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Autore: NinaMB    10/04/2014    4 recensioni
"Avevo spento tutto. Non necessitavo più di alcun legame. I legami facevano schifo e l'amore peggio. Ero morto per la donna innamorata di mio fratello. Avevo dato tutto me stesso per chi non ne meritava. Non avevo più motivo di tenere a qualcuno. Non avevo più nessuno e ormai da anni non avevo voluto mai avvicinare qualcuno a me a tal punto da innamorarmi ancora. Lo ero stato una volta, era doloroso e senza senso. Ma soprattutto veniva sopravvalutato."
Damon Salvatore nel 1977, pulsantino dei sentimenti spento. Sangue, sesso, divertimento, null'altro.
Come ha vissuto davvero Damon quegli anni? Chi ha incrociato la sua vita a New York?
Non ve lo siete mai domandato? Io tendo molto a fantasticare quando si tratta della vita di Damon (e non solo). Il suo periodo senza sentimenti devo ammettere che è stato uno di quelli che mi hanno più colpita ed ecco qua ciò che la mia mente ha tirato fuori. :)
Genere: Fantasy, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Damon Salvatore, Nuovo personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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New York, dicembre 1977

 

«Ricordami il tuo nome.»

Indicai il ragazzo seduto di fronte a me, dopo aver alzato lo sguardo dal corpo esanime della ragazza tra le mie braccia. Sorrisi divertito osservandolo tracannare la bottiglia di whiskey scadente che teneva in una mano, mentre io mi leccavo con gusto le labbra di quella prelibatezza che avevo appena succhiato via dalla biondina sexy, insieme alla sua vita.

«Josh.»

«Josh...» Mugugnai divertito osservandolo attentamente per qualche secondo prima di alzarmi e lasciare che il corpo privo di vita cadesse sull'asfalto. Mi passai una mano sulle labbra per pulirmi, mentre mi avvicinavo al ragazzo con un sorrisetto malizioso. «Alzati.»
Al mio ordine, Josh scattò in piedi fissandomi impaurito. Sorrisi a mia volta poggiando entrambe le mani sulle sue spalle. Lo fissai intensamente, come pochi minuti prima quando lo avevo soggiogato. Poggiai la mano sulla sua guancia che picchiettai appena con evidente divertimento.

Ero affamato, assetato di sangue. Volevo divorare questo ragazzo così come avevo appena fatto con la sua fidanzatina urlante. Percepivo la sua carotide pulsante proprio ad un palmo dalla mia mano. Il suo respiro accelerato. Il suo fissarmi spaventato, ma impossibilitato nel parlare mi eccitava maggiormente.

«Non che realmente mi interessi, ma che razza di nome è Josh?» piegai la testa di lato abbassando lo sguardo sul suo collo. Sentivo il suo sangue pulsare che non faceva altro che richiamare la mia attenzione. Alzai un angolo della bocca in un sorriso sghembo senza staccare gli occhi da quel punto. Ogni centimetro più vicino a lui, il suo respiro accelerava. Non aveva la benché minima idea di ciò che procurava in me questa sua paura. «Ti farò un po' male, ragazzino. Anzi.. tanto male.» dissi avvicinandomi maggiormente con le labbra al suo collo, mentre i canini appuntiti mi premevano nella bocca che aprii pronta per il mio nuovo pasto. «Ma non me ne importa niente.»

Sussurrate quelle ultime parole non esitai un momento di più nel perforare il suo collo con decisione. Il fluido dal sapore ferroso iniziò ad invadere la mia bocca. La sensazione di appagamento fu maggiore di quando avevo affondato i canini del collo della sua amica.
Non mi importava che si divincolasse tra le mi braccia. Non mi importava che chiedesse di lasciarlo andare. Non mi importava di arrecargli dolore. L'unica cosa che mi importava era placare quella mia sete e New York era di certo il posto migliore per farlo. Nessuno sapeva chi fossi, nessuno sapeva cosa fossi.
A New York qualsiasi cosa passava inosservata.

Non avevo scelto io questa vita e odiavo la persona che aveva completato la mia transizione. Gli avevo augurato un'eternità di sofferenze, tanto che nemmeno si curava più di come suo fratello, il suo unico fratello se la passasse. Ero stato una delle vittime dell'Augustine per cinque lunghi interminabili anni, sempre con la speranza che un giorno lui sarebbe arrivato. Con la speranza che Stefan mi avrebbe trovato.
In realtà non ero più parte della sua vita. Aveva rovinato la mia trasformandomi in un mostro dopo essere morto per lei e poco dopo se ne era andato. Non mi aveva cercato né niente.

