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Autore: happysheep    09/04/2014    0 recensioni
Si tratta di un AU sul mio romanzo principale (Wind Wander), ambientato alcuni giorni dopo il quinto capitolo. Laon ha deciso di partecipare al ballo in maschera che si terrà al castello, per dimenticare almeno una notte ciò che l'aspetta. Desidera abbandonarsi per alcune ore al piacere della musica... e perchè no, anche a quello dei sensi.
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Prologo

 

Qui troverete la storia principale da cui è stato tratto l'AU: Wind Wander.

Masked Farewell

“Dannazione! Cosa ho fatto di male, per meritarmi una cosa del genere?” borbottai tra me e me, dirigendomi verso la sala da ballo del castello.
Oggi fortunatamente nessuno mi fermava, probabilmente perché non sapevano chi fossi: grazie alla maschera potevo finalmente passare inosservato.  Per una sera, nessuno nel castello sapeva chi fosse l’altro: per festeggiare il mio imminente matrimonio con Fianna, era stato infatti indetto un ballo in maschera. Fin dal pomeriggio, i nobili erano giunti a frotte dai vari ducati del regno, già con indosso i costumi e le maschere, di modo che nessuno potesse riconoscerli.
Da parte mia, avevo seguito di buon grado l’idea: in questo modo non soltanto sarei stato ignorato, ma avrei anche potuto ignorare la mia futura moglie, perché non avrei saputo trovarla. Per l’occasione avevo deciso di lasciar perdere la moda di castello (dico per l’occasione, ma lo faccio quasi sempre), per questo indossavo dei pantaloni di pelle neri molto aderenti (ben poco veniva lasciato all’immaginazione) e un gilet blu notte, dalle tonalità così scure da sembrare quasi nero, con motivi dorati. Sotto il gilet non portavo nulla se non la mia pelle nuda; dato che la festa era in mio onore, tanto valeva che facessi il botto.
Per essere ancora più sicuro di nascondere le mie apparenze, avevo usato la magia per cambiare il colore dei miei capelli, rendendoli di un rosso talmente acceso da sembrare sangue; inoltre, avevo fatto comparire nel dorso della mano sinistra il tatuaggio di una rosa, il cui stelo spinato si avvolgeva lungo il braccio. L’unico accessorio che portavo era la maschera: essa copriva interamente il volto, dal mento fino all’attaccatura dei capelli. Priva di qualsiasi espressione, bianca se non per una lacrima azzurra che sembrava risplendere grazie al suo colore chiaro.
Effettivamente attiravo ancora l’attenzione, ma non sapendo la mia identità, nessuno osava avvicinarsi. Perciò mi godevo la mia condizione di relativa invisibilità, camminando tra i corridoi del castello, sempre più bui a causa del sole ormai morente.
L’unica che sapeva chi fossi era Dawn, che mi aveva aiutato nella scelta del costume, e dei metodi per nascondere la mia identità.
Ok, oggi è la mia ultima giornata da celibe, devo assolutamente trovarmi compagnia per stanotte, non posso mica buttarmi su Fianna, pensai.
Speranzoso misi piede in sala, e rimasi un poco sorpreso da come fossero riusciti a cambiarla. L’intero ambiente era stato illuminato da globi di luce che, fatti innalzare quasi fino al soffitto (assai alto), creavano numerosissimi giochi d’ombra, rendendo l’atmosfera assai misteriosa.
Tutti le panche e i tavoli, in genere presenti per le grandi occasioni erano spariti; c’erano però dei servi che giravano con vassoi, offrendo cibi e bevande.
Ciò che mi stupiva ancora di più era il numero di persone che giravano per la sala;  erano tantissime, ma non era questo ciò che mi lasciava a bocca aperta: era il fatto che per la prima volta molti nobili, privati della vergogna e dalle inibizioni grazie alle maschere, avessero scelto dei costumi molto stravaganti, alcuni particolarmente avvenenti. In particolare le donne sembravano aver scelto abiti che mettessero bene in mostra tutte le loro curve. Nonostante questo, tra i maschi io ero sicuramente uno di quelli più svestiti.
“Pffff sfigati” mormorai tra me e me ridendo.
