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Autore: Kicchina    13/04/2014    3 recensioni
[Ace!AoKaga - Asexual!Aomine/Kagami]
"Il campo in cui si trovavano era vecchio e malandato. Erba spuntava dalle crepe nell'asfalto e la rete di confine stava in piedi probabilmente per miracolo, ma i canestri riuscivano a reggere la forza delle loro schiacciate senza particolari problemi, e a loro tanto bastava. Che il campo fosse vecchio, alla fine, non era altro se non una garanzia quasi totale di trovarlo libero in qualsiasi momento della giornata.
Quel pomeriggio nello specifico, comunque, faceva talmente caldo che solo due folli come loro si sarebbero messi a fare sport volontariamente, quindi la scelta del campo era stata dettata più dall'abitudine che altro."
Genere: Generale, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Daiki Aomine, Taiga Kagami, Tetsuya Kuroko
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Word Count: 11.357
Ship: AoKaga (Aomine/Kagami)
Tag Aggiuntive: Asexual Relationship; Minor Original Character
Note dell'Autore: Ci sono alcune cose che voglio dire per questa fic. La prima, è che CRISTO è la fic più lunga io abbia scritto in vita mia, è più del doppio più lunga di quella che era la più lunga prima che scrivessi questa, che diamine. È un mostro, non è una fic. Anche per questo non l'ho MAI letta tutta di fila, perché non ne ho avuto il tempo cavoli. Potrebbero esserci TANTI errori dato che non è stata betata, chiedo scusa.
La seconda, come ho già detto questa fic parla di una relazione asessuale. Ho fatto un sacco di ricerche per scriverla il più accuratamente possibile, ma sono comunque umana e in quanto tale potrei non aver capito una mazza, mi scuso se quello è il caso. La giustificazione alla fic è che questi due vengono sempre trattati come due conigli e, per quanto mi piacciano anche così, per una volta volevo vederli romantici e basta. Per essere lunga oltre undicimila parole al suo interno succede ben poco, in realtà. Si parla soprattutto di Kagami che cerca di capire che razza di relazione ha con quel cretino di Aomine e come la cosa gli cambi la vita. In fondo, è molto introspettiva. Credo possa essere considerata vagamente fluff, e in totale ci sono BEN DUE BACI WOAH forse dovrei segnarla come rating rosso omfg
No, tornando seri, la terza ed ultima cosa che volevo dire è che in questa fic, in linea generale, c'è molto Kuroko. Fa un po' grillo parlante ed angelo custode di questi due idioti, e viene generalmente esasperato un sacco. La sua presenza è dovuta al fatto che non riesco ad immaginare Kagami senza Kuroko, che posso farci.
So che ormai vi siete rotti di sentirmi parlare, ma ci sono un paio di cose da aggiungere. Le scriverò a fine fic, sono solo precisazioni.

 

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Il momento in cui Kagami si accorse che la relazione tra lui e Aomine non era esattamente definibile come semplice amicizia e rivalità si presentò un pomeriggio dell'estate in cui entrambi avrebbero compiuto diciotto anni; l'aria era a dir poco soffocante a causa dell'afa, i loro corpi erano impregnati di sudore e stavano, nemmeno a dirlo, giocando a basket.

Il campo in cui si trovavano era vecchio e malandato. Erba spuntava dalle crepe nell'asfalto e la rete di confine stava in piedi probabilmente per miracolo, ma i canestri riuscivano a reggere la forza delle loro schiacciate senza particolari problemi, e a loro tanto bastava. Che il campo fosse vecchio, alla fine, non era altro se non una garanzia quasi totale di trovarlo libero in qualsiasi momento della giornata.

Quel pomeriggio nello specifico, comunque, faceva talmente caldo che solo due folli come loro si sarebbero messi a fare sport volontariamente, quindi la scelta del campo era stata dettata più dall'abitudine che altro.

Si erano incontrati la mattina, subito dopo aver finito gli allenamenti con le rispettive squadre (Aomine ormai partecipava regolarmente, anche se la ragione non era tanto vera e propria forza di volontà quanto più il fatto che Kagami aveva promesso di interrompere i loro incontri uno-contro-uno in caso contrario), avevano mangiato, bevuto, ripreso le forze assieme, e la partita era iniziata. Le uniche interruzioni erano state per reidratarsi e, come al solito, litigare per ragioni più che infantili, e per questo motivo, ormai quattro ore dopo, entrambi si sentivano praticamente sfiniti.