Gli indivisibili fratelli Salvatore, legati come migliori amici, divisi per l'eternità.

Non avevo bisogno di lui, non più. Aveva mandato la sua amichetta bionda col complesso da crocerossina a cercare di lexizzarmi. Davvero avevo appena inventato un termine tutto per lei? Feci una smorfia divertito per quel pensiero. Erano ormai passati due mesi dal giorno in cui me l'ero tolta di mezzo. Finalmente, dopo sei lunghi mesi di torture nel peggiore dei modi, tornavo a respirare e vivere la vita come avevo deciso di viverla. Io non ero come Stefan, io avevo scelto di essere così.

Avevo spento tutto. Non necessitavo più di alcun legame. I legami facevano schifo e l'amore peggio. Ero morto per la donna innamorata di mio fratello. Avevo dato tutto me stesso per chi non ne meritava. Non avevo più motivo di tenere a qualcuno. Non avevo più nessuno e ormai da anni non avevo voluto mai avvicinare qualcuno a me a tal punto da innamorarmi ancora. Lo ero stato una volta, era doloroso e senza senso. Ma soprattutto veniva sopravvalutato.

 

***

 

Il Billy's era decisamente il più underground dei locali. Musica dal vivo, rock'n'roll, persone talmente fatte che nemmeno si rendevano conto di un paio di canini che perforavano i loro colli. Era un locale scuro, prendeva vita solo di notte e io me la spassavo lì dentro. Secondo le teorie di Lexi il godersi la vita equivaleva a riaccendere le proprie emozioni, ma a che pro? Io me la godevo e basta. Non avevo bisogno d'altro né di nessuno. L'unica che avevo desiderato per un secolo intero l'avevo persa per sempre il giorno stesso in cui io avevo cominciato a vivere la mia vita da vampiro. Probabilmente non avrebbe apprezzato questa decade, signora di classe quale era, ma ero certo ce la saremmo spassata insieme. Ora non mi restava che farlo da solo e ogni tanto in compagnia di qualche idiota che si faceva bere senza obiezioni e qualche ragazza che me la dava facendosi imbambolare da un semplice sguardo che le rivolgevo.

«A te.»

Sbattei davanti agli occhi di Will i due documenti delle mie ultime vittime con un sorrisetto divertito ma altrettanto scocciato. Il mio amico era famoso tra i vampiri per procurargli identità false e io gli procuravo i documenti a mia volta, in cambio di nutrirmi liberamente nel suo locale.

«Certo se la biondina era castana era meglio..»

Pronunciò quelle parole con un tono un po' deluso, mentre li esaminava entrambi. Roteai gli occhi allungandomi col braccio oltre il bancone per afferrare una bottiglia di Bourbon e me lo versai nel mio bicchierino, prima di scolarlo tutto d'un sorso.

«Negli accordi non avevi parlato di brune.»

Gli lanciai un'occhiata seccata facendo una smorfia per l'alcol che aveva inondato la mia gola. Lo osservai attentamente mentre con fare furtivo si infilò i documenti in tasca e si allontanò da lì, sparendo dalla vista di sguardi indiscreti. Chissà a chi sarebbero finiti quei documenti. Me lo domandai per un momento, ma l'attimo dopo già non me ne poteva fregare più.

«Ehi ti interessi delle brune ora?»

Sorrisi sentendo la voce femminile alle mie spalle. Poggiai il bicchierino vuoto sul bancone prima di voltarmi osservandola. Misi su una delle mie smorfie divertite e portai una mia mano all'altezza del suo viso spostandole i capelli dietro l'orecchio. Mi avvicinai al suo viso col mio fissandola intensamente.

«Ma tu sai benissimo che non mi interessa di nessuno

Marcai volutamente le ultime parole affinché facessero centro e così fu. L'espressione della rossa davanti a me cambiò, mostrando un'evidente delusione. Piegai la testa di lato fissandola e la avvicinai a me passandole l'altra mano sul fianco.

«Sì, ma..»

