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Autore: Princess_Klebitz    11/04/2014    0 recensioni
Amici fino alla morte ed oltre; nemici controvoglia. Musica, amore e morte nella metà sbagliata degli anni '90, scaraventati avanti volontariamente per non poter più tornare indietro.*
La tregua tra la Ragione ed il Caos durava da troppo tempo; quando si accorsero dell'errore, corsero ai ripari, e l'Immemore e l'Innocente si trovarono faccia a faccia, dopo anni di ricerche, per riportare la situazione in parità.
Un errore troppo grosso, la persona sbagliata, un imprevisto che non doveva assolutamente accadere.
Storia scritta nel 1997, e l'epico tentativo di riscriverla senza snaturarla.
Spero qualcuno apprezzi.
Genere: Drammatico, Mistero, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lemon | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
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30. L'immortalità

 

Il video di 'Silences' era di quanto più banale ma coinvolgente fossero riusciti a fare con così poco preavviso; il singolo uscì circa il 20 dicembre 2001, pochissimi giorni prima dell'album, che uscì il 1 gennaio.

 

Shane, che si dilettava di disegno, caricature ed era l'unico che riusciva a spiegarsi con delle immagini e delle parole contemporaneamente, riuscì a far intendere al regista cosa volevano evitare.

 

Solo il veto di Dorian aveva convinto (costretto era la parola giusta) Justin a rinunciare a contattare Anton Corbijn, con un discorso conciso fatto quasi ruggendo come un leone, quando l'amico aveva espresso la sua idea alla casa discografica, ancora prima di comunicarla a loro.

 

“Scusa, cosa vorresti fare?!CHI vorresti disturbare per il PRIMO video di una band ESORDIENTE?!”

“Ma dai, Dorian, anche a te piac...”

“Ovvio che mi piace. Ed è ovvio che piaccia a te, anzi no, cretino io a non avere pensato che ci avresti provato a contattarlo! Ma posso ragguagliarti su un paio di cose, caro il mio angioletto dark, prima che tu chiami mr. Anton Corbijn e ci fai sbattere tutti in un deserto americano con una sedia a sdraio?”

“Fa il cazzo che vuoi...”, mugugnò Justin, mettendo il muso.

“Non ho sentito!”, ruggì Dorian contro Justin, che sosteneva il suo sguardo ma si era raggomitolato in poltrona sotto lo sguardo divertito di Eddie, a cui sembrava un gatto che avessero tirato una secchiata d'acqua gelida.

“Spiegati pure.”, brontolò Justin, più distintamente. Ora sembrava un bambino cui avessero sottrattro il leccalecca; aveva capito che non poteva avere Anton Corbijn e niente gli sarebbe interessato della situazione e della spiegazione, ma Dorian non resisteva alla tentazione di fargli una ramanzina.

“Ti ricordo che mr . Corbijn non è l'ultimo degli scemi e non si fa neanche pagare proprio come l'ultimo degli scemi. O non avrebbe il nome che ha, giusto?”

Un vago mugugno dalla poltrona fece intendere che Justin era d'accordo. O no, ma comunque c'era.

“Cosa non indifferente, dobbiamo fare un video in una settimana e, in quel lasso di tempo, metterci d'accordo col regista. Cosa che con Anton Corbijn non si potrebbe fare. Sappiamo come lavora, no? No, cioè, tu lo sai meglio di tutti! Avrebbe la sua idea bislacca e come minimo ci troveremmo in Marocco o comunque dall'altra parte dell'oceano, e qua nessuno di noi sa recitare. E se per recitare intendi quei video scemi dell'epoca della boyband, sei fuori strada!”

Altro mugugno da parte di Justin.

“E arriviamo al punto base, mio caro cantantino fottuto... I SOLDI. Abbiamo investito tutti i guadagni come boyband, le nostre percentuali sulle vendite del disco, e praticamente il nostro FUTURO, per avere un tour mastodontico invece di seguire il classico circuito indie di piccoli locali! Di chi è stata l'idea? Chi ha insistito tanto, convinto che saremmo riusciti a sopportarlo?”

