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Autore: Pinca    12/07/2008    1 recensioni
Gloria Anastasia Weston…. Al Azif. Il Necromonicon deve essere ritrovato il prima possibile.
Gloria alla resurrezione di Riddle.
L'erede di Colui-che-non-deve-essere-nominato deve servire il suo signore, e prendere così tra i dannati e le fiamme dell'inferno il suo posto .
Genere: Avventura, Fantasy, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Ginny Weasley, Harry Potter, Il trio protagonista, Nuovo personaggio, Tom Riddle/Voldermort
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Da VI libro alternativo
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'L’anima spezzata'
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a privet drive
A Privet Drive
 




Gloria Anastasia Weston…. Al Azif. Il Necromonicon deve essere ritrovato il prima possibile.
Gloria alla resurrezione di Riddle.



Era un umido pomeriggio d’estate e nel salottino del numero 4 di Privet Drive il signore e la signora Dursley si godevano il refrigerio dato dal nuovo acquisto: il condizionatore, che rendeva l’ambiente più fresco e piacevole.
Mentre Vernon Dursley faceva svogliatamente zapping davanti alla televisione, la sua signora gli serviva un tè fresco accompagnato da un’abbondante fetta di torta dalle mele e, mentre si apprestava a sedersi accanto a lui, esternò le sue ansie.
- Caro, inizio a essere preoccupata. Perché il nostro Dudley non è ancora tornato?-
-Non ti preoccupare Petunia, sarà con i suoi amici in giro.-
-Ma se gli succede qualcosa? E’ l’ora della merenda e non ha ancora mangiato, povero piccolo!-      
-Di certo non morirà di fame con le provviste di lardo che si ritrova addosso! E il massimo che gli può succedere è di essere investito e di ammaccare la macchina del povero disgraziato che gli finisce di sopra!- Harry intervenne facendo improvvisamente capolino nella stanza.
Era disgustato dalle ansie della zia rivolte al suo “prezioso” “piccolo” e “innocente” figliuolo Dudley,  del quale tutto si poteva dire, ma proprio prezioso e innocente no, e piccolo men che meno. Infatti  quell’inverno era diventato se possibile ancor più grosso e prepotente di prima, sempre più gonfio e pieno di sé.
Suo padre contribuiva in questo, quasi a volerlo incoraggiare. Gli ricordava sempre quel trofeo di lotta vinto da Dudley in un torneo regionale di box, tirato a lucido ogni santo giorno da un’impettita Petunia e messo sulla mensola al centro della parete del salotto, a fare sfoggio della grande stupidità che apparteneva oramai a quella famiglia.
 - COME TI PERMETTI BRUTTO INGRATO! FUORI, FUORI TI HO DETTO! ORA STAI ESAGERANDO! NIENTE CENA PER TE! VAI A CERCARE TUO CUGINO! SE L’AVESSI SAPUTO TI AVREI CHIUSO IN ORFANOTROFIO!-
-Lo avrei preferito, piuttosto che vivere con degli incapaci come voi!- 
E sparì nel corridoio per poi sbattere uscendo la porta di casa, infuriato più per i fatti suoi che per le urla e le minacce dello zio Vernon.
Da quando era tornato a Privet Drive, si impegnava nel migliore dei modi per comportarsi il peggio possibile con gli zii e il cugino. Non poteva farci niente. Dopo quello che era successo quasi un mese prima al ministero, voleva sfogarsi con qualcuno e loro erano le persone più idonee: odiosi, stupidi e incredibilmente irritanti. Quindi non c’erano problemi se li prendeva un po’ in giro.
Così passava le sue giornate, irritando gli zii e stando da solo, non che l’ultima cosa fosse una novità. Tuttavia prenderli in giro ed essere libero di uscire quando la situazione non era delle migliori lo illudeva, gli faceva annusare un po’ di libertà, di potere… E poi, se non avesse impegnato così le sue giornate, sarebbe sicuramente caduto in depressione!
Solo negli ultimi giorni era riemerso dal suo malumore, infatti gli era arrivata la tanto sospirata lettera dei Weasley che lo invitavano a passare il resto delle vacanze da loro. Sarebbero venuti a prenderlo proprio quella sera, poche ore e via!
Senza nemmeno accorgersene, era quasi arrivato davanti al parco giochi, oramai completamente disastrato dalla baby gang di suo cugino.
Un foglio di giornale accartocciato era buttato ai piedi di una pattumiera proprio come erano accartocciati altri fogli molto simili; negli angoli della sua stanza ma, a differenza di quello vi erano stampate sopra foto che ritraevano il nuovo Ministro ,fiero, impettito e sicuro di sé.
Attraverso la Gazzetta Del Profeta il Ministero nonostante tutto cercava ancora di presentarsi sicuro ed efficiente quando in verità non lo era affatto.
Immagini e parole… e quante sciocchezze!  
Infatti oltre ad aver cambiato primo ministro, si erano impegnati a vantarsi di aver messo in gattabuia quei quattro malcapitati che avevano fatto passare per Mangiamorte. E per completare in bellezza lo avevano eletto come prescelto.
Tutto questo irritava incredibilmente Harry.
Lo irritava la falsità; il fatto di essere stato designato come il prescelto con tanta leggerezza, e per i comodi altrui, ma soprattutto, non sopportava che il Ministero per un po’ di potere e di prestigio rovinasse le vite di persone innocenti, innocenti come lo era stato Sirius.
Si bloccò di colpo. Si era imposto di non pensarci. Non doveva, non poteva, o forse non voleva, non voleva accettarlo, almeno non durante il giorno, la notte gli bastava e avanzava.
Prese un gran respiro e iniziò a cercare con lo sguardo qualcosa con cui distrarsi.
intorno non c’era niente, era tutto assolutamente monotono, già conosciuto. Era in quei momenti in cui si pentiva di stare da solo.
Guardò per terra, era pieno di cartacce, fogli di giornale e volantini. Ne riconobbe uno:
 