«Niente ma.» Le carezzai il viso più vicino al mio, abbassando gli occhi sulle sue labbra. «Resti sempre la mia deliziosa rossa Rachel[1]..»

Mormorai quelle parole sulle sue labbra prima di premerci contro le mie. Il suo disappunto a causa delle mie parole era evidente, ma ormai ci aveva fatto l'abitudine a come ero fatto. Non si tirò indietro, anzi, lasciò che le infilassi la lingua in bocca, mentre ormai le mie mani si muovevano sul suo corpo afferrandole saldamente i fianchi. Le sue dita afferrarono i lembi della mia giacca di pelle. Percepii il suo desiderio di stringersi maggiormente a me, così mi staccai da lei sorridendo di lato.
La fissai per qualche momento gustandomi la sua espressione nuovamente delusa.

«Vuoi forse violentarmi qui, piccola Rachel?»

Feci gli occhioni e protesi le labbra verso di lei, facendo uscire una voce piuttosto infantile. Per tutta risposta mi beccai un pugno in pieno petto.

«Ouch.» Mi piegai in avanti poggiandomi una mano aperta proprio dove mi aveva colpito e finsi di aver sentito dolore. «Vacci piano, ragazzina.. Anche se mi piacciono le donne violente.»
Aggiunsi l'ultima frase leccandomi il labbro inferiore tornando col sorriso strafottente e malizioso sulle labbra.

«Coglione.»

«Oh sì, ti prego.. Dimmi di peggio, tesoro.»

Continuai a prenderla in giro, facendo la mia parte da maniaco sessuale mentre Rachel imbronciata si sedette sullo sgabello che si era appena liberato affianco al mio. Sorrisi guardandola qualche momento prima di versare del Bourbon in entrambi i nostri bicchieri.
Prima che avvicinasse il suo bicchiere verso il mio, mi scolai il liquore tutto d'un sorso senza dire una parola. Ero di nuovo affamato e l'alcol in qualche modo alleviava la sete di sangue, anche se secondo me era un'enorme cazzata. Davvero un bicchiere di whiskey avrebbe distolto la mente di un vampiro dal suo unico scopo di vita?
Il sangue era la mia priorità, e ora che avevo Rachel così vicina potevo sentire il suo sangue pulsare nelle sue vene. Sospirai sbattendo la mano sul banco di legno appiccicoso che trasudava di alcolici e sbronze di tante serate precedenti.
Sentii lo sguardo della rossa su di me e mi voltai verso di lei sorridendo di un sorriso malizioso. Sapevamo entrambi che era venuta per uno scopo, ma al momento era troppo carica d'orgoglio per saltarmi addosso, a causa di come l'avevo appena trattata.

Indisturbato allungai una mano sulla sua coscia facendo scivolare le dita lungo il tessuto dei suoi jeans. Percepii un fremito che percorse il suo corpo e sorrisi di lato guardandola.

«Andiamo?» domandai solamente, non c'era bisogno di dire altro.

«Damon se pensi che la sera io venga qui solo per aprire le gambe per te, ti sbagli di grosso.»

«Oh, dimmi. E allora perché mai saresti qui?»

Mi avvicinai a lei di nuovo col viso, mettendo un piccolo broncio offeso. Piegai la testa di lato, mentre la mia mano scendeva nel suo interno coscia. La vidi arrossire e fui maggiormente divertito di quella sua genuinità. Da quando questa ragazzina era entrata in qualche modo nella mia quotidianità non aveva mai cercato un modo per nascondermi cosa le passasse per la testa, era sempre stata schietta e sincera. Anche se a volte mi dava noia questa cosa, era di una persona così che al momento gradivo la compagnia. Non insistente come Lexi, che mi aveva torturato per mesi, ma nemmeno appiccicosa. Entrambi avevamo i nostri spazi. Conosceva il mio segreto ed era spesso e volentieri il mio pasto preferito di fine giornata, il dessert perfetto. Ancora non mi andava di liberarmi di lei.

Cercai una risposta nei suoi occhi, ma la scintilla di malizia che comparve su quei due bottoni verdi non mi fece che scattare in piedi. La presi per il polso e la trascinai con me tra la folla, facendomi largo, fregandomene di essere sgarbato o di essere preso a parole per aver spintonato qualcuno mentre ballava.

