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Autore: L0g1c1ta    12/04/2014    4 recensioni
Quando Sandy "muore", dove finisce esattamente? Per tutto il tempo in cui non c'è dove diavolo scompare? Rivedendo il film mi sono chiesta questa cosa molto spesso...e il mio cervello ha elaborato una spiegazione possibile!
E se fosse stato prigioniero di Pitch per tutto quel tempo?
"Miracolo.
Tra le sue mani brillano piccoli granelli di sabbia dorata.
Non sai come sia possibile ciò che stai guardando.
Lui ha perso tutto il suo potere…mi sbaglio…?
“…devi fidarti di me…non proverai dolore…non all’inizio…ma ti chiarirà le idee…mi concedi di farti sognare…?” non hai mai saputo di persona il significato di sognare. Tu non sei in grado di sognare. Non hai memore di un buon sogno o che sensazione possa creare.
“S…sognare…?” lui annuisce, con un sorriso più sincero che mai.
“…sono il creatore dei sogni, Pitch…è il mio dovere…ho donato sogni a milioni di bambini in tutto il mondo…ma qualcuno si è opposto…qualcuno che si rifugiò nell’oscurità…Pitch…cerca di dormire…” la sabbia incomincia a prender forma. Comincia a posarsi sulle tue posarsi sulle tue mani…cominci a sentire molta stanchezza…"
Genere: Dark, Drammatico, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Kozmotis 'Pitch' Pitchiner, Pitch, Sandman
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Finalmente…

Aspettavi da tanto questo giorno, giusto…?

Quanto esattamente…?

Due…tremila anni…?

Di più…di meno…?

Non lo sai nemmeno tu…

Ma ciò non ha importanza ora…

Ciò che conta è che ormai LUI non può più far nulla…

LUI appartiene a te…

Quella piccola, ma così forte luce, si è spenta…ma non del tutto…non ancora…non come credono i Guardiani…è ancora vivo…anche se “vivo” è piuttosto gentile come termine…ormai vale poco e niente…ma vuoi deriderlo ugualmente…prima che la sua anima si spenga in eterno…

Aspetti con pazienza, dentro casa tua.

Eccoli. Arrivano. I tuoi servitori.

Hanno portato il dono che tu hai aspettato per così tanto tempo.

Prendi quel piccolo fagotto di rena nera. Ti congratuli con i tuoi Incubi, tanto leali e così tanto gentili da portarti LUI. Colui che poteva distruggerti, che l’aveva fatto in passato e che ora non può più.

Apri il piccolo involucro.

Il suo aspetto è cambiato, come immaginavi che potesse accadergli viste le sue condizioni.

Hai tra le braccia un bambino di poco meno di cinque anni. Biondo, luminoso, sofferente. Non puoi fare a meno di sorridere per questo piccolo dettaglio. Una piccola cicatrice, recata sicuramente dalla tua freccia, si mostra a te in mezzo al suo piccolo petto.

È così fragile, così insignificante in questo momento.

Potresti alleviargli quella sofferenza in breve tempo e con molta facilità, ma non vuoi. Non ancora.

Vuoi che provi esattamente ciò che hai provato in tutti quegli anni di solitudine. Vuoi che soffra come hai sofferto tu. Vuoi che paghi il debito che deve con te.

Cammini nell’oscurità, ignorando quei patetici colibrì addormentati. Il fanciullo si fa largo tra le tenebre con la sua luce. Non ti disturba questo. Non ha più forze. Non ha più potere. Non ha più il controllo della sua sabbia. Non ha più nulla. Non vedi perché dovresti preoccuparti. Presto si spegnerà questa piccola stella. Diventerà parte dell’oscurità. Soffrirà nel diventarlo. La sua luce verrà inghiottita da essa. Sentirà la solitudine mordergli il cuore. Come te.

Trovi ciò che cerchi. Una gabbia. Usata, teoricamente, per contenere delle fate. Oppure un cane.

Poggi con delicatezza, ma non troppa, il tuo piccolo prigioniero, ancora intento a fare dolci incubi per te.

Smettere di sorridere è ormai troppo difficile per te, vero…?

Rinchiudi con diversi lucchetti la celletta. Ti volti. Devi tornare dagli altri Guardiani, a lui penserai più tardi. Mentre cammini senti degli occhi fissarti con insistenza. Volti per un attimo lo sguardo.

Lui ti guarda.

Un’espressione neutra, morta, di ghiaccio, diresti in presenza di Frost.

Fingi di ignorare quegli occhi ed esci da quella prigione sotterranea.

Quegli occhi però non riesci a dimenticarli.

 

 

 

 

 

 

 

 

Da una finestrella magica lui guarda il suo funerale. Guarda la tristezza dei suoi compagni d’avventura, le lacrime nascoste del gigante natalizio, della fata, del coniglio e la morte nell’anima del ragazzo di ghiaccio, che non ha voluto dirgli addio, anche se non di persona.

Lui guarda quelle scene cariche di lacrime. Soffre. Lo sai che soffre. Eppure il suo sguardo non lo da a vedere. Gli stessi occhi morti della sera prima che guardano i suoi amici…meglio che non ci pensi.

Il ragazzo di ghiaccio crede di essere un assassino. Crede di averlo ucciso. Crede che avrebbe dovuto fare qualcosa per salvarlo, non sapendo che il morto sta assistendo a quella scena. Non sapendo la commozione che sta provando la sua presunta vittima nel vedere quel ragazzo così rattristato per la sua morte. Non puoi fare a meno di ridere.