Grande inaugurazione sul Tamigi
Museo dei Mari
31 ottobre
 
ne aveva sentito così tanto parlare in tv che sembrava non esistere altro. Morti e sparizioni inspiegabili, addirittura una esplosione per una fuga di gas (alquanto poco credibile per quel che ne pensava Harry) in un orfanotrofio, e telegiornali e giornali non parlavano d’altro che del “grande evento dell’anno”, la fedele riproduzione di un vascello vittoriano che avrebbe solcato le acque del Tamigi e ospitato una serie di personalità importanti inaugurando il nuovo gioiello della cultura britannica.
Si guardò ancora intorno finché non concentrò la sua attenzione su una simpatica lattina gialla e rossa. Iniziò a calciarla, ma dopo due tiri si era già annoiato.
Di tornare a casa non se ne parlava.
Si incamminò, deciso a percorrere una strada diversiva, quando, girando l’angolo, una voce sarcastica, a lui molto familiare, arrivò al suo orecchio.
-Che fai, piangi? Oh  poverino, vuoi la mammina?-
Si voltò rassegnato: chi mai poteva essere se non quell’idiota di suo cugino?
Se ne stava pugni stretti sui fianchi al lato della strada sovrastando, con la sua grandiosa imponenza fisica, uno sventurato ragazzino che si era macchiato di chi sa qualche colpa.
E con voce maligna continuava. –Piangi, piangi! Così impari cosa significa osare sporcare le mie scarpe nuove! Te lo distruggerei quel rottame!- terminò con disprezzo e, in un impeto di rabbia, sferrò un potente calcio alla bici ai suoi piedi facendola rovinare ancor di più a terra.
Non che da suo cugino si potesse aspettare di meglio.
Era la prassi per lui prendersela con chiunque  solo per delle scarpe, che per giunta erano nere, quindi poco si notavano le macchie.
Il ragazzino che poteva avere si e no dodici anni era seduto sul marciapiede e piangeva a dirotto, con le mani sul ginocchio insanguinato.
Harry si avvicinò quatto quatto per poter sorprendere il cugino alle spalle.
-Dudley, lascialo stare! Che cosa vuoi che sia?-
Il ragazzo sobbalzo e, per un attimo parve disorientato. Lo scrutò come a volerne studiare le intenzioni, poi distolse lo sguardo e rispose col fare tronfio di un re che sa ciò che fa e difende le sue faccende di stato.
-Questi non sono affari che ti riguardano.-  
-Mi spieghi secondo te cosa ci risolvi facendo così? La macchia di certo non sparisce perché gli hai fatto giustizia… a tuo modo.-
Dudley si voltò minaccioso e si avvicinò assottigliando gli occhi porcini.
-Se vuoi la faccio sparire io!- disse Harry con fare allusivo.
Percependo un sentore di magia il ragazzo biondo si fermo come se d’improvviso il cugino fosse diventato un mostro, e la sua faccia in un attimo si tramutò in una maschera di rabbia e di odio.
Si voltò di scatto verso il ragazzino -Sparisci!- gli ordinò, e quello terrorizzato ,e approfittando della momentanea grazia, si alzò di scatto e, afferrata la bicicletta, scomparve dalla strada.
 
