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Autore: Letsneko_chan    10/04/2014    4 recensioni
(Len's POV)
In quel momento sentivo di poterti aspettare per sempre. Pensavo di amarti sul serio, quei sentimenti che mi sconvolgevano lo stomaco e la mante erano strani, nuovi, ma in fondo, belli. Sei tornata con un pacchetto di bastoncini al cioccolato, sapevi quanto mi piacevano. Mi sorridesti poi to sedesti sulle mie ginocchia e me ne mettesti uno in bocca poi mordesti l'altra estremità. Sapevo dove ci avrebbe portato questo gesto. Presto le nostre labbra si unirono in un altro bacio. Continuammo così finché non finirono. Poi appoggiasti la testa sulla mia spalla, i tuoi capelli biondi facevano il solletico sulla mia pelle nuda. Pensai di amarti davvero tanto.
-Ti amo Len-
-Anch'io Rin-
-Staremo insieme per sempre-
-Certo-
RinxLen incest
Genere: Drammatico, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Len Kagamine, Rin Kagamine | Coppie: Len/Rin
Note: nessuna | Avvertimenti: Incest
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Tokyo, nel mese di agosto.

Un giorno arrivasti all'improvviso in camera mia, spalancando la porta. Sobbalzai sulla sedia quando la tua voce risuonò nella stanza.
-Len! Guarda come sono stata brava!-
Mi porgesti un foglio, pensavo fosse il tuo ultimo compito di matematica, la materia che odiavi, invece era il testo di una canzone. Quindi alla fine avevi vinto la scommessa: scrivere una canzone prima di me. Non pensavo che ci potessi riuscire.
Presi il testo e iniziai a leggerlo. Riuscivo quasi a immaginarmi quella ragazza bionda sulla spiaggia a piangere la morte del fratello. Saltellavi per la mia stanza, fermandoti ogni tanto a guardarmi con quei tuoi occhioni azzurri. Mi sorridesti e io ricambi il tuo sorriso.
-Che ne dici di provare a cantarla?-
-Va bene!-
Presi la mia chitarra e iniziai a suonare. Ricordo ancora la tua voce limpida e cristallina come questo mare che ora mi sta davanti.
Finisti di cantare poi, tutta contenta, ti avviasti verso la porta.
-Len, dimmi una cosa... Tu... Moriresti per me?- abbassasti gli occhi arrossendo.
Mi avvicinai, mi inginocchiai davanti a te e ti presi la mano.
-Sì, mia principessa.-
Non sapevo quanto quell'affermazione in realtà fosse falsa. Avrei preferito morire io al posto tuo sul serio. Avevi tutta la vita davanti: morire a 15 anni sembra una cosa follia e allora perché quel maledetto martedì di tre settimane fa quella macchina investì proprio te? Non riesco a farmene una ragione...
Per ora preferisco cullarmi nel tuo ricordo, ricordarmi di quando sorridevi e di quella volta che dicesti di amarmi. Pensavo che stavi scherzando ma forse anch'io sono stato uno stupido. Giocai con i tuoi sentimenti, illudendoti e usandoti. Non capivo che il tuo amore per me era vero mentre tu per me eri solo uno stupido giocattolo. Un giocattolo come tante altre cadute ai miei piedi. In fondo, l'unica cosa che ti distingueva dalle altre era il fatto di essere mia sorella, la mia dolce sorellina.
Il giorno di san Valentino eravamo rimasti solo io e te a scuola, era il nostro turno di fare le pulizie.
-Len- iniziasti tu il discorso -ti devo parlare...-
Mi preoccupai: cosa volevi dirmi di così tanto importante? Forse un ragazzo si era dichiarato e tu non sapevi cosa fare. Mi balenò un nome in testa: Kaito, famoso per avere quasi tutta la parte femminile della scuola ai suoi piedi. L'altra parte era ai miei piedi.
-Cosa c'è Rin? Kaito si è dichiarato?-
Scuotesti la testa e poi mi dicesti: -Si è messo con Meiko.-
Mi lasciai sfuggire un "ah" di sorpresa. Con il passare del tempo l'amicizia tra me e Kaito si era trasformata in una lotta: avrebbe vinto chi aveva fatto innamorare più ragazze. Era una sfida alla pari: lui usava la sua galanteria, io i miei capelli biondi e gli occhi azzurri, sapevo quanto potevo contare sul mio aspetto...
