"

Altro pugno, detriti, e Clint che saltava dall'altra parte della balaustra, atterrando sul terrazzino dirimpetto. Forse non avrebbe dovuto dire bestione.

“Chi diavolo è lei?!” la voce di un'anziana signora alle sue spalle e fece appena in tempo a schivare una padella che si abbatteva sulla ringhiera di ferro battuto.

“Pericolo di morte!” l'avvisò Clint.

“Esattamente! Per lei!” strillò la donna, e l'arciere evitò nuovamente la padella, prima che il ringhio furente della rabbia fatta a... mostro, tuonasse sopra le loro teste e la sua incombente ombra oscurasse il sole, giusto il momento di passare al palazzo successivo, apparentemente senza essersi accorto di loro.

“Cosa diavolo era quello? Un uccello?”

“Non un uccello, non un aereo. Solo un Hulk.”

“E' roba dei giapponesi, vero?”

“Sayonara.” esalò Clint, prima di riprendere l'inseguimento, lanciando una poderosa freccia a uncino per volare via, letteralmente, dal terrazzino. Non che fosse convinto di poterlo fermare da solo, ma ne era certo responsabile: non lo avevano mandato lì per monitorare la situazione?

Il motivo ancora gli sfuggiva.

Domande tipo: perché al caro, vecchio Nick era venuto in mente proprio all’ultimo di mandarlo in Europa? Perché poi con tanta urgenza? E soprattutto, perché era arrivato proprio il giorno in cui il bestione aveva dato di matto dopo mesi di tranquillità?

In tutto quel disordine mentale una sola cosa era certa: la situazione gli era un tantino sfuggita di mano e se c'era una cosa che odiava, era non essere in grado di gestirlo. Il senso del dovere, l’onore… e mezza città da tenere appena sotto al livello di panico.

Da lì a poco sarebbe intervenuto l’esercito, la guardia reale, James Bond in persona e no, sicuro non era quello a cui lo SHIELD aspirava. O qualcosa che avrebbero voluto spiegare a chicchessia.

St. James's Park sembrava essere la tappa successiva.

L’organizzazione si era già attivata, non doveva essergli sfuggito il livello emotivo del dottor Banner che era esploso in un attacco d’ira più poderoso del previsto.

Quando Clint aveva indagato rapidamente sui motivi dell’esplosione di rabbia, gli erano state date frammentarie e confuse spiegazioni. Non si aspettavano il suo arrivo evidentemente, e c’era qualcosa di sospetto sui cui avrebbe indagato più tardi.

L’obiettivo, al momento, era evitare spiacevoli incidenti: finché Hulk si limitava a saltare da una parte all’altra di Londra, ancora andava tutto bene.

Lo circondarono che era appena atterrato su un’aiuola di allegri fiori gialli, in uno svolazzo di anatre e uccelletti disturbati nella loro quiete faunistica.

Qualche parola di avvertimento, una scarica di proiettili narcotizzanti e il mostro era a terra, come un elefante catturato dai bracconieri.

Clint atterrò poco distante, godendosi lo spettacolo da lontano.

Ci sarebbe stato tempo e modo di fare rapporto. Chissà perché la gente non pensa mai immediatamente ai narcotici, fu l'ultima cosa che pensò, prima che il suo telefono prendesse a suonare.

Fury.

Non perderlo di vista nemmeno per un solo istante.

Clint afferrò l’antifona.

Lo spettacolo era finito.

 

***

 

La cosa bella del Dottor Banner era quell'aria sempre devastata dal suo alter-ego interiore. Perciò non era poi così imbarazzante averci a che fare anche dopo una lunga seduta di trasformazione non richiesta. Vittima di una notte di bagordi, di una sessione di allenamenti o in attesa di risolvere l'equazione della vita, non faceva poi grande differenza.

L'aria era sempre quella di un uomo prostrato dalle difficoltà dell’esistenza.

Per cui l'approccio era sempre lo stesso.

Ordinaria amministrazione.

Clint poi, affatto conosciuto per la sua delicatezza, aveva deciso di tenergli compagnia per l'intera mattinata successiva, dopo averlo tenuto d’occhio per tutta la sua incoscienza del giorno precedente.

Fury era stato preciso a riguardo. Mai perderlo di vista. E non lo avrebbe fatto, nonostante le assicurazioni dello SHIELD che si sarebbero presi cura di lui.