“Povero ragazzo…crede di essere il tuo assassino…” non riesci veramente a contenere le risate nel vedere quel ragazzo in un stato talmente patetico.

“Non sa nemmeno che tu sia qui. Non sa nemmeno che tu sia vivo. Ridicolo…come potrebbe sentirsi se tu fossi lì con loro?” lui apparentemente ti sta ignorando. ma sta cedendo. Lo vedi dai suoi occhi. Lo senti dagli incubi che crei per lui. Lo senti, lo vedi.

“…Jack…” ti volti di scatto. La voce proveniva senza dubbio dal fanciullo. Ma tu sai che questo è assolutamente impossibile.

“…perdonami…” i tuoi occhi si spalancano. Senza dubbio proviene da lui quella voce. Eppure…le sue labbra non si sono smosse.

Lui ti guarda negli occhi. Non riesci a fare a meno di pensare a come sia caduto in basso. Era Il Guardiano dei Sogni, ora è un bambino, come quelli che dovrebbe proteggere da te. Era uno spirito pieno di forza, ora non riesce nemmeno ad alzarsi da terra. Era il più forte Guardiano di quella combriccola, ora è un fanciullo malaticcio, che copre la sua nudità con le poche coperte, anzi stracci, che hai buttato in quella gabbietta per uccelli.

I suoi occhi si posano gentilmente sui tuoi. Noti che nelle sue iridi sono disegnati due soli. Questo dettaglio ti era insolitamente sfuggito.

“…non ucciderli…non ucciderlo…” non è una supplica e tu lo sai. Dev’essere la voce della sua anima a parlare. Ormai non ti meraviglia più nemmeno questo.

“Non vedo perché dovrei. Ho altri progetti per loro, in verità” inclina un po’ la testa. La sua fronte si posa sulle sbarre.

“…basta…” il suo tono diviene potente. Proprio ciò che non desideravi da lui.

“Come?”

“…basta…” sinceramente non sai cosa intende dire. Non credi che quelle immagini gli abbiano appiattito il cranio.

“…basta mentirmi…basta…” le risate non tardano ad arrivare.

“Mentirti?! Su cosa, Sandman? Su quanto ho detto? Su quanto io possa essere migliore di te? Su quanto Jack Frost si sbagli?!” il suo sguardo è inespressivo. Le mani si aggrappano disperate al ferro.

“…non vuoi oscurità…vuoi loro…” lo guardi perplesso. Anche se la prima affermazione è ridicola.

“Questo è davvero il colmo. Cerca di inventarne altre per farmi divertire. Frost fa fatica ad eguagliarti. Guardati, Sandman. Non hai più potere. Non hai più loro. Sei prigioniero. Sei il MIO prigioniero. Sono riuscito ad essere migliore di te!” ti senti superiore nel dire ciò. Tutta la tua superiorità però viene distrutta dal suo sorriso. Un sorriso divertito. Un sorriso sincero. Il primo sorriso che tu abbia mai visto dopo la sua “morte”.

“…no, Pitch…io sono libero…tu sei prigioniero…io sono migliore di te…tu sei ancora sotto di me…” inarchi le sopracciglia. Quelle parole ti sembrano piene di presunzione e superiorità. Ma vuoi ugualmente stare al suo stupido gioco.

“Veramente…? Sei sotto il mio controllo, sei debole. Non hai più il tuo potere. Non puoi più creare sogni. Non puoi più vedere i bambini. Allora perché altrimenti tu saresti il migliore e io il peggiore, e perché tu saresti libero e io prigioniero?” cerca di alzarsi in piedi. Non ci riesce. È troppo pesante. In verità è di un giusto peso, ma non è più abituato. Lui prima pesava quanto una piuma, un gomitolo di polvere. Non è più abituato.

“…io ho loro, Pitch…voglio bene a loro…e ho i bambini…reggono la mia vita con la loro fede…io li amo…sono come se fossero miei figli…io so ancora come amare…tu l’hai dimenticato…mi dispiace…prima sapevi amare…ora l’hai dimenticato…sei prigioniero della tua solitudine, Pitch…” il suo sguardo è pieno di tristezza. Sai che ha ragione, ma non vuoi ammetterlo.

“Ti sbagli, Sandman…” ti volti, scompari nel buio.

“…ti sbagli, Kozmotis…”

Non sai perché ti abbia chiamato con quel nome bizzarro.

Eppure qualcosa dentro di te ti dice che lui ha avuto ragione anche su questo.

Ti scrolli quest’idea bizzarra. Aspetta un momento…e se Jack Frost venisse di persona a casa tua…? Come potrebbe reagire il povero omino…?

 

 

 

 

 

 

 


La Pasqua è stata distrutta.

Jack Frost è in preda al dubbio, soprattutto dopo avergli restituito ciò che gli appartiene.

Nel vederlo, ma senza che il ragazzo riuscisse a scorgerlo, Sandman si stava spegnendo molto più velocemente di quello che credevi.

“Allora…ti è piaciuto rivedere Jack, Sandy…? L’ospite è stato di tuo gradimento?” lo sbeffeggi, lo umili. Vedere quel ragazzo lo ha distrutto, più che altro psicologicamente.

Il ragazzo di ghiaccio non si era accorto di essere chiamato. Non si rendeva conto delle urla di aiuto che vi erano se si fosse concentrato un po’ di più. Se avesse abbassato lo sguardo sotto al ponte, se avesse concentrato la sua attenzione su quella piccola stella imprigionata nell’oscurità. Avrebbe potuto salvarlo, avrebbe potuto fare di più per quel piccolo omino che per tutto quel tempo lo supplicava di liberarlo.

