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Autore: pdantzler    12/07/2008    11 recensioni
Harry capita per sbaglio in casa di Piton nell'estate del quinto anno, dopo la morte di Sirius. Costretti a una convivenza forzata, i due scopriranno molte cose l'uno dell'altro. Traduzione a opera di Starliam ed Allison91
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Harry Potter, Severus Piton
Note: Traduzione | Avvertimenti: nessuno
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Eccomi qua di nuovo!
Scusate per la lunghissima attesa... a volte capita.
Divertitevi!
Starliam



La lettera di Hermione era proprio come lei: onesta, diretta, e risuonante di buone intenzioni. Chiedeva della salute di Harry, se si godeva l’estate, e aveva già iniziato a leggere i libri di scuola? “Perché davvero, Harry, il sesto anno è uno dei più duri, e dovrai fare del tuo meglio per mostrarti all’altezza dell’addestramento Auror che so che inizierai appena finita Hogwarts. Nel mio tempo libero, ho preparato una scaletta di come dovremo studiare in autunno. E’ molto dettagliata, e se la seguiremo strenuamente, otterremo sette ore di studio in più ogni settimana, così potremo eccellere nelle nostre materie. Sto pensando di cercare di farci entrare un’altra materia o due”.

E così continuava per due pagine. Harry ripiegò cupamente la sua lettera, pensando a tutto il lavoro che avrebbero dovuto fare per il prossimo anno. Se Hermione avesse saputo che lui stava da Piton, dopo l’iniziale esclamazione di sorpresa avrebbe fatto presente il vantaggio di stare con un professore, e l’enorme quantità di cose che Harry avrebbe potuto imparare se solo si fosse applicato. Per Hermione stare con un professore era un sogno che si avverava, la cosa migliore che le poteva accadere durante le vacanze estive.

Nella sua lettera Ron iniziava a lamentarsi del tempo e brontolava della vita alla Tana senza Fred e Gorge. La sua lettera era corta, una pagina appena, ma Harry non poté evitare di sorridere mentre leggeva la grafia disordinata. Il bravo, vecchio Ron: sempre a lamentarsi, a piagnucolare e a tenere il broncio, ma sempre un amico leale. Harry riusciva a immagina l’espressione orripilata di Ron quando gli avrebbe detto che viveva con Piton. Ron gli avrebbe dimostrato la maggiore solidarietà, avrebbe capito i sentimenti di Harry sul fatto di stare con lo sgradevole professore di Pozioni. Almeno, a volte Harry si sentiva così. Successivamente, non odiava più Piton come prima, anche se non gli piaceva molto... beh, era molto confuso.

“Qualcosa di interessante dai tuoi più grandi fan?” chiese Piton mentre gli versava una tazza di tè. “Non sono miei fan” rispose Harry, prendendo il tè. “E mi scrivono delle loro vacanze, nessun avvenimento particolare, tranne Hermione che studia abbastanza per dieci persone. Come sanno che sono qui?”
“Tutte le lettere inviate via gufo verso casa tua vengono dirottate qui” replicò Piton. “Fa parte delle tue difese a casa dei tuoi zii e a casa mia. Qualunque cosa gli spedirai apparirà inviata da Privet Drive”.

