Inadeguata.
Quella parola bastava ed avanzava per
descrivere come si
sentiva. “Inadeguata”.
Era il giorno del debutto in
società insieme alle altre sue
coetanee, tutte quante come lei appartenenti alle famiglie
dell’alta società
inglese. Era così assurdo…
Stessa età, stesso livello
sociale, eppure lei continuava a
sentirsi “inferiore”. Forse perché non
era ancora “sbocciata”, forse perché a
parer suo i vestiti alle altre ragazze stavano meglio perché
rispetto a lei
erano più in carne.
Si era unita al cicaleccio eccitato
delle altre,
naturalmente, non dando a vedere il suo disagio e trovando la solita
calda
accoglienza. Janice Brackenstall era una persona estroversa che non
aveva
problemi ad entrare in un gruppo, anzi, amava stare tra la gente. E non
dava a
vedere il suo disagio nel sentirsi “diversa”.
Le sue amiche erano quasi
“donne”, ormai, mentre lei si
sentiva una specie di elfo, biondissima e magra in quel vestito del suo
adorato
color rosa cipria.
Già aveva sentore di come
sarebbe andata a finire. Dopo il
primo ballo fatto semplicemente per proforma con chissà chi,
il chissà chi in
questione sarebbe filato dritto da una delle altre lasciandola a fare
da
tappezzeria, perché anche se Janice non era affatto brutta
fino a quel momento
non aveva avuto molto successo con i ragazzi che evidentemente
preferivano un
fisico meno… “elfico”.
Quante volte vedendo le immagini di
quegli esseri nei libri
che tanto amava leggere e rileggere milioni di volte aveva desiderato
somigliare a loro?
Della serie “attenta a quel
che desideri, che se poi si
avvera non è scontato che possa piacerti”.
Ma era troppo tardi, ed eccola
lì, Janice Elfo Brackenstall.
Tanto che contrariamente alle sue amiche non si era nemmeno curata di
sapere
chi c’era e chi non c’era, parlando dei ragazzi in
questione.
«quindi chi
c’è? Il figlio di Stevenson
c’è, vero? Rick
Stevenson!...» la castana Amber Moore si fece aria con la
mano come fosse
accaldata mentre aspettavano di entrare «lui si che
è un bel ragazzo!»
«a quanto ho capito
c’è anche il figlio di Hogan
Lancaster…»
Amy Rovert invece si dava un’occhiata alle unghie. Dio se
c’era fissata, quella
ragazza!
«ah si? Sul
serio?» May Adler dai ricci color bronzo ostentò
un’espressione sorpresa «di solito partecipa a
ricevimenti meno monotoni di
questo».
«tipo?»
Anche Janice era entrata nella
conversazione, ma giusto per
non rimanere lì in silenzio come un’emarginata che
non era.
«girava voce di una specie
di rave party a cui ha
partecipato anche il rettore della Winchester…»
disse May «beati loro che si divertono!»
«non so se mi divertirei ad
un rave».
«siamo in due,
Elfetto» disse Amber, per poi sorriderle. Non
la chiamava in quel modo per schernirla, era in senso affettuoso e
anche Janice
lo sapeva, però non contribuiva a migliorare il suo umore,
soprattutto visto
che Amber invece aveva un fisico da attrice, 95-60-80 già a
quest’età.
«io comunque il figlio di
Hogan Lancaster non l’ho mai
visto».
«io si!»
esclamò Amy «e ci ho anche parlato!»
«io no. L’ho
visto ma non ci ho mai parlato. Che tipo è?» le
domandò May.
«è un
conversatore brillante ed audace» fece un sorrisetto
«ma mai squallido. Non mi dispiacerebbe finire a ballare con
lui e riprendere
la chiacchierata da dove l’avevamo lasciata».
«chiacchierata in che
senso?» indagò Amber, che aveva
intuito un doppio significato.
«nel senso di
“chiacchierata”, Amber. Sono una ragazza
onesta, e lui non è tipo da macchiare l’onore di
una vergine del suo stesso
ceto».
Appunto, del suo stesso ceto no, ma
magari con le “popolane”
il discorso era diverso e di “onori” ne aveva
macchiati diversi, sempre col
permesso -o quasi la preghiera-
delle
popolane in questione.
«prepariamoci…è
quasi il nostro momento!»
E Janice fece un inudibile sospiro.
Un elfo da tappezzeria.
Fantastico, proprio fantastico.
Il diciottenne Howard H.R.J.
Lancaster non si sentiva fuori
posto, lì, rendendosi conto che quello in un certo senso era
l’ “ambiente
naturale” di una persona del suo ceto. Ed anche rendendosi
conto che più in là
sarebbe andato più avrebbe dovuto partecipare ad eventi
monotoni come quello,
portando se non altro una ventata di energia col suo modo di fare.
Però si sentiva
decisamente annoiato, anche se non
lo dava a vedere.
Avrebbe preferito mille volte essere
alla Winchester e poter
partecipare alla rissa prevista per quel giorno contro quegli
insopportabili
etoniani.
Etoniani! Ma perché non
sparivano dalla faccia della Terra?
Tanto che esistevano a fare, quegli arroganti studentelli?
E invece no, era lì ad
aspettare che le ragazze facessero il
loro ingresso al braccio dei rispettivi padri. Tutte ragazze con le
quali
oltretutto non avrebbe nemmeno potuto combinare niente, il che rendeva
la
faccenda ancora più noiosa, così come noiose
erano tutte quelle nobili
ragazze…opinione che ovviamente non faceva mai
trasparire…
Il fatto era che…uff.