 

Pochi minuti dopo Rachel era premuta dal mio corpo contro il muro dell'ingresso di casa sua. Non eravamo nemmeno arrivati nella sua stanza che l'avevo spogliata in pochi secondi e fatta godere contro quella parete gelida. Amavo la passione di quella ragazza, amavo il suo gemere senza pudore al mio orecchio e le sue unghie premere contro la pelle alle mie spalle mentre la penetravo senza un briciolo d'umanità.

 

***

 

«Dam..»

«Mh?»

Tenni gli occhi chiusi al suo richiamo, restando altrettanto immobile. La sentii muoversi col corpo nudo vicino al mio e poggiarsi con la testa sul mio petto.
Aggrottai la fronte per quel gesto e aprii gli occhi osservandola silenzioso prima di ributtare la testa sul cuscino con un sospiro.

«Mi trasformerai un giorno?»

Quella domanda arrivò con una vocina piccola, come fosse tornata bambina e avesse paura di una risposta alla sua domanda azzardata.
Mi morsi il labbro fissando il soffitto, come per cercare una qualche risposta tra quelle stelle dipinte che ci sovrastavano. Mi resi conto in quel momento che ero nudo nel letto di una ragazzina che sognava chissà cosa e non si rendeva minimamente conto cosa significasse diventare un vampiro.

«No.» mormorai tranquillamente senza troppi giri di parole. Mi andava bene come passatempo del momento, ma quando sarei andato via da New York non avevo intenzione di accollarmela per chissà quanto altro tempo.

«Perché no?»

Alzò il viso stavolta osservandomi. Sentii i suoi occhi puntati su di me, ma non feci una piega continuando a fissare su di noi.

«Quando lascerò questa città, tu dovrai scordarti di me, Rachel.»

«Ma..»

«Niente ma, te l'ho già detto.»

Stavolta alzai il viso per osservarla negli occhi che le luccicavano. Era chiaramente sul punto di piangere, e io odiavo dover vedere le persone piangere, soprattutto se si trattava di una donna. Non lo sopportavo, era qualcosa che mi faceva andare fuori di testa.
Le portai le dita sulle labbra ancora gonfie di baci e leggermente secche allo stesso tempo.

«Sai che non lo farò, e non voglio lasciarti andare.»

«E tu lo farai, perché ti ricorderai che a me non importa nulla della tua inutile vita, ragazzina.»

La zittii premendo le dita contro le sue labbra prima che potesse aggiungere altro. La buttai di colpo sul letto salendole sopra e affondai i canini nel suo collo senza pietà.

 

***

 

Mi strofinai gli occhi disturbato dalla luce dei raggi del sole che filtrava tra le tende della stanza della ragazza con la quale ormai passavo la maggior parte delle mie notti. Piegai il viso di lato osservandola dormire. Le lenzuola erano impregnate di sangue e l'odore forte mi era entrato nelle narici prepotentemente, anche adesso che ero sazio. Fissai per qualche istante Rachel distesa al mio fianco, il collo e il petto erano coperti di sangue, il suo sangue che avevo preso con la forza. Aggrottai la fronte cercando di fare mente locale e rendermi conto di cosa fosse accaduto con esattezza. Ricordavo il momento eccitante in cui ci eravamo sbattuti da un muro all'altro, ricordavo di averla morsa. Ricordavo anche.. che mi aveva chiesto di trasformarla.
Che credi, ragazzina? Se non spegnerai l'interruttore in tempo le tue emozioni ti divoreranno.” pensai senza staccare gli occhi dal suo corpo, coperto fino alla vita.
Mi soffermai un momento sui suoi seni nudi prima di alzare lo sguardo di nuovo sul suo collo, seguendo la riga di sangue incrostato sulla sua pelle.

Morsi il mio labbro inferiore. Non avrei voluto Rachel ancora nella mia vita. Una volta andato via da New York lei sarebbe rimasta qui. Io l'avrei dimenticata, se in un futuro mi fosse stata nominata non avrei avuto idea di chi fosse se non un succulento dessert che mi concedevo durante le serate passate nella Grande Mela.
Sapevo che questo lei non lo avrebbe mai accettato, era decisa la ragazza. Non aveva intenzione di restare lì se un giorno fossi sparito. Ma perché? Che le importava di che facevo della mia schifosa vita? Perché voleva essere un vampiro?