Harry annuì soprappensiero. Gli sembrava giusto. ripose entrambe le lettere nelle loro buste. Piton stava leggendo il giornale, e sembrava di umore abbastanza decente, così Harry si arrischiò: “Il mio compleanno è fra tre settimane”.
“Sì, il 31 luglio, giusto?” rispose Piton, anche se il suo sguardo sembra leggermente sospettoso. “Compirò sedici anni, sa” Harry cercò di apparire casuale e annoiato, come se non fosse una gran cosa. “Stavo pensando che forse, sa, se le va bene, potrei vedere Ron e Hermione per un po’, quel giorno?”
“Vuoi una festa di compleanno?” chiese bruscamente Piton.
“Non deve vederla così” Harry appoggiò la forchetta con un click. “Molte persone fanno qualcosa per il compleanno, specialmente i ragazzi. Non penso di dovermi giustificare se voglio vedere i miei amici il giorno del mio compleanno. Solo perché è troppo vecchio per apprezzare i compleanni...” “Non c’è bisogno di insultare” lo interruppe Piton. “Ti arrabbi e passi ad offendere più in fretta di chiunque altro. Non tutto quello che ti dico è una critica. Se vuoi festeggiare il tuo compleanno, lo capisco. Puoi invitare Hermione e Ron per la giornata, e farò i necessari aggiustamenti. Comunque, se non ti comporti bene da qui ad allora, mi riservo la possibilità di cambiare idea”.
“Si aspetta che io sia perfetto per due settimane?” protestò Harry. “Io mi comporto come vuole lei, oppure non li lascia venire? E’ un ricatto”.
“No, è coercizione” rispose Piton. “E per cominciare, potresti aiutarmi a rifornire il laboratorio di Pozioni con gli ingredienti che abbiamo comprato ieri”.
“Vuole che la aiuti?” Harry sollevò lo sguardo, sorpreso. “Pensavo che, dopo quello che è successo, non avrebbe mai voluto che guardassi le pozioni di nuovo, figuriamoci toccarle”.
“Quello che è successo è stato un incidente, un incidente evitabile, ma so che non avevi intenzione di distruggere il mio laboratorio” rispose con calma Piton.
“Ma lei mi ha sc-punito comunque” obiettò Harry.
“Ti ho punito perché mi hai disobbedito. Se avessi scoperto che eri entrato nel magazzino senza danneggiare niente, ti avrei punito comunque”.
“Non così severamente” mormorò Harry, ma pensò che non fosse saggio insistere su quel punto. “Posso scrivere a Ron e Hermione? Gli ho promesso che lo avrei fatto, e non voglio che Ron rubi un’altra macchina volante per venire a vedere come sto”.
“Non potrei essere più d’accordo” disse asciutto Piton. “Scrivi pure ai tuoi amici, ma in nessuna circostanza puoi dirgli dove sei. Non voglio che si sparga la notizia che sei qui, e dovermi svegliare per trovare un’orda di Mangiamorte che colpisce la mia porta”.
“E non vuole rovinarsi la reputazione da cattivo Professore di Pozioni” aggiunse Harry a bassa voce mentre iniziava a mangiare la colazione.

Piton sentì, ma si limitò ad accigliarsi. “Fammi dare un’occhiata a quelle lettere, prima di spedirle. Prometto che terrò per me qualunque pena da teenager tenete come segreto, per quanto tragici e biasimevoli siano”.
“Io ho dei problemi seri” insisté Harry. “Sono più gravi di cose sciocche come l’acne o la paura di sembrare stupidi in classe. Ho dei problemi seri. Davvero, una profezia mi pende sulla testa, e le persone tentato di uccidermi”.
“Quindi non ti preoccupi di trovarti una ragazza?” Piton osservò il suo protetto con uno sguardo indagatore.

Harry si agitò, odiando il fatto che stava diventando rosa. “Beh, non è la mia preoccupazione principale, ma sì, a volte ci penso. Tutti lo fanno, quindi può smettere di sogghignare”.
“Potter e la sua lotta per trovare il vero amore: riesco a vedere i titoloni. Faremo le audizioni per trovare la signorina adatta a vincere il cuore del nostro famoso eroe. Le vedo già adesso: giovani signorine disposte in fila fin dove l’occhio può vedere”.
“Basta” Harry faceva del suo meglio per non diventare ancora più rosso. Non gli dava fastidio quando erano i suoi amici a prenderlo in giro sulle ragazze, ma gli sguardi consapevoli di Piton gli facevano venir voglia di nascondere la faccia. Il professore sembrava sapere troppo di quello che Harry aveva in testa, perché lui si sentisse a suo agio. E se Piton avesse scoperto del suo goffo bacio con Cho? L’idiota non lo avrebbe più lasciato in pace.
“Qualunque cosa tu stia pensando deve essere interessante, perché ti ha fatto diventare rosso come un pomodoro” osservò Piton. “Se i tuoi pensieri sono così indecenti, ti consiglio di tenerli per te, o li troverai nuovamente sui giornali”.
“Posso mandare una lettera a Hogwarts?” disse Harry all’improvviso, desiderando disperatamente cambiare argomento.
“No” rispose Piton con durezza. “Qualunque cosa vuoi dire a Silente, puoi dirla a me, e io passerò l’informazione a lui. E’ molto impegnato, e non lascerò che sprechi il suo tempo con le tue lagne”.
“No, non a lui. C’è un elfo domestico che lavora lì, l’ho liberato dai Malfoy. E’ nelle cucine, ma mi fa piacere andare a trovarlo ogni tanto. Vorrà avere mie notizie, quindi posso mandargli un biglietto?”
“Purché lo veda prima che tu lo mandi” annuì Piton. “E non farti venire l’idea di liberare i miei elfi domestici. Ne ho bisogno per far andare avanti la casa, e mi sembra di essere un padrone molto giusto”.