Voi prendetevi cura di lui, io mi prendo cura di voi e di lui.

“Deve essersi procurato un gran bel mal di testa, dottore.” la sensibilità del commento fece voltare Banner, intento a sistemare uno dei numerosi disastri che sembravano aver fatto esplodere il laboratorio.

I fogli sparsi a terra non erano la cosa più allarmante.

“Oh dice? Non saprei...” il tono era sarcastico, l'aria sempre la stessa da macigno dell'universo sulle spalle “Convivo con l'emicrania da anni.”

“Questo non è salutare. Ha provato con lo yoga?”

“Mi domando perché siete tutti così fissati con lo yoga.”

“Non so, dicono aiuti”, lo raggiunse, scansando un pezzo di soffitto, precipitato, suo malgrado, al suolo.

“Ma lei non lo ha mai provato”, una constatazione spietata.

Lei chi? Clint si domandò per un istante perché continuassero a insistere con gli appellativi formali.

“Ho altri metodi per liberare le mie energie.”

Banner gli lanciò uno sguardo strano, prima di sganciargli fra le braccia un intero plico di appunti, raccattati alla rinfusa.

“Immagino che questo possa essere una buona alternativa ai suoi metodi allora. Mi hanno detto che è qui per aiutarmi.”

Clint fece una smorfia, affatto convinto che quello fosse il modo in cui lo SHIELD aveva inteso quel compito.

“In realtà sarei qui per supervisionare il suo lavoro...”

“Ma dato che è qui...”

“Ma dato che sono... qui.” Fece seguito rassegnato, raggiungendo mestamente una delle scrivanie ribaltate e, reggendo il plico con una mano sola, cercò di rimettere al posto il tavolo, che ricadde sulle quattro gambe con un tonfo liberatorio. “Spero non sia costretto a ricominciare tutto da capo.”

“Lo dice per me o per lei?” Banner era molto più perspicace di quanto si potesse immaginare. Geniale figlio di puttana.

"Lo dico per la tabella di marcia”, buttò li casualmente “la sua presenza è richiesta altrove, dopo Londra, non gliene avevano già parlato?"

Il dottor Banner non nascose un sospiro.

“Già... mi piacerebbe poter ricordare il giorno in cui ho deciso di firmare un contratto a tempo indeterminato con lo SHIELD.”

“E’ solo una collaborazione, sono sicuro che potrà tornare alla Stark Tower il…”

“Stavo scherzando, agente Barton”.

Clint sistemò i fogli e decise di rendersi utile, riprendendo a sistemare questo o quell'oggetto di arredamento, esploso in più punti della stanza. Quando la gente era costretta a specificare uno scherzo, era arrivato il momento di fare un profondo sospiro e cercare di ricaricare le batterie.

L’inseguimento dello scorso pomeriggio doveva averlo abbattuto più di quanto credesse.

“In ogni caso il mio lavoro qui è praticamente concluso”, riprese Bruce con aria stanca “Può fare rapporto ai suoi superiori, se la fa sentire meglio.”

“Con tutto il dovuto rispetto, dottore, il mio lavoro continua a prescindere dai suoi progressi”, si sentì in dovere di specificare. “Sono stato assegnato a lei.” e certo avrebbe preferito fare altro, ma non era suo il compito di giudicare le decisioni dello SHIELD. O, nello specifico, del direttore in persona.

“Credevo che il suo lavoro fosse più qualcosa alla picchiaduro bang bang, che non star dietro a calcoli di uno scienziato che non ha tempo per darle relazione".

“Lo credevo anche io, finché non ho visto fare a lei... il giochetto del picchiaduro bang bang.”

“Quello non era... previsto.”

“Lo è mai davvero?”

Banner non rispose, questa volta un po' di imbarazzo traspariva dalla sua postura malinconica.

Clint sentì, immediata, l'urgenza di scusarsi.

“Senta, non intendevo, voglio dire...”

“Non si preoccupi, sono abituato a questo genere di giudizi.”

“Il mio non voleva essere un giudizio solo un... non è colpa sua.”

Per la prima volta dacché era iniziata la conversazione Banner alzò la testa per fronteggiare direttamente Clint.

Era forse una scintilla di stizza, quella che aveva avvertito dal guizzo del suo sopracciglio?