Le sue suppliche le aveva ascoltate solo il vento.

E te.

“…basta…basta…basta…!” scuote ripetutamente la testa. I suoi occhi sono sul punto di affogare tra le lacrime. Le tue risate riecheggiano nell’oscurità.

“Smettere cosa?! Di ricordarti che quel ragazzo ti ha ignorato per tutto il tempo che fu qui? O di quando ha sentito la voce di sua sorella? O di quando ha sentito la voce della verità? Oppure di farti vedere come sia stata distrutta la tana di quella palla di pelo grigia? Su cosa devo smettere?!” chiedi in preda alle risate.

Ma le tue parole sono completamente inutili.

Il bambino si è rannicchiato su se stesso. Cerca di portare la sua manina al di fuori della cella, senza riuscirci. Le sbarre sono troppo sottili per una mano umana o non.

I suoi occhi si voltano verso di te. Sono rossastri, il loro colore naturale inoltre si sta dissolvendo. Ti guarda per un tempo che sembra infinito. Ti sorride debolmente. Qualcosa dentro di te si smuove non appena guardi quegli occhi incorniciati dalla luce.

“…posso vedere il sole…?” non batti ciglio, pur sentendo alla perfezione la richiesta del fanciullo. All’interno di questa caverna sotterranea dimentichi se il sole sorge o tramonta, se è mezzogiorno o mezzanotte. Col tempo hai imparato ad ignorare quella gigantesca stella luminosa, come gli occhi speranzosi di questo povero Guardiano. Ma per altre creature, abituate ai caldi raggi solari, la lontananza, anche solo per un giorno, può risultare veramente molto dolorosa.

“…mi puoi far uscire…?...solo per poco…pochissimo…ti prego…non scapperò…ti prometto che non fuggirò…” ti guarda supplichevole. Sai bene che manterrà la promessa, dopotutto non è in grado nemmeno di alzarsi in piedi, figuriamoci di fuggire. La tua mano per un attimo si ferma su un lucchetto intenta ad aprirlo. La fermi quasi immediatamente. Gli occhi di lui si spengono.

“…fammi uscire…un po’ d’aria fresca…solo questo…non ti chiedo nient’altro…ti supplico…” la sua anima ti supplica con lo sguardo. Credevi che sentire queste parole ti avrebbero fatto gioire, credevi che avresti riso, che avresti sorriso. Ma non senti nient’altro che un grosso vuoto all’interno della tua carne. Ti senti infelice. Non sai cosa dire o fare o se andartene o se restare ancora. Senti di aver già sentito questo tipo di richieste…eppure…di sembra di ricordare dove le avevi già sentite queste parole…

Il tuo corpo si frantuma in diversi granelli di oscurità. Il fanciullo a quella vista si piega ancora una volta su se stesso, avvolto fra gli stracci neri. Ti rendi conto della sua sofferenza quando senti dei singhiozzi provenire dal fagotto semovente.

C’era solo da pensare una cosa: a questa creatura fo del male.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ritorni dopo un’ora e mezza circa.

Frost è in preda alla collera per il disastro compiuto e a quest’ora, molto probabilmente, si trova in qualche regione dove dominano la neve e il ghiaccio. Senti la temperatura molto più fredda del solito. Dopo la visita del ragazzo di ghiaccio la tua casa sembra aver raggiunto qualche grado al di sotto dello zero. Infatti vedi che anche le tue piccole prigionieri si lamentano delle lastre di ghiaccio formate all’interno delle cellette. Ma non osano nemmeno aprir becco. Appena ti vedono smettono di cinguettare.

Ignori quegli insoliti colibrì e ritorni da Sandman.

Il freddo ha raggiunto soprattutto i piani più bassi. Si sono formate delle piccole stalattiti che pendono da sotto il ponte e le lastre di ghiaccio si propagano su gran parte del suolo.

Noti subito un’anomalia. Il fagotto non è mutato minimamente dalla tua ultima visita, ma questa volta trema con forza. Il piccolo bambino cerca di coprirsi, anche se sa che quelle false coperte non possono servir molto allo scopo di generare calore.

Ti sorprendi, il tuo prigioniero può sentire il freddo?

Parecchio insolito, assai inaspettata come notizia. Probabilmente la sabbia che generava, e che lo copriva interamente, teneva alla larga il freddo e per lui fu come possedere dei vestiti. Non vi è alcuna spiegazione altrimenti.

Continui a guardare la piccola figura che, apparentemente, non ha notato la tua presenza.

Freddo…oscurità…è assurdo pensare a come questi due elementi si fondando così reciprocamente. Così simili…è perfetto il modo in cui tormentano quest’anima dannata. Pensi che dopotutto Sandman aveva ragione, la solitudine ti assale da secoli, molto probabilmente da sempre…come hai fatto a trovarti in una situazione del genere? Perché? Nessuna risposta…

In quel mentre il tuo capo s’illumina. Freddo, oscurità, si sposano alla perfezione. Sono due elementi solitari ma che insieme possono fare molto, come la sofferenza che provocano attraverso questo spirito. Forse…tu e Jack…ma vorrà…? Non puoi saperlo se non glielo chiedi di persona, o sbaglio? Anche lui in trecento anni si è sentito solo, senza alcuna persona che riuscisse a capirlo, senza nessuno che lo assomigliasse, senza nessuno che volesse ascoltarlo. Forse…insieme potreste dimenticare questa burla del destino…forse…si…! Credi di sapere dove sia andato.

