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Autore: afep    08/04/2014    2 recensioni
E' una serata di festa tra i Compagni: confitta finalmente la licantropia, accolgono un nuovo Harbinger nella loro Famiglia.
Eppure qualcuno non riesce a partecipare alla loro gioia.
(Piccola One-shot presentata per il contest "Feelings and emotions" su TES forum.)
Genere: Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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E così, era rimasta sola.
Stringendo rabbiosamente  le labbra, Aela figlia di Aeta osservò i suoi Fratelli di Scudo ridere ed abbracciarsi, in preda alla gioia.
Un nuovo Precursore era stato scelto per guidare i Compagni, ed i guerrieri di Jorrvaskr festeggiavano la sua nomina con esuberante allegria. La grande sala degli incontri risuonava di voci e risate, e l’aria era pregna dell’aroma dell’idromele e degli arrosti succulenti preparati da Tilma. Al centro della stanza, alte fiamme lucenti si levavano dalla fossa per il fuoco, spandendo caldi bagliori dorati sui volti arrossati degli astanti.
Era un momento di festa, un nuovo inizio per i Compagni ed il loro Precursore, eppure Aela non riusciva a partecipare alla loro gioia.
Certo, era seduta accanto a loro, mangiava lo stesso cibo, beveva lo stesso idromele, ma non provava gli stessi sentimenti.
Guardando i loro visi accaldati e sorridenti, la donna si morse le labbra in un gesto di rabbia impotente.
Come potevano essere così felici, come potevano ridere e scherzare, quando lei stava morendo dentro?
Possibile che nessuno, tra tutti, si fosse accorto di che giorno era?
Possibile che nessuno si fosse ricordato che Skjor era morto, esattamente un anno prima?
Trattenendo un sospiro affranto Aela si alzò da tavola e si allontanò. I Compagni erano troppo presi dall’allegria dei loro festeggiamenti per accorgersi di lei, e la guerriera ne approfittò, andando a sedersi accanto ad una finestra, in uno degli angoli meno illuminati della sala.
Laggiù nessuno sarebbe riuscito a scorgere la sua espressione amareggiata, e lei avrebbe potuto crogiolarsi indisturbata nella nostalgia che le attanagliava l’animo, con il solo ricordo di Skjor a tenerle compagnia.
Sapeva che era passato molto tempo dalla sua scomparsa, e che avrebbe dovuto farsene una ragione, ma ancora non ci riusciva.
A distanza di un anno, continuava ad aspettarsi di vederlo in ogni momento della giornata: quando usciva dalla sua stanza la mattina, quando si sedeva all’ora dei pasti accanto ai suoi compagni, quando andava a caccia nella foresta, quando sceglieva le frecce per la propria faretra. Ed ogni volta che accadeva, era un colpo al cuore ricordarsi che lui non c’era, e non ci sarebbe più stato.
Non avrebbe mai creduto che quell’uomo potesse mancarle tanto.
Sospirando Aela incrociò strettamente le braccia la petto, stringendosi in un abbraccio consolatorio.
Oh, Skjor.” Gemette tra sé.
Volgendo lo sguardo verso gli stendardi rosso cupo che danzavano lievi al di sopra della sala, si sentì salire un groppo in gola. La grande Casa dei Compagni era rimasta immutata negli anni, e nulla era cambiato dal giorno in cui Aela vi aveva messo piede; eppure, la sala di Jorrvaskr sembrava stranamente vuota, senza la presenza di uno dei più valorosi guerrieri che avevano vissuto sotto il suo tetto.
Con un sospiro, la donna si voltò verso la finestra al suo fianco. Dall’altra parte una pioggia gelida e crudele batteva con insistenza contro gli schermi di legno e corno; là fuori il cielo piangeva lacrime amare, mentre all’interno di Jorrvaskr i Compagni ridevano spensierati, ignari del dolore della loro compagna.
Umettandosi un dito, Aela passò il polpastrello su una sottile lamella di corno lavorata. Per un istante riuscì a vedere il cupo paesaggio esterno, poi la lamina si asciugò, tornando opaca.
Le sarebbe piaciuto trovarsi sotto la pioggia, in quel momento, e sentire le gocce fredde lambirle la pelle, lievi e terribili come gelidi baci provenienti dall’oltretomba.
Così, forse, sarebbe riuscita ad attenuare il senso di costrizione al petto che provava da un anno a quella parte, ogni volta che la sua mente correva verso Skjor.
Quell’uomo così severo, brusco e scostante, era stato tutto per lei: confidente e complice, compagno d’armi e mentore, amico ed anche qualcosa di più.
Era stato lui a donarle i sangue di bestia, lui a seguirla durante le sfrenate corse nella foresta, lui che l’aveva presa sotto la sua ala protettrice, introducendola al Circolo ed alla vita di Jorrvaskr.
Ed ora non c’era più.
Volgendo il viso verso l’alto, Aela sbatté rapidamente gli occhi, asciugandosi una guancia con la punta dita. Doveva esserle finito del pulviscolo in un occhio, non c’era altra spiegazione.
Una risata simile ad un latrato attirò la sua attenzione, e la donna si voltò verso il centro della sala. Laggiù, Vilkas continuava a sghignazzare, ebbro di vino e del successo dell’ultima missione; a differenza del fratello, quel ragazzo rideva di rado. Aela li conosceva da quando le arrivavano malapena alla vita, ed era certa di non aver mai visto il giovane guerriero così felice.
Ora che ha gettato al vento il dono della Licantropia, avrà un motivo in più per ridere.” Pensò con amarezza, mentre una piccola spina ghiacciata le trafiggeva il cuore.
Stringendo i pugni la donna prese un respiro tremante, cercando di scacciare la dolorosa sensazione che le attanagliava il petto.
Basta, non poteva più stare lì dentro. Non poteva resistere oltre in quella sala dall’atmosfera così festosa, così allegra, così terribilmente stridente con quello che stava provando in quel momento. Ancora una risata e sarebbe certamente esplosa.
Con un movimento repentino, Aela si alzò ed infilò la porta nell’indifferenza generale, uscendo sotto la pioggia battente.
Gocce gelide le imperlarono i capelli, bagnandole la pelle e gli abiti. Era quello il posto per lei, quella sera: non l’allegra sala di Jorrvaskr, che risuonava di canti e voci, ma il freddo cortile spoglio e deserto, spazzato dal vento e dal temporale.
Aprendo le braccia, Aela volse il viso verso l’alto, lasciando che le lacrime del cielo le scorressero lungo le guance, sfiorandole le labbra.
“Mi manchi.” Mormorò rivolta alle nuvole d’ardesia sopra di lei, ed una sensazione di vuoto si fece strada nel suo petto.
Il Branco si era disfatto. Skjor non c’era più.
E lei era rimasta sola.
 
 
 
 
 Non sono il massimo con le note o le introduzioni delle storie, ma vedrò di sbrigarmela :)
Avevo scritto questa one-shot circa un annetto fa per un contest, e visto che da qualche tempo sono ferma con le mie long per causa lavoro, ho pensato di lasciarvi questa altra scheggia di delirio. So che il racconto è triste, ma per adattarlo alla parola "nostalgia" non poteva essere altrimenti. Spero nonostante l'angoscia che questa mia vi sia piaciuta.
A presto (spero tantissimo!)
afep

 
  
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