Capitolo
VI
Uscendo
dal complesso di alti edifici, situati ai due lati di una via trafficata che
stavano percorrendo a passo veloce per raggiungere quella che forse era la loro
meta finale, Flavia attraversò correndo la carreggiata e balzò sul marciapiede
fino ad affacciarsi sul muretto frontale, contemplando il paesaggio
circostante.
Non
era pervasa soltanto da un genuino buonumore, ma aveva anche lo stomaco pieno,
di una pesantezza salutare e per nulla fastidiosa.
“Diego,
eccolo!” esclamò, richiamando l’attenzione del cugino, rimasto indietro. “Ecco
l’anima della città, il suo fiume, il terzo più lungo d’Italia!” declamò,
indicandogli il Tevere, che scorreva placido sotto di
loro.
“Sembra un
quadro, guarda! Siamo in uno splendido pomeriggio soleggiato, con l’aria
tranquilla, con l’architettura perfetta dei palazzi intorno a noi, con
l’imponente cupola di San Pietro là in fondo…” mormorò estasiata, immaginando di
tracciarne i contorni con un pennello invisibile, mimando i gesti di un pittore
in procinto di realizzare qualcosa di meraviglioso, di unico e
raro.
Entrambi
sapevano della sua grande passione per l’arte e per il disegno, quindi non se ne
stupirono più di tanto. Mentre Diego le si fermava accanto dandole ragione,
Romano sospirò, sperando che non le balenasse in testa l’idea di controllare
nella borsa per vedere se avesse portato con sé album da disegno, matita e
gomma.
In effetti lei
manifestò il riflesso incondizionato di abbassare la mano verso la cerniera, ma
lui decise che era meglio farla desistere dal suo proposito
artistico.
“Non abbiamo
tempo da perdere, proprio adesso che siamo vicini a quel dannato ponte!” sbottò,
afferrandole il polso sottile e trascinandosela dietro. Flavia non la prese
male, anzi sorrise voltando la testa indietro, verso il
cuginetto.
“Ricordami di
disegnare questo bel paesaggio dopo, okay? Così avrai un felice ricordo della
giornata che abbiamo trascorso insieme!” gli promise
allegramente.
“Insomma, qui
non lo vedo! Dove cavolo si è cacciato? Vuole forse farci penare tutto il
giorno?!” borbottò per l’ennesima volta, irritato.
“Ahi!
Fratellone, stai stringendo troppo, lasciami…” si lamentò l’altra, cercando di
liberarsi dalla sua morsa con la mano libera.
Romano se ne
accorse e mollò la presa, incrociando le braccia al petto e ripetendosi come un
mantra “devo stare calmo, devo stare
calmo” per evitare di raggiungere un esaurimento nervoso con i
fiocchi.
“Ragazzi, penso
che sia meglio cercare un altro indizio, un qualcosa che ci faccia da guida”,
suppose lei, massaggiandosi il polso dolorante. Si guardarono
intorno.
Sopra Ponte
Cavour al momento non stava passando anima viva, l’unico mezzo di trasporto
presente nel loro campo visivo era una carrozza con due cavalli. Sostava a pochi
metri di distanza, sul lato sinistro della strada.
Flavia più di
tutti non riusciva a distogliere lo sguardo da quegli splendidi
esemplari.
Le piacevano
tutti gli animali, tranne ovviamente quelli feroci e pericolosi, e si scioglieva
di fronte a quelli dolci e teneri.
“Veh… Vado a
osservarli da vicino…” mormorò incantata, dirigendosi tranquillamente verso il
calesse.
Diego invece
aveva notato chi vi sedeva sopra, per l’esattezza dietro il cocchiere. Prendendo
Romano da parte gli sussurrò: “Io mi
avvicinerei volentieri a lei. Hai visto che bella signorina, cugino?”.
“Già… Devo ammettere che hai ragione. Però
non credo sia qui per puro caso, secondo me sta aspettando qualcuno. E
conoscendo tuo padre, scommetto che si conoscono”, ragionò
sottovoce.
“Ne sei sicuro?”.
