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Autore: Rinalamisteriosa    12/04/2014    1 recensioni
[La famiglia italiana]
- Minilong AU | Presenza di Fem!Nord Italia | Accennini SeboMona -
“Davvero? Possiamo sapere come mai?” domandò perplessa Flavia, guardandola confusa.
Romano invece sgranò gli occhi, certo di aver capito male. Niente lavoro per lui… Possibile?
Assunta annuì. “Avrete tutta la mattina per prepararvi: alle undici in punto dovrete essere all'aeroporto di Roma Ciampino. Mentre dormivate, ha telefonato Giulio e ha chiesto espressamente che andiate ad accogliere vostro cugino Diego. È tutto chiaro?” s’interruppe, per accertarsi che la notizia fosse stata recepita a dovere dai figli.
Assistette a due reazioni completamente opposte.

(...)
“Non potrei desiderare di meglio. In famiglia siamo delle brave persone e ci vogliamo tanto bene!”.
“Tu la metti sempre su un piano troppo sdolcinato per i miei gusti”

**Dedicata a SunliteGirl**
Genere: Commedia, Generale, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Antica Roma, Nord Italia/Feliciano Vargas, Principato di Seborga, Sud Italia/Lovino Vargas
Note: AU | Avvertimenti: Gender Bender
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Capitolo VI

 

 

 

 

 

Uscendo dal complesso di alti edifici, situati ai due lati di una via trafficata che stavano percorrendo a passo veloce per raggiungere quella che forse era la loro meta finale, Flavia attraversò correndo la carreggiata e balzò sul marciapiede fino ad affacciarsi sul muretto frontale, contemplando il paesaggio circostante.

Non era pervasa soltanto da un genuino buonumore, ma aveva anche lo stomaco pieno, di una pesantezza salutare e per nulla fastidiosa.

“Diego, eccolo!” esclamò, richiamando l’attenzione del cugino, rimasto indietro. “Ecco l’anima della città, il suo fiume, il terzo più lungo d’Italia!” declamò, indicandogli il Tevere, che scorreva placido sotto di loro.

“Sembra un quadro, guarda! Siamo in uno splendido pomeriggio soleggiato, con l’aria tranquilla, con l’architettura perfetta dei palazzi intorno a noi, con l’imponente cupola di San Pietro là in fondo…” mormorò estasiata, immaginando di tracciarne i contorni con un pennello invisibile, mimando i gesti di un pittore in procinto di realizzare qualcosa di meraviglioso, di unico e raro.

Entrambi sapevano della sua grande passione per l’arte e per il disegno, quindi non se ne stupirono più di tanto. Mentre Diego le si fermava accanto dandole ragione, Romano sospirò, sperando che non le balenasse in testa l’idea di controllare nella borsa per vedere se avesse portato con sé album da disegno, matita e gomma.

In effetti lei manifestò il riflesso incondizionato di abbassare la mano verso la cerniera, ma lui decise che era meglio farla desistere dal suo proposito artistico.

“Non abbiamo tempo da perdere, proprio adesso che siamo vicini a quel dannato ponte!” sbottò, afferrandole il polso sottile e trascinandosela dietro. Flavia non la prese male, anzi sorrise voltando la testa indietro, verso il cuginetto.

“Ricordami di disegnare questo bel paesaggio dopo, okay? Così avrai un felice ricordo della giornata che abbiamo trascorso insieme!” gli promise allegramente.

 

 

“Insomma, qui non lo vedo! Dove cavolo si è cacciato? Vuole forse farci penare tutto il giorno?!” borbottò per l’ennesima volta, irritato.

“Ahi! Fratellone, stai stringendo troppo, lasciami…” si lamentò l’altra, cercando di liberarsi dalla sua morsa con la mano libera.

Romano se ne accorse e mollò la presa, incrociando le braccia al petto e ripetendosi come un mantra “devo stare calmo, devo stare calmo” per evitare di raggiungere un esaurimento nervoso con i fiocchi.

“Ragazzi, penso che sia meglio cercare un altro indizio, un qualcosa che ci faccia da guida”, suppose lei, massaggiandosi il polso dolorante. Si guardarono intorno.

Sopra Ponte Cavour al momento non stava passando anima viva, l’unico mezzo di trasporto presente nel loro campo visivo era una carrozza con due cavalli. Sostava a pochi metri di distanza, sul lato sinistro della strada.