 
Aveva appena finito di cenare ed era salito in camera sua per cercare di mettere ordine. Ma l’ordine mancava prima di tutto nella sua testa; come poteva pretendere di farne fuori?
La stanza era tappezzata da fogli di giornale e da pergamene macchiate da inchiostro nero e pesanti cancellature. Negli angoli per terra ammucchiate di libri e oggettini di tutte le dimensioni, colori e forme creavano tortuose montagne in miniatura; dalle ante dell’armadio uscivano maniche di camicie e calzini; il letto era disfatto e per aprire la porta si doveva lottare con il mastodontico libro di pozioni che la bloccava. Sembrava quasi che ogni oggetto fosse dotato di vita propria. Ovviamente sua zia non era più entrata in quella stanza dal suo ritorno proprio per evitare di prendere un colpo alla vista di tanto subbuglio mai esistito in casa sua.
Si sedette sul letto senza più voglia di sistemare, sentendosi parte di quel caos e ,sdraiatosi, incrociò le braccia dietro la testa e iniziò a studiare le varie ombre che si creavano sul soffitto a mano a mano che il sole calava su Londra e la sua periferia immergendo gli esseri in uno straordinario e innaturale riverbero rosa pesco.
Possibile che nonostante il venticello fresco che entrava dalla finestra spalancata si sentisse soffocare? Un peso che gli schiacciava il petto.
Quanto avrebbe dovuto aspettare ancora per rivedere Ron e Hermione? Tre, quatto ore? Niente, eppure gli sembravano un un’infinità e la sveglia sul comodino ticchettava con una lentezza che sembrava doppia.
Sbuffò.
Tic tac tic tac
Il tempo parve risucchiarsi a ritroso.
Possibile che fosse causa di un qualche incanto? Girò gli occhi fissando la veglia. Per qualche momento, che gli sembrarono minuti, rimase fisso e col fiato sospeso. Gli parve che la lancetta dei secondi rimanesse immobile e credette seriamente che ci fosse di mezzo un qualche incantesimo, sino a che la “cara signora” lancetta non continuò il suo corso inesorabile, con tutta la sua calma che a Harry parve quasi scortese.    
Era solo colpa della noia e dell’insofferenza, lo sapeva. Poche ore e poi via. Come gli aveva ricordato a cena zio Vernon in preda ad una strana euforia con gli occhietti maligni che gli brillavano.
Forse era meglio sistemare così almeno non avrebbe perso tempo una volta arrivato chi avrebbe dovuto scortarlo dai Weasley. 
Smistando e sistemando i vari oggetti che riusciva ad arraffare malamente e gettato nel baule ciò che doveva portare con se, non si accorse che si era già fatta ora fino a quando dei passi nel corridoio lo destarono dai suoi pensieri. Erano passi pesanti, quelli di suo zio, che si avvicinavano alla porta della sua camera e che venne spalancata con veemenza.
-Ragazzo, qui fuori ci stanno quei tuoi amici strani. Muoviti, prendi le tue cose e sparisci velocemente, prima che qualcuno vi veda.- e dicendo questo si voltò e scese al piano di sotto.
Harry chiuse il baule dopo aver infilato l’ultimo paio di calzini e, afferratolo malamente se lo trascinò giù per le scale.
Ad aspettarlo nel giardino davanti casa c’erano Lupin e Malocchio vestiti come l’ultima volta che li aveva visti qualche settimana prima.
La cosa fu veloce, crearono una passaporta e sparirono come risucchiati da un vortice.
  
   
 
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