“No, ma non abbiamo alternative, arrivati a
questo punto”, replicò con un
debole sospiro, mentre Diego raggiungeva sua sorella.
Flavia stava
allungando la mano destra per accarezzare il fianco bruno di uno dei due
cavalli, quando una voce femminile pronunciò il suo nome e
cognome.
“Flavia Vargas?”
domandò la giovane donna seduta sul calesse, la bella signorina che il cugino e il
fratello avevano inquadrato prima di lei.
Le parve una
persona raffinata, composta ed elegante prima ancora di
conoscerla.
“Non mi sbaglio,
vero?” chiese seria, vedendo che l’altra la fissava alquanto
perplessa.
“Come…? N-no,
non sbagli, sono proprio io”.
“Bene. Vostro
zio mi ha parlato spesso e molto bene di lei, la sua adorata nipotina…” la
informò senza mutare espressione. Flavia invece si sentì
sollevata.
“Conosci zio
Giulio? Sai dove posso trovarlo? E comunque non c’è bisogno di essere così
formali, dammi del tu, signorina…?” esitò poiché non sapeva come
chiamarla.
“Oui. Je m’appelle Caroline. Io vengo da
Monaco, il Principato di Monaco per essere più precisi”, rispose prontamente
lei.
“Ooh… Capisco!
Quindi parli due lingue?”.
“Oui”.
“Affascinante…”
s’intromise Diego, come se fosse appena comparso accanto alla carrozza, discreto
e in silenzio. “Sei la prima monegasca che incontro e già mi hai colpito, chérie”.
Caroline gli
rivolse un’occhiata annoiata.
“Deduco che sia
tu il figlio del mio capo. Il tuo atteggiamento è abbastanza rivelatore”,
replicò piatta, per poi spiegarsi meglio. “Il signor Vargas sapeva che prima o
poi avreste raggiunto questo preciso luogo e ha incaricato me, la sua
assistente, di condurvi attraverso la città fin dove abbiamo
stabilito”.
“Non sei la
stessa assistente che mi ha presentato una volta…” ricordò Diego, assottigliando
pensoso lo sguardo.
“Questo perché
lavoriamo insieme da due anni. Non ho idea di chi abbia assunto prima di me,
onestamente non mi riguarda”, precisò. Poi qualcuno si fece bruscamente
sentire.
“Sai dirmi che
cosa vuole da noi? Perché non si è fatto vedere subito, invece di organizzare
tutto questo?”.
“Non essere così
scortese, fratellone. Caroline ha detto che ci porterà da lui e io mi fido della
sua parola”.
“Non c’è
problema. Una vera mademoiselle
rimane ferma e composta qualunque cosa accada”.
“Allora che
aspettiamo cugini? Per me possiamo anche andare!” suggerì divertito Diego, che
aveva approfittato della breve discussione per occupare il posto accanto alla
giovane straniera.
Romano
acconsentì controvoglia e Flavia fu molto felice di unirsi a loro, seguita a
ruota dall’imbronciato della situazione. Erano in quattro, quindi c’era posto
sufficiente per godersi comodamente e piacevolmente il
tragitto.
Il cocchiere,
seduto sul sedile nella parte anteriore, aveva atteso pazientemente prima di
impartire l’ordine ai suoi cavalli, muovendo fermamente le redini per guidare il
mezzo antiquato.
Frattanto
Caroline aveva afferrato una valigetta, la stessa che le aveva affidato
l’archeologo, dalla quale prese una fotografia in buone condizioni e la porse
alla ragazza. Flavia la riconobbe immediatamente: risaliva all’anno precedente e
la ritraeva a una mostra di pittura. L’aveva spedita allo zio insieme a una
lettera.
“Questa è la
prova che non vi sto prendendo in giro. Se volete tengo anche gli appunti di
vostro zio”.
“Non è
necessario”, puntualizzò, passando la sua foto al fratello sospettoso. “Sono
certa che Romano non volesse davvero dubitare di te”.
“Oggi Romi si è
stancato. Dovete capire che sta invecchiando…” lo giustificarono, chi in un modo
chi in un altro. Il diretto interessato sgranò gli occhi, soprattutto per
l’ultima parola.