“Ah no? Forse allora è stata la giustizia divina, dato che, quello che attualmente succede, il trasformarmi, voglio dire, in quel bestione verde che ormai tutti conoscete e che probabilmente conosce l’intero pianeta, è frutto di quello che io ho prodotto, nel bene e nel male. Non-“

“Un attimo, un solo attimo”, Clint si obbligò a mettere un freno a quell’insensato scoppio di protesta “Se avessi saputo quanto fosse suscettibile riguardò la paternità di questa faccenda non avrei mai fatto commenti a riguardo.”

“Non sono suscettibile. Sto solo spiegando il mio punto di vista.”

“E può farlo, ovviamente, ma solo se la cosa non la fa… incazzare.” Non era sicuro che accompagnare il tutto con gesti calibrati delle mani, come a rammentargli di rimanere sotto la soglia di pericolo, riuscisse a placare agevolmente la situazione.

“Credevo di aver specificato che il mio segreto è…”

“Che è sempre incazzato, certo.” Di nuovo quel movimento. Quando se ne rese conto, Clint intrecciò le braccia al petto per evitare di produrne di altri “Ma anche io sono spesso incazzato. Più di spesso, se proprio vogliamo dirla tutta. La differenza sostanziale è che, dall’essere incazzato all’essere furente oltre il limite, nel suo caso prende un’inquietante sfumatura… di verde.”

“Non sono furente, può stare tranquillo”.

Barton lo squadrò da capo a piedi, come ad accertarsi della veridicità di quell’affermazione. Se non altro aveva smesso di fare gesti inconsulti.

“No, è solo infastidito”, decretò definitivamente. “Lo posso capire. Possiamo tornare a parlare di yoga, se la fa sentire meglio”.

“Oppure possiamo anche non parlare”, suggerì lo scienziato, non meno contrariato. Forse, oltre ai gesti con le mani, Clint avrebbe dovuto smettere anche di usare quel tono condiscendente.

“Chissà come, non è il primo che me lo dice.”

“Posso comprenderlo.”

“Intende dire che sono fastidioso?”

“Non mi permetterei mai.”

“Ma… più o meno di Stark?”

“Non scherziamo, nessuno è in grado di raggiungere i livelli di Stark.”

“Touché. Questo però non significa che non io sia fastidioso.”

“Ne sta facendo motivo di vanto?”

“Non proprio. E' che una persona, una volta, mi ha detto che di tanto in tanto è bene che qualcuno me lo ricordi.”

“Potrebbe appuntarselo da qualche parte. Io lascio post-it ovunque.”

Clint non si lasciò sfuggire un grugno infastidito.

“Molto divertente, non la facevo così... sarcastico.”

“Non era sarcasmo, solo un suggerimento del tutto gratuito.”

“Caspita, lo accetterò assolutamente allora.”

Banner sembrò nascondere un sorriso dietro quell'espressione stanca. A Clint non sfuggì. Dopotutto non si faceva chiamare Occhio di Falco per quel motivo? Il fatto che fosse un nomignolo affibbiato ancora prima che diventasse l'infallibile e ricercato arciere dello SHIELD non c'entrava assolutamente nulla.

“Posso farle una domanda, dottore?” Clint non era sicuro fosse arrivato il momento di farlo, ma… avevano altro di cui discutere, comunque?

“Domandare è lecito.” Lo sentì rispondere, mentre raccoglieva quello che prima aveva tutta l’aria di essere un portatile.

“Ieri. La sua trasformazione… cosa è successo?”

Ecco lo aveva fatto, glielo aveva chiesto.

Banner sembrò valutare la faccenda prima di dargli una risposta definitiva.

“Se le dicessi che lo so, mentirei.” Clint lo osservò confuso. “E’ una delle cose su cui mi ero ripromesso di indagare  non appena avessi fatto un po’ d’ordine” il mentale restò a fluttuare sopra le righe.

Si guardarono per un breve istante, entrambi presi alla sprovvista da quella rivelazione.

C’era da preoccuparsi? Probabilmente sì. Le trasformazioni casuali non si manifestavano da anni. Il dottor Banner era riuscito, non senza sforzi ad ottenere risultati stupefacenti. E improvvisamente, BAM! Senza alcun preavviso, minaccia o provocazione il bestione era risorto, spontaneo e devastante.

