Lettere da Nurmengard
Cartella 1. Documenti scritti e spediti tra il 1947 e il 1949.
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Albus,
pensavo sinceramente che avrei avuto tue notizie. Quando mi hanno comunicato
che mi era stato accordato -sotto la tua responsabilità, niente meno!- il
permesso di ricevere e spedire lettere, avevo immaginato che mi avresti scritto.
In realtà ti capisco, vecchio amico. In fondo tu ora hai la tua brillante carriera da
balia per quel branco di ragazzini, e non vogliamo che i vecchi legami la
inquinino, giusto? Sei sempre stato il più furbo.
Oh, lo so, so cosa stai pensando. Posso immaginare quanto sia stato difficile e
doloroso ricostruirti una vita. Ma io sono in una cella in mezzo al nulla,
tagliato fuori dal mondo, e non vedo un altro essere umano da due anni. Due
anni, Albus. Sai cosa significa? Non puoi averne idea, no.
E tu adesso sei l'eroe, e sei nella posizione di fare tutto, di avere tutto il potere
che hai sempre desiderato.
Se non fosse così ingiusto, sarebbe quasi ironico, non è vero?
Ma fingiamo che non sia così. Per amore della mia sanità mentale, rispondi a
questa lettera, Albus. Fingi che non sia successo nulla, e rispondimi come
faresti ad un vecchio amico un po' molesto, che dopo tanti anni ti importuna
ancora con la sua sgradita presenza.
Ma rispondi.
Gellert.
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Preferirei avessi scelto un altro corrispondente. Non mi preoccupo della mia
posizione, insegnare mi piace, e soprattutto mi basta; non è per questo che ho
esitato prima di rispondere alla tua lettera.
Ma davvero ha significato questo scambio? Pensaci. Cosa abbiamo da dirci ancora?
Sei a caccia di vecchi rancori?
E la tua solitudine, tu l'hai scelta. La tua prigione, il tormento che hai
costruito per i tuoi nemici, tutto è opera tua.
Pensa a questo.
A.D.
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Albus,
la mia prigione? Non sai nemmeno quanto.
Ti racconterò, se vuoi, come è nato questo posto, Nurmengard, che, mi pare di aver capito,
sarà la mia tomba. Chissà, magari è una storia che non conosci.
Quando ero giovane avevo un amico, il cui padre era marcito ad Azkaban per anni.
Quell'amico mi parlò di quanto fosse terribile quella prigione, e disumana, mi
raccontò in dettaglio ogni sofferenza che il suo povero genitore pativa, il
tormento dei Dissennatori, la pazzia. Mi raccontò dell'orrore che provava sua
madre, e lui stesso, all'idea di quel luogo. Mi disse che nessun crimine, per
quanto terribile, rendeva un uomo meritevole di una fine del genere.
Quando decidemmo di prendere il controllo del mondo, insieme, pensai di
costruire una prigione spaventosa, sì, perché un carcere deve essere un
deterrente; ma meno orribile di Azkaban, perché il mio buon
amico non fosse costretto, in futuro, a infliggere a nessuno quel supplizio che
lo rendeva così scrupoloso.
E, quando ci separammo, creai Nurmengard, un luogo che incutesse timore, ma non
una prigione di torture. Un luogo di solitudine e riflessione, dove la paura
fosse solo umana, invece che provenire da esseri mostruosi di corruzione. Un
carcere che lui potesse considerare accettabile, se avesse deciso di unirsi di
nuovo a
me, come doveva essere.
E capiscimi: da giovane ero un uomo egocentrico; e avevo me stesso come unico
termine di paragone.
Dunque, per me, questo luogo è più tremendo di Azkaban.
Ho sempre amato i boschi selvaggi e sconfinati, e tu lo sai, e allo stesso
modo conosci da anni le mie paure più profonde, perché io te le confidavo quando
giacevamo abbracciati sull'erba.
Fuori dalla finestra della mia cella si estendono miglia di alberi infiniti che
posso scorgere, ma che non potrò mai toccare, come tu sai che amavo fare. E le lupe guardiane ululano di
notte, tutte le notti, e quel suono mi farà impazzire. Posso leggere, studiare e
imparare cose che nemmeno tu conosci, è vero; ma mi è preclusa anche la più
semplice, innocua magia.
Non vedo il viso di un altro uomo da quando sono entrato qui, Albus.
Nurmengard racchiude ogni mia paura, e tu lo sapevi. E mi hai mandato qui a
morire.