E Dorian mise una mano dietro l'orecchio, in direzione della poltrona incriminata, finchè Justin asserì, con rabbia.

“Mia. E' stata mia!”

“BENE!! Dunque grazie alla tua idea rischiamo di essere a) col culo a terra, ma è la vita e potrebbe succedere ma, cosa più importante b)ricoperti di debiti dall'Universal e a me questo non andrebbe!! Perciò NIENTE ANTON CORBIJN!!”

Justin mugugnò un altro po' e si rifugiarono in un video di riserva con un regista esordiente che non combinò poi più di tanto nella vita ma che li condusse bene e non li fece recitare, bensì solo suonare.

 

Ovviamente Justin mugugnò per tutte le pause della lavorazione.

A distanza da Dorian.

 

'Silences' mostrava due band opposte che suonavano al Queasy; in realtà erano sempre loro,in una versione vestiti come quando avevano suonato la prima volta, strumenti sgangherati e pettinature comprese (Justin aveva indossato una parrucca biondo cenere con un gemito), in contrapposizione alla loro attuale immagine, attraverso uno specchio. Nel finale delirante della canzone, due gruppi si suonavano contro attraverso un turbine di immagini allo specchio,in bianco e nero e seppia e spesso distorte, finchè Dorian non rompeva lo specchio con la chitarra e poneva fine al tutto, poiché la frantumazione dello specchio metteva fine ad entrambi i gruppi.

Durante le riprese la chitarra gli era davvero scappata dalle mani contro uno specchio vero e si era beccato tre punti sul braccio grazie ad una scheggia.

Il video fu come quello di 'Smells like teen spirit'; banale ma dannatamente d'impatto, e contribuì alle vendite del singolo e alle prenotazioni, sia su I-Tunes che su cd nei negozi.

 

La crisi dell'industria discografica c'era e iniziava a farsi sentire, ma avevano suscitato un vespaio anche con poche interviste mirate, e le prime date del loro tour erano sold out.

 

Eddie lo chiamava, sempre sfiduciato, il culo degli esordienti.

 

Il giorno di S. Valentino, il 14 febbraio 2002, l'Over A Velvet Wall tour arrivò ai suoi enormi blocchi di partenza a Londra.

Due giorni per montare l'imponente scenografia, un nervosismo palpabile.

 

La Wembley Arena; non era ancora il vecchio Wembley stadium, ma ci sarebbero arrivati presto.

 

Dorian gironzolava qua e là come un ignavo nell'inferno dantesco, mandando giù cicchetti di Jack Daniel's come non ci fosse un domani. Justin stava in fissa con i monitor e gli sembrava sempre ci fosse qualcosa fuori posto; Eddie si era incollato al palco da quando avevano montato la batteria a fare un souncheck infinito e Shane discuteva dello scarto tra luci e schermi.

 

Nessuno avrebbe dato loro dei novellini, non in quel momento.

Flood entrò nel backstage del concerto per far loro gli auguri e poi si allontanò in tutta fretta.

Era positiva tutta quella carica, quel silenzio rimuginante. Ma li conosceva, ormai.

Una sola parola e sarebbe andato tutto in vacca.

 

Alle 21.25 del 14 febbraio 2002, nel corridoio del backstage della Wembley Arena, i quattro stavano con gli strumenti in mano, gli abiti di scena, a fissare il pavimento, in attesa del 'fuori'.

Dorian tentò di ricordare com'era stato l'esordio da Jeremy, al Queasy, ma non ci riusciva.

Riusciva solo a ricordare che, con sua sopresa, gli era venuto tutto naturale.

