Serie TV > Agents of S.H.I.E.L.D.
Ricorda la storia  |      
Autore: Lisbeth17    11/04/2014    2 recensioni
Il giorno più brutto dell'anno per l'agente Melinda May, potrebbe nascondere nuove sorprese, tristi ricordi, atroci confronti.
May/Coulson post 1x09
Dal testo:
E la diga si rompe, gli argini cedono, e tutto tutto viene travolto dalle sue lacrime, ferme li da troppo tempo
Genere: Malinconico, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Melinda May, Phil Coulson, Skye, Un po' tutti
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Spoiler!
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
AoS

Bahrein

È una giornata come tutte le altre, o almeno può esserlo per tutti, ma non per lei, non per Melinda, che si è chiusa in cabina di pilotaggio e non vuole vedere nessuno.

Sperando davvero che la giornata passi indenne, che nessun caso arrivi all’improvviso, che nessuno, assolutamente nessuno provi anche solo a tirarla fuori da quell’angoloin cui si è rintanata, che è tutto suo, solo suo.

Non vuole pensare, non vuole parlare, non vuole lottare, non quel giorno, soprattutto quel giorno.

Vuole solo aspettare che passi.

Ward ha provato ad andarla a trovare in cabina di pilotaggio e lei non gli ha nemmeno risposto, non vuole nessuno, nemmeno lui, tantomeno lui, sa che ha sbagliato ad andare a letto con lui, ma è stato solo sesso, solo per sfogare la rabbia che quel dannato bastone aveva reso ancor più feroce… è stato solo per non sentirsi sola, non quella notte, per poter immaginare di essere con chi davvero voleva… ha seguito un istinto, un basso istinto, per mettere a tacere per qualche ora quel vuoto talmente assordante che sente sempre dentro, e che è da tempo la sua unica compagnia.

Probabilmente andare a letto con Ward non è stata una scelta saggia, soprattutto perché  detesta tenere segreto qualcosa a Phil, e già di segreti ne ha troppi con lui, che forse questo poteva risparmiarselo, ma la solitudine a volte le pesa troppo, e diversivi come l’agente Grant Ward sono ben graditi; anche se questo non cambia i rapporti tra loro, sono colleghi, membri della stessa squadra, che ogni tanto si divertono con un po’ di ginnastica da camera.

 

- May!

La voce di Coulson le arriva amplificata nella cabina di pilotaggio e lei non vorrebbe davvero rispondere.

- May!

La chiama di nuovo lui, e dopo un impercettibile sospiro, che lui di certo non può aver sentito, lei è pronta a rispondere.

- Si?! – dice lei con voce attenta e obbediente.

Questi sono alcuni dei suoi compiti, essere sempre all’erta, sempre pronta a intervenire, sempre attenta che la situazione non sfugga di mano a lei o alla squadra, e poi obbediente, perché lo S.H.I.E.L.D. vuole e pretende la massima obbedienza.

- Dobbiamo atterrare, ti ho inviato la rotta. – le dice lui, secco e asciutto, come non lo sentiva da tempo.

- Una nuova missione? – chiede lei da bravo agente operativo di settimo livello.

- No, un giorno di libertà per la squadra, mentre te ed io andiamo a verificare alcune fonti. – le chiarisce subito lui.

- Per Skye?

- Esatto.

- Atterriamo fra 30 minuti. – risponde asciutta, dopo aver verificato la rotta.

- Avviso gli altri.

 

Non c’è pace per lei, neppure quel giorno, proprio quel giorno. Eppure non pensava che lui, proprio lui l’avrebbe coinvolta in qualcosa.

Una cosa era vera, ed era sopra ogni altra cosa, lei si fidava di lui, l’agente Phil Coulson le era sempre piaciuto, sempre, fin da quando aveva iniziato, le piaceva prima quando ancora lei … era … diversa. E da quando era morto, dopo la battaglia di New York, lei lo aveva visto cambiato, diverso, più umano, e sperava proprio che in virtù di questa sua nuova umanità, oggi l’avrebbe lasciata in pace. Se non con una missione, almeno con la questione di Skye.

Evidentemente non è questo il giorno.*

Tira un sospiro più lungo e rumoroso del precedente, mentre prepara la rotta per l’atterraggio.

 

- Perché oggi siamo liberi? – chiede Skye piacevolmente colpita dalla novità.

- Non siamo liberi Skye! – la riprende nuovamente l’agente Ward, segno che non è la prima volta che affrontano quella discussione.

