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Autore: Torica    09/04/2014    3 recensioni
John ricordava perfettamente quando tutto era cominciato (...) in quel momento che aveva notato la figura immobile di Sherlock rannicchiata sul divano. La tenue luce proveniente dalla finestra gli illuminava il volto pallido e la spalla destra nuda, lasciata scoperta dalla vestaglia malamente indossata. John si sedette sulla sua poltrona e si mise ad osservarlo: non si era mai accorto di quanto fosse bello...
Genere: Fluff, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson, Sherlock Holmes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Salve a tutti, questa storia mi è stata richiesta (e approvata) dalla mia cara recensitrice più cara, 'Annodeldragone90' :)
Spero che vi possa piacere <3
Buona lettura a tutti!
 
*


John ricordava perfettamente quando tutto era cominciato: era una notte particolarmente fredda e il medico si era svegliato per chiudere la finestra della camera che aveva dimenticato aperta la sera prima, poi si era diretto giù per le scale, verso la cucina, per un bicchier d’acqua ed era in quel momento che aveva notato la figura immobile di Sherlock rannicchiata sul divano. La tenue luce proveniente dalla finestra gli illuminava il volto pallido e la spalla destra nuda, lasciata scoperta dalla vestaglia malamente indossata. John si sedette sulla sua poltrona e si mise ad osservarlo: non si era mai accorto di quanto fosse bello, della carnosità delle sue labbra a cuore, del perfetto taglio dei suoi occhi, degli zigomi alti e del candore della sua pelle… il suo cervello ci mise circa cinque minuti per elaborare ciò che John aveva pensato. Il medico si alzò di scatto dalla poltrona e si diresse velocemente in camera sua.
Quella notte non riuscì più a prendere sonno.
 
Da quel giorno, ogni notte John scendeva al piano di sotto sperando di trovarlo addormentato sul divano, non si sarebbe mai infatti avventurato in camera di Sherlock, per poter godere di quella vista anche solo per cinque minuti. C’era poi stata quella volta in cui si era spinto oltre, quando, troppo attratto da quella pelle così chiara si era avvicinato all’amico per potergli sfiorare la schiena. Con estrema delicatezza fece scorrere l’indice lungo tutta la spina dorsale del moro che mugugnò qualcosa di incomprensibile nel sonno, cosa che fece subito allontanare il medico.
 
*
 
Erano passati cinque mesi ormai da quando tutta quella faccenda era iniziata e la convivenza con Sherlock diventava per John sempre più difficile: ormai si era arreso ai suoi sentimenti, si riputava ancora etero, in fondo Sherlock era la sua unica ‘eccezione’ e Dio solo sapeva quanto a fondo desiderasse quell’uomo, ma ogni persona che conoscesse anche solo relativamente il giovane Holmes sapeva che non era particolarmente portato per le relazioni, soprattutto di carattere amoroso. Così John si convinse che la semplice convivenza con lui gli sarebbe bastata: gli sarebbe bastato osservarlo da lontano, come un qualcosa di altero ed irraggiungibile e, prima o poi, se ne sarebbe fatto una ragione.
 
*
 
John si svegliò allarmato quando il rumore di due spari s’insinuò in uno dei suoi soliti incubi, si alzò di scatto dal letto quando un terzo si aggiunse ai primi con un solo pensiero in testa: Sherlock.
Afferrò la pistola che teneva nel comodino e scese velocemente le scale ma tutto ciò che trovò fu Sherlock, vestito di tutto punto, coricato sul divano con la pistola puntata al muro.
 
