Nebula Chain (Kyodai no kizuna)
Andoromeda yo michibikitamae
Bokura no kokoro hikiyoseta
mae
Arashi no yo na unmei ni
Hikiwanasaretemo
Bokura wa onaji
namida no kakera
Kirameki au no sa
* Nebyura Cheen
Nebyura Cheen
Tamashii no yobigoe koso
Nebyura Cheen
Nebyura Cheen
Kyodai no kizuna na no sa
So da en niisan so da ne
Tatoe wazuka na
hikari sae
Nakushita toki demo
Bokura wa onaji
inochi no kodo
Takanari au no sa
Nebyura Cheen
Nebyura Cheen
Kurushimi ni utsutareru
hodo
Nebyura Cheen
Nebyura Cheen
Tsuyoku naru kizunana
no sa
So da ne niisan so da ne
Andoromeda yo mimamoritamae
Bokura no asu yo kagayakita mae
Nebula Chain (I legami della fratellanza)
Andromeda, guidaci,
attrai i nostri cuori
Il nostro destino è come una tempesta
Ci siamo dovuti separare
Siamo due gocce di lacrime
Che ancora provano a brillare
Nebula Chain
Nebula Chain
Un pianto dall’anima
Nebula Chain
Nebula Chain
Sono i legami della fratellanza
Non è così fratello mio? Non è così?
C’è stato un tempo in cui
Abbiamo perduto piccole scintille di luce
Ma le pulsazioni della vita
Ancora provano a scaturire da entrambi
Nebula Chain
Nebula Chain
Non siamo sconfitti dalla sofferenza
Nebula Chain
Nebula Chain
Questi legami diventano più forti
Non è così, fratello mio? Non è così?
Andromeda, veglia su di noi
Fai brillare il nostro futuro
“Lo so Kanon,
tu non sei un uomo che chiede aiuto agli altri…”
Mi attendo una risposta sprezzante alla mia pungente
ironia, uomini troppo altezzosi entrambi, forse, per rivolgerci parole gentili,
anche lottando fianco a fianco, compagni, perseguendo
uno scopo comune, anche prestandoci soccorso l’un l’altro… attendo freddezza,
lo stesso sarcasmo contrapposto al mio.
Invece pena… pietà… negli
occhi che quasi non osano guardarmi, l’espressione di chi cerca in sé il
coraggio di confessare una realtà che mai vorrebbe essere svelata perché troppo
difficile da accettare… troppo difficile per me… lo
sa, sa cosa mi lega a quella stella sempre accesa nel mio cuore, a quella
creatura che, sola, sempre, è capace di riportarmi alla vita, di strapparmi
all’abbraccio di morte al quale tanto spesso desidererei abbandonarmi.
Le sue parole aleggiano tristi
nell’atra distesa dell’eterna notte di Ade, cupe nel
mio cuore come il grido angosciante delle anime dilaniate dal cane infernale:
“Ikki… E’ incredibile quello
che è accaduto… quello che dicono…”
Rimango in silenzio,
trapassandolo con il gelo di uno sguardo che nasconde l’improvvisa
accelerazione del mio cuore e attendo il seguito. Non devo attendere a lungo:
“Tuo fratello, Shun di Andromeda… dicono che sieda sul trono del sovrano dei
morti… dicono che sia il re degli Inferi…”
“Hades…”
Quel nome terribile, quale
effetto atroce immaginare che abbia a che fare con l’altro, il nome dal dolce
suono, splendente in me come le stelle da cui esso nasce, dal loro scintillio
di soave speranza nell’universo infinito.
“Shun è… Hades…”
Mi sento un bimbo sperduto,
quello stesso bimbo che, in un tempo che sembra appartenere ad una vita lontana
e in parte obliata, scappava da un pericolo senza nome portando tra le braccia
il tesoro per il quale avrebbe, fin da allora, dato la
vita. Io che niente ho mai temuto, tremo disperatamente alla
sola idea di perdere quel tesoro.
Quell’immagine smarrita nel
tempo, perché proprio ora mi torna alla mente, nitida e viva? Quegli istanti
annegati nella mia memoria, in un vuoto temporale che mi sembra,
improvvisamente, di poter ricostruire e… comprendere… domande che trovano
risposte, frammenti di un puzzle che ha atteso solo questo istante
per ricomporsi.
“Shun… che è stato con me fin da quando è nato… non l’ho mai lasciato… come può essere
Hades? Come potrei non essermi accorto di nulla?”
Una risatina incrina le mie labbra ma si tratta più che altro di un ghigno nervoso, una
maschera dietro la quale mi nascondo, per celare a me stesso il terrore che mi
gela l’anima, perché ormai il ricordo cancellato si fa strada dentro di me e
una parte della mia… della nostra esistenza, mia e del mio tesoro, acquista un
senso… un terribile senso.
“Ma
guarda… tu saresti il fratello maggiore di sire Hades?”
Eccolo, uno dei tre colossali
nemici che, per la prima volta dalla mia apparizione, fa udire la propria voce…
Eacus di Garuda, il giudice
infero, al quale immediatamente fa eco il compagno, Minos
di Griphon, erede del leggendario sovrano di Cnosso, padre della creatura dalla testa di toro:
“Non devi preoccuparti per
lui, la nostra signora Pandora è al suo fianco e lo protegge.”
Sussulto nell’udire quel nome,
non posso impedirmelo perché comprendo… quel giorno lontano torna come una
freccia nel cuore, con tutto il terrore che allora provai e che, ora,
ricomincio a provare; la memoria cancellata con un
colpo di spugna risorge come la sacra Fenice alla quale devo la mia essenza di
sacro guerriero.
Pandora… quella Pandora… il
fiume del tempo si riavvolge su se stesso e comincia a scorrere al contrario.. la nostra esistenza davanti ai miei occhi, fino a quel
giorno a me tanto caro, il giorno che ti ha visto nascere, mia stella, mio
tesoro, puro angelo che adesso illumini le tenebre di questo sotterraneo
universo…