È una giornata come
tutte le altre, o almeno può
esserlo per tutti, ma non per lei, non per Melinda, che si è
chiusa in cabina
di pilotaggio e non vuole vedere nessuno.
Sperando davvero che la
giornata passi indenne,
che nessun caso arrivi all’improvviso, che nessuno, assolutamente
nessuno provi
anche solo a tirarla fuori da quell’angoloin cui si è
rintanata, che è tutto suo,
solo suo.
Non vuole pensare, non
vuole parlare, non vuole
lottare, non quel giorno, soprattutto quel giorno.
Vuole solo aspettare che
passi.
Ward ha provato ad andarla
a trovare in cabina di
pilotaggio e lei non gli ha nemmeno risposto, non vuole nessuno,
nemmeno lui,
tantomeno lui, sa che ha sbagliato ad andare a letto con lui, ma
è stato solo sesso,
solo per sfogare la rabbia che quel dannato bastone aveva reso ancor
più feroce…
è stato solo per non sentirsi sola, non quella notte, per poter
immaginare di
essere con chi davvero voleva… ha seguito un istinto, un basso
istinto, per
mettere a tacere per qualche ora quel vuoto talmente assordante che
sente
sempre dentro, e che è da tempo la sua unica compagnia.
Probabilmente andare a
letto con Ward non è stata
una scelta saggia, soprattutto perché detesta
tenere segreto qualcosa a Phil, e già di segreti ne ha troppi
con lui, che
forse questo poteva risparmiarselo, ma la solitudine a volte le pesa
troppo, e
diversivi come l’agente Grant Ward sono ben graditi; anche se
questo non cambia
i rapporti tra loro, sono colleghi, membri della stessa squadra, che
ogni tanto
si divertono con un po’ di ginnastica da camera.
- May!
La voce di Coulson le
arriva amplificata nella
cabina di pilotaggio e lei non vorrebbe davvero rispondere.
- May!
La chiama di nuovo lui, e
dopo un impercettibile
sospiro, che lui di certo non può aver sentito, lei è
pronta a rispondere.
- Si?! – dice lei
con voce attenta e obbediente.
Questi sono alcuni dei
suoi compiti, essere sempre
all’erta, sempre pronta a intervenire, sempre attenta che la
situazione non
sfugga di mano a lei o alla squadra, e poi obbediente, perché lo
S.H.I.E.L.D.
vuole e pretende la massima obbedienza.
- Dobbiamo atterrare, ti
ho inviato la rotta. – le
dice lui, secco e asciutto, come non lo sentiva da tempo.
- Una nuova missione?
– chiede lei da bravo agente
operativo di settimo livello.
- No, un giorno di
libertà per la squadra, mentre
te ed io andiamo a verificare alcune fonti. – le chiarisce subito
lui.
- Per Skye?
- Esatto.
- Atterriamo fra 30
minuti. – risponde asciutta,
dopo aver verificato la rotta.
- Avviso gli altri.
Non c’è pace
per lei, neppure quel giorno, proprio
quel giorno. Eppure non pensava che lui, proprio lui l’avrebbe
coinvolta in qualcosa.
Una cosa era vera, ed era
sopra ogni altra cosa,
lei si fidava di lui, l’agente Phil Coulson le era sempre
piaciuto, sempre, fin
da quando aveva iniziato, le piaceva prima quando ancora lei …
era … diversa. E
da quando era morto, dopo la battaglia di New York, lei lo aveva visto
cambiato, diverso, più umano, e sperava proprio che in
virtù di questa sua
nuova umanità, oggi l’avrebbe lasciata in pace. Se non con
una missione, almeno
con la questione di Skye.
Evidentemente non è
questo il giorno.*
Tira un sospiro più
lungo e rumoroso del
precedente, mentre prepara la rotta per l’atterraggio.
- Perché oggi siamo
liberi? – chiede Skye piacevolmente
colpita dalla novità.