Harry mangiò in silenzio per qualche minuto. Piton sembrava sempre di buonumore. Non gli avrebbe fatto male provare a chiedere.
“Se stamattina la aiuto, posso andare a volare oggi pomeriggio? Prometto di rimanere all’interno delle protezioni”.

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Verso le due del pomeriggio, Harry portò la scopa sul sentiero di ghiaia e osservò il cielo. Era nuvoloso, ma il sole faceva capolino da alcune nuvole, e il vento era caldo e forte. Condizioni perfette per volare.
Harry salì sulla scopa e scalciò per darsi lo slancio. Erano passate diverse settimane dall’ultima volta in cui aveva cavalcato una scopa; in effetti, non ne aveva cavalcata una dalla morte di Sirius. Si staccò da terra e salì rapidamente verso il cielo. Amava vedere la terra sotto di lui. Volava sempre più in alto. Nulla di ciò che era sulla terra aveva importanza: era libero di librarsi nei cieli, salire fino a toccare le nuvole.

Una volta che fu abbastanza in alto, volò sulle cime degli alberi, sfiorando i rami più alti. La distesa di alberi continuava, finché Harry fu certo di aver percorso dei chilometri. A un certo punto, gli alberi cessavano improvvisamente, e si apriva una radura spaziosa, che portava a un enorme maniero. Era una casa scura che incombeva come un fantasma, con archi gotici e finestre vuote che sembravano osservare minacciosamente. Harry fece rallentare la scopa, mentre raggiungeva gli ultimi alberi. La proprietà era molto tranquilla, e non vedeva nessuno.
Appena raggiunse gli ultimi alberi, sentì la barriera. Era un sottile formicolio che lo percorreva come corrente elettrica, e un lieve scampanellio gli riempì le orecchie. Harry voltò la scopa, e il formicolio e lo scampanellio cessarono improvvisamente. Si avvicinò di nuovo alla barriera, lentamente. Spingendosi leggermente più avanti di prima. Il formicolio divenne una scossa decisa, e lo scampanellio si fece acuto.

Harry arretrò e tornò a volare verso Snapdragon Manor.

Almeno adesso sapeva dove era Malfoy Manor e come raggiungerla. Ma non aveva senso irrompere nella barriera finché non sarebbe stato pronto a entrare nella casa. E per quello, doveva parlare con Dobby.

Il vento soffiava molto forte, mentre Harry tornava indietro, ma il sole era caldo sul suo volto. Sarebbe stato bello fare un tuffo nel lago. Piton aveva detto che il centro del lago era profondo circa venti piedi. Harry si chiese se fosse pieno di strane creature come il lago di Hogwarts. Non era ancora sicuro di come si era sentito con quelle sirene che nuotavano sotto la superficie.

Più tardi avrebbe scritto le lettere. Voleva scrivere a Ron e Hermione e vedere se potevano passare insieme il giorno del suo compleanno. Ovviamente, sarebbe stata solo fortuna avere intorno Piton come un gigantesco pipistrello durante il suo compleanno. Piton che impediva di cantare “Buon compleanno” (“un’attività senza alcuno scopo”), Piton che costringeva Harry a restituire tutti i regali (“Non hai bisogno di regali, sei già abbastanza viziato”), Piton che toglieva a Harry la sua fetta di torta (“Niente zucchero, per te, Potter, o rimbalzerai contro i muri”). E tutti sarebbero tornati a casa presto, impazienti di allontanarsi dall’uomo che rovinava le feste di compleanno.