Flavia più di tutti non riusciva a distogliere lo sguardo da quegli splendidi esemplari.

Le piacevano tutti gli animali, tranne ovviamente quelli feroci e pericolosi, e si scioglieva di fronte a quelli dolci e teneri.

“Veh… Vado a osservarli da vicino…” mormorò incantata, dirigendosi tranquillamente verso il calesse.

Diego invece aveva notato chi vi sedeva sopra, per l’esattezza dietro il cocchiere. Prendendo Romano da parte gli sussurrò: “Io mi avvicinerei volentieri a lei. Hai visto che bella signorina, cugino?.

Già… Devo ammettere che hai ragione. Però non credo sia qui per puro caso, secondo me sta aspettando qualcuno. E conoscendo tuo padre, scommetto che si conoscono, ragionò sottovoce.

Ne sei sicuro?.

No, ma non abbiamo alternative, arrivati a questo punto, replicò con un debole sospiro, mentre Diego raggiungeva sua sorella.

 

 

Flavia stava allungando la mano destra per accarezzare il fianco bruno di uno dei due cavalli, quando una voce femminile pronunciò il suo nome e cognome.

“Flavia Vargas?” domandò la giovane donna seduta sul calesse, la bella signorina che il cugino e il fratello avevano inquadrato prima di lei.

Le parve una persona raffinata, composta ed elegante prima ancora di conoscerla.

“Non mi sbaglio, vero?” chiese seria, vedendo che l’altra la fissava alquanto perplessa.

“Come…? N-no, non sbagli, sono proprio io”.

“Bene. Vostro zio mi ha parlato spesso e molto bene di lei, la sua adorata nipotina…” la informò senza mutare espressione. Flavia invece si sentì sollevata.

“Conosci zio Giulio? Sai dove posso trovarlo? E comunque non c’è bisogno di essere così formali, dammi del tu, signorina…?” esitò poiché non sapeva come chiamarla.

Oui. Je m’appelle Caroline. Io vengo da Monaco, il Principato di Monaco per essere più precisi”, rispose prontamente lei.

“Ooh… Capisco! Quindi parli due lingue?”.

Oui”.

“Affascinante…” s’intromise Diego, come se fosse appena comparso accanto alla carrozza, discreto e in silenzio. “Sei la prima monegasca che incontro e già mi hai colpito, chérie”.

Caroline gli rivolse un’occhiata annoiata.

“Deduco che sia tu il figlio del mio capo. Il tuo atteggiamento è abbastanza rivelatore”, replicò piatta, per poi spiegarsi meglio. “Il signor Vargas sapeva che prima o poi avreste raggiunto questo preciso luogo e ha incaricato me, la sua assistente, di condurvi attraverso la città fin dove abbiamo stabilito”.

“Non sei la stessa assistente che mi ha presentato una volta…” ricordò Diego, assottigliando pensoso lo sguardo.

“Questo perché lavoriamo insieme da due anni. Non ho idea di chi abbia assunto prima di me, onestamente non mi riguarda”, precisò. Poi qualcuno si fece bruscamente sentire.

“Sai dirmi che cosa vuole da noi? Perché non si è fatto vedere subito, invece di organizzare tutto questo?”.

“Non essere così scortese, fratellone. Caroline ha detto che ci porterà da lui e io mi fido della sua parola”.

“Non c’è problema. Una vera mademoiselle rimane ferma e composta qualunque cosa accada”.

“Allora che aspettiamo cugini? Per me possiamo anche andare!” suggerì divertito Diego, che aveva approfittato della breve discussione per occupare il posto accanto alla giovane straniera.

Romano acconsentì controvoglia e Flavia fu molto felice di unirsi a loro, seguita a ruota dall’imbronciato della situazione. Erano in quattro, quindi c’era posto sufficiente per godersi comodamente e piacevolmente il tragitto.

Il cocchiere, seduto sul sedile nella parte anteriore, aveva atteso pazientemente prima di impartire l’ordine ai suoi cavalli, muovendo fermamente le redini per guidare il mezzo antiquato.

Frattanto Caroline aveva afferrato una valigetta, la stessa che le aveva affidato l’archeologo, dalla quale prese una fotografia in buone condizioni e la porse alla ragazza. Flavia la riconobbe immediatamente: risaliva all’anno precedente e la ritraeva a una mostra di pittura. L’aveva spedita allo zio insieme a una lettera.