Dopo un po' persi il conto ma solo ora capisco quanto idiota sia stato, quanti cuori abbia spezzato e con  quanti sentimenti abbia giocato.
-Allora che c'è?-
-Vedi, oggi è san Valentino e c'è un ragazzo che mi piace ma... Ancora non sono riuscita a dichiararmi...-
Eri appoggiata alla finestra fissando con occhi persi in chissà quali pensieri l'albero di ciliegio ancora spoglio.
Mi avvicinai e mi appoggiai anche io sul davanzale.
-E chi è il fortunato?-
-È questo il punto...-
-Che vuoi dire?-
-Sei tu Len. Credo di essermi innamorata di te...- arrossisti e abbassasti gli occhi.
Rimanemmo in silenzio: tu sapevi che quest'amore per me era praticamente impossibile e io pensavo ad un modo per non farti soffrire. Anche se eri mia sorella potevo considerarti un giocattolo come le altre? Mi dissi di sì, poi ti presi per le spalle e ti bloccai al muro. Eri così dolce quando arrossivi... Ti baciai con passione mentre tu mi abbracciasti. Ricambiavi i miei baci, in realtà poco casti anche per due fidanzati, per due fratelli poi... Rimanemmo lì per non so quanto tempo: quando tornammo a casa il sole stava tramontando. Eri così felice, si vedeva. Camminavi quasi saltellando mentre io avanzavo con le mani in tasca. Sapevamo entrambi che quell'amore, seppur sincero da parte tua e finto da parte mia, aveva il gusto del proibito: nessuno lo doveva sapere, era il nostro piccolo segreto anche se in realtà era più grande di questo mare che mi sta davanti... A casa non c'era nessuno: mamma e papà erano morti quando avevamo 10 anni. Da quel giorno cominciai a sentire la mancanza di qualcosa. Sono stato uno stupido a pensate che potessi trovarlo in altre ragazze quando l'unica donna che era rimasta nella mia per davvero eri tu.
Sono passati mesi da quel 14 febbraio: pian piano il nostro rapporto si è rafforzato e ammisi di amarti per davvero, che ormai non eri più il mio giocattolo. Una sera ero stato agli allenamenti di tennis, giocavo insieme a Kaito ma anche lì era una sfida continua. Ero sfinito e non avevo acqua così gliene chiesi un po' ma dopo aver bevuto mi sentii strano, non riuscivo quasi a reggermi in piedi. Tornai a casa quasi barcollando, sembravo ubriaco. Tu ti preoccupasti davvero tanto.
-Len sei così strano... Sicuro di stare bene?-
-Sì tranquilla... Solo che mi sento... Strano.-
-Strano?-
Lasciasti il piatto che avevi preso sul tavolo e ti avvicinasti a me, seduto sul divano.
-Che ne dici  se ti tiro su il morale?-
Non seppi dirti di no. Ti presi per un polso e ti avvicinai poi le nostre labbra si unirono in un bacio. Forse il più bello dall'inizio della nostra storia. Iniziasti a sbottonarmi la camicia. Da quando eri così audace? Meglio per me. Uno dei vantaggi di non avere i genitori in casa era che potevamo fare ciò che volevamo.
All'improvviso ti staccasti.
-Aspettami-
In quel momento sentivo di poterti aspettare per sempre. Pensavo di amarti sul serio, quei sentimenti che mi sconvolgevano lo stomaco e la mante erano strani, nuovi, ma in fondo, belli. Sei tornata con un pacchetto di bastoncini al cioccolato, sapevi quanto mi piacevano. Mi sorridesti poi to sedesti sulle mie ginocchia e me ne mettesti uno in bocca poi mordesti l'altra  estremità. Sapevo dove ci avrebbe portato questo gesto. Presto le nostre labbra si unirono in un altro bacio. Continuammo così finché non finirono. Poi appoggiasti la testa sulla mia spalla, i tuoi capelli biondi facevano il solletico sulla mia pelle nuda. Pensai di amarti davvero tanto.
-Ti amo Len-
-Anch'io Rin-
-Staremo insieme per sempre-
-Certo-
Ti presi in collo e ti portai in camera. Scendesti e ti catapultasti sul letto, invitandomi a venire lì. Eri così...tenera. Iniziai a farti il solletico, sapevo quanto eri sensibile. Poi iniziammo a fare una specie di lotta. Fu così divertente, ricordi? No, certo che no. I morti non ricordano...