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Piton stava sistemando l’ultimo degli ingredienti per le pozioni sullo scaffale più alto, quando sentì suonare l’allarme nel suo studio. Era un suono basso, che significava che le barriere venivano messe alla prova. Piton lo ignorò: probabilmente Potter ci era finito contro per sbaglio. Poi l’allarme suonò di nuovo, questa volta con un forte rimbombo, come se un bambino di due anni stesse sbattendo delle pentole una contro l’altra.
Piton appoggiò pesantemente sullo scaffale un barattolo di alluci di troll imbalsamati e si diresse nel suo studio. Quando vi arrivò, l’allarme aveva smesso di suonare, ma questo non gli impedì di guardare la miniatura della proprietà. Alla fine degli alberi, accanto alla proprietà dei Malfoy, si era accesa una piccola luce gialla. Non era una luce rossa: quella avrebbe significato che Potter era uscito dalla proprietà.

Piton andò rabbiosamente alla finestra e la aprì. Sapeva che avrebbe dovuto sistemare una protezione più resistente. Silente aveva suggerito la barriera più debole, ricordando a Piton che a Harry non piaceva sentirsi prigioniero. Se Piton avesse avuto possibilità di scelta, avrebbe preparato una protezione che avrebbe risputato Potter direttamente nel suo studio, nel momento esatto in cui il marmocchio la attraversava. E Piton se la sarebbe vista con lui in quell’istante.

Una macchia di colore passò davanti alla finestra, e Piton arretrò, rischiando per poco di essere colpito. Rimase a osservare mentre la dannazione della sua esistenza volava sopra al lago. Con il vento che gli scompigliava i capelli e la luce del sole che gli illuminava il volto, Potter sembrava proprio suo padre.
La stessa incoscienza a bordo della scopa, lo stesso modo di volare sciolto, sempre come se si trovasse in cima al mondo mentre si destreggiava. Sarebbe stato un miracolo se Potter e la sua scopa fossero sopravvissuti all’estate.

E adesso il ragazzo cercava di stare in piedi su quella dannata scopa. Potter era in piedi sulla scopa con le braccia tese per bilanciarsi. Accidenti a lui!
Piton si Smaterializzò all’esterno, ma sapeva che era troppo tardi. Il ragazzo era ormai troppo lontano. E in quel momento cadde dalla scopa.
Stava cadendo, cadendo sempre più veloce. E Piton sapeva che non sarebbe riuscito a afferrarlo in tempo.
Ma Potter non sembrava preoccupato. Si rigirò in aria, e mezzo secondo più tardi cadde nel lago, mandando in aria un alto schizzo d’acqua. Piton non aveva avuto neanche il tempo di trattenere il fiato, che Harry già emergeva in superficie, sorridendo e togliendosi l’acqua dagli occhi mentre si muoveva nel lago.

Harry ovviamente non aveva visto Piton, mentre tendeva la mano in aria e afferrava la scopa, che stava sospesa sulla superficie del lago. Harry era tornato sulla scopa e si stava preparando a un altro volo quando Piton urlò: “Potter, torna qui in questo istante!”
Leggermente sgonfiato, Harry volò sul giardino e scese, trotterellando ubbidiente al fianco di Piton. “Che cos’era quello?”
“Quello cosa?” Harry cercò di mostrarsi innocente.
“Sai fin troppo bene cosa. Ti ho per caso detto che potevi nuotare? Ti ho detto che potevi fare giochetti nell’acqua?”
“Non ha neanche detto che non potevo farli” replicò Harry, sentendosi come un bambino piccolo colto mentre faceva una marachella. “E mi sono buttato nel mezzo, dove era abbastanza profondo”. “Come potevi essere certo che non ci fosse un blocco di sabbia proprio lì, pronto a spaccarti l’osso del collo?”
“Sono caduto di piedi”.
“Allora a romperti le gambe! E stavi mettendo alla prova le barriere accanto a Malfoy Manor.”
“Non le ho oltrepassate” protestò Harry, passandosi una mano nei capelli e facendoli stare diritti. “Tu stai lontano da Malfoy Manor” ordinò Piton. “Non vuoi sapere cosa accade lì. Vai nella tua stanza e mettiti degli abiti asciutti. E quando scendi, porta con te un pettine. Ti sistemerò quei capelli una volta per tutte!”