- Non siamo liberi Skye!
– la riprende nuovamente
l’agente Ward, segno che non è la prima volta che
affrontano quella
discussione.
- Giusto, prove sul campo,
a Dubai, tutti insieme!
– ripete lei meccanicamente.
- No, non tutti, May ed io
abbiamo altro da fare!
– dice Coulson dando poi le spalle a tutti loro e tornando nel
suo ufficio.
Fitz, Simmons e Skye si
guardano e scrollano le
spalle per quello strano comportamento; mentre l’agente Ward
ancora non capisce
perché l’annoso compito di fare il baby sitter è
toccato solo a lui. E dopo uno
sguardo di fuoco lanciato ai più giovani agenti, gli fa cenno di
salire sulla
navetta.
Metto
gli occhiali da sole, così capisce subito che non è aria!
Pensa May indossando i
suoi Ray-Ban, prima di
bussare all’ufficio di Coulson.
- Avanti – le
risponde lui che sta controllando
che la pistola sia carica, stiamo pur
sempre parlando della Cavalleria, pensa scrollando le spalle.
- Signore, se vuole
possiamo andare. – dice lei
dopo aver aperto la porta.
- Entra Melinda, - le dice
indicandole una delle
sedie, mentre lei s’irrigidisce immediatamente, visto che lui ha
utilizzato il
suo nome di battesimo, cosa che fa molto raramente.
- Forse faremmo meglio ad
andare, non credo che
Ward resisterà a lungo senza voler uccidere qualcuno dei
ragazzi. – ribatte
lei, evitando di sedersi.
- Questo è
probabile, - afferma lui annuendo con
la testa e poi scrollando le spalle – se io ho resisto a non
sparare a quel
presuntuoso di Tony Stark in tutti questi anni, credo che
l’agente Ward potrà
sopravvivere a questa giornata.
Mentre loro stanno
conversando, però Melinda si
rende conto che l’aereo sta di nuovo decollando.
- Dove stiamo andando?
–chiede un po’ più
allarmata di quanto vuole risultare.
- Dove tu dovresti essere
oggi, Melinda! – le
risponde lui, e prima che lei possa ribattere in qualsiasi modo, il
buio la
avvolge.
- Mi dispiace Melinda, -
dice Coulson mentre la
solleva dal pavimento e la adagia sul suo letto, - te l’avevo
detto di sederti.
- Andrà tutto bene. - aggiunge ancora lui, anche se lei non
può sentirlo,
mentre le scosta una ciocca di capelli che le è ricaduta sul
viso.
Quando Melinda comincia a
tornare in sé, la prima
cosa che sente è un odore, un profumo che conosce fin troppo
bene, acqua di colonia,
ma è troppo intenso … perché? Si chiede
spalancando gli occhi e mettendosi
velocemente a sedere.
Si guarda intorno e si
ritrova indubbiamente
nell’ufficio del SUO superiore, sdraiata nel SUO letto,
leggermente coperta con
il SUO lenzuolo, con la testa appoggiata sul SUO cuscino… ecco
perché l’odore
della SUA colonia le era parso così forte, come se fosse stata
stretta tra le
sue braccia.
- Impossibile! –
dice alzandosi di scatto, e non
curandosi del mal di testa, maledetta
pistola della buonanotte, pensa, era davvero forte!
Si guarda intorno per
notare un biglietto.
Perdona
i miei
modi, ti aspetto di fuori.
P. C.
Tutto questo non le piace
per niente.
Perché l’ha
addormentata? Perché semplicemente non
le ha detto dove stavano andando?
All’improvviso
ricorda l’ultima cosa che lui le ha
detto...
-
Dove tu dovresti essere oggi, Melinda!
- Oh no! – dice
ancora ad alta voce.
- Phil adesso sei nei
guai!! – aggiunge prendendo
velocemente la porta.