‘’Ah, sei sveglio’’ commentò Sherlock senza guardarlo.
John lottò contro la voglia di strangolarlo.
‘’Sherlock sei per caso impazzito?! Sono le – il medico si girò per controllare l’ora – le cinque di mattina!’’
Il moro si girò con un espressione incuriosita ‘’Ti ho per caso svegliato?’’
‘’No Sherlock, hai svegliato tutto il quartiere!’’ John mise giù l’arma e sospirò
‘’E soprattutto mi hai fatto preoccupare’’
Sherlock lo guardò con un espressione indecifrabile
‘’Molto gentile da parte tua preoccuparti per me, John’’
John lo fulminò con lo sguardo per poi sedersi sulla sua poltrona.
‘’Almeno mi vuoi dire perché sparavi al muro?’’
Sherlock arricciò il naso mostrandogli l’archetto del suo violino completamente sfibrato.
‘’Mi si è sfibrato l’archetto, ergo, devo andare a prendere uno nuovo’’
John aspettò che continuasse ma Sherlock non lo fece.
‘’E quindi stai sparando al muro perché…’’
Sherlock lo guardò come se avesse fatto la domanda più stupida ed ovvia della sua vita
‘’Ma è ovvio! Il negozio di strumenti non apre fino alle nove e io mi sto annoiando’’
‘’Sherlock sono solo le cinque di mattina!’’
‘’Lo so’’
‘’Il negozio apre solo fra quattro ore. Hai intenzione di continuare a sparare al muro?’’
Sherlock si alzò di scatto.
‘’Certo che no! Ora che sei sveglio anche tu possiamo andare avanti ad indagare sull’ultimo caso mentre attendiamo che arrivino le nove’’
John alzò un sopracciglio ‘’Attendiamo? Sherlock ti stavi annoiando davvero o hai semplicemente cercato di svegliarmi?!’’
‘’Tutte e due’’ rispose sincero il detective aprendo il portatile.
 
*
 
Il tempo trascorse sorprendentemente in fretta e alle nove e dieci avevano già preso l’archetto nuovo e si stavano dirigendo a piedi verso casa, aveva iniziato a piovere mentre erano nel negozio e prima che potessero raggiungere il 221b erano entrambi fradici.
Non appena misero piede nell’appartamento furono accolti dall’intenso profumo della torta alle ciliegie che faceva la signora Hudson, la preferita di Sherlock. Non appena li vide la donna li accolse calorosamente.
‘’Ragazzi! Vi ho preparato la mia torta alle ciliegie – disse prima di notare quanto fossero bagnati – ma siete fradici! Andate subito ad asciugarvi altrimenti vi prenderete l’influenza! Vi ho lasciato la torta in cucina’’ La donna sorrise materna ad entrambi che la ringraziarono avviandosi nel loro appartamento.
 
*
 
Sherlock ignorò completamente il consiglio della donna togliendosi solo il cappotto completamente bagnato e lasciando il bagno a John che si cambiò e si mise ad asciugarsi i capelli.
Nel mentre Sherlock si tagliò una generosa fetta di torta, l’unico dolce al quale non sapeva resistere, benedicendo dentro di se la signora Hudson per tutte le sue attenzioni.
 
Quando John ebbe finito raggiunse Sherlock in cucina il quale aveva finito di mangiare e fissava pensieroso un punto non definito davanti a se. Mentre lo osservava si accorse che aveva un po’ di panna della torta sull’angolo sinistro della bocca. John dovette trattenersi dal sorridere a quella visione.
‘’Sherlock?’’
L’uomo si riscosse dai suoi pensieri girandosi verso di lui.
‘’Hai della panna… qui’’ disse il medico indicandosi l’angolo della bocca.
Il moro la tolse noncurante con un dito che poi pulì sul tovagliolo sul tavolo e per un secondo la sua bocca rimase leggermente aperta.
John sentì un brivido partirgli dallo stomaco per andare poi a concentrarsi nell’inguine. L’uomo arrossì senza riuscire a dissimulare il disagio che Sherlock notò subito.
Si alzò lentamente avvicinandosi al medico.
Aggrottò le sopracciglia osservando attentamente la reazione di John.
‘’John ti senti bene?’’
John annuì lentamente cercando di prendere aria mentre Sherlock annullava la distanza fra di loro prendendogli il polso per controllare le pulsazioni.
A quel punto John non riuscì più a resistere: mise a tacere il suo cervello e prese fra le mani il viso di Sherlock avvicinandolo a se e baciandolo con forza, intrappolandolo nel vortice di quello che era un desiderio a lungo represso, lo trattenne a sé solo per qualche secondo, appena il tempo di imprimere nella memoria il sapore di quelle labbra perfette.
Quando si staccò si ritrovò a fissare gli occhi spalancati ed increduli dell’amico.
‘’Sherlock… io… io non so…’’
 