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“Ow!” si lamentò Harry, cercando di allontanarsi. “Mi fa male”.
“Se stessi fermo, non ti farebbe così male” replicò Piton.
“Mi sta portando via lo scalpo” si lamentò Harry, desiderando alzarsi dalla sedia rigida e scomoda.
“I miei capelli stanno bene, li lasci in pace”.
“Ho detto stai fermo” si accigliò Piton, mentre strattonava il pettine fra i capelli neri.
“Mi ha tagliato i capelli. Non è colpa mia se stanno ritti in tutte le direzioni. Li lasci stare e basta”.
Piton mise una mano sulla testa di Harry e appiattì i capelli. Ma appena tolse la mano, i capelli schizzarono su di nuovo. “Smettetela di lottare contro di me: starete giù, in un modo o nell’ altro”.
“Sono i miei capelli. Perché non si preoccupa dei suoi?”
“Perché devo preoccuparmi dei tuoi” sbottò Piton, attaccando nuovamente i capelli di Harry con il pettine. “L’eroe del mondo magico non dovrebbe camminare impettito come se fosse appena rotolato fuori dal letto senza preoccuparsi di pettinarsi”.
“Oh, andiamo” Harry incrociò le braccia, cercando di non trasalire mentre i denti del pettine rastrellavano nuovamente la sua testa. “Lei non vuole che assomigli a mio padre. Non che la incolpi di questo, ma sono suo figlio, quindi è normale che gli assomigli un po’ – owww!”
“Se non riesco a farli stare per bene, ti raserò la testa” minacciò Piton, come se questo servisse a far stare giù i capelli di Harry. “Oppure preparerò una pozione che ti farà stare i capelli così piatti che sembreranno incollati alla testa”.
“Che fortuna” borbottò Harry. Si chiese cosa sarebbe successo se avesse provato a sistemare i capelli di Piton o a raderli. Probabilmente ancora un periodo da passare nell’angolo. Almeno Piton non aveva portato avanti la promessa di quella mattina di lavargli la bocca con il sapone.
Piton immerse un’altra volta il pettine nell’acqua e cercò un’ultima volta di appiattire i capelli di Harry con l’acqua. Completamente inzuppati, i capelli rimasero piatti per qualche secondo, ma piccoli gruppi schizzarono subito su con aria inquisitoria, come se non potessero sopportare di stare fermi e tranquilli.
“I tuoi capelli sono come te” brontolò Piton, profondamente seccato.
“I miei capelli sono me” ribatté Harry. “Ma se la rende felice, cercherò di avere pensieri obbedienti per vedere se aiuta”.
“Proverò di nuovo stasera” rinunciò finalmente Piton, per il momento. “Forse se ci dormi sopra una volta che sono piatti, resteranno così”.
Harry non ebbe il coraggio di dire a Piton che era più probabile che lui venisse eletto il professore più attraente di Hogwarts.
“Vai a scrivere le tue lettere” lo indirizzò Piton. “Poi inizia a leggere il primo capitolo del libro di Trasfigurazione. Ho in programma di farti delle domande su quello che hai letto, alla fine della settimana. Guarderò quelle lettere a cena”.

Harry scrisse prima la lettera per Ron. Parlò di Quidditch, dei libri che stava leggendo e delle speranze che aveva per il prossimo anno di scuola. Praticamente di tutto tranne ciò di cui Harry avrebbe davvero voluto parlare: il fatto che viveva con Piton. Forse ci sarebbe stato un modo di mettere l’informazione in codice, come un anagramma o qualcosa di simile. No, conoscendo Ron, non ci sarebbe arrivato, mentre Piton sicuramente sì; e avrebbe iniziato a inveire contro gli stupidi Grifondoro che non riescono a seguire semplici istruzioni su come scrivere una lettera.

La lettera di Hermione fu più facile; Harry parlò più che altro di libri e studi. Si chiese cosa sarebbe successo se le avesse detto di essere giunto alla conclusione che i compiti e la scuola erano una gran perdita di tempo. Probabilmente gli avrebbe inviato una Strillettera. Gli mancava: sarebbe sicuramente stata capace di memorizzare il primo capitolo del libro di Trasfigurazione e di non tirarsi indietro all’idea di essere interrogata da Piton.

Appena Harry ebbe firmato la lettera per Hermione e preso un nuovo foglio per quella di Dobby, trasalì all’idea di essere interrogato da Piton sui suoi studi.