Il minimo che tu possa fare per me, amico mio, è rispondere alle mie lettere,
impedirmi di marcire qui dentro e di perdere del tutto la ragione, al punto di credere di aver
immaginato tutta quella che era la mia vita.
Tu pensa a questo.
Gellert.
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Ah, ma l'essenza dell'espiazione è confrontarsi costantemente con le proprie
debolezze umane, prenderne coscienza ed infine accettarle. Io lo so bene, e
credimi: nel mondo non è più facile che nella tua cella.
Ad Azkaban saresti peggio che morto, prosciugato da qualsiasi cosa ti renda un
essere umano, privo della tua mente e della ragione, e di ogni possibilità di
cambiamento per il futuro.
Nurmengard ti offre una possibilità, almeno.
E come hai detto tu stesso, è come tu l'hai pensata e voluta.
A.D.
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Mio caro,
la tua morale da salotto mi annoiava già quando ci siamo conosciuti. Inoltre mi sembra sia peggiorata, quanto a logica, da un tempo: a che mi serve una possibilità di cambiare o redimermi, se la mia è una condanna a vita?
Sai cosa vorrei davvero, Albus? Una tua visita. Vedere il tuo viso, parlare
faccia a faccia con te come una volta. Ti rendi conto che lo ricordo ancora con
nostalgia, Albus? Eppure l'ultima volta che abbiamo parlato davvero avevo
diciassette
anni.
Confrontarmi con te era l'unica cosa che servisse a farmi cambiare opinione, e
mai nessun altro ha osato contraddirmi, dopo di te. Eppure adesso vorrei
sentirti vaneggiare di bene superiore, di giustizia e pietà come un tempo, e
prenderti in giro come allora.
Verrai a trovarmi?
Gellert.
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Herr Grindelwald,
io e la mia "morale da salotto" verremo a trovarla quando vedremo i cambiamenti di cui parlavamo nella lettera di qualche giorno fa. Nel frattempo risponderemo alle sue lettere, se proprio dobbiamo. Ci faccia sapere se possiamo fare altro per lei.
A. Dumbledore.
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Ironia, Albus? Non me l'aspettavo, da te, date le circostanze. Voglio dire,
l'uomo di punta del Ministero Britannico della Magia che scherza come un comune
prestigiatore da salotto con il più grande Mago Oscuro di tutti i tempi; devi
ammettere che è insolito.
Non riuscirai a farmi credere di non aver colto l'importanza di quello che ti ho
detto, Albus. Questo vecchio trucchetto non ha mai funzionato con me, e mai funzionerà.
Non insisto, per ora, sulla visita. Ma visto che ti senti generoso, potresti farmi avere un po' di quei dolciumi di cui ti abbuffavi sempre? L'unico elfo domestico, qui, è sordo come mia zia Bathilda, e il cibo è immangiabile.
Gellert.
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Perdonami l'ironia. Pensavo Era come Era
fuori luogo. Avrai i tuoi dolciumi, comunque. Ed è l'unica richiesta che ho
intenzione di esaudire.
Perdona anche la brevità, c'è una questione urgente che devo sbrigare.
Albus.
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Albus,
che succede, vecchio amico mio? Mi è sembrato di intuire nella tua risposta che qualcosa ti turba. So che ti sembrerà assurdo, ma posso aiutarti in qualche modo?
Gellert.
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Nulla di grave o che ti riguardi, Gellert.
E, perdonami, ma penso che il tuo aiuto abbia ancora un prezzo troppo alto
perché io voglia pagarlo.
Ma che strana, la tua ultima lettera... per caso ti preoccupi per me?
Albus.
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Sempre.
Gellert.
Cartella 2. Breve scambio epistolare datato estate 1960.
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Gellert,
in questi anni ho sempre evitato di chiedertelo, ma penso di aver bisogno del
tuo aiuto, questa volta. O meglio, della tua consulenza. La fortuna mi ha dato
un discreto intuito, ma mi farebbe comodo una conferma.
Sai nulla di maledizioni, in particolare in riferimento alle Arti Oscure, che
sia possibile legare ad un ufficio, o ad una carica? Conosci qualche testo di
riferimento in cui potrei fare ricerche in proposito?
Non te lo chiederei, ma potrebbe essere determinante nel risolvere una certa
questione.
Albus.
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Mio caro Albus,
non fai nulla di moralmente elevato a sminuire la tua intelligenza, e te l'ho
sempre detto. Il tuo intuito è sempre eccellente, e se esiste un testo di
riferimento per una qualunque ricerca, tu lo conosci senz'altro molto più di me.