- Giusto, prove sul campo, a Dubai, tutti insieme! – ripete lei meccanicamente.

- No, non tutti, May ed io abbiamo altro da fare! – dice Coulson dando poi le spalle a tutti loro e tornando nel suo ufficio.

Fitz, Simmons e Skye si guardano e scrollano le spalle per quello strano comportamento; mentre l’agente Ward ancora non capisce perché l’annoso compito di fare il baby sitter è toccato solo a lui. E dopo uno sguardo di fuoco lanciato ai più giovani agenti, gli fa cenno di salire sulla navetta.

 

Metto gli occhiali da sole, così capisce subito che non è aria!

Pensa May indossando i suoi Ray-Ban, prima di bussare all’ufficio di Coulson.

- Avanti – le risponde lui che sta controllando che la pistola sia carica, stiamo pur sempre parlando della Cavalleria, pensa scrollando le spalle.

- Signore, se vuole possiamo andare. – dice lei dopo aver aperto la porta.

- Entra Melinda, - le dice indicandole una delle sedie, mentre lei s’irrigidisce immediatamente, visto che lui ha utilizzato il suo nome di battesimo, cosa che fa molto raramente.

- Forse faremmo meglio ad andare, non credo che Ward resisterà a lungo senza voler uccidere qualcuno dei ragazzi. – ribatte lei, evitando di sedersi.

- Questo è probabile, - afferma lui annuendo con la testa e poi scrollando le spalle – se io ho resisto a non sparare a quel presuntuoso di Tony Stark in tutti questi anni, credo che l’agente Ward potrà sopravvivere a questa giornata.

Mentre loro stanno conversando, però Melinda si rende conto che l’aereo sta di nuovo decollando.

- Dove stiamo andando? –chiede un po’ più allarmata di quanto vuole risultare.

- Dove tu dovresti essere oggi, Melinda! – le risponde lui, e prima che lei possa ribattere in qualsiasi modo, il buio la avvolge.

 

- Mi dispiace Melinda, - dice Coulson mentre la solleva dal pavimento e la adagia sul suo letto, - te l’avevo detto di sederti. - Andrà tutto bene. - aggiunge ancora lui, anche se lei non può sentirlo, mentre le scosta una ciocca di capelli che le è ricaduta sul viso.

 

Quando Melinda comincia a tornare in sé, la prima cosa che sente è un odore, un profumo che conosce fin troppo bene, acqua di colonia, ma è troppo intenso … perché? Si chiede spalancando gli occhi e mettendosi velocemente a sedere.

Si guarda intorno e si ritrova indubbiamente nell’ufficio del SUO superiore, sdraiata nel SUO letto, leggermente coperta con il SUO lenzuolo, con la testa appoggiata sul SUO cuscino… ecco perché l’odore della SUA colonia le era parso così forte, come se fosse stata stretta tra le sue braccia.

- Impossibile! – dice alzandosi di scatto, e non curandosi del mal di testa, maledetta pistola della buonanotte, pensa, era davvero forte!

Si guarda intorno per notare un biglietto.

Perdona i miei modi, ti aspetto di fuori.

P. C.

Tutto questo non le piace per niente.

Perché l’ha addormentata? Perché semplicemente non le ha detto dove stavano andando?

All’improvviso ricorda l’ultima cosa che lui le ha detto...

- Dove tu dovresti essere oggi, Melinda!

- Oh no! – dice ancora ad alta voce.

- Phil adesso sei nei guai!! – aggiunge prendendo velocemente la porta.

 

Si sarà quasi svegliata, pensa l’agente Coulson, e tu sei disarmato, aggiunge la sua coscienza, ma non fa in tempo a pensare ad altro che una furia lo ha steso, e gli tiene una mano sul collo, e un ginocchio sullo sterno.

- Perché? – gli chiede lei quasi ringhiando, mentre lui si sta ancora stupendo di non averla sentita arrivare.

Sto davvero invecchiando! Pensa un po’ rammaricato.

- Perché non avresti mai accettato di partecipare. – le risponde lui, perfettamente consapevole, o quasi, che lei non gli avrebbe fatto dal male, anche se probabilmente avrebbe tanto, tanto voluto farlo.

- Phil così non funziona, non va bene. – gli dice lei facendo un po’ più di pressione con il ginocchio.

- Ora mi dai del tu? – le chiede lui con un sorriso strafottente – avrei dovuto farlo molto prima allora. – aggiunge sentendo che lei sta allentando la spesa.