Si
sarà quasi svegliata, pensa l’agente
Coulson, e tu sei disarmato, aggiunge la sua
coscienza, ma non fa in tempo a pensare ad altro che una furia lo ha
steso, e
gli tiene una mano sul collo, e un ginocchio sullo sterno.
- Perché? –
gli chiede lei quasi ringhiando,
mentre lui si sta ancora stupendo di non averla sentita arrivare.
Sto
davvero invecchiando! Pensa un po’
rammaricato.
- Perché non
avresti mai accettato di partecipare.
– le risponde lui, perfettamente consapevole, o quasi, che lei
non gli avrebbe
fatto dal male, anche se probabilmente avrebbe tanto, tanto voluto
farlo.
- Phil così non
funziona, non va bene. – gli dice
lei facendo un po’ più di pressione con il ginocchio.
- Ora mi dai del tu?
– le chiede lui con un
sorriso strafottente – avrei dovuto farlo molto prima allora.
– aggiunge
sentendo che lei sta allentando la spesa.
- Non avevi la pistola
della buonanotte. – gli
dice lei con un sorriso altrettanto beffardo, e liberandolo
definitivamente dalla
sua presa.
- Avrei trovato qualcosa.
- Presuntuoso! – gli
risponde tirandolo su, e non
riuscendo a fermarsi dal sistemargli il collo della giacca, e la
cravatta un
po’ in disordine dopo il suo atterraggio.
Gesto molto, troppo
intimo, che imbarazza entrambi,
sia per la naturalezza con la quale è stato fatto, sia per il piacere con cui è stato accolto.
- Io… io non voglio
partecipare. – riprende lei
indecisa sul da farsi.
- Vorrebbero vederti
Melinda, vorrebbero
ringraziarti, sono anni che chiedono di te, e sono anni che non gli
rispondiamo, adesso basta – le dice prendendola per il braccio e
costringendola
a voltarsi.
- Devi vederli, devi
renderti conto del perché hai
fatto quello che hai fatto.
- Io… ho fatto
quello che andava fatto. – risponde
lei senza voler incorciare il suo sguardo.
- Basta con questa storia.
Tu sei morta quel
giorno!
E quando lei lo guarda
basita, lui comincia a
trascinarla per il braccio verso una macchina scura, come se trascinare
per un
braccio una Melinda May inerme fosse la cosa più naturale del
mondo.
- Tu ti porti dietro solo
il peso di quello che è
successo, hai salvato delle vite, hai fatto il tuo dovere, hai fatto
molto di
più di quello che avresti dovuto effettivamente fare, ma
l’hai fatto per una
ragione, e devi confrontarti con queste ragioni.
- No… Phil…
io…
- Melinda! – le dice
lui fermandosi e voltandosi
per guardarla negli occhi. – E’ ora di andare avanti.
E mentre una lacrima lenta
scappa dal suo
controllo, lei annuisce abbasando la testa e lo segue verso la
macchina, senza
però scrollarsi di dosso la mano che ancora la sta tirando,
seppur ora molto
più delicatamente.
Una volta in macchina lui
le passa un velo e si toglie
la cravatta prima di mettere in moto, mentre lei lo guarda un po’
confusa.
- Non siamo qui in via
ufficiale. – le risponde
lui regalandole un sorriso che Melinda reputa dolcissimo, e che ha il
potere di
farla arrossire.
La cerimonia è
stata molto toccante, Melinda è
rimasta in fondo e Phil non l’ha lasciata sola nemmeno un attimo,
le ha fatto
un certo effetto rivedere quelle persone così…
vive… normali… commosse certo,
com’è giusto che la gente sia commossa durante una
commemorazione, ma sono vivi,
la maggior parte di loro, vicini ai loro affetti, e… e sono andati avanti.
Loro.
Lei ancora no.
Voltarsi a guardare il suo
accompagnatore per lei è
stato un gesto naturale, ma non è stata capace di nascondere lo
stupore nel
notare che lui la sta guardando con un sorriso appena accennato, ma
incredibilmente dolce.