Dal momento che hai chiesto la mia consulenza perché ho praticato magia illegale
per tutta la vita, non cercare di lusingarmi pretendendo che io non l'abbia
fatto, o che io sia più innocente di quanto si dice in giro. E' quasi offensivo,
vecchio mio. Sai di cosa siamo capaci, entrambi, e la tua buona educazione non
cambierà la realtà.
Se le cose stessero diversamente, noi staremmo discutendo di questo nel tuo ufficio
o nel nostro palazzo del potere, e potrei parlarti ad alta voce.
Comunque, per quel che vale, non ho mai sentito di qualcosa simile a quanto
hai descritto. Una maledizione che infesti un luogo fisico, magari? Ce ne sono a
bizzeffe. Ma sembra molto diverso da quello che cerchi.
Sai, Albus, potresti fidarti di me quel tanto da spiegarmi un po' meglio la
situazione, se ti sforzassi. Onestamente dubito che ti sarei più utile, ma
soddisferesti la mia curiosità. In fondo in tanti anni di corrispondenza non ho
mai riferito ad anima viva quello che mi hai scritto.
Gellert.
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Gellert,
si tratta di una questione molto delicata e confidenziale, per la quale la segretezza è di rigore. Te ne parlo, ma sei avvisato: nessuno oltre me conosce questa storia, e se la riferirai a chiunque, lo saprò. Eppure il mio intuito mi dice di fidarmi e dividere con te questa informazione, e quindi leggerò volentieri la tua opinione in merito.
Si tratta di un giovane che ha studiato in questa scuola. Studente modello,
apparentemente un ottimo elemento, è stato persino Caposcuola. Eppure...
Cinque anni fa è tornato ad Hogwarts per chiedermi di assumerlo come insegnante
di Difesa contro le Arti Oscure, ma, nonostante le sue ottime referenze, gli ho
negato il posto. Da allora, ogni insegnante assunto per quella cattedra ha
lasciato la scuola entro l'anno, e quasi sempre in maniera traumatica, se
capisci cosa intendo.
Ora, se io trovassi qualche prova che una così strana serie di coincidenze fosse
opera delle Arti Oscure, potrei -forse- fermare questo giovane mago prima che
acquisisca il potere che temo stia cercando.
Ma sulla base delle mie intuizioni non posso accusarlo di nulla.
Lo so, è una speranza labile, ma devo fare un tentativo, perché l'istinto mi
dice che fermare adesso Tom potrebbe salvare molte vite, in futuro.
Semplicemente, se tu sai qualcosa di utile proseguirò su questa strada.
Diversamente continuerò a tenerlo d'occhio.
Albus.
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Razza di asino travestito da amico,
smettila di chiacchierare di informazioni confidenziali e segretezza! A chi
potrei parlare di quello che mi dici? All'elfo sordo, o forse a qualche libro
impolverato?
L'unica persona con la quale comunico, da quindici anni a questa parte, sei tu.
Per Merlino, credevi che avessi amici di piuma per tutta Europa? O forse pensi
che Nurmengard consenta una fitta agenda sociale?
Tutto quello che so del mondo fuori da queste mura proviene dalle tue lettere,
da una finestra della dimensione di un libro che dà su un bosco vuoto, e dagli
ululati notturni delle lupe.
Non so se mi dia più fastidio la tua sfiducia o la tua stupidità, Albus.
Mi dispiace non poterti essere utile, comunque. Non ho mai sentito parlare di quello che descrivi, onestamente, e se questo Tom ha lanciato una maledizione sui tuoi insegnanti, deve averla inventata personalmente. E in questo caso temo che faticherai a provarlo.
Fai attenzione, comunque. Questo tizio mi sembra pericoloso.
Gellert.
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Immaginavo che non avesse usato un incantesimo noto, in effetti.
Sarebbe stato un errore troppo banale per uno come lui. Suppongo di dovermi
rassegnare.
Ti ringrazio per aver tentato.
Gellert... Il tuo permesso di scrivere lettere non è limitato a me, e lo sai. Il tuo elfo domestico ha ordine di controllare la tua corrispondenza perché non sia pericolosa, ma non ti impedirà di comunicare con nessuno. Potresti persino chiedere di ricevere una visita, sebbene sotto sorveglianza. Io non sono l'unica persona con cui puoi parlare.
Albus
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Albus,
che intendi con "uno come lui"? Devo essere geloso?