Non pensavo di poterti farti del male ma spesso le cose non vanno come si desidera.
Entrambi volevamo qualcosa di più, le cose proibite hanno sempre il loro fascino e attraggono le persone. La sera eravamo sempre soli a casa, ormai eravamo abituati al silenzio che ci regnava...
E poi successe l'irreparabile. Un lunedì di Luglio, in una sera calda, eravamo distesi in giardino a contemplare le stelle: volevi sapere tutti i nomi delle costellazioni e io pazientemente te li dicevo tutti. Era ormai notte inoltrata quando appoggiati il tuo capo sul mio petto.
-Len perché non possiamo far sapere a tutti il nostro amore?-
Eri così ingenua Rin, così ingenua e così infantile.
-Shh... È un segreto. E come tale non lo deve sapere nessuno. Capisci?-
Non mi rispondesti poi notai che ti eri addormentata di colpo.
Ti presi in braccio e ti portai in camera poi ti distesi sul letto. Cosa dovevo fare? Indossavi ancora i vestiti, avrei dovuto lasciarti così? Invece ho dato retta al mio istinto più nascosto. Che male c'era? In fondo eravamo amanti no? Ti sfilai piano la maglietta, scoprendo la tua pelle bianca.
Quella sera superai il limite: mi sentivo la mente annebbiata, non ci capivo più nulla. Cosa mi stava succedendo? E cosa sarebbe successo a te? Non che mi importasse.
Mi chinai su di te e iniziai a baciarti sul collo ma quei baci che lasciarono leggeri segni rossi sul tuo grazioso collo, ti svegliarono.
-Len? Cosa stai facendo?-
Non pensavo ti saresti svegliata, non sapevo cosa fare. Poi mi venne un'idea.
-Che ne dici se stasera sarai mia per sempre?-
-Io... Non lo so...-
Non diedi retta alle tue parole. Ciò che mi interessava era soltanto il tuo corpo. L'idea che tu fossi solo un giocattolo aveva ripreso prepotentemente posto nella mia mente. Ignorando i tuoi lamenti e le tue proteste continuai a spogliarti e alla fine ti arrendesti alle mie carezze. Pensavi fossi un ingenuo? Sapevo sarebbe finita così. Anche tu, un pesciolino in un oceano immenso, sei caduta nella rete del pescatore...
Da quel giorno il nostro rapporto cominciò a cambiare: pian piano stavi diventando quasi la mia schiava, facevi tutto ciò che volevo senza lamentarti, anzi, sembravi felice di servirmi. All'inizio forse non ti rendevi conto di quello che stavi facendo, dove ciò ti avrebbe portato. Una volta che sei caduta nelle mie grinfie non ne sei più uscita. Non hai mai provato a ribellarti: eri debole...
Ogni sera, dopo aver mangiato, ti rifugiavi tra le mie braccia e mi raccontavi tutto. Io in genere non ti ascoltavo ma facevo finta di interessarmi ai tuoi problemi, alle tue preoccupazioni poi quando volevi essere confortata ti baciavo e tu eri felice. Ti mostravo la mia faccia "buona", la maschera dietro a cui nascondevo le mie vere intenzioni, i miei veri pensieri. Sapevo cosa piaceva sentirsi dire alle ragazze, come farle felici con una parola azzeccata, un complimento, una qualsiasi cosa che riuscisse a cambiare il loro umore.
Pian piano sentivo un bisogno sempre maggiore non di te ma del tuo corpo. Sei stata l'unica che mi faceva provare sensazioni diverse forse anche più forti. Non so se ti piacesse, non so se volevi continuare ma non mi hai detto mai nulla e io ho sempre considerato il suo silenzio come una risposta affermativa, un invito a continuare i miei gesti non troppo consoni per due fratelli. Lo capii troppo tardi, il male che ti stavo facendo: ti forzavo a fare cose che non volevi, invece che essere solare e sorridente eri triste e ogni volta mi guardavi con occhi pieni d'odio, come se fossi un mostro, non il tuo fratello o dovrei di amante?