- Non avevi la pistola della buonanotte. – gli dice lei con un sorriso altrettanto beffardo, e liberandolo definitivamente dalla sua presa.

- Avrei trovato qualcosa.

- Presuntuoso! – gli risponde tirandolo su, e non riuscendo a fermarsi dal sistemargli il collo della giacca, e la cravatta un po’ in disordine dopo il suo atterraggio.

Gesto molto, troppo intimo, che imbarazza entrambi, sia per la naturalezza con la quale è stato fatto, sia  per il piacere con cui è stato accolto.

 

- Io… io non voglio partecipare. – riprende lei indecisa sul da farsi.

- Vorrebbero vederti Melinda, vorrebbero ringraziarti, sono anni che chiedono di te, e sono anni che non gli rispondiamo, adesso basta – le dice prendendola per il braccio e costringendola a voltarsi.

- Devi vederli, devi renderti conto del perché hai fatto quello che hai fatto.

- Io… ho fatto quello che andava fatto. – risponde lei senza voler incorciare il suo sguardo.

- Basta con questa storia. Tu sei morta quel giorno!

E quando lei lo guarda basita, lui comincia a trascinarla per il braccio verso una macchina scura, come se trascinare per un braccio una Melinda May inerme fosse la cosa più naturale del mondo.

- Tu ti porti dietro solo il peso di quello che è successo, hai salvato delle vite, hai fatto il tuo dovere, hai fatto molto di più di quello che avresti dovuto effettivamente fare, ma l’hai fatto per una ragione, e devi confrontarti con queste ragioni.

- No… Phil… io…

- Melinda! – le dice lui fermandosi e voltandosi per guardarla negli occhi. – E’ ora di andare avanti.

E mentre una lacrima lenta scappa dal suo controllo, lei annuisce abbasando la testa e lo segue verso la macchina, senza però scrollarsi di dosso la mano che ancora la sta tirando, seppur ora molto più delicatamente.

 

Una volta in macchina lui le passa un velo e si toglie la cravatta prima di mettere in moto, mentre lei lo guarda un po’ confusa.

- Non siamo qui in via ufficiale. – le risponde lui regalandole un sorriso che Melinda reputa dolcissimo, e che ha il potere di farla arrossire.

 

 

La cerimonia è stata molto toccante, Melinda è rimasta in fondo e Phil non l’ha lasciata sola nemmeno un attimo, le ha fatto un certo effetto rivedere quelle persone così… vive… normali… commosse certo, com’è giusto che la gente sia commossa durante una commemorazione, ma sono vivi, la maggior parte di loro, vicini ai loro affetti, e… e sono  andati avanti.

Loro.

Lei ancora no.

Voltarsi a guardare il suo accompagnatore per lei è stato un gesto naturale, ma non è stata capace di nascondere lo stupore nel notare che lui la sta guardando con un sorriso appena accennato, ma incredibilmente dolce.

- Grazie per avermi portata qui! - gli dice lei accostandosi al suo orecchio. 

Lui le sorride soltanto, facendo un lieve cenno con il capo, come se volesse dirle a vostro servizio mia signora, e Melinda si sente avvampare, e adesso più che mai rimpiange la debolezza avuta con Ward, è un altro segreto che proprio in quel momento non vorrebbe avere!

Quando la cerimonia è terminata, lui molto discretamente la prende per mano e la scorta in un angolo più riparato dove alcune persone li stanno aspettando, May non fa in tempo a stupirsi per quel gesto così intimo, che riconosce i volti delle persone che li stanno aspettando.

Ricorda quella ragazza, i suoi occhi erano pieni di terrore allora, quando l'uomo che doveva essere suo padre le puntava una pistola alla testa, ora i suoi occhi raccontavano un’altra storia, c'era gioia e gratitudine, ma soprattutto c'era vita, come quella del bambino che teneva in braccio; poi c'era l'anziano signore che lei ricordava sconvolto accanto al corpo senza vita del figlio adolescente, figlio amato e armato da quel dannato santone.

 

Li riconosce tutti, li saluta tutti, li ascolta tutti, e quando vanno via da li, si sente completamente sconvolta; divisa tra ciò che è giusto, ciò che è stato fatto, la vita che va avanti e non si ferma davanti a nulla e il sangue che ancora vede sulle sue mani.

 

Non si rende nemmeno conto che Phil si è fermato poco vicino alla macchina e la sta fissando concentrato.