Erano tutte uguali. Sembravano fatte
con lo stampino, non solo fisicamente ma anche caratterialmente, come
se
“figlia di nobili o altoborghesi” significasse
essere automi programmati per
comportarsi in un certo modo, dare certe risposte, appassionarsi a
certe date
cose e quant’altro.
Noia, noia, noia.
Le popolane perlomeno erano qualcosa
di più “variopinto”.
Andando per similitudini, le nobili erano un gruppo di cigni bianchi
mentre le
popolane erano un ammasso colorato di uccelli diversi dai colori
carioca. E ad
Howard Lancaster piaceva vedere almeno una nota di colore.
Ecco, finalmente le ragazze stavano
per entrare.
“prima iniziamo, prima
finiamo…”
Scendevano lungo un’apia
scalinata a braccetto dei padri.
La prima era Amber Moore, la
più “quotata”. Indubbiamente di
bell’aspetto -ed Howard notò con un sorrisetto i
suoi pari guardarla…un
po’troppo avidamente- ma rientrava nel “classica
nobile inglese”.
Dopo altre quattro ragazze eccone
un’altra che conosceva,
Amy Rovert. Non brutta e non sciocca, ma sperò che non si
fosse fatta un’idea
sbagliata durante la loro ultima conversazione perché non
era esattamente il
suo tipo.
Seguiva una ragazza dai ricci color
bronzo lasciati
bellicosamente sciolti nonostante fosse inappropriato -e questo gli
piacque- anche
questa non brutta, e che osservava tutti quasi con un sorrisetto di
sfida alla
faccia della compitezza alla quale erano tenute.
“promettente. Alla fine
forse non mi
annoierò troppo” pensò Howard.
Osservò con totale
disinteresse le tre ragazze che venivano
dopo, convinto di aver già trovato la propria
preda…
Fino a quando l’occhio non
gli cadde sull’ultima della fila.
Non ricordava di aver mai provato
niente di simile in vita
sua. Nell’istante in cui il suo sguardo si era posato su di
lei era stato come
se il mondo fosse scomparso e fosse rimasta solo quella
ragazza…
Ragazza? No, chiamarla
così era riduttivo, per come la
pensava. Quella creatura non era di questo mondo, ma era
l’esatta copia dell’
elfa del sole di uno dei suoi libri: pelle olivastra, occhi neri,
biondissima.
Mancavano giusto le orecchie a punta.
Non era un’umana, ma un
essere ultraterreno comparso per
magia.
E a quel punto della ragazza dai
ricci bronzei…chi se ne
importava più? Cos’era una semplice mortale
confrontata alla principessa della
lontana terra di Avalon?
Aveva deciso: quella sera avrebbe
ballato o con lei…o con
lei. Nessun’altra.
«ehi
Lancaster…Amber Moore me la lasci vero?»
Stevenson, sciocco Stevenson, come se
a lui importasse
qualcosa di Amber Moore!
«te la lascio volentieri,
ma passa parola con gli altri che
la ragazza in fondo alla fila è mia».
«la figlia di Brackenstall?
Mmh…c’è di meglio, amico. Non
dico che sia brutta, tutt’altro, ma…non ha molto
da offrire».
“per chi non capisce un
accidenti no, non ha molto da offrire,
ma ha moltissimo da dare a
me”.
A Janice sembrava ancora incredibile.
La serata contrariamente alle
previsioni era andata a
meraviglia e…non lo sapeva con precisione ma aveva la vaga
idea di essersi
perdutamente innamorata come accadeva alle principesse delle favole,
così, al
primo sguardo felino degli occhi smeraldini di quello che era stato il
suo -e
solo suo- compagno di ballo per
tutta
la sera.
Proprio il ragazzo di cui lei e le
sue amiche avevano
parlato prima di entrare in pista, Howard H.R.J. Lancaster, che aveva
tenuto
fede a quanto detto da Amy riguardo al suo essere brillante. Non
l’aveva mai
annoiata, aveva tirato fuori solo ed esclusivamente argomenti
estremamente
interessanti trattati da lui in modo lucido e critico, dandole anche
altrettanta
possibilità di esprimersi su di essi e trovandosi
d’accordo diverse volte.
Inoltre aveva la sensazione -o era
una speranza?- che la
guardasse in modo…diverso…da come avrebbe potuto
guardare un’altra.
Nemmeno se l’infatuazione
fosse stata ricambiata! Ma era
improbabile.
«siete una persona
interessante, lo sapete?»
«lo siete anche voi, lady
Janice. Moltissimo. Mi permettete
di farvi un paio di confidenze? O lo trovate inappropriato?»
Confidenze, da ora? Diventando
leggermente rosata la ragazza
gli concesse gentilmente di procedere.
«la prima, e vi
sembrerà audace: mi
piacerebbe se questa non fosse l’ultima
occasione in cui avremo modo di incontrarci».
“OHMMIODDIOOOO!!!”
pensò lei, diventando di un rosa più
acceso.
«a-anche a me
piacerebbe» ammise lei, volendo fargli vedere
che anche lei sapeva essere audace. Lui sorrise.
Che meraviglia.
«ne sono lieto. La seconda,
e la troverete strana…quando vi
ho vista mi avete ricordato moltissimo una creatura ultraterrena di uno
dei
miei libri. Un’elfa del sole, precisamente. Ora mi troverete
ridicolo,
immagino…»
Janice abbassò gli occhi.
«no…non vi trovo ridicolo. Anche
io possiedo ed amo quei libri».
Howard parve capire di aver toccato
un tasto dolente. E
volle rimediare.
«credo che vi
farò una terza confidenza, lady Janice…io
trovo quell’elfa meravigliosa».
A quel punto lei rialzò
gli occhi. «dite davvero?»
«si. Assolutamente. Una
meravigliosa creatura…come voi».
E quello fu l’inizio di
tutto.