Il primo a cedere, comunque, fu Aomine.

“Basta, pausa,” ansimò, poggiando le mani sulle ginocchia e piegandosi in avanti, cercando di recuperare fiato.

“Anco...ancora una volta! Solo una!”

Kagami non era messo meglio di lui. Aveva la maglia talmente pregna di sudore da essere ormai passata da grigia a nera, era affannato e stava usando tutta la sua forza solo per reggersi in piedi. Aomine lo guardò con occhi sgranati.

“Mi prendi in giro? Sono tre ore che dici ancora una! Per te è sempre ancora una!”

“Ma sei quattro punti avanti a me!”

“E continuare non farebbe altro che aumentarli!”

Kagami puntò un dito contro di lui, si preparò ad urlare e sprecare più energie di quante non avesse, ma Aomine alzò le mani in segno di resa, zittendolo.

“Un quarto d'ora di pausa – disse – un quarto d'ora e poi se hai ancora voglia riprendiamo.”

Lo sguardo imbronciato del rosso non cambiò particolarmente, ma annuì, ed Aomine tirò un sospiro di sollievo internamente. Si diresse verso il lato del campo messo in ombra da un grosso albero e si lasciò cadere al fianco della propria borsa; ne tirò fuori due bottiglie d'acqua e, quando Kagami fu abbastanza vicino, glie ne lanciò una delle due. Kagami ringraziò con un cenno della testa e gli si sedette accanto, al lato opposto dell'oggetto.

 

Il silenzio che li avvolse mentre bevevano era piacevole – un silenzio pregno del cinguettio degli uccelli nascosti tra i rami degli alberi che li attorniavano, il rombo di auto e moto che sfrecciavano sulla strada che accerchiava il parco e le chiacchiere delle persone che passeggiavano e ridevano nel lato più frequentato dello stesso. Aomine era seduto talmente vicino che Kagami poteva sentire il suo braccio sfiorarlo ogni volta che compivano il minimo movimento, ma la vicinanza era diventata talmente tanto abitudine che nessuno dei due se ne accorse.

Finita la bottiglia, Kagami si allungò per raggiungere la borsa di Aomine, rovistando alla cieca per alcuni minuti, finché l'altro non sospirò esasperato, se lo tolse di dosso spingendolo con una mano e recuperò per lui l'acqua che stava cercando. Le bottiglie di Kagami erano state finite già da tempo, ormai.

“Thanks,” disse il rosso, e Aomine scrollò le spalle in risposta, mentre si allungava verso la borsa di Kagami alla ricerca di un'asciugamano che fosse ancora anche solo vagamente asciutta.

“Stasera mangi da me?”, domandò Kagami dopo un po', posando per terra la bottiglia ancora semi-piena e rubando l'asciugamano che Aomine stava usando.

Il più alto s'imbronciò, cercò di riprendersela per qualche secondo, poi lasciò perdere e prese l'acqua che Kagami aveva abbandonato, finendola di bere in tre sorsi.

“Ho detto a mia madre di non aspettarmi,” rispose alla fine.

“Resti a dormire?” chiese il rosso, alzandosi e stirando le gambe e poi la schiena. Aomine lo guardò dal basso verso l'alto, poi emise un hmmmmm vago e scrollò le spalle.

“Se domani non devi svegliarti presto, sennò torno a casa. Non intendo alzarmi all'alba di sabato mattina.”

Kagami annuì, rispose che il giorno dopo non aveva nulla da fare e si accovacciò di nuovo.

“Che ti va di mangiare?”

“Non so, che pensavi di fare?”

Il rosso alzò le spalle, contorse la faccia in un'espressione pensierosa.

“Ha, non ti sforzare troppo, ti si bruciano quei pochi neuroni che ti restano,” rise Aomine, colpendo un paio di volte la testa dell'altro con una mano, e Kagami lo scacciò di riflesso con un braccio, vagamente offeso.

“Guarda che ti lascio digiuno, idiota.”

“Non prendertela, stavo scherzando, stupido, o forse sei davvero tanto stupido da non capire quando uno sta scherzando, eh, stupido?”

“Ohi, ascoltami bene imbecille-!”