- Scusami, possiamo andare. – dice lei incrociando il suo sguardo solo per un attimo.

- No, non ora. – insiste lui prendendole le mani – non c’è bisogno che tu ti tenga tutto dentro, ne puoi parlare, ne puoi parlare con me. – dice stringendole ancor di più le mani, scandendo bene ogni parola, e inchiodandola con il suo sguardo.

- Io… non sono debole. – risponde lei chinando il capo, incapace di sostenere il suo sguardo e consapevole di stare per perdere il controllo.

- Questa non è debolezza, Melinda. – le dice lui prendendole il mento e alzandole il viso.

E la diga si rompe, gli argini cedono, e tutto tutto viene travolto dalle sue lacrime, ferme li da troppo tempo, si accoscia a terra, e Phil le è subito accanto, seduto per terra, con la schiena appoggiata alla macchina e lei, Melinda May, in lacrime tra le braccia.

 

Dopo un tempo che a Melinda appare come infinito, riesce a riprendere il controllo di sé stessa, di nuovo riportata indietro dal forte odore della sua acqua colonia, solo che questa volta è davvero tra le braccia dell’agente Phil Coulson.

- Mi dispiace. – dice piano cercando di non alzare il viso, per non incrociare il suo sguardo, e nascondere così un po’ meglio l’imbarazzo.

- Non dirlo nemmeno, avresti dovuto farlo tanto tempo fa. – le risponde lui cercando di rialzarsi, e tendendole una mano.

- Andiamo a riprendere i ragazzi. – dice allora lei salendo in macchina, volendo cambiare discorso.

- O no, non oggi, ci andiamo a cambiare e andiamo a mangiare qualcosa. – le risponde lui mettendo in moto.

- Ma… scusa… e gli altri? – chiede lei in dubbio tra la possibilità di essere felice all’idea di poter passare altro tempo da sola con lui, e l’imbarazzo per la situazione appena vissuta.

- E gli altri resteranno a Dubai, li avevo avvisati.  

- Davvero?

- No, in effetti l’ho comunicato solamente a Simmons che si è fatta da portavoce con gli altri.

Il sorriso sul volto di May è più che sufficiente per lui, come a lei basta il complice ammiccamento di lui.

 

 

- Perché il bus non è più qui? – chiede Fitz guardandosi intorno, mentre Ward comincia ad allarmarsi e Skye è pronta ad aprire il suo portatile.

- Io, in effetti, lo sapevo… cioè… il capo vuole che restiamo qui oggi. – dice Simmons timidamente.

- Perché tu? – le chiede con tono accusatorio Ward.

- Perché Fitz non si sarebbe trattenuto dal dirlo a tutti, Skye avrebbe saltellato per tutto il tempo consapevole che avrebbe dormito in un letto, e tu non avresti apprezzato l’idea di farci da baby sitter da solo; io non so mentire, è vero, ma so omettere abbastanza bene. – dice lei con un lieve sorriso soddisfatto.

- Perché ci hanno lasciato qui però? – chiede ancora Fitz.

- Io… - comincia a parlare Skye – credo che sia qualcosa che riguarda May.

- Che significa? – le chiede Ward con un tono che non ammette repliche.

- Potrei aver fatto delle ricerche e … quella storia del Bahrein, cioè la storia sulla Cavalleria, oggi è… oggi il giorno.

 

 

- Carino questo posto. – dice May guardandosi intorno.

E tu stai benissimo anche senza quella tuta.

Pensa Coulson senza però aprire bocca.

- Anche se avremmo potuto mangiare sul jet, davvero.

- No, questo no, questa sera niente S.H.I.E.L.D..

- Grazie Phil, io… ne avevo bisogno ma non… ero in grado…

- Non potevi farlo da sola, Melinda, è solo questo.

-Grazie comunque.

- Non ringraziarmi, avrei potuto farlo prima, davvero. Cambiamo argomento, non parliamone più.

E Melinda voleva davvero ringraziarlo, e decide di farlo dicendogli la verità, o almeno con quella parte di verità che può dirgli.

- Sono stata a letto con Ward, a Dublino. – dice velocemente affrettandosi poi a bere un sorso di vino, non erano in servizio, lui l’aveva più volte sottolineato, e avevano ordinato una deliziosa bottiglia di vino francese.