Nutriva dubbi sul fatto di riuscirci anche quella volta; per l'ultima volta mandò giù un cicchetto di whiskey, giusto mentre le luci si abbassavano e gli facevano prendere un colpo, spedendo il liquido ambrato per la via diversa e facendolo tossire.

Shane gli battè la schiena con troppa forza, agitato anch'esso.

“Non provare a soffocarti ora, cretino, ci servi!”

“Cof-coffcoff... cazzo,non dirmi che è già ora di andare!”

Shane si volse verso il corridoio che portava allo stage e sospirò.

“Non sarò io a dirtelo. Justin è già partito.”

*

*

“LONDON!! QUESTO E' UN ROCK'N'ROLL SHOW!!!”

L'urlo di partenza di Justin a musica ancora spenta nella notte appena calata con le luci momentaneamente spente e il salto dalla piattaforma n. 1, solo un paio di metri ma avevano fatto un grande effetto (nelle prove si era riempito di lividi cadendo male una volta).

Le luci improvvise blu ghiaccio a far calare un gelo da flash sull'Arena.

I venti schermi di dimensione varia, più gli 'schermetti' di un paio di metri tra il pubblico.

Le gigantesche torrette piene di luci e pulsanti di elettricità, tanto imponenti da aver avuto bisogno delle basi di cemento.

Velluto ed acciaio cromato dappertutto tranne che sul pavimento di assi, duro e sanguigno nella più classica tradizione rock.

L'oscurità irradiata e confusa con la massa elettrica.

Energia statica dappertutto.

Delirio.

 

Justin sentiva ogni nervo del suo corpo scoppiare di felicità ed eccitazione, non capiva come tutto il pubblico pensasse che fossero loro quattro lo spettacolo.

Lo spettacolo era tutto l'insieme, pubblico compreso.

Justin afferrò direttamente il microfono senza aspettare gli altri e si portò il più vicino possibile al bordo, mentre le luci dello stage lentamente alzavano un ulteriore sipario che svelava i loro schermi.

“QUESTO E' UN ROCK'N'ROLL SHOW!! CHI E' VENUTO A VEDERE BALLETTI!?!”

 

Un boato lo avvisò che Dorian, da buon ultimo, aveva trovato il coraggio di uscire ed annuì soddisfatto, mentre si sistemavano, la base tecnolisergica che martellava sotto.

Il biondino si era vestito come quando suonavano al Queasy ed era, come al solito, bellissimo; i jeans strappati e la maglietta, i capelli ondulati e biondissimi che sembravano creare un altro punto luce.

Phoenix, con i suoi colori sgargianti ed i suoi adesivi.

Non era affatto lo stesso ragazzo che affascinava ragazzine con un movimento di bacino, anche se avrebbe potuto farlo anche in quel momento.

 

Nessuno dubitava che buona parte del sold out fossero loro fans dell'ex boyband che volevano vederli ancora.

E che probabilmente avevano anche comprato il disco non per ascoltarlo, ma per le foto.

Peccato che ci sarebbero rimasti, o meglio rimaste, molto male; nel libretto del cd vi erano giusto quattro foto, una per membro, di Anton Corbijn, e la copertina che non li ritraeva affatto.

Sì, Justin era riuscito ad avere il suo fotografo preferito; pur di avere quelle foto aveva insistito fino a pagarlo di tasca sua, cosa che poi gli era stata impedita dagli altri a suon di insulti a mezza voce.

Di certo non erano le foto che si aspettavano le loro fans di lunga durata.

 

 

Sul Justin indossava pantaloni di pelle da schiattare sulle gambe magrissime e una t-shirt nera unisex a collo largo, il tutto nero.

Fu come se si fosse ritrovato, nelle urla del pubblico; il sexy boy della band, che camminava ancheggiando e indossava i suoi panni più lascivi.

La sua maschera più riuscita, uscita dal sarcofago in pochi minuti.

 

Si parò col viso davanti a una delle videocamere che proiettava sugli schermi, dopo aver ancheggiato fino al bordo destro, trascinando con sé l'asta.