Appena entrato, notai con piacere che molti sguardi, non soltanto femminili, si diressero verso di me. La musica ancora leggera, visto che la festa era appena iniziata, aleggiava nell’aria, ma ben pochi vi davano attenzione. Molti chiacchieravano tra di loro, probabilmente compagni con cui erano arrivati alla festa.  Non sapevo bene cosa fare, avevo sperato di arrivare quando la festa fosse già nel pieno dell’attività, invece sembrava che fosse appena agli inizi.
Indeciso, iniziai a girare per la sala, muovendomi sinuosamente, sfiorando ed evitando allo stesso tempo le persone vicino a me, mostrandomi il più languido possibile. Col tempo, sempre più sguardi iniziarono a seguirmi; ma li ignorai, continuando a volteggiare, quasi fantasma nella festa. Nonostante ciò non smisi di osservare i partecipanti sperando di trovare qualcuno di interessante.
Venni finalmente attirato da un’ampia schiena. Qualcuno a quanto pare, non era interessato a me. Mi avvicinai molto lentamente, danzando in maniera quasi impercettibile, seguendo un ritmo solo mio. Avanzando, osservai meglio il suo costume. A quanto pare aveva fatto delle scelte opposte alle mie: dove io avevo cercato la stravaganza e la lontananza dal vestiario di corte, questo vi aveva invece aderito pienamente, seguendone alla lettera i canoni. Indossava infatti una calzamaglia il cui colore nella penombra era difficile distinguere (viola forse?), ad esso erano associati delle scarpe rialzate da terra da un tacco bassissimo. Non riuscii a distinguere cosa portasse nella parte superiore finché non si girò, forse incuriosito dal mormorio che provocavo al mio passaggio.
L’ampio petto era coperto da una giacca dal colore molto simile alla calzamaglia, se non un poco più scuro; nella penombra non ero ben sicuro dei motivi, che sembravano ripetersi su tutto il tessuto. In particolare colpivano le spalle, le cui sommità erano bombate, dando l’impressione che vi fosse nascosta una palla. Infine ai polsini vi erano dei ricami poco accentuati, che davano quasi una sensazione di incompletezza.  
Alzai finalmente lo sguardo, guardandolo per la prima volta in viso. La maschera era un tripudio di colori: la base dorata che ricopriva la parte superiore del volto, era intervallata da sottili righe più scure. Dalla parte destra inoltre partivano alcune penne che svettavano al di sopra della testa.
Non resistetti alla tentazione, avevo bisogno di osservare meglio quel volto che tanto mi aveva incuriosito, ancora prima di vederlo. Per questo mi profusi in una riverenza, quali non se ne erano mai viste. Mi inchinai di fronte a lui, seguendo col braccio destra la direzione dell’inchino, il volto rivolto verso il giovane, e la mano sinistra allungata quasi in preghiera verso il suo volto.
Un silenzio assoluto cadde nella sala, mentre tutti fissavano attoniti il mio gesto.
A poco a poco una leggera luminescenza mi comparve sulla mano, pozza di luce in un oceano di penombra. La rosa tatuata sembrò risplendere grazie ad essa, ma non vi badai, assorbito completamente nell’ammirazione di colui che mi stava di fronte: ciò che prima era stato incerto ora invece era incredibilmente chiaro.
La calzamaglia notai che era effettivamente viola, talmente scura da risultare quasi livida. La casacca invece era a tinta unita e non ricamata come avevo inizialmente pensato (probabilmente la luce aveva giocato brutti scherzi) solo i polsini e le spalle presentavano alcuni filamenti dorati. Ma fu il volto ciò che più mi colpi: la maschera che al buio sembrava quasi blanda ora era invece incredibile, l’oro era luminosissimo, ma allo stesso tempo sembrava impallidire in confronto al blu delle decorazioni. Le penne invece assumevano diverse colorazioni ad ogni momento. Il tutto faceva da cornice a degli occhi incredibilmente scuri, neri come la notte e profondi come un baratro in cui si può cadere, se non si da’ attenzione. Il nome che affiorò nella mia mente fu soltanto uno, e fui sicuro di non sbagliarmi. Troppe volte e troppo a lungo avevo osservato quegli occhi per non poterli riconoscere: di fronte a me vi era Dan.