- Lo sapevo. – le risponde lui dopo che il vino gli era quasi andato di traverso. – Me ne sono accorto, grazie per avermi reso partecipe, sai che una relazione non sarebbe ben vista quindi ti chiedo di …

- Non abbiamo una relazione, è stato solo sesso.

E questa volta il vino gli va davvero di traverso al povero Phil che comincia a tossire, costringendo May ad alzarsi per aiutarlo.

- Stai bene? – gli chiede passandogli una mano sulla schiena.

- Sì, grazie. – le dice lui tornando a guardarla, ora che è così vicino non può continuare a far finta di non vedere la sua bellezza – sei sempre molto diretta e questo a volte è un po’ destabilizzante.

- Non sono sempre così diretta.

- Lo sei con certi argomenti. – continua lui non volendo mollare il punto e volendo capire perché lei è finita a letto con Ward, ricordando l’amarezza provata quando si era reso conto della cosa – posso chiederti perché? Com’è successo?

Melinda esita un momento, non capendo bene il senso di quella domanda, ma cercando di concentrarsi solo sul fatto che il suo capo le sta chiedendo spiegazioni e non pensando al fatto che ne sta effettivamente parlando con un uomo che le piace molto, si prende un momento per cercare di formulare una risposta decente.

- Quell’arnese, il Bastone del Berseker, è un arma potente e devastante; tu stesso ti sei reso conto di quanto abbia scosso Ward esserci venuto a contatto, e solo con uno dei tre pezzi… io ho maneggiato l’intero bastone ed è stato forte… seppur io viva quotidianamente a contatto con la rabbia che il Bahrein mi ha lasciato dentro, ho accusato il colpo. Quella notte volevo bere, e non pensare. Quando stavo rientrando in stanza con la mia bottiglia di Whisky ho visto Grant rientrare nella sua, e ho pensato che forse due solitudini, due persone così arrabbiate, avrebbero potuto insieme tirarsi su il morale.

Phil non aveva smesso di ascoltarla nemmeno per un secondo, anche lui era stato tentato dal potere del bastone, ma avrebbe sopportato il peso di quel potere?

- Puoi parlare con me, lo sai.

- Non avevo bisogno di parlare Phil, o di ricordare, ma smettere di pensare, di sentire... quella rabbia – dice lei stringendo il pugno fino a farsi diventare bianche le nocche, e lui in quel momento le accarezza il dorso della mano, invitandola a rilassarsi, e stringendole poi la mano aperta.

Si guardano per qualche secondo senza dire niente, solo godendosi quel momento, o almeno lo fanno fino a quando non arriva il cameriere a portar loro la cena.

 

Nessuno di loro due è stato in grado di ritrovare quella complicità e intimità appena condivisa, troppo imbarazzata per poterlo credere lei, e troppo concentrato lui nel pensarla a letto con Ward, che qualsiasi discorso potenzialmente difficile è stato accontonato.

 

Sono entrambi brilli quando lasciano il ristorante, non realmente ubriachi, solo piacevolmente leggeri.

- Questa sera stai benissimo. – le dice lui avvicinandosi a lei di un passo scendendo dalla macchina che li ha riportati sul jet.

- Anche tu stai bene in borghese… - risponde lei con un sorriso divertito, avvicinandosi a lui - non sapevo poi che portassi gli occhiali. – aggiunge togliendoglieli dal viso.

- Grazie, davvero, ora ridammi gli occhiali per favore…

- O dai, non ci credo che sei così cieco.

- In effetti è più un fatto di abitudine – dice lui avvicinandosi di più a lei, costringendola con le spalle alla macchina mentre finalmente si riprende i suoi occhiali.

E quando può mettere di nuovo a fuoco, e la vede così serena, e rilassata e sorridente, il pensiero di Ward gli attraversa il cervello accendendolo; costringendola letteralmente con il suo corpo contro la macchina, incrocia il suo sguardo e le fa una sola domanda.

- Perché non sei venuta da me quella notte?

- Te l’ho già detto, non sono andata da lui, ci siamo… trovati.

- Ti ho chiesto perché non sei venuta da me?

- E perché non da Fitz?! – risponde lei cercando di evitare il suo sguardo.

- Melinda, non ti sto chiedendo questo. – le dice lui incalzandola sempre di più, voleva una risposta, esigeva una risposta, certamente il vino lo stava rendendo molto più audace nel pretenderla.

- Phil non sarebbe stata la stessa cosa.

- Certo, non sono Ward, sono più vecchio, e sono quasi morto solo qualche tempo fa ma…

- Stai zitto. – dice lei bloccando il suo sproloquio – non è questo, non capisci? Davvero non lo capisci?