“Pesce,” lo interruppe Aomine, e Kagami lo guardò confuso qualche secondo.

“Era un'offesa?” chiese incerto, e il più alto roteò gli occhi, spazientito.

“Cibo. Per stasera. Pesce.”

Oh!

“Hmhm.”

Kagami fissò il vuoto qualche secondo, poi riportò gli occhi sull'altro.

“E cosa, di preciso?”

“Boh, qualcosa di fresco – disse, grattandosi una guancia con l'indice destro, – fa caldo.”

Gli occhi del rosso si fecero sfocati ancora una volta, e le sopracciglia gli si arricciarono in concentrazione. Rimase così quasi un minuto, poi il volto gli si illuminò e fissò Aomine contento.

“E se-!”

Kagami-kun!” chiamò una voce alla loro destra, ed entrambi si girarono, portando gli occhi sull'origine del suono.

 

Appoggiata con una mano alla rete, con indosso una maglietta gialla ed una gonna bianca, i capelli raccolti in una piccola coda castana, la fonte della voce se ne stava vagamente tesa sotto il sole di metà estate, un sorriso tirato a decorarle le labbra e le guance tinte di rosso.

Aomine storse il naso, Kagami sgranò gli occhi.

“Saikawa-san!” esclamò, portandosi in piedi e raddrizzando involontariamente la schiena.

“Uhm... po-potrei... ah, potrei parlarti due minuti?” chiese con voce appena udibile.

Kagami la guardò qualche secondo, poi scrollò le spalle.

“Sicuro,” disse, e la ragazza sorrise sollevata.

Il rosso fece per avvicinarsi a lei, quando una mano di Aomine gli cinse un polso, fermandolo. Kagami lo guardò a metà tra lo scocciato e l'incuriosito.

“Chi è?” domandò il più alto, e l'altro alzò un sopracciglio.

“La rappresentate di classe mia e di Kuroko.”

Aomine sembrò sorpreso.

“Davvero?”

“Hmhm, sul serio. Chissà che vuole...?”

Questa volta, il volto di Aomine si fece incredulo.

Sei serio?

Kagami roteò gli occhi – come a voler dire ma perché devo aver a che fare con questo stupido – e si scrollò di dosso la mano dell'altro.

“Sì, Ahomine, sono serio. Torno subito, aspetta,” disse, e si avvicinò alla ragazza, che nel frattempo si era spostata all'entrata del campo.

“Mi-mi spiace interrompere così...” mormorò, e Kagami le sorrise di un sorriso storto.

“Nah, nessun problema, stavamo facendo una pausa.”

“Ah! Me...meglio così!”

Calò il silenzio. Il sorriso di Kagami si fece incerto.

“Uhm. Di cosa volevi parlarmi?”

Lei sobbalzò appena, portò lo sguardo sul viso di Kagami per poi distoglierlo immediatamente, e la faccia le arrossì ferocemente. Il rosso alzò un sopracciglio.

“E-ecco... uhhhhh... mi chiedevo se... se ti andrebbe di u-uscire con... me? Quando hai tempo! No-non... ora... intendo, ma un ap...uhhhh... un appuntamen...to? ”

La domanda, mormorata e mezza incomprensibile, colse Kagami alla sprovvista, e questa volta sollevò entrambe le sopracciglia, puntando un dito contro di sé.

“Vuoi che io esca con te?” domandò incredulo, e la ragazza abbassò ancora di più la testa, annuendo una volta in conferma.

Kagami si portò una mano alla testa, si scombinò i capelli con un gesto veloce.

“Mi spiace, Saikawa-san, io sto già...”

Eh?

Sto già cosa?

Cosa stava per dire?

“Hai... già una ragazza?” alla domanda, Kagami sobbalzò.

“No! Io-”

Allora pensaci per favore! - disse a voce molto più alta del mormorio che aveva usato fino a quel momento, - Sarò di nuovo qui domani a quest'ora, pensaci fino ad allora!” poi si voltò, e si allontanò a passi svelti verso un gruppo di ragazze che fino a quel momento Kagami non aveva notato.

“Saikawa-san!” cercò di richiamarla, ma lei non si voltò, e lui sospirò sconfitto.

 

Aomine era alle sue spalle meno di venti secondi più tardi.