Harry ricordava cosa leggeva (quando si prendeva il disturbo di leggerlo), ma non sarebbe mai riuscito a sputare fuori le parole abbastanza in fretta da soddisfare Piton. E gli sguardi minacciosi del professore, e i suoi movimenti improvvisi non aiutavano Harry a pensare meglio.

Comunque, finché riusciva a rispondere più in fretta di Neville, si sentiva tranquillo. Piton trasformava Neville in un nervoso, tremolante ammasso di gelatina; e Harry vedeva la paura nei suoi occhi, ogni volta che si avvicinavano all’aula di Pozioni. Harry si ripropose mentalmente di chiedere di questo a Piton, più tardi.
Prendendo la penna, rifletté su cosa scrivere a Dobby. Doveva essere qualcosa capace di allertare il piccolo elfo domestico, ma allo stesso tempo senza insospettire Piton.


Caro Dobby,

spero che ti stia godendo la tua estate a Hogwarts. Mi piacerebbe sapere se hai fatto nuovi cappelli o se hai aiutato Winky a sentirsi un po’ meglio. Non vedo l’ora di tornare a scuola. Se hai bisogno di qualcosa, qualunque cosa, ti prego di scrivermi. Mi piace avere tue notizie. Se hai bisogno di contattarmi, per favore chiedi a Silente.

Buona fortuna nelle cucine,

Harry


Era quasi sicuramente la peggior lettera mai scritta. Anche Harry si lamentò mentre la rileggeva. Ma avrebbe passato l’ispezione di Piton, e Dobby avrebbe parlato a Silente, e Silente, con un po’ di fortuna, gli avrebbe detto dove si trovava Harry. Ovviamente, Piton sarebbe stato tutt’altro che felice, quando lo avrebbe scoperto; ma forse Harry avrebbe potuto dire a Dobby di incontrarsi in un angolo nascosto della foresta, dove Piton non poteva trovarli.

Fortunatamente, Piton non disse nulla sul contenuto delle lettere, quando le controllò durante la cena, anche se le sue sopracciglia erano sollevate in un’espressione interrogativa. “Le manderò via questa sera” promise Piton. “O se ti piace andare fino a Guferia, puoi farlo tu”.
“Andrò a trovare Edvige” si offrì Harry.
“Se cambi qualcosa nelle lettere, lo saprò” avvertì Piton.
“Per caso succede mai qualcosa che lei non viene a sapere?” brontolò Harry. Sapeva che questi commenti lo avrebbero messo nei guai una volta o l’altra, ma si sentiva meglio dopo averli detti. Era meglio che tenersi tutto dentro e sentirsi sul punto di esplodere.
“Non di solito. No, Potter, mangia quelle verdure nel piatto. Devi mantenerti in salute”.
“Devo prendere le pozioni di vitamine e mangiare verdure?” Harry piantò la forchetta con rabbia in una verdura. “Mi fa mangiare tutto quello che odio”.
“Sì, Potter, in quale altro modo potrei divertirmi? Se ti sento lamentarti di nuovo, mangerai solo verdure per le prossime tre cene”.

Harry mangiò le verdure senza altri commenti, anche se scoccava a Piton diversi sguardi rabbiosi mentre lo faceva.
Quando la cena stava per terminare, e Piton si godeva un bicchiere di brandy mentre Harry ripuliva la ciotola del dolce, il ragazzo chiese: “Perché non le piace Neville?”
Piton lo guardò oltre l’orlo del bicchiere e bevve un sorso prima di rispondere: “in Pozioni è addirittura peggio di te. Non studia. E continua a far saltare in aria le cose”.
“E’ nervoso” precisò Harry. “Lei continua a spaventarlo. Se lei fosse più gentile, non farebbe così tanti sbagli”.
“E se non controllassi affatto la mia classe, andremmo avanti splendidamente” replicò Piton.
“Ma Neville passa dei brutti momenti” insisté Harry. “Sa che cosa è successo ai suoi genitori, e deve vivere con quella terribile nonna severa, e...”
“Sì, so tutto di Neville” Piton sbatté sul tavolo il bicchiere. “E devo dire che sono disgustato dal suo comportamento da vigliacco”.
“Come?” chiese Harry, sbalordito.
“E’ il figlio di Alice Paciock! Dovrebbe avere dentro di sé molto più buonsenso e più fuoco, al posto di quel suo muoversi furtivamente negli angoli, spaventato da chiunque”.
“I suoi genitori sono stati torturati fino alla pazzia” protestò Harry. “vivono al quinto piano del San Mungo”.
“Ogni figlio di Alice Paciock dovrebbe agire con più spirito e atteggiamento di sfida” Piton era irremovibile. “Se l’avessi conosciuta prima, avresti visto il fuoco dentro quella donna: Lily poteva avere la bellezza, ma Alice era inestinguibile. Era viva, raggiante di vita e vivacità. E poi Bellatrix ha osato...” Piton si interruppe, e quando parlò di nuovo, la sua voce era dura. “Porta le tue lettere alla Guferia. Verrò su più tardi per accertarmi che tu sia a letto alle dieci e mezzo”.