Serrai la mascella e poggiai la testa alla spalliera del letto senza mai staccare gli occhi dalla rossa al mio fianco che dormiva indisturbata. Per quanto trovassi fastidiosa questa sua insistenza nel non lasciarmi andare, mi faceva anche riflettere. Sì esatto, in quel preciso istante mi fermai a pensare a ciò che stavo facendo. Lasciai che un briciolo di umanità tornasse in superficie per poter essere razionale. Non durò molto, ma in quei pochi secondi realizzai di quanto fosse importante che qualcuno si prendesse cura di te o semplicemente il fatto che qualcuno tenesse a te. Rachel teneva a me e anche se spesso faceva la dura, mostrando la donna emancipata quale era, aveva anche momenti in cui non riusciva a nascondere di essere legata a me. Legata a un mostro che la scopava e sbranava a suo piacimento. Come poteva una persona sana di mente provare un qualche sentimento di affetto per uno come me? Non lo era, decisamente non lo era.

Prima di soffocare di nuovo quella mia parte umana e razionale feci una cosa per la quale me ne sarei pentito per i prossimi giorni, ma forse era solo un avviso della mia partenza che sarebbe avvenuta a breve. Avevo bisogno di allontanarmi un po' da New York. Volevo stare di nuovo solo. Non era mai stata mia intenzione farmi degli amici o fare delle semplici conoscenze. Will nei miei piani non era previsto, Rachel tanto meno.
Sospirai avvicinandomi silenzioso a lei, facendo attenzione a non svegliarla e mi morsi la punta del dito lasciandone uscire una goccia di sangue. Quanto bastava per guarirla. Mi bloccai un momento a fissarla e a darmi del coglione per quello che stavo facendo, ma prima di ripensarci poggiai il dito sul suo labbro dischiuso lasciando che qualche goccia di sangue raggiungesse la sua saliva e fare in modo che la guarisse di ciò che le avevo provocato. Non era mia intenzione soggiogarla, non lo avevo mai fatto. Forse avrei dovuto, per fare in modo che me la togliessi dai piedi una volta per tutte, ma un briciolo di egoismo mi pervase, vietandomi di farlo. Probabilmente in questo momento Rachel era l'unica persona che teneva a me e non volevo, non del tutto almeno, che non ci fosse più nessuno a farlo.

Mi imposi categoricamente di alzarmi e andarmene il prima possibile da quel posto. Soffocai di nuovo quella parte di me razionale e sentimentale e dopo essermi vestito me ne tornai per la mia strada. Una nuova giornata tra le strade di New York mi aspettava, mentre iniziavo già a pensare una nuova meta dove andare a far danno. Magari avrei fatto un salto a Mystic Falls, proprio per vedere se Stefan era incazzato con me per ciò che avevo fatto alla sua amica crocerossina rompipalle, sempre che la furbetta glielo avesse detto. Sorrisi di quel pensiero mentre fiutavo nell'aria gelida delle strade di New York in pieno dicembre, una nuova scia di sangue con la quale fare colazione. Era mattina presto, solo un malato di mente sarebbe andato in giro a quell'ora con quel freddo.

 

***

 

La musica alta e la puzza di sudore e fumo mi accolsero al Billy's. La serata era iniziata da un bel pezzo ormai, fuori era notte fonda ed io avevo preferito restarmene in giro un po' più del previsto. Vuoi per bere alla spina in santa pace, vuoi perché non mi andava di stare in mezzo alla gente, ma alla fine ero tornato al punto di partenza: quel dannato pub caotico dove la gente ad una certa ora era talmente fatta da non capirci più un cazzo. Questo giovava a mio favore, qualsiasi vampiro là dentro sarebbe passato inosservato, ma per fortuna, tranne per qualche cliente di Will, io ero l'unico a frequentarlo.

«E levati.»