Io corrispondo con l'unica persona con cui mi interessa parlare, e il solo uomo che voglio vedere con i miei occhi. Nessun altro, mai, è stato o sarà all'altezza di Albus Dumbledore, per me.
Dovresti saperlo, ormai.
Gellert
Cartella 3. Un unico documento, datato 17 Febbraio 1971
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Mio caro Albus,
accantonerei per un attimo la nostra avvincente dissertazione sui Lupi
Mannari (sappi però che continuo a pensare che sia opinabile l'assunto "se
pensano a loro stessi come mostri saranno mostri, se pensano a loro stessi come
esseri umani lo saranno", e ci tornerò sopra nella prossima lettera).
Vorrei raccontarti invece una cosa strana che mi è capitata, qui dove
onestamente non capita molto.
L'elfo mi ha recapitato il tuo ultimo pacco di dolciumi, e scartando una di
quelle Cioccorane che mi hai mandato, ho trovato qualcosa di interessante. Una
carta col tuo nome sopra.
Sorvolo sul fatto che tu sia un personaggio da figurina (non lo trovi
umiliante?), e anche sulla graziosa citazione del mio nome, che mi liquida in
nemmeno due righe. Non ho intenzione di parlare di quanto sia ferito il mio
orgoglio.
Sei tu quello nell'illustrazione? Per un attimo non ti ho nemmeno riconosciuto.
Sei così vecchio, Albus? Siamo così vecchi?
I tuoi capelli sono bianchi. L'ultima volta che ti ho visto erano rossi, con
qualche filo grigio, forse, ma ancora come li ricordavo. Amavo tantissimo i tuoi
capelli, te l'ho mai detto?
E le tue mani... Le hai poggiate un istante sulla cornice. Sono le mani di un
vecchio. Eppure mi sono così familiari che le riconoscerei ovunque.
Sei cambiato così tanto, eppure sei tu, lo stesso, il solito vecchio Albus. Il
mio Albus.
Improvvisamente è diventato reale il fatto che non ti vedo da ventisei anni. Ci siamo scritti così spesso che quasi mi sembra non sia passato tanto tempo, e certamente è incredibile che tu sia invecchiato così.
Eppure io stesso sono un patetico, inutile vecchio, che non riesce a fare altro che ricordarti nel pieno della gioventù. E come il vecchio che sono, vivo dei nostri ricordi.
Brucia questa lettera quando l'avrai letta, Albus, perché nessuno possa
trovarla, anche fra secoli. Io sono Gellert Grindelwald, che ha messo l'Europa
ai suoi piedi e che voleva creare un mondo a sua immagine. Non ho nulla a che
fare con un vecchio lagnoso che non sa fare altro che piangere il suo amore di
quando era ragazzo.
Brucia la lettera, amico mio.
Odio pensare che le generazioni future mi ricordino come sono ora, senza un
esercito al mio comando, senza un mondo ai miei piedi, ma solo con le creazioni
della mia mente e le tue lettere.
Con l'amore di sempre,
Gellert.
Cartella 4. Breve scambio risalente all'Agosto del 1981
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Gellert,
la situazione sta precipitando velocemente e senza scampo. Ieri abbiamo perso
quasi tutta la famiglia Bones, un colpo terribile per l'Ordine. Non dormo da due
giorni, in attesa di quello che succederà.
Conosco le tue opinioni sul destino, e posso anche condividerle, in parte. In
tutta questa faccenda sembra persino a me che il fato stia decidendo molte più
cose della volontà.
Ma la mia domanda per te, amico mio, è ben più dolorosa di quanto sembri.
Gellert, devo lasciare che succeda? Sono ad un bivio e non so scegliere.
No, peggio. Non ho il coraggio di scegliere.
La Profezia è la nostra ultima speranza. Se Voldemort ci crede, se la compie,
allora abbiamo una via d'uscita. Più ci penso, più valuto tutto, più mi accorgo
che si tratta della nostra sola possibilità.
Eppure l'idea è terribile.
Sai che mi sono offerto come Custode Segreto per i Potter; ieri mi hanno
ringraziato, ma hanno detto che si fideranno di uno dei loro amici.
Vuoi la verità, Gellert? Mi è parso un segno del destino. Me ne vergogno, ma è
stato provvidenziale. E' come se le cose muovessero nella direzione migliore
"per un bene più grande", che però è quella che temo di più.
Tu sei l'unica persona a cui possa chiedere un consiglio, Gellert.