Ce n'erano più di una ventina e ci voleva un intero staff di tecnici per curare i collegamenti con i 'televisoroni', come li aveva ribattezzati Shane.

Il pubblico, vedendolo sullo schermo più grande, raggiunse il delirio.

Sbattè le ciglia ingigantite da eyeliner e rimmel, e mandò un sospirone.

Poi stampò un bacio sulla videocamera, lasciando l'impronta del leggero lucidalabbra.

Shane ridacchiò, mentre mandava un paio di note col basso; Dorian mise le dita sul primo accordo, Eddie alzò le bacchette, pronto.

 

La tensione raggiunse un punto di non ritorno e Justin corse letteralmente fino a centropalco, dove afferrò l'asta del microfono e la tirò verso di sé come un'amante.

Aveva una voglia incontenibile di urlare, mostrare a tutti che erano davvero i numeri uno, che si sentivano i migliori.

“QUESTO SARA' ROCK'N'ROLL!!! FINO ALLA FINE DEL MONDO!!!!!!”

*

*

Quando stavano per concludere Blindness, Eddie alla batteria credette che Justin fosse sul punto di morire, da come urlava, totalmente perso nel finale delirante della canzone, e ricordò che verso la metà del lavoro in studio erano tanto presi che una volta aveva cantato fino a scorticarsi la gola.

 

Si era girato, dopo un sacco di stecche, ed aveva sputato direttamente sangue sulla moquette.

D'altronde anche lui aveva avuto quasi un collasso, dopo una giornata particolarmente calda e pesante in studio.

Avevano fatto delle prove micidiali per il tour, quasi due mesi chiusi in studio a suonare e risuonare le canzoni e delle cover, a provare varie soluzioni e arrangiamenti, per i quali sempre Dorian aveva dimostrato di avere un reale talento adattatore; si era messo con pazienza a risolvere i problemi del suono live e avevano concluso con delle più che accettabili tastiere programmate.

 

Poi erano venute le prove per le arene all'aperto ed era toccato loro ripartire daccapo.

Ma ce l'avevano fatta.

 

Eddie chiuse Blindness con una micidiale rullata e scrosciò sui piatti, mentre la chitarra di Dorian tirava gli ultimi.

Il grande palco dell'Over al Velvet Wall tour illuminava quasi a giorno metà arena mentre l'altra metà non era certo al buio. Schermi e schermetti erano stati messi dappertutto, anche giù dal palco ed in mezzo al pubblico, mentre tutta la zona dietro la batteria e tra i quattordici schermi di varie dimensioni posizionati lì era rivestita di acciaio cromato intaccato da velluto nero, quasi a creare un postmoderno salottino alla Wilde, reso sfacciatamente industriale.

Ogni tanto, in mezzo agli schermi, passava una riga di interferenza di telefonino, creata apposta per ricordare a tutti il loro nome.

Interferenze.

 

Eddie si trovò a riflettere, non per la prima volta, di com'era incredibile tutto quello che era successo.

E specialmente il fatto che fosse successo.

Dalle chiacchiere di sei anni prima, a quello che li aveva piegati in un modo che sembrava irreversibile al vero miracolo: Velvet Wall e tutto ciò che ne era derivato.

 

Poter esprimere le loro idee o i loro punti di vista, l'incredibile carica che li aveva assaliti appena entrati in studio, il timore che la loro musica fosse ancora una volta rifiutata o, ancora peggio, accettata solo in ricordo di cos'erano quando cantavano e ballavano la musica di altri, il sollievo provato all'uscita del disco, la gioia nel vedere che finalmente erano apprezzati per quel che valevano, non solo per quel che figuravano, la sorpresa e l'emozione indescrivibile nel poter finalmente parlare da pari a pari con i loro idoli...