Diedi una spallata ad un ragazzo che stava per cadermi addosso mentre cercava in qualche modo di ballare e rimorchiarsi una tipa dall'aria troppo sveglia per lui. Lo scansai con noncuranza, lanciando un'occhiata alla bionda prima di dirigermi spedito al bancone. Il mio bottino stasera erano tre fanciulle castane, tanto per far felice il mio amico ed io lo sarei stato altrettanto visto che avrei mangiato gratis anche quella sera. Sbattei la mano sul bancone di legno, facendo finire sul bancone i tre documenti delle ragazze. Il sorriso compiaciuto di Will era esattamente quello che mi aspettavo. Non disse una parola, mi porse semplicemente la bottiglia di whiskey e lanciò un'occhiata alla pista da ballo, come ad invitarmi a fare ciò che volevo. L'idea era allettante, ma in realtà non ne avevo molta voglia. Ancora non avevo deciso dove andare, dopo che avrei lasciato la Grande Mela. Probabilmente mi sarei fatto venire qualcosa in mente pur di dare fastidio a Stefan e sarei andato a fargli una visita a Mystic Falls. Ma l'attimo dopo ci avevo già ripensato. Non avevo alcuna intenzione di tornare in quella maledetta cittadina, non ora almeno. L'avrei fatto solo se davvero avessi avuto uno scopo ben preciso e al momento ci sarei andato solo per noia, cosa che non mi si addiceva.

«Sono due ore che se ne sta seduta in quell'angolo, credo ti stia aspettando.»

Guardai interrogativo il mio amico prima di spostare il mio sguardo nella sua stessa direzione. Mi morsi il labbro osservando la chioma rossa al di là della pista, seduta da sola ad un tavolino che guardava da tutt'altra parte rispetto alla mia.
Sospirai fingendo indifferenza prima di bere un lungo sorso dalla bottiglia che posai subito dopo bruscamente sul bancone.

«E a me?»

Alzai un sopracciglio guardando Will che teneva gli occhi fissi su di me.

«Che hai combinato?»

«Che ho combinato?»

Spalancai gli occhi facendogli quella domanda come fossi impressionato. Will scosse la testa continuando a fare il suo lavoro come ricevette un'ordinazione e mi intimò di raggiungerla. Non risposi, restai un momento a guardarlo indaffarato nel suo lavoro. Una smorfia amareggiata si fece largo sul mio viso e scocciato mi alzai ciondolante con la bottiglia in mano. Mi feci largo tra la folla che ballava senza curarmi di passare attorno alla pista.

Con un tonfo mi buttai sulla panca di legno di fronte a quella di Rachel che alzò subito lo sguardo verso di me, accorgendosi della mia presenza. Feci un sorriso sornione fissandola prima di mettermi comodo scrollando le spalle.

«Ciao!»

«Sei in ritardo..»

«Io non sono mai in ritardo, arrivo esattamente quando ho voglia di arrivare. Avevamo appuntamento? Temo di aver perso l'agenda.»

La fissai divertito e alzai le spalle prima di bere un altro sorso di whiskey davanti al suo sguardo confuso. Feci un sorriso amaro lanciandole un'occhiata mentre il liquore mi bruciava appena in gola.

«Stai bene, Damon?»

«Non si vede?» feci un sorrisetto senza guardarla e posai la bottiglia davanti a me. «Piuttosto te stai una favola!»

Indicai il suo collo pulito e intatto, scena completamente diversa da quella della stessa mattina in cui l'avevo lasciata sporca di sangue, senza aspettare che il mio facesse effetto e la guarisse.

«Perché mi hai guarita? Non l'hai mai fatto!»

«E allora?»

«Rispondi.»

«E' un interrogatorio, ragazzina?»

Sbuffai facendo per alzarmi scocciato, ma la sua mano prontamente afferrò la mia. Mi costrinsi a guardarla negli occhi per quel gesto. Il suo sguardo curioso e pieno di interrogativi era rivolto verso il mio e mi pregò di restare seduto lì con lei.

«Ho bisogno di uscire, qui c'è aria pesante. Con permesso.»

Feci un sorriso forzato staccandomi dalla sua presa e mi incamminai verso l'uscita del Billy's. Mi maledii un secondo dopo aver varcato la porta lasciandomi alle spalle tutto quel casino. Avevo lasciato la bottiglia di Bourbon sul tavolino, lì insieme alla rossa.
Mi allontanai un po', quanto bastava per non sentire più la musica provenire dal locale. Mi strinsi istintivamente nella giacca come fui invaso da una folata di vento. Ovviamente non potevo sentire né freddo né caldo, ma il gelo che mi portavo dentro, misto a quello di dicembre in una notte di New York, mi avvolsero totalmente da farmi rabbrividire.

«Damon!»