‘’Allora ragazzi vi è piaciuta la torta?’’ esordì la signora Hudson facendo il suo ingesso nell’appartamento. John si allontanò velocemente da Sherlock, afferrò la sua giacca e diede un bacio veloce sulla alla signora Hudson benedicendola silenziosamente.
‘’Buonissima signora Hudson!’’ disse prima di scendere velocemente le scale ed uscire.
Sherlock si diresse alla finestra seguendo con lo sguardo il dottore finchè non sparì dalla sua vista.
‘’Oh Sherlock non avrete mica litigato?’’ disse la povera donna.
‘’Non lo so signora Hudson, non lo so’’
 
*
 
Quando John, dopo parecchi bicchierini e una bella schiarita di idee sotto la pioggia londinese decise di tornare a casa erano le sei di sera, era rimasto fuori quasi tutta la giornata e, in cuor suo, sperava che Sherlock non fosse in casa, magari preso dalle indagini su qualche caso rimediatogli da Lestrade ma la sua speranza si spense quando, entrato al 221b, il suono del violino rivelò la presenza del detective.
Il medico si prese ancora un paio di minuti di riflessione prima di prendere coraggio e salire le scale, già al primo scalino uno scricchiolio rivelò la sua presenza, ma in fondo, con ogni probabilità Sherlock lo aveva già visto entrare dalla finestra.
La porta dell’appartamento era, come al solito, aperta. Prima che potesse dire o fare qualcosa Sherlock smise di suonare e prese parola ‘’Non ne voglio parlare’’ dichiarò secco.
John annuì lentamente e, senza aprir bocca, salì le scale che portavano alla sua stanza da letto.
 