 

Tutto riunito lì, davanti a lui, in quella massa di fans che urlavano, fischiavano, applaudivano, cantavano le loro canzoni, nelle altre migliaia di fans in tutto il mondo che spedivano i loro messaggi e i loro commenti via Internet o che vedevano in loro qualcuno che avesse le loro stesse idee.

 

In Dorian che finalmente poteva parlare in intervista e a chi voleva di cos'aveva provato per Kurt Cobain senza correre il rischio di venir tacciato di parlare così per convenienza.

 

In Justin che dal palco accusava e sfotteva le boyband e soprattutto ironizzava sul fatto che fossero stati così anche loro e su molto miti costruiti dello star system, in giornali seri e autorevoli che avevano tessuto lodi sul loro disco e altri che li avevano criticati.

 

Tutto quello era lì, davanti dietro intorno e dentro lui.

Erano cambiati, punto e stop.

 

Eddie si godette per un attimo l'applauso e le urla del pubblico e poi scese ad abbracciare tutti gli altri per i ringraziamenti, e incrociò lo sguardo di Justin.

 

Entrambi avevano le lacrime agli occhi.

“La sapete una cosa, ragazzi?”, aggiunse Shane, con voce incrinata. “Mi sento come se fossimo...per sempre!”

*

Justin prese un asciugamano e si girò anch'esso verso gli altri.

 

Il backstage, dove si erano appena rifugiati a riposarsi cinque minuti,non era certo il luogo più adatto per fare conversazioni amabili sul ruolo e sulle frasi da neorockstar, ma sentiva che quella non era una banale sparata da novellino...o da fighettino istruito sul cosa fare e cosa dire.

Shane vedeva davanti a sè l'eternità, l'immortalità come l'aveva avuta Elvis, Jim Morrison, Janis Joplin o, per rimanere in tema delle ossessioni, Kurt; l'immortalità nel suono dei cd o di quello che sarebbe venuto in un futuro prossimo, perfetto, l'immortalità nelle foto, nei video, nei semplici ricordi e immagini dei fans, l'immortalità che sentiva sicura perchè nessuno li avrebbe dimenticati, lo sapeva, lo sentiva; non sarebbero mai stati messi da parte per un disco sbagliato o per un'immagine out, come non erano mai stati messi del tutto da parte Doors e Led Zeppelin e Lou Reed ed i Velvet e Elvis e Pink Floyd e Neil Young e Police con Sting che non si sapeva se aveva fatto bene o no, i mostri come Rolling Stones e Beatles, via via a risalire la corrente come salmoni del rock a cercare l'immortalità negli ultimi esempi, riconoscibili già al primo o secondo album o entrati di diritto nella leggenda dopo anni di militanza,i Pearl Jam e le stupende melodie e i ruggiti di Vedder, i Nirvana col loro mito e il loro disagio urlato, i Metallica che non serviva altro che ascoltare la potenza e la poesia che anche se non sembra lo è, cazzo se lo è, i Cure che sembravano morire ma poi saltavano sempre fuori, Trent Reznor ed i Nine Inch Nails che ogni tot di tempo saltava fuori con un progetto ed insegnava a tutti come sedersi e fare rock, i Joy Division che non sarebbero mai stati ricordati come New Order , inutile e che si dessero pace i Red Hot Chili Peppers che era inutile dire tanto, se non salti con quelli sei paralitico, e i Radiohead che erano gli esploratori e riportavano indietro da terre lontane nuovi tesori, e David Bowie che come cazzo faceva ad evolversi così, e gli U2 che giravano giravano e colpivano, mica scemi, e i Depeche Mode, pure loro, semplicemente incredibili,e in mezzo a quel casino, quel talento, quegli stili che in realtà sono solo una cosa sola, quell'atmosfera che riesci a percepirla solo da fan o da cantante mediocre, uno che non ha il permesso di respirarla, loro ci stavano fluttuando, come se alla lista ci fossero pure segnati, e nemmeno tanto lontano dalla vetta, gli Interferences.