Oddio no. Sospirai sentendo quella voce così familiare e così insistente che accelerai il passo ignorandola. Non sentii più la sua voce, doveva essere rientrata dentro il locale e se ne fosse tornata a casa avrebbe fatto un piacere all'umanità, e non solo.

Con le mani infilate nelle tasche della giacca di pelle e la testa abbassata raggiunsi un parchetto ad un isolato dal Billy's, dove l'unico essere vivente era un cane randagio che frugava nel secchio dell'immondizia alla ricerca di qualche avanzo. Lo superai silenzioso, senza degnarlo di uno sguardo e lui fece altrettanto, come non si fosse accorto della mia presenza talmente era affamato.

Mi buttai di peso su una panchina sdraiandomi a pancia all'aria. Il cielo sopra di me era stellato e non totalmente nero a causa delle luci della città. Visto dal basso, all'altezza della strada non era affatto un bello spettacolo. Ma da un grattacielo sì, lassù sì che meritava di essere reputato tale. Roteai gli occhi a causa di questo pensiero da femminuccia che aveva attraversato la mia mente. Presi un lungo respiro e chiusi gli occhi. Il buio era decisamente meglio al momento.
Mi stava accadendo qualcosa, era scattato qualcosa in me e non riuscivo più a fregarmene. Non mi riconoscevo nemmeno, tanto meno capivo perché stava accadendo.
Sapevo solo che Katherine era più viva nei miei pensieri, così anche Stefan. Il pensiero di casa, il pensiero di un legame familiare, il pensiero di una donna che avevo amato e poi perso. Sentivo il bisogno di stare bene, un bene fisico e psicologico che non provavo contemporaneamente da troppo. Un bene che forse solo una...

«Perché mi hai guarita?»

Strinsi gli occhi imprecando mentalmente. Davvero mi aveva seguito fin qui?

«Che vuoi Rachel? Che ci fai qua?»

Non feci una piega, mantenni gli occhi chiusi e la stessa identica posizione. Potevo sentire i suoi passi sulla breccia a terra che si facevano più vicini lentamente.

«Damon..»

«Mh?»

«Guardami!»

«Non ne ho voglia.»

«Santo cielo, Damon!»

Feci una smorfia con la bocca sentendola spazientirsi e piegai la testa di lato aprendo gli occhi, trovandomela in piedi alla mia sinistra. Le guance rosse dal freddo e le mani bianche e secche che stringevano l'attaccatura del suo cappotto contro sul suo collo per tenersi al caldo da quella gelida notte invernale.

«Ti sto guardando.»

Sospirò piegandosi in ginocchio, così da avvicinare il suo viso al mio. Di rimando spostai il mio un po' più vicino al suo mantenendo un'aria strafottente. Mi morsi il labbro fissando le sue vicine con un sorrisetto, ma mantenendomi sempre a qualche centimetro di distanza.

«Parlami..»

La sua richiesta uscì quasi come una supplica, sapevo che le dovevo una risposta. Il problema era che non volevo dargliela e soprattutto non volevo rendere conto a nessuno dei miei comportamenti. Questo era il male che se mostravi un piccolo accenno di buono che avevi dentro, poi la gente si aspettava dell'altro buono da te ed io non volevo vivere in questo modo. Non volevo che nessuno si aspettasse nulla da me.
Feci un sospiro tirandomi su e mi poggiai su un fianco fissandola più vicina col viso.

«Vuoi che ti racconti la mia giornata?»

«Voglio sapere perché mi hai guarita e perché dopo averlo fatto sei sparito.»

Roteai gli occhi scuotendo la testa e gesticolando appena con una mano finii per afferrarle una ciocca di capelli rossi che intrecciai tra le mie dita.

«Pensa se entravano i tuoi all'improvviso e trovavano la loro bambina con uno sconosciuto nel letto?!»

Spalancai gli occhi fingendo impressione delle mie stesse parole e per tutta risposta mi beccai un pugno sul petto e un “coglione”. Le mandai un bacio protendendo le labbra verso le sue.

«E poi dici non mi preoccupo per te!»

Strizzai l'occhio tirandomi su con la schiena, mettendo fine a quella vicinanza tra noi e mi alzai in piedi allontanandomi di qualche passo.

«Damon, trasformami!»

«Non se ne parla.»

«Damon.. ti prego. Dimmi almeno come si fa! Mi hai morsa, non dovrei essere come te ora?»