“Cosa?
Invecchiando?!” borbottò, ammaccando leggermente l’istantanea. “Ringrazia che
non siamo soli, altrimenti ti avrei già scaraventato giù dalla carrozza,
insolente!”.
Vedendo che la
sorellina e il cugino ridevano complici, lui si schiarì la voce e provò a
calmarsi. Decisamente quella era una giornata in cui non tollerava nemmeno le
battute più innocue.
“Chiedo scusa
per il mio comportamento impulsivo, signorina assistente”, mormorò poi,
apprezzando che la donna con gli occhiali non si fosse fatta contagiare dalle
risate spensierate degli altri due e restituendole la fotografia. “Quando lo
incontrerò, gli rivolgerò personalmente i miei dubbi”.
“Scuse
accettate”, replicò, portandosi una ciocca chiara dietro l’orecchio. “Piuttosto,
ne avrei uno per te e per Flavia…”.
Entrambi le
rivolsero un’occhiata incuriosita, mentre Diego finiva di ridacchiare
sommessamente.
“C’è un ricordo
particolare legato a quel ponte?”.
Infatti si
stavano via via allontanando da Ponte Cavour, dalle sue cinque arcate in
muratura e dalla sua altezza ideale per i tuffi estivi.
Fu Flavia a
rispondere senza pensarci due volte.
“Un giorno,
quando ero piccola, passavamo da queste parti e gli stavo mostrando un semplice
disegno che avevo fatto apposta per lui, prima che partisse per uno dei suoi
lunghi viaggi. Ricordo che per colpa di un forte vento improvviso mi era volato
dalle manine e questo mi aveva fatto piangere. Allora zio Giulio mi aveva preso
in braccio e mi aveva consolato dicendo che sarei stata perfettamente in grado
di realizzarne un altro più bello”.
“E non è stato
l’unico. Da allora mia sorella ha continuato a disegnare e non ha più smesso…”
commentò Romano.
“Poi sappiamo
che Cavour è stato uno degli artefici dell’Unità d’Italia. Camillo Benso, conte
di Cavour. Lo zio ci ha sempre raccomandato di studiare e di tenere a mente
tutta la nostra storia, quindi non è stato difficile arrivarci, vero?” chiarì
Flavia, sorridendo lieta mentre cercava la mano del fratello per stringerla
nella propria.
Caroline annuì
piano, soddisfatta di come le aveva risposto. Quando però sentì lo sguardo
attento di Diego fisso su di sé, si voltò appena verso di
lui.
“Non è che
avresti una domanda anche per me? Magari riuscirò a farti sorridere…” provò ad
attaccare bottone.
“Davvero?”
mostrò un lievissimo accenno di sorriso, senza scomporsi di più. “Allora… Cosa
pensi del gioco d’azzardo?” chiese interessata.
Non per farlo
apposta, ma era uno degli argomenti che più l’affascinavano in tutto il
mondo.
Una vera e
propria passione, come quella appurata di Flavia per il disegno, dal momento che
aveva solo finto di non
sapere tale dettaglio.
E Caroline
aspettò, attese di vedere se lui avrebbe risposto oppure no, constatando che era
una ragazza troppo complicata per i suoi gusti, come già in molti le avevano
riferito in passato.
Non sapeva
ancora che di lì a poco Diego l’avrebbe lasciata di
stucco.
Continua…
***
Buonasera a
tutti! *O buongiorno. Dipende da quando leggerete queste note ^_^*
Questo è un
capitolo di transizione, quindi alla fine ho deciso di lasciarlo così com’è e di
non farvi attendere oltre x’D
Il prossimo
capitolo (che arriverà a maggio come stabilito) non sarà solo l’ultimo della
storia, ma anche il più lungo, quello in cui si concluderà il tour dei nostri
eroi (?) e verranno fuori tutti i chiarimenti del
caso.
E se mi sarà
possibile, a giugno aggiungerò anche un piccolo epilogo
=)
Oggi non mi
dilungo, lascio tutte le spiegazioni e i ringraziamenti alla prossima volta.
Baci,
Rina