“Sembra che lo SHIELD, mandandola qui abbia fatto bene i suoi calcoli. Doveva tenermi d’occhio e devo dire che ne aveva ben d'onde.”

“Non credo che lo SHIELD avesse preventivato proprio questo tipo di emergenza.”

Solo Nick Fury.

Già, ma Fury non gli aveva specificato di monitorare la casualità di una trasformazione. Nick era stato per più preciso di così. Gli aveva detto di non perderlo d’occhio. E per come la vedeva lui, significava che doveva stare attento che al professore non accadesse niente di male.

Clint non riusciva a dare una spiegazione a quelle raccomandazioni, a intuire quali fossero i sospetti. Da lì a poco avrebbe avuto qualcuna delle risposte a domande che non osava chiedere.

 

Si trovavano ancora nel bel mezzo del recupero di un armadio al suolo, quando notarono del movimento, fuori da uno dei finestroni che davano verso l’esterno.

Clint avvertì immediatamente il pericolo.

“Che sta succedendo la fuori?” Banner si era sistemato gli occhiali nel taschino della camicia e avvicinato con aria sospettosa.

Le guardie si stavano spostando rapidamente da una parte all’altra del cortile.

“Non lo so.” Fu l’immediata replica di Clint, che già stava monitorando il suo cellulare per accertarsi non ci fossero avvertimenti in arrivo: tutto taceva.

Eppure qualcosa gli diceva che niente di tutto quello era naturale.

Fu il rumore di spari, poco distante a sedare qualsiasi dubbio a riguardo.

“Merda.”

La porta del laboratorio esplose sotto colpi di mitra.

Clint fece appena in tempo a deviare i proiettili e rotolare sulla schiena, a riparo di una scrivania ribaltata (cazzo ma stavamo finendo di mettere a posto!).

“Banner!” gridò, ricordando improvvisamente l’obiettivo primario della missione.

L’uomo però, a quanto pareva, si sapeva difendere perfettamente da solo. L’arciere si vide volare in faccia stracci di camicia disintegrata. Il mostro verde era tornato a meno di ventiquattro ore di distanza.

Londra gli faceva malissimo.

Cercò di rimettersi in piedi, colpito dalla facilità con cui il gigante verde assorbisse i colpi di mitra come punture di moscerini, felice di avere un diversivo così efficace, intimorito dalle conseguenze che questo avrebbe prodotto, però, alla sua stessa sicurezza.

Recuperò la pistola nella fondina e fece la sua parte.

Prese la mira solo per rendersi conto che le persone con cui si stavano battendo altri non erano che membri della loro stessa squadra.

“Ma che cazzo sta succedendo?!” gridò a nessuno in particolare, forse più per coprire il grugnito animalesco di Hulk, che aveva appena sbriciolato una scrivania e lanciato nell’iperspazio almeno un quintetto di agenti dello SHIELD, armati fino ai denti.

Clint ne stese altrettanti, prima di rendersi conto che era rimasta solo polvere e confusione.

Il respiro affannato, lo sguardo che vagava per il laboratorio, il rumore degli spari lontani, affatto esaurito.

“Questo non p-piacerà a Fury.” Si limitò a commentare, voltando lo sguardo, solo per trovarsi a pochi centimetri dal musone verde di Hulk che lo fissava fra il furente e l’incuriosito.

“F-forse sarebbe il caso di prendere in considerazione… lo yoga.”

Hulk cacciò un urlo che lo scompigliò intimamente. E fisicamente. Non fosse per l’improbabilità della faccenda, avrebbe detto di aver appena perso lo scalpo.

“… o una terapia contro l’alitosi.” Tossì un paio di volte, pronto a fuggire per evitare ripercussioni tutt’altro che piacevoli.

Ma il bestione, imprevedibile come durante l’ultima battaglia al fianco dei Vendicatori, lo afferrò per la vita, come fosse una bambolina di pezza e prima che la nuova squadra di agenti battaglieri facesse irruzione nella stanza, erano entrambi fuggiti fuori dalla finestra che si era disintegrata con un fragore assordante.

Clint si riparò come meglio poté. Fu fortunato a subire solo una manciata di tagli superficiali su viso e braccia.

Si sentì sballottato come e peggio che a bordo di una giostra da parco giochi. Fortunatamente aveva lo stomaco forte, peccato che le manone di Hulk fossero tutt’altro che delicate.