Albus
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Mio caro,
vorrei poter essere al tuo posto. Non ho mai esitato a sacrificare uomini in
battaglia, lo sai anche tu; quante volte me lo hai rinfacciato in questi anni?
Ma non posso uscire dalla mia cella e diventare te.
Vorrei essere con te, però. Credimi o no, Albus, ma so quanto ti costa tutto
questo. Ti conosco, carissimo, profondamente, e non mi può lasciare indifferente
quello che stai vivendo.
Ma tu non mi stai chiedendo un consiglio, vero?
Abbiamo percorso decine di volte tutte le possibili strade e soluzioni, e con i
pezzi che hai in mano, Albus, non hai alternative. Voldemort vincerà comunque,
perché è più forte. La Profezia è l'unica speranza che abbiamo.
Lo sai come lo so io. Non hai scelta.
Quindi quella che mi stai chiedendo è un'assoluzione.
Per quel che vale, te la concedo di cuore.
Combatti con le armi che hai, perché devi vincere, assolutamente. Fallo,
amico mio. Sacrifica i tuoi pezzi, e vinci questa partita.
E non farti ammazzare, Albus, stai attento. Non sei ancora venuto a trovarmi.
Vorrei poterti abbracciare, adesso.
Gellert.
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Gellert,
vorrei che tu potessi farlo.
Se alla fine di tutto questo sarò ancora vivo, verrò da te, lo prometto.
Albus
Cartella 5. Ultime lettere, in parte tornate al mittente, primavera ed estate del 1997
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Albus,
non sopporto di sentirti parlare di morte, come se dovessi sparire da un
momento all'altro. So che continui a dire che non dovrei temerla, e tutte le tue
sciocchezze filosofiche. Ma tu non fare scherzi, amico mio.
Vedi? Ti parlo ancora come se fossimo ragazzi, anche se siamo vecchissimi,
ormai.
Ma quando Voldemort cadrà, questa volta definitivamente, quando quel tuo
ragazzino prodigio l'avrà rispedito all'inferno, mi aspetto di vederti di nuovo
qui, come quindici anni fa. L'hai promesso.
Combatti come un leone, come hai sempre fatto, e sappi che quando tutto sarà
finito potrai di nuovo piangere i tuoi caduti sulla mia spalla, come facesti allora.
Ti confesso che è un momento che aspetto con ansia.
Gellert.
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Gellert,
ancora una volta la resa dei conti incombe su di me e sulle mie decisioni; o
almeno, questa è la sensazione che provo.
Non posso fare a meno di parlare della morte, ma non ne ho paura, amico mio, e
vorrei che tu non ne avessi per me. Siamo vecchi, il nostro tempo è passato,
ormai. Se devo essere sincero, sebbene non tema l'arrivo della mia ora, la farei
aspettare solo per vederti ancora una volta.
Quante cose abbiamo diviso, Gellert? All'inizio erano sogni arroganti ed
infantili, che dovevano trasformare il mondo, o distruggerlo nel tentativo. Anni
di solitudine; e poi questo infinito scambio di lettere, che da gesto nostalgico
di due anziani uomini troppo lontani, è diventato qualcosa che ha davvero
cambiato il mondo, e, forse, lo ha salvato. I due ragazzi incuranti che avevano
desiderato lottare per il potere hanno usato la loro intelligenza perché fosse
possibile affidarlo a mani migliori delle loro.
Alla fine, fedeli ai nostri sogni, abbiamo combattuto questa guerra insieme,
Gellert. E' buffo pensare che l'uomo che il mondo crede sia Albus Dumbledore,
sia in realtà una somma di me e di te.
Ma vedi, mio caro, mi perdo in chiacchiere e ricordi del passato, come alla fine
fanno tutti gli uomini nel cui futuro non resta che un unico viaggio.
Ci sono alcuni effetti personali che, alla mia morte, verranno consegnati a te
da un mio uomo di fiducia. Voglio che tu lo sappia, per ogni evenienza: sono per
lo più lettere tue.
Ti rivelerò il mio ultimo segreto, e non per un qualche mio piano congegnato, ma
perché sei l'unico che può capire che significhi: la mia bacchetta verrà sepolta
con me e, se la situazione dovesse degenerare troppo in fretta, andrà ad un uomo
di cui ho piena fiducia. Come ne ho in te, affidandoti questa notizia.
Tu mi hai insegnato a giocare questa partita a scacchi con i pezzi che ho in mano, e tu sai quanto me che nemmeno il più importante vale da solo la vittoria. Bisogna essere capaci di rinunciare a tutti, per poter trionfare.