- No! Sinceramente no!

- Idiota! – ribadisce lei a mezza bocca.

- Come scusa?

- Non sarebbe stata la stessa cosa… per me! – chiarisce lei guardandolo negli occhi e arrossendo inevitabilmente. Certo lei poteva essere una persona molto diretta e franca, a volte brutale certamente, ricorda bene quando Skye l’ha definita Tenerezza o era Calore umano lei, ma adesso non ha la minima importanza, di certo non avrebbe aggiunto altro.

Phil la guarda un po’ confuso, e poi lo vede, il rossore sulle guance, quel per me appena sussurrato, ed è certo di non averla mai vista più bella di così, le posa una mano sul collo, accarezzandole il viso con il pollice.

- Sciocca! – le sussurra a pochi centimetri dalla bocca prima di posare le sue labbra su quelle di lei, che già era andata in confusione per quella carezza, e ora non ci capiva più niente.

Ma può davvero lasciarsi sfuggire un’occasione simile?

Al diavolo no!

Pensa prima di afferarlo per il bavero della giacca e approfondendo quel contatto, che diciamocelo molto onestamente, desiderava da quando era solo una recluta.

Sono completamente persi nella dolcezza di quel contatto, così tanto atteso da entrambi che quasi a fatica si separano per riprendere fiato.

Phil poggia la fronte sulla sua, e non smette di accarezzarle il viso.

- Volevo farlo da un po’…

- Che cosa significa?

- Significa che ci tengo molto a te, Melinda! – le dice posandole un bacio sulle labbra.

- Anche io, Phil! – risponde lei allacciandogli le braccia dietro il collo e approfondendo di nuovo quel contatto.

 

 

Quando il giorno dopo i ragazzi a Dubai vengono recuperati nulla sembra cambiato, May è sempre in cabina di pilotaggio e Coulson non sembra più strano del solito.

Skye però si guarda intorno parecchio sospettosa, c’è qualcosa nell’aria che non le torna, e quando vede passare May nota qualcosa di molto interessante, la segue in cabina di pilotaggio, e le chiede il permesso di entrare.

- Certo. – le risponde lei – sai quali sono le regole, però.

- Niente chiacchiere inutili, lo so. – dice Skye prendendo posto accanto a lei.

- Una cosa però te la devo chiedere, con lui, è una cosa seria?

- Di cosa stai parlando?

- A. C. non è Ward, o no?

- Non sono sicura di capire di cosa stai parlando.

- O lo sai di che parlo, i brillantini sui tuoi occhi sono sul suo collo, ora a me non importa nulla delle regole, e sono sicura che lo S.H.I.E.L.D. abbia mille regole in merito, ma lui… lui mi ha dato una casa, una famiglia, uno scopo, e fiducia… - guardando il braccialetto al polso fa una mezza smorfia – beh mi ha dato anche una seconda possibilità, che è molto più di quello che chiunque abbia mai fatto per me in questi anni. Io… ci tengo molto a lui!

- Anch’io, e credimi non è la stessa cosa, te lo assicuro, vorrei aggiungere che mi dispiace per Dublino.

- No, ma di che parli?!… - le risponde Skye mettendosi sulla difensiva – va bene, io torno di sotto, ci siamo dette tutto direi.

- O direi proprio di sì! – le ripete May sorridente, prima di fare una telefonata.

 

- Si? – risponde una voce al telefono.

- Phil cambiati la camicia. – dice solo lei prima di attaccare di nuovo, con un sorriso brillante sul viso.

 

 

 

* Qualcuno potrebbe trovare qualche assonanza con il discorso di Aragorn ne Il Signore degli anelli – Il ritorno del re… beh, è vero, volevo completamente ribaltare il discorso del re con i pensieri di May.

N.d.A.

Questa OS viene fuori dalla visione della puntata 1x09 in italiano (FOX) e dalle visione della 1x17 (ABC), devo dire la verità questa coppia mi è sempre piaciuta, e avevo di scrivere qualcosa su di loro. Non vi assicuro nulla però, potrei tornare a scrivere di loro…

Sperando di avervi tenuto compagnia in maniera piacevole, vi ringrazio se siete arrivati a leggere fin qui.

Alla prossima

Lisbeth

   
 
Leggi le 2 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Agents of S.H.I.E.L.D. / Vai alla pagina dell'autore: Lisbeth17