Chiusi immediatamente il palmo della mano e le penombra ritornò a dominare la sala. A poco a poco, tutti ripresero a muoversi, anche la musica, che neppure avevo sentito fermarsi, ricominciò. Lentamente mi raddrizzai, senza mai allontanare lo sguardo dal cavaliere del re. Quest’ultimo mi guardava, negli occhi uno sguardo di curiosità.
Rimasi un poco deluso dal fatto che non fosse riuscito a riconoscermi; nonostante i suoi capelli fossero diventati magicamente color ghiaccio non l’avrei mai potuto scambiare per nessun altro. Lo vidi muoversi impercettibilmente, probabilmente pronto a chiedermi chi fossi, ma lo anticipai. Posai l’indice sulle sue labbra invitandolo al silenzio (feci un sorrisetto coperto dalla maschera nel vederlo arrossire lievemente) e mi inchinai nuovamente, questa volta in maniera molto più leggera, invitandolo a danzare.
L’altro rimase un poco in silenzio, forse indeciso su cosa fare, ma infine accondiscese con un lieve cenno del capo.
Alzai la mano di fronte a lui, in attesa, finché non l’afferrò lievemente. Non fu più d’uno sfiorare di dita, ma bastò a mandarmi scariche per tutto il corpo. Lo portai al centro della pista, dandogli le spalle, ma sentendo il suo sguardo caldo sulla mia schiena. Quando finalmente mi voltai vidi i suoi occhi ardere ancora di curiosità, ma l’interesse prevaleva.
Con lentezza, iniziai a farlo volteggiare, guidandolo passo passo in una danza quasi perfetta. In breve anche il guerriero si sciolse al ritmo della musica, e come acqua, scivolammo e danzammo, in un mondo dove soltanto noi due eravamo importanti. Un mondo fatto di sfioramenti e sguardi focosi, dove non vi era spazio per nessun altro.
All’improvviso il giovane mi perse di vista: ormai era tardi, e io dovevo andare. Per questo iniziai ad allontanarmi sempre più verso le porte della sala che portavano ai giardini esterni. Mi resi conto di essere stato visto, quando lo sentii avvicinarsi nella mia direzione. Dovevo sbrigarmi, una notte di sguardi era tutto quello che mi potevo permettere; specialmente lui non si meritava una notte di solo sesso, priva d’amore.
Giunto finalmente fuori, mi resi conto che stava nevicando: probabilmente il mago a capo del tempo aveva ritenuto la neve adatta alla serata. Mi avvolsi in un leggero incantesimo termico per difendermi dal freddo, e a passi veloci mi allontanai, quando una voce mi fermò.
“Aspetta.”
Non mi voltai, non potevo farlo, non dovevo. Dopo essere riuscito ad allontanarmi con tanto sforzo, non potevo cedere. Per questo feci un altro passo, ma ancora una volta poche parole furono sufficienti a farmi vacillare.
“Ti prego almeno mostrami il tuo volto! Anche soltanto sentire la tua voce sarebbe sufficiente.”
Nel sentire quelle parole non potei più resistere, mi voltai e la scena bastò a spezzarmi il fiato. Dan al centro di un bianco paradiso mi fissava, gli occhi brucianti di passione, il volto completamente scoperto, la maschera ai suoi piedi e un braccio levato verso di me. La scena era incredibilmente simile al momento iniziale del nostro incontro, i ruoli capovolti, e ciò bastò a strapparmi un sorriso.
Ma sapevo bene che non potevo cedere, non qui, dove chiunque sarebbe potuto arrivare, e non oggi, data l’ombra del domani. Purtroppo conoscevo bene la testardaggine del mio amato, e per questo decisi di prendere misure più drastiche. Sollevai leggermente la mano sinistra, e numerosi roseti spuntarono dal suolo innevato creando una gabbia di rose dal cui centro Dan mi guardava con le lacrime agli occhi.
“Perdonami” fu tutto quello che riuscii a mormorare, mentre mi allontanavo, sparendo tra le ombre, fantasma nella notte.


Nota dell'autore
Questo è un racconto molto speciale: è nato come regalo di Natale, per qualcuno che nella mia storia ha visto qualcosa per la quale valeva la pena impegnarsi. detectiveknight  ormai il mondo di WW è tanto mio quanto tuo! Grazie!!
  
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