Grazie, amico mio.
Con l'amore di sempre
Albus
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Stupido idiota, che cosa stai pensando di fare? Rispondimi subito!
G.
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Albus,
per quale motivo non mi hai risposto?
Non posso pensare che sia...
No. Capisco che tu abbia mille cose da fare, e due giorni sono un ritardo a
cui sono abituato, con te, amico mio.
Corri troppi rischi, Albus. Tu non sei un pezzo sulla scacchiera, ricordatelo
sempre. Stai attento a te stesso, perché senza il giocatore ci sono solo pedoni
impazziti, alla deriva, senza possibilità.
Per favore, però, rispondimi appena vedrai la mia lettera. Sono preoccupato, dannazione.
Gellert
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Il tuo dannato corriere è arrivato oggi.
In cinquantatre anni ho visto solo una volta un'altra persona vivente, e per
poche, preziosissime ore. Eppure quando il Mezzogigante si è presentato l'ho
cacciato in malo modo, appena ho visto cosa portava.
Lo sapevi prima, vero? Da quanto tempo, mi chiedo, mi mentivi, dicendomi che ci
saremmo incontrati di nuovo, e sapevi che non sarebbe successo?
Ma perché ti faccio delle domande? Dove sei ora non mi puoi rispondere di certo.
Sai? Alla fine mi avevi redento davvero, Albus Dumbledore.
Alla fine sono cambiato. Non fraintendermi, non sono certo un uomo esemplare
come te. Ma saresti fiero di me, Albus.
Pensa, adesso che sei morto, non mi
ricordo nemmeno più perché volessi essere immortale, da ragazzo. Improvvisamente
guardo alla mia ora come all'arrivo di una vittoria, dopo la quale potrò
finalmente riposare. Per quanto sangue versassi, non sarei mai stato padrone
della cosa che temevo di più, e tu lo sapevi da tanto, vero?
E ce ne ho messo di tempo, ma penso di aver capito tutti i tuoi discorsi
sull'espiazione -come l'avevo chiamata? La tua "morale da salotto"-.
Sono un uomo migliore e il mondo non lo saprà mai, perché tra queste mura ormai
familiari trascorrerò quel poco che mi resta da vivere. E sai la novità? Penso
davvero che sia giusto così, penso che sia meglio che il mondo non senta mai più
parlare di Gellert Grindelwald e della sua stupida guerra.
Ecco, ti ho scritto una lettera al giorno per gli ultimi cinquant'anni, e questa semplice verità non te l'ho mai detta. Ho rimandato questa confessione fino all'ultimo istante, questo, in cui è troppo tardi per parlare di nuovo con te. Te ne scrivo ora, perché credo che comunque ti faccia piacere saperlo, per quanto pazzo possa sembrare.
Addio, mio Albus.
La prossima volta che ci vedremo, sarò io a raggiungere te.
Gellert Grindelwald.
FINE
Uff... Volevo che venisse una cosa molto diversa, questa fic, ma con le
lettere mi impappino anche nella vita reale, e onestamente non capisco proprio
perché continuino a venirmi idee epistolari.
Alla fine non hanno mai la forma che vorrei, come in questo caso.
C'erano un paio di cose che volevo mettere in luce in questa fic: in
particolare alcuni aspetti del carattere di Grindelwald per come lo immagino, e
la sua presenza come eminenza grigia dietro alcune delle decisioni di Dumbledore
nel corso degli anni. Il tutto con un po' di accenni Slash, una volta tanto che
è quasi canon.
La forma della lettera non era esauriente per l'argomento, in effetti, ma date
le circostanze era l'unica possibile; però la mia incapacità mi ha portato a
tirar fuori una cosa che è prevalentemente melensa.
Non sono soddisfatta di questa storia, per nulla. Di solito non amo chiedere recensioni (e in genere non lo faccio), ma se avete voglia, mi aiuterebbe molto in questo caso sapere cosa non vada, cosa non torni e cosa invece (eventualmente) sia passabile; perché onestamente ho preso una trama che mi sembrava molto interessante e non so come, l'ho fatta diventare qualcosa che non piace nemmeno a me. Non capisco esattamente dove ho sbagliato, e per questo, se voglio trarre insegnamento da questa storia, ho bisogno di una mano da parte di chi leggerà.
Grazie in anticipo a chiunque si presti a darmi la sua opinione.
Miki