“Questa è la prova che non vi sto prendendo in giro. Se volete tengo anche gli appunti di vostro zio”.

“Non è necessario”, puntualizzò, passando la sua foto al fratello sospettoso. “Sono certa che Romano non volesse davvero dubitare di te”.

“Oggi Romi si è stancato. Dovete capire che sta invecchiando…” lo giustificarono, chi in un modo chi in un altro. Il diretto interessato sgranò gli occhi, soprattutto per l’ultima parola.

“Cosa? Invecchiando?!” borbottò, ammaccando leggermente l’istantanea. “Ringrazia che non siamo soli, altrimenti ti avrei già scaraventato giù dalla carrozza, insolente!”.

Vedendo che la sorellina e il cugino ridevano complici, lui si schiarì la voce e provò a calmarsi. Decisamente quella era una giornata in cui non tollerava nemmeno le battute più innocue.

“Chiedo scusa per il mio comportamento impulsivo, signorina assistente”, mormorò poi, apprezzando che la donna con gli occhiali non si fosse fatta contagiare dalle risate spensierate degli altri due e restituendole la fotografia. “Quando lo incontrerò, gli rivolgerò personalmente i miei dubbi”.

“Scuse accettate”, replicò, portandosi una ciocca chiara dietro l’orecchio. “Piuttosto, ne avrei uno per te e per Flavia…”.

Entrambi le rivolsero un’occhiata incuriosita, mentre Diego finiva di ridacchiare sommessamente.

“C’è un ricordo particolare legato a quel ponte?”.

Infatti si stavano via via allontanando da Ponte Cavour, dalle sue cinque arcate in muratura e dalla sua altezza ideale per i tuffi estivi.

Fu Flavia a rispondere senza pensarci due volte.

“Un giorno, quando ero piccola, passavamo da queste parti e gli stavo mostrando un semplice disegno che avevo fatto apposta per lui, prima che partisse per uno dei suoi lunghi viaggi. Ricordo che per colpa di un forte vento improvviso mi era volato dalle manine e questo mi aveva fatto piangere. Allora zio Giulio mi aveva preso in braccio e mi aveva consolato dicendo che sarei stata perfettamente in grado di realizzarne un altro più bello”.

“E non è stato l’unico. Da allora mia sorella ha continuato a disegnare e non ha più smesso…” commentò Romano.

“Poi sappiamo che Cavour è stato uno degli artefici dell’Unità d’Italia. Camillo Benso, conte di Cavour. Lo zio ci ha sempre raccomandato di studiare e di tenere a mente tutta la nostra storia, quindi non è stato difficile arrivarci, vero?” chiarì Flavia, sorridendo lieta mentre cercava la mano del fratello per stringerla nella propria.

Caroline annuì piano, soddisfatta di come le aveva risposto. Quando però sentì lo sguardo attento di Diego fisso su di sé, si voltò appena verso di lui.

“Non è che avresti una domanda anche per me? Magari riuscirò a farti sorridere…” provò ad attaccare bottone.

“Davvero?” mostrò un lievissimo accenno di sorriso, senza scomporsi di più. “Allora… Cosa pensi del gioco d’azzardo?” chiese interessata.

Non per farlo apposta, ma era uno degli argomenti che più l’affascinavano in tutto il mondo.

Una vera e propria passione, come quella appurata di Flavia per il disegno, dal momento che aveva solo finto di non sapere tale dettaglio.

E Caroline aspettò, attese di vedere se lui avrebbe risposto oppure no, constatando che era una ragazza troppo complicata per i suoi gusti, come già in molti le avevano riferito in passato.

Non sapeva ancora che di lì a poco Diego l’avrebbe lasciata di stucco.

 

 

Continua…

 

 

 

 

 

***

Buonasera a tutti! *O buongiorno. Dipende da quando leggerete queste note ^_^*

Questo è un capitolo di transizione, quindi alla fine ho deciso di lasciarlo così com’è e di non farvi attendere oltre x’D

Il prossimo capitolo (che arriverà a maggio come stabilito) non sarà solo l’ultimo della storia, ma anche il più lungo, quello in cui si concluderà il tour dei nostri eroi (?) e verranno fuori tutti i chiarimenti del caso.

E se mi sarà possibile, a giugno aggiungerò anche un piccolo epilogo =)

Oggi non mi dilungo, lascio tutte le spiegazioni e i ringraziamenti alla prossima volta.

 

Baci,

Rina

 

 

 

  
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