“Ehi! Ehi King Kong, mettimi a terra, ce la faccio!” gli gridò guadagnandosi una strizzata ma non la libertà. Quando l’ennesimo proiettile gli passò sopra la testa, decise di prendere quella premura come un dono, più che come una condanna.

E per la seconda volta nel giro di due giorni, Clint Barton si trovò di nuovo a svolazzare per i tetti di Londra, stavolta con un mezzo di trasporto d’eccezione.

Si sentiva ora più o meno al sicuro, ma appena raggiunto il parco, ecco che il gigante decise di fare meta, lanciandolo, letteralmente, a peso morto a metri di distanza, nemmeno si fosse trovato a partecipare alla gara di lancio del peso alle olimpiadi.

L’arciere cadde rovinosamente al suolo, rotolò per qualche metro, ricavando un’abrasione tutt’altro che gradevole alla base del mento.

Quando rialzò lo sguardo, un cane di grossa taglia gli stava ringhiando contro. Trattenuto dal guinzaglio della sua padrona che fissava la scena fra il sorpreso e l’atterrito.

Si rese conto di non essere esattamente l’oggetto della sua attenzione nel momento in cui sentì il tonfo dei passi del gigante alle sue spalle.

“T-tranquilli, è un amico.”

Hulk si prodigò in un fragoroso ruggito.

“Ha solo mangiato pesante.”

La donna fuggì urlando, il cane la seguì senza fare storie.

Non si preoccupò di sedare la preoccupazione della donna con false giustificazioni, si rimise in piedi, solo per poter fronteggiare di nuovo Hulk.

Quando si volse però, trovò solo quello che aveva tutta l’aria di un uomo che ha passato un pessimo quarto d’ora. Il gigante se ne era andato. Il professor Bruce Banner era tornato, più mesto e prostrato di prima. Ma soprattutto… nudo. Nudo come un verme.

“Oh… adesso capisco perché quella ha urlato.”

Si pentì tardi della sua infelice uscita. L’attimo dopo era accanto all’uomo, a porgergli la giacca, almeno per aiutarlo a coprire le miserevoli pudenda.

“P-poi gliela la restituisco.”

“Tranquillo…” lo rassicurò “Non credo mi servirà tanto presto.” E nel dirlo Clint si trovò a fare una considerazione piuttosto terrificante. Lo SHIELD era stato danneggiato. Se non lui, almeno una buona parte dell’intero team in trasferta.

Una volta superato il pericolo, ora si trovava a ragionare su ciò che era appena successo.

“Devo trovare Fury.” Il cellulare, ancora nella tasca dei suoi pantaloni, taceva.

Come era possibile? Poteva esser stata una casuale iniziativa dei membri dello staff di Londra?

Selezionò il numero di uno dei contatti previsti per le emergenze e attese. Il numero sembrava irraggiungibile.

“C’è qualcosa che non va.”

“M-ma davvero?” constatò Banner che si era seduto su una panchina a recuperare le energie dei suoi muscoli distrutti dalla trasformazione.

“Ho bisogno di un computer.”

“E io di un bagno.”

Clint non era sicuro di saper apprezzare il sarcasmo in quel particolare momento.

“Facciamo che troviamo tutti e due.” Distrusse il suo cellulare con un colpo secco dello stivale e dopo averne raccolto la carcassa inservibile lo gettò in uno dei cestini del parco.

Era chiaro che avrebbero dovuto sparire.

 

Un paio di ore dopo si trovavano in una sgangherata camera d’albergo. Avevano recuperato un portatile e qualche vestito nuovo per il professore, che finalmente aveva potuto recuperare la decenza.

Nessuno dei contatti di Clint era risultato raggiungibile. E, cosa peggiore, le notizie che arrivavano da New York erano tutt’altro che rassicuranti.

L’atmosfera di era fatta improvvisamente cupa e Banner se ne rese conto immediatamente.

“E’ riuscito a scoprire cosa sta succedendo?” sedeva sul letto adiacente al minuscolo tavolino da tè a cui Barton era seduto in silenziosa ricerca.

“Lo SHIELD è compromesso.”

Banner non trattenne un sospiro “Su questo avevamo avuto qualche vago indizio…” lo sentì rispondere, affatto sorpreso.

“Nick Fury è deceduto.”

“Che cosa?” lo stupore, questa volta, fu sincero e sentito.