 

Loro.

Semplicemente.

Niente altro che il nome; non erano nè sopra nè sotto alla leggenda.

C'erano.

 

Come i Sex Pistols gli era bastato un solo album e non sapevano neanche come cazzo avevano fatto a farlo. Non erano dei geni, era solo uscito così, come veniva e come sentivano, poi ci avevano lavorato sopra, lo avevano affinato.

O ispessito.

 

Incredibile, eh?

Quando si è così grandi non si riesce neanche più a montarti la testa.

 

Non mancava poi molto all'immortalità, quella vera dei Beatles e Elvis, pensò Justin.

Wow.

Rock'n'roll.

 

Quindi si girò e si sentì in grado di rispondere alla sparata di Shane con un'altra banalità commovente, anche perchè, nonostante tutta la sua preparazione psicologica votata al cinismo si sentiva realmente commosso nel vedere quello spettacolo e soprattutto nel sapere che sarebbe stato solo il primo di una serie che non sarebbe stato neppure in grado di immaginare, com'era possibile immaginare anni di concerti se alle volte arrivava a contare i secondi dalla paura di sbagliare un attacco vocale?

Ma avrebbe imparato tutto.

 

L'indifferenza, quella no, non poteva, quando arrivi ad un livello veramente alto l'indifferenza l'hai lasciata alle spalle come l'esaltazione, altrimenti non ci arrivi. E' un processo quasi indolore, se ci sei destinato.

 

Se hai l'anima da rockstar.

Forse non è rock'n'roll.

 

“Non devi sentirti come se fossimo per sempre, Shane...Noi saremo per sempre.”

Sbriciò il pubblico, una massa incredibile, impossibile da immaginare ma c'era, che aspettava il bis, rumoreggiando forte e facendo partire cori.

 

Per il loro primo concerto avrebbero fatto anche a meno di una pausa, eccitati com'erano, ma quanto sarebbe brutto andarsene senza un bis o qualcosa che apparisse tale?

Dorian indossò una

“Manca poco. Circa cinque minuti.”

*

*

Justin lasciò finire quasi tutta la parte finale di Burn alla seconda voce di Dorian, oltre alla chitarra tirata, e ci aggiunse solo una variazione al testo finale, una continua ripetizione del ritornello in un falsetto tanto leggero da essere quasi sepellito dall'altra voce chiara e morbida.

 

Dorian, col massimo della cretineria, all'inizio aveva battagliato per mettere let me burn and I can let you dance.

Wooo-oooh,quello era rock'n'roll di Dorian.

 

Come dire hope'n'roll.

 

Con tutto l'animo buono che aveva quel ragazzo, se avesse fatto un disco solista avrebbe fatto le canzoncine di Natale ma in studio riusciva a cavargli fuori quello che voleva lui.

Justin tirava fuori i suoni da Dorian come fossero state le sue idee, se avesse saputo suonare la chitarra in quel modo inimitabile.

Mitragliando schegge di ghiaccio che colpivano tutti, ferivano ed erano improssibili da togliere.

 

Dorian non suonava la chitarra in incredibili assoli interminabili o raffinati arabeschi: con la chitarra picchiava, creava muri sonori, sbarramenti pesantissimi e a volte improvvisi, sostenuti da un inimitabile basso a spessore, come chiamavano il modo di suonare di Shane.

 

Dorian, fin da quando lo conosceva, combatteva le sue guerre interne e personali con la chitarra, la scuoteva e la violentava finchè non le dava quello che voleva in una sorta di intima concessione.

 

E, appunto, come in una guerra, spesso mitragliava.

 

RatttatatttattattàPUMMMM!

Chi cazzo l'ha lanciata quella bomba, soldati!?!

"Signore, Dorian, signore!"

"Signore, Justin mi ha torto il braccio e me l'ha fatta lanciare, io non volevo signore, ma dato che ce l'avevo in mano l'ho lanciata il più lontano possibile, signore!"