“…dove vai…?” ti volti sorridendo malignamente.

“Ad incontrare qualcuno che possa aiutarmi” detto questo scompari nell’oscurità.

 

 

 

 

 

 

 

Sei frustato. Esausto. Distrutto. Anche umiliato in verità. La punizione inflitta a Frost non la trovi sufficiente per placare la tua furia. Devi sfogarti con qualcuno, e sai già con chi.

Ti rechi sotto al ponte.

…!

Ira.

Rabbia crescente.

Hai dimenticato di distruggere quell’infame finestrella magica. L’omino ha visto tutto, ha sentito tutto. Ogni parola, ogni azione è passata fra le sue orecchie e fra i suoi occhi. Senti l’umiliazione crescerti nelle vene.

Sandman non volta lo sguardo. Continua a fissare la finestrella, dove si può notare un ragazzo svenuto. Il suo petto è totalmente scoperto, solo il basso ventre e le gambe sono coperte dagli stracci. Solo ora ti accorgi che, effettivamente, la temperatura è ritornata alla normalità. Meglio così, almeno non dovrai ricordarti di quel patetico ghiacciolo. La rabbia diventa sproporzionata quando vedi che, nonostante tu sia ad un palmo dallo spirito, lui non ti grazia di un suo sguardo.

Fai comparire una lancia, la scaraventi sulla finestrella che si frantuma in tanti microscopici frammenti invisibili. Cominci a far dondolare la gabbia del malcapitato.

“Che cos’hai visto?!” lui si volta lentamente, senza preoccuparsi del tuo sguardo, senza provare nemmeno una briciola di paura. I suoi occhi si posano sui tuoi. Ti guardano neutri, come se non riuscisse a capire cosa tu stia dicendo. È tutto falso, ovviamente, sai che è tutto falso.

La rabbia ti assale. Con un cenno fai aprire i lucchetti che, in una frazione di secondo, si sbloccano. Apri con grande velocità la porticina. Il fanciullo ti guarda stranito, quasi preoccupato. Anche questo ti disturba non poco.

Lo afferri per i capelli. Vedi la sua espressione carica d’incredulità e dolore non appena fai ciò. Lo sbatti, letteralmente, per una scalinata. Lui rotola per un po’ e solo alla fine il suo patetico corpicino si ferma.

Fai apparire un pugnale nella tua mano e con la sinistra blocchi il tuo avversario premendolo con troppa forza al petto. La tua arma la punti alla sua gola.

“Maledetto…parla! Cos’hai visto?! Dimmi, animale, che cosa ti ha interessato?!” il suo petto si alza e si abbassa con grande velocità. Il suo sguardo mostra purissimo terrore. Ma questo non ti fa calmare.

“Che cos’hai visto, cane?! Parla! Prima hai parlato, PARLA! O ti taglio la gola!” quest’ultima affermazione fece tranquillizzare lo sguardo del tuo prigioniero, anche se vedi nei suoi occhi una scia di sofferenza.

“…allora uccidimi…” lo guardi sconcertato, senza parole. Ti ha permesso di ucciderlo. Ti ha servito la sua vita sopra un piatto d’argento.

La tua rabbia evapora dal tuo corpo. Ti senti incredibilmente confuso. Ha pronunciato quelle parole per davvero? Confusione. La tua presa al suo petto si alleggerisce, la tua arma si allontana lievemente dal suo collo. Lo guardi incredulo.

Ha notato il tuo sguardo confuso. Ti guarda sofferente. Fa lentamente un cenno positivo con la testa. Poggia il capo alla tua sinistra, chiude le palpebre e aspetta che tu finisca ciò che hai cominciato.

Guardi lui, la tua arma, ancora lui, la tua mano, la gabbia non molto distante da voi due. È la tua occasione. Hai desiderato ciò per molto, perché allora stai esitando? Cosa stai aspettando? Perché non vuoi realizzare il desiderio di questo bambino?

Finalmente la tua mano armata si prepara per il colpo. Togli la tua mano disarmata dal suo petto. Vuoi ucciderlo nello stesso modo in cui l’hai ucciso l’ultima volta. Ti metti in posizione. Guardi per un momento quello sguardo morto. Punti alla cicatrice sul petto.

Il tuo pugnale affonda nel terreno.

Sandman apre gli occhi. Fissa l’arma che avrebbe dovuto porre fine al suo dolore. I suoi occhi ti fissano. Insolitamente ti sorride. Non è cambiato per niente, ora che ci pensi. È sempre luminoso, ha il suo sorriso raggiante, la sua anima è serena.

Rigiri gli occhi, solo ora ti accorgi che è completamente spoglio. Lo afferri da dietro la schiena e ti dirigi verso la gabbia. Non puoi fare a meno di notare che appena tu fai ciò il suo corpo si irrigidì come un pezzo di ferro. Ti avvicini alla porticina. Fa resistenza, le sue manine cercano di bloccare l’entrata, invano. Stai quasi per chiudere la gabbia.

“…no…no…no…” il suo corpo si piega di fronte a te, supplicandoti. Non riesci a vedere nient’altro che la schiena.

Questo cosa diavolo è…?

C’è una sorta di cicatrice, simile a quella sul petto, ma di grande dimensione, espansa su tutta la schiena. La tua mano si posa su quell’anomalia. Appena fai ciò il corpo del prigioniero s’irrigidisce come poco prima.