-
Grazie per avermi portata qui! - gli dice lei
accostandosi al suo orecchio.
Lui
le sorride soltanto, facendo un lieve cenno
con il capo, come se volesse dirle a
vostro servizio mia signora, e Melinda si sente avvampare, e adesso
più che
mai rimpiange la debolezza avuta con Ward, è un altro segreto
che proprio in quel
momento non vorrebbe avere!
Quando
la cerimonia è terminata, lui molto
discretamente la prende per mano e la scorta in un angolo più
riparato dove
alcune persone li stanno aspettando, May non fa in tempo a stupirsi per
quel
gesto così intimo, che riconosce i volti delle persone che li
stanno
aspettando.
Ricorda
quella ragazza, i suoi occhi erano pieni
di terrore allora, quando l'uomo che doveva essere suo padre le puntava
una
pistola alla testa, ora i suoi occhi raccontavano un’altra
storia, c'era gioia
e gratitudine, ma soprattutto c'era vita, come quella del bambino che
teneva in
braccio; poi c'era l'anziano signore che lei ricordava sconvolto
accanto al
corpo senza vita del figlio adolescente, figlio amato e armato da quel
dannato
santone.
Li
riconosce tutti, li saluta tutti, li ascolta
tutti, e quando vanno via da li, si sente completamente sconvolta;
divisa tra ciò
che è giusto, ciò che è stato fatto, la vita che
va avanti e non si ferma davanti
a nulla e il sangue che ancora vede sulle sue mani.
Non
si rende nemmeno conto che Phil si è fermato
poco vicino alla macchina e la sta fissando concentrato.
-
Scusami, possiamo andare. – dice lei incrociando
il suo sguardo solo per un attimo.
-
No, non ora. – insiste lui prendendole le mani –
non c’è bisogno che tu ti tenga tutto dentro, ne puoi
parlare, ne puoi parlare
con me. – dice stringendole ancor di più le mani,
scandendo bene ogni parola, e
inchiodandola con il suo sguardo.
-
Io… non sono debole. – risponde lei chinando il
capo, incapace di sostenere il suo sguardo e consapevole di stare per
perdere il
controllo.
-
Questa non è debolezza, Melinda. – le dice lui prendendole
il mento e alzandole il viso.
E
la diga si rompe, gli argini cedono, e tutto
tutto viene travolto dalle sue lacrime, ferme li da troppo tempo, si
accoscia a
terra, e Phil le è subito accanto, seduto per terra, con la
schiena appoggiata
alla macchina e lei, Melinda May, in lacrime tra le braccia.
Dopo
un tempo che a Melinda appare come infinito, riesce
a riprendere il controllo di sé stessa, di nuovo riportata
indietro dal forte
odore della sua acqua colonia, solo che questa volta è davvero
tra le braccia
dell’agente Phil Coulson.
-
Mi dispiace. – dice piano cercando di non alzare
il viso, per non incrociare il suo sguardo, e nascondere così un
po’ meglio
l’imbarazzo.
-
Non dirlo nemmeno, avresti dovuto farlo tanto
tempo fa. – le risponde lui cercando di rialzarsi, e tendendole
una mano.
-
Andiamo a riprendere i ragazzi. – dice allora
lei salendo in macchina, volendo cambiare discorso.
-
O no, non oggi, ci andiamo a cambiare e andiamo
a mangiare qualcosa. – le risponde lui mettendo in moto.
-
Ma… scusa… e gli altri? – chiede lei in dubbio tra
la possibilità di essere felice all’idea di poter passare
altro tempo da sola
con lui, e l’imbarazzo per la situazione appena vissuta.
-
E gli altri resteranno a Dubai, li avevo
avvisati.
-
Davvero?
-
No, in effetti l’ho comunicato solamente a
Simmons che si è fatta da portavoce con gli altri.