*
 
Erano le tre di notte e John era ancora sveglio, quel bacio al sapore di ciliegia gli tormentava la mente ed il cuore impedendogli di rilassarsi, il rimorso gli attanagliava lo stomaco, avrebbe fatto di tutto per cambiare ciò che era successo: non era riuscito a controllarsi, aveva ceduto, una cosa che il cervello di un soldato non poteva tollerare. Il medico si sedette sul letto, avrebbe voluto andare giù ma il rischio di poter incontrare Sherlock lo frenava: aveva detto di non volerne parlare e quando il detective s’impuntava su qualcosa sapeva essere molto zelante, per questo motivo, quando sentì bussare alla porta, ne rimase molto sorpreso.
‘’John… posso entrare?’’
John era confuso: prima di tutto il solito Sherlock non avrebbe chiesto permesso, sarebbe semplicemente entrato e, in secondo luogo, dopo la secca risposta di qualche ora prima aveva immaginato che non gli avrebbe rivolto parola per parecchio tempo.
‘’John lo so che sei sveglio’’
Il medico si passò una mano sul viso ‘’Entra’’
Sherlock entrò con cautela con la sua solita espressione distaccata ed algida di sempre.
Disse solo una parola ‘’Spiega’’
John scosse la testa passandosi nuovamente la mano sul viso.
‘’Ascolta Sherlock mi dispiace io non…’’
‘’Spiega’’ ripeté il detective.
John sospirò e scosse la testa ‘’Mi dispiace Sherlock, non sono in grado di farlo’’
Sherlock si girò verso di lui.
‘’Allora fallo di nuovo’’ disse sedendosi accanto al biondo.
John aggrottò la fronte non riuscendo a capire se essere confuso, sorpreso o preoccupato.
‘’Cosa?’’
‘’Baciami. Fallo di nuovo’’
‘’Sherlock se questo è uno scherzo o un esperimento…’’
‘’Io non scherzo mai, John. Baciami’’
Il medico lo fissò negli occhi trovandovi la stessa vena di follia che si risvegliava dentro di lui durante ogni indagine.
Sherlock alzò le sopracciglia in un evidente ‘’cosa stai aspettando?’’
Incoraggiato dal moro John si sporse in avanti e gli diede un bacio delicato facendo aderire le labbra a quelle di Sherlock il quale rimase immobile. Il medico si staccò lentamente concentrandosi sulla reazione dell’amico che fissava il vuoto davanti a sé.
Per la prima volta Sherlock Holmes, il grande detective, il mago della scienza della deduzione non riusciva a pensare, non riusciva a capire cosa gli stesse succedendo, non sapeva dare spiegazione a ciò che gli pervadeva il corpo, all’intenso desiderio che provava verso quello che fino a quel momento aveva considerato solo un buon amico.
‘’Sherlock?’’ John gli poggiò una mano sul ginocchio per richiamarlo. L’uomo si voltò a guardarlo.
‘’Tutto bene?’’ il moro scosse la testa, quasi spaventato.
‘’Io… non so cosa devo fare’’ per la prima volta da quando si erano conosciuti John provò tenerezza per lui: per quanto potesse essere un brillante detective non sapeva assolutamente nulla sui rapporti umani.
‘’Tu cosa vorresti fare?’’ gli chiese cautamente.
‘’Non so nemmeno questo e non mi piace non sapere quale sia la soluzione migliore… non so neanche di preciso perché sono venuto qui’’ disse alzandosi dal letto.
‘’Sei venuto perché volevi spiegazioni’’ gli disse John.
Sherlock iniziò a camminare avanti ed indietro nella stanza tenendosi la testa fra le mani come faceva quando non riusciva a venire a capo ad una situazione spigolosa.
John osservò la sagoma in movimento dell’amico, lievemente illuminata dalla luce dei lampioni, per circa cinque minuti prima di decidersi a bloccare quell’inutile carosello.
Si alzò, accese la luce e prese Sherlock dalle spalle, facendolo fermare. In risposta lui lo fissò come se avesse appena compiuto una sorta di sacrilegio: nessuno doveva disturbare Sherlock quando pensava… a dire il vero non dovevi nemmeno pensare assieme a lui perché per qualche strana ragione gli davi fastidio anche in quel modo.
‘’Sherlock ascolta, più cercherai una soluzione con questo – gli disse toccandogli la fronte con un dito – meno ne verrai a capo’’ il detective lo guardò confuso.
‘’Usa il tuo – John non si azzardò ad usare la parola ‘cuore’ – istinto’’
‘’Il mio istinto?’’ John annuì continuando a tenerlo per le spalle.
Sherlock lo fissò negli occhi con un espressione indecifrabile poi gli prese il viso fra le mani attirandolo in un bacio duro, quasi disperato, un bacio che sapeva di repressione e desiderio, le mani di John si spostarono sulla nuca del moro avvicinandolo di più a sé, approfondendo il bacio e chiedendo l’accesso a quella bocca perfetta che si offrì a lui subito accogliendolo e imprigionandolo in un passionale gioco di potere.
Si staccarono solo quando il bisogno di aria si fece impellente.
Un sorriso comparve sul volto di John ‘’E questo cos’era?’’
Sherlock sorrise a sua volta ‘’Non lo so’’ e lo baciò di nuovo.
 
*
 
la luce proveniente dalla strada illuminava debolmente il volto addormentato di Sherlock.
John lo guardò con tenerezza. Ormai la sua camera non serviva più da tempo, il letto di Sherlock poteva ospitarli entrambi.
John gli carezzò delicatamente i ricci scompigliati. Sherlock non si mosse.
‘’Ti amo’’ sussurrò John all’oscurità, cosciente che Sherlock non poteva sentirlo.
Ma avrebbe aspettato, avrebbe aspettato che Sherlock fosse pronto ad accettare i suoi sentimenti, avrebbe aspettato pur di averlo accanto a sé.
Si. Avrebbe aspettato.



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Un saluto!
  
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