Al tatto quella ferita è veramente insolita. È come sfiorare un parte del corpo bruciata dal fuoco. Anche il colore è particolare, color carne. Il corpo del fanciullo trema.

“Ti provoca tanto dolore…?” con lo sguardo ancora fisso verso gli stracci, lui annuisce, anche se con sofferenza.

“Come te la sei procurata…?” esita. Alza lo sguardo. I suoi occhi sono severi. Spalanchi i tuoi. Effettivamente spiega molto…

“Da quanto…?” la sua espressione muta in dolore.

“…da quando sono rinchiuso qui…troppo male…aiuto…fa troppo male…” si piega su se stesso. L’enorme cicatrice si espande sulla schiena. Sei incredulo.

“Per questo mi hai chiesto…di…” non riesci a terminare la frase. Non riesci nemmeno tu a capire il perché. Dovresti essere felice di ciò…perché allora senti come se il tuo cuore stia per esplodere? Perché senti questo dolore all’interno del tuo petto? Perché…?

Lui inclina la testa di lato, notando il tuo sguardo smarrito. Involontariamente hai posato le mani sulle sbarre, non te ne sei accorto. Il bambino le fissa. Sfiora le tue mani. Hai una strana sensazione, insolitamente famigliare, ma per nulla dispiacevole. Non riesci a capire il perché, ma quelle piccole mani di sollevano l’anima. Ti senti terribilmente confuso.

Lui ti sorride, anche se con fatica.

“…non devi essere solo, Pitch…” quelle parole ti squarciano le carni, memore del dialogo avuto con Jack.

“…perché non vuoi rinunciare alla vendetta…?...perchè non vuoi passare nella luce…?...non è troppo tardi, Pitch…” senti che quelle parole sono sincere. Probabilmente è da molti anni che volevano uscire fuori dalle sue carni, ma Sandman è sempre stato muto…giusto…? Le sue mani cominciano ad accarezzare le tue.

“…non sai perché sei in questo mondo…non sai perché tu ti sia creato così tanti nemici…non sai nemmeno il tuo passato…” le tue mani cominciano a tremare. Come sapeva così tante informazioni su di te…?

“…Tsar Lunar non è il mio creatore…sono nato molto prima di lui…arrivato su questo pianeta mi ridiede la vita…mi disse di fronteggiarti, ma non per sconfiggerti…” ti guarda negli occhi. Senti la paura che comincia ad attanagliarti le membra.

“…sono qui per portarti i ricordi che le creature oscure ti hanno nascosto…” le sue mani stringono con dolcezza le tue dita tremanti.

Miracolo.

Tra le sue mani brillano piccoli granelli di sabbia dorata.

Non sai come sia possibile ciò che stai guardando.

Lui ha perso tutto il suo potere…mi sbaglio…?

“…devi fidarti di me…non proverai dolore…non all’inizio…ma ti chiarirà le idee…mi concedi di farti sognare…?” non hai mai saputo di persona il significato di sognare. Tu non sei in grado di sognare. Non hai memore di un buon sogno o che sensazione possa creare.

“S…sognare…?” lui annuisce, con un sorriso più sincero che mai.

“…sono il creatore dei sogni, Pitch…è il mio dovere…ho donato sogni a milioni di bambini in tutto il mondo…ma qualcuno si è opposto…qualcuno che si rifugiò nell’oscurità…Pitch…cerca di dormire…” la sabbia incomincia a prender forma. Comincia a posarsi sulle tue mani…cominci a sentire molta stanchezza…

“NO!!!” Ti allontani bruscamente dalla gabbia. La stanchezza scompare e anche la sabbia dorata che, senza accorgertene, comincia a mutare in un color pece. Involontariamente hai anche rinchiuso la gabbia e i lucchetti si sono chiusi automaticamente.

Sandman ti guarda triste.

Ti rialzi da terra con fatica. Con grande sforzo cerchi di ridere.

“Cosa stavi cercando di fare…? Corrompermi?! Cosa?!” la tua voce trema. Nemmeno tu credi alle parole che hai detto. Il bambino abbassa lo sguardo, rattristato. Ti avvicini con cautela, nemmeno tu sai cosa aspettarti.

Ti sorride. Non riesci a capire.

“…un giorno mi dirai di si…quel giorno non è molto lontano ormai…”

Scompari nell’oscurità, il più in fretta possibile.

Di cosa hai paura, Pitch?

 

 

 

 

 

 

È sopravvissuta una luce.

Non è molto lontana dalla tua casa.

Devi radunare gli Incubi, devi agire immediatamente, prima che i Guardiani raggiungano quel bambino.

…neve…?

…Frost è stato qui…?

Ma come diavolo…?! Non ha importanza oramai…ma prima…

Torni sotto quel ponte.

Per un attimo hai avuto un gran dubbio: e se Frost avesse trovato il tuo prigioniero? E se l’avesse liberato? E se…?!

No, è ancora nascosto tra gli stracci per il freddo.

Ti avvicini con cautela. Riesci a vedere soltanto i suoi capelli. Ora che ci pensi…dov’è finita la luce che emanava? Scuoti la gabbia, preoccupato.

“Sandman…hai deciso di ignorarmi…?” non riesci più nemmeno a deriderlo. Fra i due sei tu il patetico…

Il bambino non si muove. I suoi capelli sembrano essere diventati bianchi…o è forse una tua impressione? Ti preoccupi. E se fosse…una trappola…? Questa domanda è ridicola anche alle tue orecchie.