Tre giorni di consegna per tutti e due!!

 

Justin sentì Dorian concludere e aspettò, lasciandolo finire, si avvicinò al microfono pazientando per poter parlare, e si rivolse direttamente al pubblico, dopo il suo saluto iniziale.

 

Si sentiva qualcosa dentro dall'inizio del concerto, troppo tempo, e ad ogni canzone lo sentiva crescere dentro.

Era la sua piantina che gli indicava la via per l'eternità, la sua personale scala per il paradiso.

“Hello, London, this is Dublin callin'!”

Il suo accento non impedì ai fans di sbottare in urla di incoraggiamento, e Justin si sentì crescere ulteriormente qualcosa sotto la pelle.

 

“Calma, calma, tanto quello che ho da dirvi è solo una banalità, sapete? Ma visto che a quanto sembra questo è il concerto delle banalità...Io volevo solo dirvi” fece una pausa forse in cerca delle parole giuste ma disse solo “bhè, volevo dirvi grazie! Anche se siamo solo al primo concerto!”

Il boato di approvazione e di applausi che accolse quelle parole, fece ridacchiare Dorian di felicità malcontenuta, mentre Justin tratteneva le lacrime dagli occhi, incredibilmente.

 

Una vita.

Sacrifici.

Sofferenze a non finire.

 

Tutto per QUEL momento.

 

“Grazie, davvero! Siamo una band che non fa cose molto diverse da tutti, anzi più di una volta ci siamo autodefiniti “Coverband” dalle vendite d'oro , non spacchiamo chitarre sul palco, non diciamo niente di nuovo alla gente se non in modo diverso eppure ci avete accolti e ci state pure applaudendo...Voglio dire, noi non facciamo altro che divertirci, in fondo!Abbiamo una visione del mondo che è...beh,particolare. Ma non vi daremo mai bugie... almeno per ora!”

 

Un autentica ovazione.

Justin riprese,pensieroso.

“Ci hanno detto tante volte di chiudere il becco, forse poche forse troppe, e adesso non vorremo parlare solo per dare aria alla bocca...Ma se anche voi fino ad adesso vi siete divertiti e vi sentite toccati dalle nostre canzoni.. beh credo sia il miglior regalo che avete potuto farci! Grazie,ancora! Ci avete accolti nel più bello dei modi a scatola chiusa!Se non ci foste voi noi non saremmo qui!”

 

”E questo è un controsenso perchè se noi non saremmo qui non sareste qui neanche voi!”,aggiunse Shane chiudendo l'intermezzo su una nota comica e mandando all'apice del delirio il pubblico.

 

“Questo è il nostro primo grande concerto!”,disse Justin, sorridendo paziente.

Aspettò che il boato del pubblico si calmasse e poi ripetè:"Questo è il nostro primo grande concerto, abbiate pazienza, per ora ci escono solo battute banali e stupidate da popstars, quando torneremo qui ci prepareremo meglio, volete? Per ora vi dovete accontentare di sentirci solo suonare!Siamo troppo felici per parlare.”

 

Il pubblico esplose in un vero e proprio boato.

Dorian, cambiata Phoenix con una Gretsch semiacustica, iniziò, quasi non sentito nel terremoto di entusiasmo, una versione inedita di 'Silences' , dominata dalla chitarra e dalla voce che sarebbe venuta molto, molto dopo; con la chitarra semiacustica, che sapeva suonare molto meno di quella elettrica, cambiava moltissimo, sembrava voler sciogliere di dolcezza quello che avrebbe aggredito.

Sceglieva il metodo della bontà.

Gli piaceva particolarmente quel suono dolce ma non avrebbe mai rinunciato alle abituali staffilate tecnologiche, però in quel contesto l'avrebbe mandato avanti quasi quanto sarebbero stati a sentirlo, cioè per sempre.