Il
sorriso sul volto di May è più che sufficiente
per lui, come a lei basta il complice ammiccamento di lui.
-
Perché
il bus non è più qui? – chiede Fitz guardandosi
intorno, mentre Ward comincia
ad allarmarsi e Skye è pronta ad aprire il suo portatile.
- Io,
in effetti, lo sapevo… cioè… il capo vuole che
restiamo qui
oggi. – dice Simmons timidamente.
-
Perché tu? – le chiede con tono accusatorio Ward.
-
Perché Fitz non si sarebbe trattenuto dal dirlo a tutti, Skye
avrebbe saltellato per tutto il tempo consapevole che avrebbe dormito
in un
letto, e tu non avresti apprezzato l’idea di farci da baby sitter
da solo; io
non so mentire, è vero, ma so omettere abbastanza bene. –
dice lei con un lieve
sorriso soddisfatto.
-
Perché ci hanno lasciato qui però? – chiede ancora
Fitz.
-
Io… - comincia a parlare Skye – credo che sia qualcosa che
riguarda May.
- Che
significa? – le chiede Ward con un tono che non ammette
repliche.
- Potrei aver fatto delle ricerche e … quella storia del Bahrein, cioè la storia sulla Cavalleria, oggi è… oggi il giorno.
-
Carino questo posto. – dice May guardandosi
intorno.
E
tu stai benissimo anche senza quella tuta.
Pensa
Coulson senza però aprire bocca.
-
Anche se avremmo potuto mangiare sul jet,
davvero.
-
No, questo no, questa sera niente S.H.I.E.L.D..
-
Grazie Phil, io… ne avevo bisogno ma non… ero in
grado…
-
Non potevi farlo da sola, Melinda, è solo
questo.
-Grazie
comunque.
-
Non ringraziarmi, avrei potuto farlo prima,
davvero. Cambiamo argomento, non parliamone più.
E
Melinda voleva davvero ringraziarlo, e decide di
farlo dicendogli la verità, o almeno con quella parte di
verità che può dirgli.
-
Sono stata a letto con Ward, a Dublino. – dice
velocemente affrettandosi poi a bere un sorso di vino, non erano in
servizio,
lui l’aveva più volte sottolineato, e avevano ordinato una
deliziosa bottiglia
di vino francese.
-
Lo sapevo. – le risponde lui dopo che il vino
gli era quasi andato di traverso. – Me ne sono accorto, grazie
per avermi reso
partecipe, sai che una relazione non sarebbe ben vista quindi ti chiedo
di …
-
Non abbiamo una relazione, è stato solo sesso.
E
questa volta il vino gli va davvero di traverso
al povero Phil che comincia a tossire, costringendo May ad alzarsi per
aiutarlo.
-
Stai bene? – gli chiede passandogli una mano
sulla schiena.
-
Sì, grazie. – le dice lui tornando a guardarla,
ora che è così vicino non può continuare a far
finta di non vedere la sua
bellezza – sei sempre molto diretta e questo a volte è un
po’ destabilizzante.
-
Non sono sempre così diretta.
-
Lo sei con certi argomenti. – continua lui non
volendo mollare il punto e volendo capire perché lei è
finita a letto con Ward,
ricordando l’amarezza provata quando si era reso conto della cosa
– posso
chiederti perché? Com’è successo?
Melinda
esita un momento, non capendo bene il
senso di quella domanda, ma cercando di concentrarsi solo sul fatto che
il suo
capo le sta chiedendo spiegazioni e non pensando al fatto che ne sta
effettivamente parlando con un uomo che le piace molto, si prende un
momento
per cercare di formulare una risposta decente.
-
Quell’arnese, il Bastone del Berseker, è un arma
potente e devastante; tu stesso ti sei reso conto di quanto abbia
scosso Ward
esserci venuto a contatto, e solo con uno dei tre pezzi… io ho
maneggiato
l’intero bastone ed è stato forte… seppur io viva
quotidianamente a contatto
con la rabbia che il Bahrein mi ha lasciato dentro, ho accusato il
colpo.