Apri la cella. Lui non si muove ancora.

Lo prendi in braccio insieme ad una coperta. Sembra che stia dormendo…

Appena lo hai portato in braccio ti è sembrato di vedere della sabbia bianca uscire dalla coperta. Lo scuoti un po’.

…!

Si è staccato un braccio.

Esce un suono inarticolato dalla tua bocca.

Butti il resto del fagotto verso l’arto mancante. Cadi a terra per la sorpresa.

…il corpo, insieme al braccio, comincia a scomporsi di fronte ai tuoi occhi. Diventa sabbia, così bianca e pura da sembrare farina. Di lui rimane solo la coperta.

Quei piccoli granelli volano lontano da te, guidati da una insolita brezza apparsa dal nulla, fino a scomparire totalmente dai tuoi occhi.

Non puoi credere che sia accaduto una cosa del genere…

“È morto…” sussurri fra te e te.

Hai ucciso un bambino…come hai potuto…

Il Re dei Sogni è morto…

Senti uno stuolo di Incubi chiamarti per la battaglia. Non puoi mancare all’appuntamento dato con i Guardiani.

Devi eliminare quella luce

Dopotutto…se hai già ucciso un bambino…perché non farlo un’altra volta…?

 

 

 

 

 

 

È finita…

Non puoi ancora crederci…

Ti hanno rinchiuso qui…

I tuoi stessi servitori…

Hai paura di loro…

Hai paura di ciò che ti mostrano…

I Guardiani che ti sconfiggono…

Jack Frost che rifiuta la tua richiesta…

Hai paura di tutto ciò…

Per questo sei rinchiuso qui…

Per questo sei in fin di vita…

Speri che la morte arrivi in fretta…

Speri che questo eterno dolore smetta velocemente…

Apri gli occhi. Buio, oscurità. Vedi soltanto i loro occhi che aspettano la tua morte.

I bambini non credono più in te…ma vorresti ritornare indietro…vorresti ritornare sotto quel ponte ghiacciato e rivedere Sandy…vorresti dirgli di si…vorresti aver potuto liberalo…forse sarebbe stato meglio…

Pensi a tutte le sue parole.

Non ti sei mai sentito più solo di così…Non ti sei mai sentito più disperato che in questo momento…Lui aveva ragione…volevi soltanto qualcuno che potesse stare vicino a te…qualcuno che ti desiderasse e non che ti disprezzasse…vorresti toglierti questo giogo che è la tua inutile, patetica, straziante vita…

Perché sei qui…? Perché nessuno ti ha mai voluto, desiderato, amato…?

A proposito…cos’è l’amore…? Non lo sai…non riesci ad immaginarlo, vero…? Forse…no…non sai cosa sia…ma vorresti provarla…vorresti avere quella sensazione che ogni umano prova…vorresti avere quella sensazione che prova un bambino quando sente l’abbraccio della propria madre…vorresti essere felice

Cos’è la felicita…?

Gli Incubi si avvicinano a te. Ti mordono il braccio e il piede. Il dolore è insopportabile. Urli. Leccano le tue ferite, bevono il tuo sangue, si nutrono della tua carne. Perché tutto questo…? Perché…?

Ti mollano e volano via spaventati. Non riesci ad alzarti. Qualcosa gli ha intimoriti. L’oscurità si disperde. Vedi una luce dorata avvicinarsi a te, ma non riesci a vederla. Qualcosa ti aiuta ad alzare il busto. Vedi la luce.

Sandman.

Ti sorride. Non è più un bambino indifeso, è tornato di nuovo uno spirito guerriero. Quel sorriso comincia a disgustarti.

“Se vuoi vedermi in fin di vita, ecco! Sei soddisfatto?! Adesso vattene, lasciami morire in pace!” non si muove. Il suo sorriso si spegne e muta in qualcosa simile alla compassione. Quello sguardo lo disgusti molto più del sorriso di poco fa.

“Non mi hai sentito?! Sparisci! Chiedo troppo essere lasciato divorare dai miei Incubi?! Vattene!!!” detto questo gli butti una manciata di sabbia nera addosso. Non lo raggiunge nemmeno. Ti senti frustato, patetico. Ti senti come si sentiva lui quando la sua vita era in tuo potere. Ti senti morire, umiliato, distrutto sia internamente che esternamente. Molto più internamente.

Desideri morire, desideri che qualcuno venga all’interno di questa insulsa caverna e ti desse un potente colpo di lancia in testa. Non hai mai invidiato tanto gli umani: possono morire con poco, pochissimo. Sono degli esseri forti, ma anche terribilmente fragili. Invece tu non puoi: solo l’indifferenza dei bambini può ucciderti, ma intanto soffri nell’aspettare la tua fine.

Senza accorgertene ti sei accasciato a terra e sbatti i pugni contro la fredda pietra, che ti fa ricordare il no di Jack. Senti la tua anima spezzarsi in due.

Smetti di percuotere il pavimento. Guardi il tuo pugno. È macchiato di sangue. Senti delle braccia stingerti da dietro le spalle. Ti volti. Sandman ti abbraccia…? Allora è questo che vuol dire abbraccio, giusto…?

Alza lo sguardo verso di te. Non vi è bisogno di parole o sabbia mutevole per capire: mi dispiace molto…

“Sandman…fammi dormire…per carità…vorrei quest’ultimo desiderio…” la sua espressione è sempre neutra. Si stacca da te. I suoi occhi sono lucidi. Sorride a fatica e fa un cenno di saluto con la sinistra. Dalla sua mano appare una manciata di sabbia dorata che, senza smettere di sorridere, ti soffia in faccia.