 

Il pubblico si calmò in un silenzio graduale, un mormorìo ammirato quasi melodico; immaginate.

Un indefinito numero di persone che mormorano estasiate, che sembra dicano 'ancora, ancora, continua, ti prego...'

 

Una canzone nella canzone, quasi più bella della musica stessa.

 

Justin per un istante sembrò perso e poi si voltò e si diresse verso la batteria, in paziente attesa del suo momento, verso la fine.

Alzò tutte e due le mani e poi le abbassò pian piano, puntando contro l'indice a Eddie, le spazzole già in posizione per un ulteriore tocco alla magia che lo guardò curioso e in attesa, incredibilmente fiducioso come non era mai stato nell'amico.

 

Justin, vestito di pelle nera come un moderno Dio lucertola dozzinale eppure con una personalissima aura, si aprì nel sorriso più luminoso che avesse da anni e si abbracciò, le mani attorno alla vita, e quel sorriso carico puntato su di lui e intanto su tutti loro, sul pubblico anche se era di spalle, sulla musica stessa, lo affascinò come una volta, col fascino che li aveva ammaliati così tante volte.

 

Allargò lo sguardo su Shane. Che ricambiò il sorriso in modo dolce, vedendo come Justin fu costretto ad asciugarsi una lacrima.

 

“Tesoro...siamo nell'immortalità.”

 

Shane, scuotendo la testa e scambiandosi un'occhiata con lui, si aprì in un sorriso incredibilmente tenero, affascinato a sua volta, anche perchè era troppo facile lasciarsi sedurre da quegli attimi sempre più rari, e iniziò a far scorrere il basso, senza sforzo da tanto gli usciva dalla pelle quel suono.

Gli si avvicinò, mentre Justin lasciava il sorriso spegnersi pian piano ma lasciare un alone negli angoli della bocca, come dei brillantini che gli illuminavano il viso tanto da abbagliarlo, occhi spenti da troppo e quella sera vivi, tanto che il pubblico, vedendoli, li aveva mandati nell'immortalità, scorgendo solo la superficie di quello che c'era dentro, quello che li avrebbe spinti anche...più in là.

 

Shane li vide accesi e ricambiargli il sorriso, solo per il fatto di vederlo così dopo tutto quel tempo, gli venne più che spontaneo.

“Sentiamo come canti, da immortale.”

 

Il sorriso di Justin si riscoprì mentre si girava verso di lui, dirigendosi verso il bordo palco e iniziando a cantare, lui e il pubblico, immortalati in quell'attimo bellissimo che non sarebbe mai finito, il primo di tanti attimi che non sarebbero mai finiti.

 

L'inizio dell'immortalità.

 

Sorrise in quel modo, abbagliando tutti, anche quelli che non lo vedevano ma che lo sentivano nel cantato, fino alla fine, fino a quando la gola gli faceva tanto male da non riuscire quasi a sussurrare, fino a quando il pubblico cantava da solo, semplicemente bellissimo, sopra alla musica, fino a quando sforarono di quattro canzoni e riuscì a cantarne sì e no metà, fino a quando Dorian salutò Londra, in un finale dolcissimo e incredibile dove cantò tutta l'ultima canzone da solo, fino a quando il pubblico urlò con tutto il suo fiato le canzoni e un 'grazie' lunghissimo, interminabile, vivo, fino a quando, spentesi le luci e mentre il pubblico defluiva, si sedette sotto la batteria, nascosto nel buio a quelli che rimanevano ancora o ai tecnici che sgombravano, e mentre piangeva sorrideva e ripeteva quel 'grazie' interminabile che non l'avrebbe mai abbandonato, qualunque cosa fosse successa, messo via per sempre, ancora grazie, grazie, grazie, grazie, grazie. Grazie !

 

Erano nell'immortalità e lui voleva solo piangere di felicità, solo.

E ringraziare.

 

 

 

   
 
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