Clint non rispose, il viso una maschera impenetrabile. Banner rimase in attesa del seguito di una sentenza che sembrava dover rimanere tale. Non era sicuro che parole di cordoglio avrebbero potuto aiutare il dialogo.

“Cosa facciamo adesso?” fu tutto quello che si sentì di chiedere.

Barton gli rivolse uno sguardo rapido: “Torniamo a New York.”

“E come?” il fatto che avessero cercato di far sparire le loro tracce, almeno temporaneamente non sembrava venir loro in aiuto.

“Stark.”

“Avrei dovuto immaginarlo…”

 

***

 

La situazione non era migliorata, al rientro negli Stati Uniti. Una sola cosa era riuscita a portare a termine: la sicurezza di Banner. Il perché Fury si fosse così tanto raccomandato quella speciale missione era ancora, in parte, un mistero.

Che lo SHIELD, l’Hydra o chi per loro avessero voluto sfruttare il bestione verde per i loro loschi scopi? Che Fury avesse ricevuto una soffiata a riguardo? Che la trasformazione fosse stata provocata proprio da coloro che volevano sfruttare uno dei Vendicatori in trasferta?

Non era sicuro avrebbe mai ricevuto delle spiegazioni, a maggior ragione non ora che l’intera organizzazione per cui aveva lavorato per anni si era letteralmente sbriciolata, e aveva sparso i suoi migliori agenti ai quattro angoli del pianeta. Quelli che ancora moralmente integri, s’intende.

Clint non aveva ricevuto ancora tutte le risposte che si auspicava di trovare, ma in tutto quello aveva compreso di essere disoccupato.

Seduto su una panchina, attendeva all’ombra di un nocciolo particolarmente rigoglioso. Ferie forzate. Alla fine ci era riuscito davvero, se non fosse ancora mortalmente preoccupato per l’intera questione, forse si sarebbe goduto le innumerevoli prospettive future.

Un nuovo inizio? In realtà era convinto che sarebbe seguito qualcosa di altrettanto impegnativo e… pericoloso.

Nel frattempo aveva deciso di godersi la pigra attesa.

Il suo nuovo telefono suonò diverse volte, prima che si decidesse a rispondere.

Dall’altra parte una voce nota.

“Yup, sono già qui”, rispose. Si guardò attorno brevemente. “A due passi da quella lapide con l’epitaffio: se non fossi qui, sarei altrove.” Valutò per qualche istante la frase, inarcando un sopracciglio. “Appuntati che ne voglio una uguale.”

Un sorriso e riagganciò, convinto che nonostante le indicazioni tutt’altro che chiare, sarebbe stato raggiunto rapidamente.

Aveva compreso che l’importante, arrivati a quel punto, era affrontare una questione alla volta.

 

“Ti sei davvero perso tutto il divertimento.” Clint piegò le labbra in sorriso e fece posto sulla panchina.

“Natasha.” Esordì con un tono da galanteria forzata, ritrovandosi la donna di fronte, a pochi passi di distanza. “Non è colpa mia se non vi siete presi la briga di mandarmi uno straccio d’invito.”

“Devo fare mea culpa? La prossima volta vedremo di organizzare meglio la rivolta.”

Lui le lanciò uno sguardo divertito, che si placò lentamente. Aveva realizzato tardi, ormai a conti fatti, tutto quello che aveva perso ma soprattutto quello che avrebbe ancora potuto perdere. Il sollievo arrivava a tratti, placato da quell’attimo di inattesa quiete. Lo sguardo cadde sul pendente a forma di freccia, ancora lì. Ancora presente. Se non altro…

“Sei pronta?” si limitò a dirle, senza aggiungere niente di superfluo alla conversazione. Alla rimpatriata.

Lei gli lanciò uno sguardo sfrontato. Uno sguardo che Clint, ormai, conosceva alla perfezione.

“Se  non fossimo qui… saremmo altrove.” Disse lei, rimettendosi in piedi.

Mai citazione fu più calzante.

Con un gemito esausto la imitò, limitandosi a seguirla lungo il sentiero che portava fuori da quel cimitero.

“Ehi, ma lo sai che Banner ancora non riesce a darmi del tu?”

“Secondo me è perché non vuole che tu ti prenda troppe confidenze.”

“Cosa vorresti insinuare, scusa?”

La risata di lei si perse nel vento.

 


  
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