Vi è solo buio…

E oscurità…

Qualcuno di chiama…

Non sai chi sia…

Ma è qualcosa…di famigliare…

 

  

 

 

“…papà…papà…Svegliati, papà!” il generale riaprì gli occhi, leggermente appisolati.

“Papà, dobbiamo tornare a casa, la tutrice si arrabbierà se non torniamo a casa per la cena!” disse velocemente. Ma l’uomo non riuscì a comprendere al meglio le sue parole.

“…Ah…Fifi…buongiorno…” cercò di sorridere ma il sonno prevalse su di lui. La bambina si sistemò il cappello di paglia in testa con un’espressione un po’ imbronciata.

“Dobbiamo tornare a casa, si sta facendo buio…” disse preoccupata guardando il sole scomparire dietro le montagne. Il generale era piuttosto perplesso, per via del sonno. Ebbe una sensazione insolita…come se avesse sognato in eterno…

“…Seraphina…i tuoi occhi sono sempre stati così blu…?”disse guardando con più attenzione i due cieli stellati della figlia. La piccola si chinò all’altezza del padre guardandolo perplessa.

“Papà, non mi prendere in giro! Dobbiamo tornare a casa! In fretta!” disse guardando con molta più preoccupazione il tramonto. L’uomo si arrese e si alzò, con un leggero pizzico di umorismo sulle labbra. Sapeva il perché di tanta fretta.

“Hai paura del buio…eh…?” lei si girò di scatto arrossendo leggermente. Tirò subito il suo broncio.

“No!”

“Invece si…sento l’odore della tua paura…” disse con il solito tono inquietante che la bambina ha sempre odiato. Pensava che se il padre avesse avuto sempre quel tono allora sarebbe diventato un mostro.

“…no…”

“…Sicura…?” disse avvicinandosi con sguardo poco rassicurante. La piccola tirò di nuovo il suo broncio.

“…no…si…” vedendo questo, il generale la prese in braccio e la portò sopra le spalle.

“Se sarai quassù nessun Fearlings ti prenderà, principessa” lei si posizionò meglio sulle sue spalle.

“Ma papà, non li hai cacciati via tutti, vero?” a quel punto ricordò ciò che accadde. Aveva scacciato i Fearlings sopra un altro pianeta completamente deserto e senza alcuna possibilità che potessero ritornare, assolutamente nessuna. Non vi erano più guerre, anni trascorsi nell’oscurità per potergli combattere, terrore nell’attesa del contrattacco, nulla. Si ricordò di aver salvato tutti, pochi mesi fa.

“Lo so…ma…sono preoccupato…”

“Perché…?” chiese preoccupata anch’essa.

“…perché…credo di aver lasciato qualcuno di loro ancora qui…” disse con voce cupa.

“Non prendermi in giro, papà…!” ormai la notte era calata e stavano camminando per il bosco, dritti verso casa.

“…sono serio, Fifi…forse non sono riuscito a prendere qualcuno di quei mostri…forse…sono preoccupato…” disse con amarezza. Erano vicini ad uno stagno molto sporco, simile ad una piccola palude.

“…forse…loro sono ancora qui…forse sono tornati molto più arrabbiati di prima, perché ho cercato di imprigionarli e allora vorranno uccidermi e trasformarmi nel loro re…per questo devo essere ancora molto attento…ma Seraphina, tu tieni gli occhi aperti…e non uscire di casa la notte da sola…oppure…” un lieve rumore di rami spezzati si udì non molto lontano da loro. Fifi urlò terrorizzata, vedendo nell’oscurità due paia di occhi gialli. Il generale si fermò sul posto.

“PAPÀ! SCAPPIAMO!” disse in preda al panico per la reazione insolita del padre.

“…Fifi…” la bambina riaprì gli occhi, meravigliandosi di vedere due libellule di Belgae che si erano appollaiate sopra un albero con la coda luminosa che sfiorava il pelo dell’acqua

“…non stavi dicendo sul serio…?”

“…forse si…forse no…” disse scoppiando in una risata inquietante, anch’essa tanto odiata dalla figlia.

“Sei cattivo!” disse in preda alla rabbia.

“Lo so…è quello che i generali fanno meglio!” disse continuando a camminare. Per tutto il percorso la figlia non disse alcuna parola rimanendo con il suo solito broncio. All’uomo piaceva far paura alla bambina, anche se molto spesso i suoi scherzi non erano ben accetti, ma detestava vederla imbronciata.

“Su, Fifi, stavo solo scherzando! Non ti sarai offesa…eh…? Non fare il broncio…dai!” disse scuotendo le spalle facendola arrabbiare ancora di più. La smise.

“Papà, non riesci ancora a fare dei sogni?” ricordò anche questo. Negli ultimi tempi non riusciva a sognare, o almeno non riusciva a ricordare ciò che sognava. Quello che per lui era un semplice argomento banale su cui discutere, per la figlia era qualcosa di estremamente preoccupante. Ah, i bambini…si preoccupano molto e per nulla…

“Si, anche quando mi ero addormentato vicino all’albero non ho sognato nulla…eppure sono certo che fosse un incubo…non me lo ricordo…” disse strizzando gli occhi per la stanchezza.

“Ma ti senti bene?” lei si preoccupava sempre di lui, che siano delle sciocchezze o no. Questo lo apprezzava molto il padre.