«Sta calma, signora Stoker[2]

Mi voltai verso di lei che intanto si era di nuovo avvicinata a me. Infilai le mani nelle tasche dei pantaloni guardandola appena come posò le sue mani sul mio petto.

«Come si fa?»

Fece quella domanda quasi in un sussurro, col viso vicino al mio. Piegai la testa di lato osservando il suo profilo prima di poggiarci le dita affusolate, facendole una piccola carezza, per poi finire a scoprirle il collo esattamente dove l'avevo morsa la sera precedente. La vidi rabbrividire ma non me ne curai. Continuai a fissarle la pelle liscia e bianca prima di poggiarci le dita sfiorandola.

«Dovresti stare lontana da me, ragazzina. Non sono una buona compagnia..»

Le vene sotto i miei occhi si gonfiarono come col pollice toccai l'esatto punto in cui la carotide pulsava sempre più veloce, insieme ai battiti di Rachel.

«Non ho intenzione di starti lontana. Promettimi che non te ne andrai.»

«Oh se fossi intelligente dovresti..»

La mia voce uscii come un sussurro mentre avvicinavo le labbra al suo collo con lentezza, continuando a fissarle il punto in cui la vena pulsava e il sangue le scorreva veloce. Già potevo sentirne il sapore nella bocca, già potevo sentire l'appagamento e il pentimento di ciò che stavo per fare. Così come sentivo il rancore che un giorno mi avrebbe portato seppur lontana per sempre da me. Sarei rimasto nient'altro che un ricordo per lei che a poco a poco si sarebbe sbiadito. Ignorai volutamente la sua richiesta di una promessa che di certo non avrei mai potuto mantenere.

«Non ci vederemo mai più ragazzina, questa è l'unica promessa che ti faccio.»

Mormorai quell'ultima frase prima di premere le labbra contro la sua pelle e perforarla con i canini appuntiti. In un secondo strinsi il corpo di Rachel contro il mio e con velocità le strappai completamente la carotide.

I lamenti che uscivano dalla sua bocca furono sostituiti dal totale silenzio del parco. Il suo sguardo freddo e ancora spaventato era ora rivolto verso il cielo. Non più un accenno di vita, non più una parola. Solo il sangue grondante dalle mie labbra e quel senso di appagamento che stavolta faticava ad arrivare.

Lasciai cadere il corpo a terra senza cura e mi costrinsi ad allontanarmi da lì senza voltarmi. Per quanto mi sforzassi in quel momento, non riuscivo a premere di nuovo il pulsantino. Quella ragazza era riuscita a farmi riaccendere le emozioni, perché anche se io l'avevo sempre trattata uno schifo, in qualche modo si era presa cura di me e ora la maledicevo per averlo fatto. Maledicevo me stesso per essermela portata a letto più del dovuto e per aver lasciato che sapesse del mio segreto. L'avevo appena uccisa e più di ogni cosa maledicevo me stesso per questo. 

La sua era diventata follia.

Pazza, pazza, pazza ragazzina.

E' stata una specie di follia che ha cominciato a svilupparsi nella tua testa ed io ho cercato di lasciarti andare, ma questa follia ha preso anche me. La follia maledetta di essere amato da qualcuno, cosa che lei sperava di trovare in me, ma io non le avrei mai dato.

Ho finalmente visto la luce con te, ragazzina, ed ho realizzato cosa sei per me: una salvezza da tutto questo male che mi porto dentro.

Continuo a camminare, ho realizzato davvero di cosa avessi bisogno e anche se in questo momento me ne sto andando lontano da te, spero che un giorno ci rincontreremo per vedere se davvero sei ancora la folle che ha cercato di riaccendere qualcosa in questo stronzo che ti ha appena uccisa.

Forse sono stato troppo testardo per ammetterlo, ma è grazie alla tua follia che mi hai salvato ed io ti ho ripagato come volevi, ragazzina.





NOTE AUTRICE:

[1] Rachel
[2] Bram Stoker, lo scrittore di Dracula.

Il titolo della one shot è preso dalla canzone Madness dei Muse, forse dal finale ve ne siete accorti un po', infatti ci vedevo delle affinità con la storia ed ho cercato di inserire le parole del testo in qualche maniera.
Ho continuato la storia qui, sotto forma di fanfiction!   

  
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