Quella notte volevo bere, e non pensare. Quando stavo rientrando in
stanza con
la mia bottiglia di Whisky ho visto Grant rientrare nella sua, e ho
pensato che
forse due solitudini, due persone così arrabbiate, avrebbero
potuto insieme
tirarsi su il morale.
Phil
non aveva smesso di ascoltarla nemmeno per un
secondo, anche lui era stato tentato dal potere del bastone, ma avrebbe
sopportato il peso di quel potere?
-
Puoi parlare con me, lo sai.
-
Non avevo bisogno di parlare Phil, o di
ricordare, ma smettere di pensare, di sentire... quella rabbia –
dice lei
stringendo il pugno fino a farsi diventare bianche le nocche, e lui in
quel
momento le accarezza il dorso della mano, invitandola a rilassarsi, e
stringendole poi la mano aperta.
Si
guardano per qualche secondo senza dire niente,
solo godendosi quel momento, o almeno lo fanno fino a quando non arriva
il
cameriere a portar loro la cena.
Nessuno
di loro due è stato in grado di ritrovare
quella complicità e intimità appena condivisa, troppo
imbarazzata per poterlo
credere lei, e troppo concentrato lui nel pensarla a letto con Ward,
che
qualsiasi discorso potenzialmente difficile è stato accontonato.
Sono
entrambi brilli quando lasciano il
ristorante, non realmente ubriachi, solo piacevolmente leggeri.
-
Questa sera stai benissimo. – le dice lui avvicinandosi
a lei di un passo scendendo dalla macchina che li ha riportati sul jet.
-
Anche tu stai bene in borghese… - risponde lei
con un sorriso divertito, avvicinandosi a lui - non sapevo poi che
portassi gli
occhiali. – aggiunge togliendoglieli dal viso.
-
Grazie, davvero, ora ridammi gli occhiali per
favore…
-
O dai, non ci credo che sei così cieco.
-
In effetti è più un fatto di abitudine – dice
lui avvicinandosi di più a lei, costringendola con le spalle
alla macchina
mentre finalmente si riprende i suoi occhiali.
E
quando può mettere di nuovo a fuoco, e la vede
così serena, e rilassata e sorridente, il pensiero di Ward gli
attraversa il
cervello accendendolo; costringendola letteralmente con il suo corpo
contro la
macchina, incrocia il suo sguardo e le fa una sola domanda.
-
Perché non sei venuta da me quella notte?
-
Te l’ho già detto, non sono andata da lui, ci
siamo… trovati.
-
Ti ho chiesto perché non sei venuta da me?
-
E perché non da Fitz?! – risponde lei cercando
di evitare il suo sguardo.
-
Melinda, non ti sto chiedendo questo. – le dice
lui incalzandola sempre di più, voleva una risposta, esigeva una
risposta,
certamente il vino lo stava rendendo molto più audace nel
pretenderla.
-
Phil non sarebbe stata la stessa cosa.
-
Certo, non sono Ward, sono più vecchio, e sono
quasi morto solo qualche tempo fa ma…
-
Stai zitto. – dice lei bloccando il suo
sproloquio – non è questo, non capisci? Davvero non lo
capisci?
-
No! Sinceramente no!
-
Idiota! – ribadisce lei a mezza bocca.
-
Come scusa?
-
Non sarebbe stata la stessa cosa… per me! –
chiarisce lei guardandolo negli occhi e arrossendo inevitabilmente.
Certo lei
poteva essere una persona molto diretta e franca, a volte brutale
certamente,
ricorda bene quando Skye l’ha definita Tenerezza
o era Calore umano lei, ma adesso non
ha la minima importanza, di certo non avrebbe aggiunto altro.