“Benissimo, soprattutto dopo aver finito questa maledetta guerra!” disse con felicità.

Camminando riuscirono a tornare nella piccola casetta di montagna che l’uomo aveva chiesto in prestito ad un suo amico. Aveva pensato che un paio di mesi all’aria aperta e in compagnia della figlia gli avrebbe fatto bene, dopo tanti anni di sacrifici. Entrarono, le luci erano ancora accese.

“Siamo tor…”

“Eccovi finalmente!” la voce della tutrice fece sobbalzare la piccola.

“Ma avete la minima idea di che ore siano?! Signore, la prego, questi ritardi non li trovo accettabili! È una fortuna che ci sia almeno io in questa casetta, almeno non morirete di fame! E non credete…” continuò così per tutta la serata. Non era fastidiosa, assolutamente, era una brava signora che Kozmotis aveva salvato dai Fearlings e, per ricompensarlo, decise di prendersi cura della figlia fino al suo ritorno in patria. Ma alla fine della guerra, lei stessa volle continuare ad essere la tutrice della piccola.

La cena fu piuttosto veloce in verità, ovviamente, per il ritardo, lo stufato si era raffreddato, ma era ugualmente buono, nonostante le continue lamentele della donna che, esausta dal continuo lamentarsi, si era coricata qualche ora prima del previsto.

“Papà! I piatti…si stanno lavando!” il generale si girò verso la cucina vedendo un paio di piatti che, effettivamente, stavano galleggiando in aria, si lavarono e si misero in perfetto ordine al loro posto.

“Fifi, si dice “i piatti sono lavati” non “si sono lavati”, dovresti saperlo…” disse, annoiato. La figlia lo guardò sbigottita.

“No! I piatti SI sono lavati da soli! Non li hai visti?!” il padre piegò la testa di lato, fingendo di non capire cosa stesse dicendo la bambina. Lei mise ancora una volta il broncio.

“Non mi credi ancora…?! Ho visto queste cose magiche mille volte! Questa volta però l’hai visto anche tu!” disse sbattendo i piedi per terra. Lui rise.

“Su, avanti, Fifi! Vai a dormire, domani andremo a pescare, non ti ricordi? Non vorrai addormentarti come l’ultima volta, eh…?” disse con tono malizioso. La bambina sembrò essersi svegliata da un sogno.

“Oh, giusto! Aspetta qui, non ti muovere” disse correndo verso la sua cameretta. Il generale si sedette su di una sedia.

In verità aveva visto queste anomalie magiche. Era sicuramente la tutrice. Molte volte l’aveva vista usare incantesimi per muovere scope, tappeti o altro. Sapeva riconoscere una strega quando la vedeva. Eppure, nonostante i tanti anni di servizio e le continue seccature, non aveva mai usato la magia per fare del male, o almeno non a lui o a sua figlia…

La bambina ritornò con le mani dietro la schiena e con sguardo furbo.

“Cos’hai dietro la schiena?” disse l’uomo anche lui con aria furba.

“Indovina!” ci pensò un po’.

“Una collana per te?” lei adorava le collane. Spesso ne comprava moltissime e di tanti colori.

“No” disse scuotendo la testa.

“Vediamo…una libellula di Bilgae?” lei lo guardò imbronciata, memore probabilmente del piccolo episodio accaduto nella foresta vicino allo stagno.

“No! È un regalo per te!” disse mostrando le mani nascoste.

Era un pupazzetto, fatto sicuramente da lei. Era una sorta di bambino, con la pelle gialla come i capelli e gli occhi ambrati ed era vestito con un pezzo di stoffa del medesimo colore, avvolto su se stesso. Quel piccolo bambino lo guardò sorridente.

L’uomo strabuzzò gli occhi. Quel bambino…era insolitamente famigliare…

“…non ti piace…?” disse la figlia, notando il suo sguardo.

“Stai scherzando? È bellissimo, principessa” disse prendendola in braccio e strusciando il suo naso contro il suo. Per lui era il suo piccolo gioiello, il suo piccolo tesoro. Non amava nessun altro più di lei.

“Si chiama Sandman, ma tu puoi chiamarlo Sandy. È un bambino che porta i bei sogni agli altri, se lo terrai con te riuscirai a sognare ancora!” disse quel piccolo bocciolo. Si commosse per il pensiero di sua figlia. Le diede un bacio sulla fronte.

“Ti voglio bene, Fifi”

“Anch’io, papà”

 

 

 

 

 

 

 

 

Sul volto dell’uomo si forma un sorriso.

Il corpo del Signore degli Incubi si scompone in milioni di piccoli granelli di sabbia grigia e si disperdono fino a raggiungere la luce del sole, per poi scomparire.

Sul volto dell’omino si forma un sorriso. Poi una lacrima gli riga la guancia, il collo e raggiunge la sua fidata sabbia.

Poi un’altra lacrima…

Poi un’altra ancora…

Non riesce a trattenere le lacrime di fronte alla felicità dell’uomo, che ha sofferto per così tanti secoli, fino a morire per via del suo cuore che, incapace di trattenere una tale felicità, si spaccò in due…

L’omino dei Sogni cerca di asciugarsi le lacrime, invano. Guarda in cielo, dove la luce filtra in quella caverna dimenticata da Dio.

Gli incubi nitriscono dal dolore…anche loro non potranno vivere a lungo…

Sandman, ancora con le lacrime agli occhi e con un sorriso di felicità, si congeda.

 

 

“Visto, Pitch? Ora non sarai mai più solo…”

 

 

  
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