Piton si alzò e uscì dalla stanza, lasciando Harry con il cucchiaio in mano e una ciotola del dolce vuota, totalmente sconcertato. Che era successo? Cosa significava? C’era stato qualcosa fra Alice Paciock e Piton? Era impensabile, inimmaginabile: eppure avrebbe spiegato molto.

Harry prese le lettere, ma mentre saliva le scale che portavano alla Guferia, si trovò a desiderare di avere avuto il coraggio di chiedere a Piton ulteriori spiegazioni. Quell’uomo era così dannatamente schivo, non sopportava che le persone curiosassero fra i suoi affari. Non che Harry gliene facesse una colpa, ma trovava terribilmente frustrante non riuscire mai ad avere una risposta diretta. Tutti avevano il proprio punto di vista su ciò che era accaduto in passato. Ora più che mai, Harry avrebbe voluto che i suoi genitori fossero vivi, che gli dicessero cosa pensare. Sarebbe stato così facile se ci fossero stati loro a dirgli cose come “Beh, io la vedo così”, o “A me sembra che” e via dicendo. I ragazzi di solito seguono principalmente le idee dei genitori, e Harry avrebbe apprezzato molto sapere cosa pensare e, di conseguenza, come rispondere.

Edvige lo aveva perdonato; dopo un ultima beccata di rimprovero sulla testa, si calmò e lasciò che Harry la accarezzasse per un po’. Amava sentire le sue soffici piume sotto al sua mano, e il modo in cui lo guardava con i grandi occhi limpidi, come se comprendesse tutti i suoi problemi.
Dopo aver consegnato le lettere a tre gufi diversi, Harry tornò nella sua stanza per leggere un po’. Si rilassò sul letto, steso sullo stomaco, con le scarpe che dondolavano pigramente in aria, e lesse finché sentì l’orologio battere le dieci. Allora si alzò e andò in bagno a prepararsi per la notte.

Quando uscì, Piton lo stava aspettando.
“Cielo” il professore scosse la testa simulando meraviglia, “guarda chi segue la tabella con tanta attenzione. Stai semplicemente facendo il bravo ragazzo, o devo sospettare che tu abbia in mente qualcosa?”
“Molto divertente” disse Harry, mentre entrava a letto. Effettivamente era piacevole andare a letto a un’ora ragionevole, invece di stare sveglio fino a tardi per sgattaiolare in cucina a cercare cibo perché era affamato. E ora che seguiva una tabella, si sentiva piuttosto stanco, alle dieci e mezzo. “Come ti senti?” gli chiese Piton, mentre versava una dose di pozione di vitamine.
“Bene” Harry bevve l’orribile cosa con una smorfia. “Mi fanno male le braccia per aver sollevato tutte quelle scatole e bottiglie per un’ora, ma starò bene”.
“Intendevo emotivamente, anche se penso che una buona notte di sonno aiuterà le tue braccia”.
“Va bene anche in quel senso” Harry si stese sul soffice cuscino. “Non sono il bambinetto emotivo che tutti pensano”.
“Certo” Piton spense le luci. “Beh, buonanotte, allora”.
“Notte, Piton” Harry si voltò su un fianco, abbracciando il cuscino vicino alla testa. Dormiva profondamente, quando un forte pop lo svegliò di soprassalto. Sedendosi, afferrò gli occhiali per vedere cosa stava succedendo.

Dobby era in piedi in fondo al suo letto, con un’espressione preoccupata nei grandi occhi.

  
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