Poi, il martedì di tre settimane fa, litigammo. Mi dicesti che non ne volevi più sapere della nostra storia, di me, del male che ti facevo. Era scattata una molla nella tua mente, facendoti riavere da quella storia che chiamavi "paradiso".
Rimasi stupido della tua reazione, non pensavo potessi arrivare a tanto. Quando non riuscii a continuare a sopportare la tua scenata ti presi i polsi e te li bloccai sopra la testa stringendo parecchio forte. Un lamento uscì dalla tua bocca mentre un ghigno mi tagliava il volto. Ti bloccai contro la parete, non mi interessavano più i tuoi sentimenti: eri una bambola, non potevi ribellarti al tuo padrone. Quando finii di divertirmi con te, per tutto il tempo ignorai i tuoi lamenti, le tue grida, le tue preghiere e finalmente ti lasciai, ti accasciasti a terra, piangendo. Non ti avevo mai visto piangere e quelle lacrime mi toccavano il cuore. Cosa mi stava succedendo? Provavo pietà di te? Ti alzai e ti abbracciai ma tu mi ricambiasti con uno schiaffo. Mi fece male.
-Me ne vado! Non voglio più vederti, mostro!-
Uscisti di casa, lasciandomi lì come un idiota. Quando mi resi conto di ciò che avevo fatto, di ciò che mi avevi detto ti corsi dietro. Non l'avessi mai fatto.
-Rin! Rin! Riiiiin! Aspetta!-
Ignoravi i miei richiami, non ti voltasti e continuasti per la tua strada.
Forse per il rumore, forse per gli occhi annebbiati dalle lacrime, forse per il buoi, non vedesti la macchina nera che stava arrivando a gran velocità. Fu una frazione di secondo: ti prese in pieno e cadesti a terra in un lago di sangue. Corsi verso di te, pregando che fossi ancora viva.
-Rin! Ti prego! Dì qualcosa!-
-L...Len...vattene mostro!-
-Rin non dirmi così, ti prego!-
Non dicesti più nulla, appoggiasti la testa sulla mia spalla e intorno a noi ci fu silenzio.
La corsa all'ospedale fu inutile: eri in coma, forse non ti saresti mai risvegliata,  stavi morendo. Passai tre settimane di angoscia, accanto al tuo letto, pregando che tu aprissi gli occhi e mi dicesti qualcosa. Ho continuato a sperare fino a stamattina finché i medici non mi hanno detto che non c'era nulla da fare. Eri morta. Morta per colpa mia. Mi sentivo il responsabile, il colpevole della tua morte, il tuo assassino. L'ultima cosa che mi avevi detto è stata una delle più terribili.
Dopo essere corso fuori dell'ospedale sono venuto in spiaggia. Ho passato tutto il giorno a osservare il mare, ora è giunto il momento di tornare a casa. È buio, il sole è già tramontato. Arrivo a casa: senza te è vuota, fredda, buia. Mi manchi Rin. Senza pensarci due volte salgo in camera dei nostri genitori, dove dormivamo negli ultimi tempi. Tempo fa trovai una pistola, credo sia stata di papà; ora è giunto il momento di farla suonare un'ultima volta. Non mi interessa morire, la morte non mi fa paura: voglio solo rivederti. La carico e la punto alla testa. È fredda. Si tratta di fare solo un ultimo, estremo passo.                                           Si tratta di continuare a seguire il filo rosso che ci ha unito, ci unisce e ci unirà per sempre…

Rin...
Sto venendo da te,
Ti prego aspettami.
Ti prego perdonami.
 
Len...
Arriva presto,
Ti sto aspettando.
Ti amo Len.

 
Post Scriptum
Salve a tutti!
So che devo finire l’altra RinxLen ma al momento ho qualche problemino con il capitolo 14…^^”. Questa fanfic è nata durante un’ora di matematica: mi sono persa in mezzo ai numeri e la mia mente ha cominciato a vagare ripensando alle varie canzoni di Len e alla fine è nata questa sottospecie di mix tra Spice!, Orange, Servant of evil e Regret Message (di queste ultime due ci sono riferimenti all’inizio, mentre orange è citata quando tornano a casa al tramonto, Spice! Beh…durante tutta la “follia” di  Len…). Anche in questa, come nella KaitoxGakupo, il titolo della storia è l’ultima frase.
Spero vi piaccia!
   
 
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