Phil
la guarda un po’ confuso, e poi lo vede, il
rossore sulle guance, quel per me
appena sussurrato, ed è certo di non averla mai vista più
bella di così, le posa
una mano sul collo, accarezzandole il viso con il pollice.
-
Sciocca! – le sussurra a pochi centimetri dalla
bocca prima di posare le sue labbra su quelle di lei, che già
era andata in confusione
per quella carezza, e ora non ci capiva più niente.
Ma
può davvero lasciarsi sfuggire un’occasione
simile?
Al
diavolo no!
Pensa
prima di afferarlo per il bavero della
giacca e approfondendo quel contatto, che diciamocelo molto
onestamente,
desiderava da quando era solo una recluta.
Sono
completamente persi nella dolcezza di quel
contatto, così tanto atteso da entrambi che quasi a fatica si
separano per
riprendere fiato.
Phil
poggia la fronte sulla sua, e non smette di
accarezzarle il viso.
-
Volevo farlo da un po’…
-
Che cosa significa?
-
Significa che ci tengo molto a te, Melinda! – le
dice posandole un bacio sulle labbra.
-
Anche io, Phil! – risponde lei allacciandogli le
braccia dietro il collo e approfondendo di nuovo quel contatto.
Quando
il giorno dopo i ragazzi a Dubai vengono
recuperati nulla sembra cambiato, May è sempre in cabina di
pilotaggio e
Coulson non sembra più strano del solito.
Skye
però si guarda intorno parecchio sospettosa,
c’è qualcosa nell’aria che non le torna, e quando
vede passare May nota
qualcosa di molto interessante, la segue in cabina di pilotaggio, e le
chiede
il permesso di entrare.
-
Certo. – le risponde lei – sai quali sono le
regole, però.
-
Niente chiacchiere inutili, lo so. – dice Skye
prendendo posto accanto a lei.
-
Una cosa però te la devo chiedere, con lui, è
una cosa seria?
-
Di cosa stai parlando?
-
A. C. non è Ward, o no?
-
Non sono sicura di capire di cosa stai parlando.
-
O lo sai di che parlo, i brillantini sui tuoi
occhi sono sul suo collo, ora a me non importa nulla delle regole, e
sono
sicura che lo S.H.I.E.L.D. abbia mille regole in merito, ma lui…
lui mi ha dato
una casa, una famiglia, uno scopo, e fiducia… - guardando il
braccialetto al polso
fa una mezza smorfia – beh mi ha dato anche una seconda
possibilità, che è
molto più di quello che chiunque abbia mai fatto per me in
questi anni. Io… ci
tengo molto a lui!
-
Anch’io, e credimi non è la stessa cosa, te lo
assicuro, vorrei aggiungere che mi dispiace per Dublino.
-
No, ma di che parli?!… - le risponde Skye mettendosi
sulla difensiva – va bene, io torno di sotto, ci siamo dette
tutto direi.
-
O direi proprio di sì! – le ripete May
sorridente, prima di fare una telefonata.
-
Si? – risponde una voce al telefono.
-
Phil cambiati la camicia. – dice solo lei prima
di attaccare di nuovo, con un sorriso brillante sul viso.
* Qualcuno potrebbe
trovare qualche assonanza con
il discorso di Aragorn ne Il Signore degli anelli – Il ritorno
del re… beh, è
vero, volevo completamente ribaltare il discorso del re con i pensieri
di May.
N.d.A.
Questa OS viene fuori
dalla visione della puntata
1x09 in italiano (FOX) e dalle visione della 1x17 (ABC), devo dire la
verità
questa coppia mi è sempre piaciuta, e avevo di scrivere qualcosa
su di loro. Non
vi assicuro nulla però, potrei tornare a scrivere di loro…
Sperando di avervi tenuto
compagnia in maniera
piacevole, vi ringrazio se siete arrivati a leggere fin qui.
Alla prossima
Lisbeth