“Non pensavo le avresti detto di no,- disse con il sorriso sulle labbra, cingendo il collo di Kagami con un braccio e poggiando tutto il suo peso sulla schiena del più basso, - è carina, dopotutto.”

Il rosso sospirò, non provò neanche a toglierselo di dosso.

“Non l'ho fatto,” disse con aria rassegnata.

Ah? Le hai detto di sì?” il tono di Aomine sembrava...oltraggiato. Forse.

“Ma va'! Se n'è andata prima che potessi rispondere!”

Silenzio. Poi Aomine scoppiò a ridere, lasciando andare il rosso e piegandosi in due, mantenendosi la pancia, e il volto di Kagami si contorse in un'espressione indignata.

“Che ci trovi tanto da ridere, idiota!”

“Te la sei fatta scappare! Oddio sei cretino, sei proprio stupido!”

Kagami cercò di afferrarlo, ma Aomine si spostò di lato, agile come al solito.

“Che avrei dovuto fare? Non mi aspettavo una dichiarazione!” esplose indignato, cercando di nuovo invano di afferrare l'altro.

“Ma se si vedeva lontano un miglio che voleva quello!”

“Che ne potevo sapere!”

“Era evidente!”

“Beh scusami se non sono tanto abituato a ricevere dichiarazioni quanto te!”

Aomine non rispose. Smise di ridere, e il suo sguardo si fece concentrato, fissando Kagami intento.

“Era la tua prima dichiarazione?” domandò infine, e l'altro arrossì visibilmente.

“Non...la prima.”

“Ma...?”

“Niente ma!”

“Andiamo, è ovvio che c'era un ma!”

Kagami farfugliò qualcosa sotto voce ed irritato, poi rilassò le spalle sconfitto.

“...in Giappone.” mormorò. Aomine sollevò un sopracciglio.

“Ah?”

“È la prima da quando sono in Giappone,” ripeté Kagami più ad alta voce. Aomine rise di nuovo, anche se più breve e sommesso.

“Non c'è niente di divertente, cretino. Ora dovrò tornare qui domani per dirle di no...” sospirò, vagamente esasperato.

Aomine si diresse verso le loro borse, posò le bottiglie e le asciugamani che ne erano fuori, poi si alzò portandole entrambe con sé.

“Non è un problema, vorrà dire che riprenderemo la nostra partita domani,” constatò, porgendo a Kagami la sua.

Lui lo guardò sorpreso un attimo, poi accettò l'oggetto e si incamminò verso l'uscita, Aomine subito dietro di lui.

“Verrai anche tu?” domandò sospettoso.

“Certo,- rispose divertito Aomine, - non me la perderei per niente al mondo.”

Quella volta Kagami non provò neanche a trattenersi dallo sbraitargli contro, e Aomine non parve altro se non immensamente compiaciuto.

 

Era sera tardi quando Kagami ebbe il tempo di ripensare a quel che era successo il pomeriggio.

A dir la verità, con Aomine nei dintorni raramente pensava ad altro che non fosse lui... anche perché il più alto funzionava esattamente come un bambino viziato. Non solo non eri mai certo dei guai che potesse combinare se gli toglievi gli occhi di dosso anche solo per un istante, ma se si accorgeva che la tua attenzione non era completamente concentrata su di lui diventava stupidamente dispettoso ed irritante.

Anche se, comunque, per Kagami distogliere lo sguardo e la mente da Aomine non era mai stato facile.

Per questa ragione non fu fino a tardi quella sera che trovò il tempo di riflettere. Era seduto sul divano, televisore acceso su qualche telefilm che non era certo di conoscere, ma era impostato su muto quindi, alla fine, non era importante. Aomine era steso alla sua sinistra, testa poggiata sulla sua coscia, e dormiva con un'espressione talmente rilassata da risultare quasi ridicolo.

Kagami ridacchiò sommesso e gli pungolò una guancia con un dito.

“Che faccia scema...” mormorò, poi portò lo sguardo al soffitto, rilassandosi contro lo schienale.

Il giorno dopo avrebbe dovuto rispondere a Saikawa-san. Le avrebbe detto di no, quello era sicuro, non gli andava per niente di uscire con lei.

Non che non fosse una ragazza simpatica. Ed era intelligente, e a modo suo divertente, e le piaceva il basket. In più era carina.

Kagami corrugò la fronte, perplesso. Perché non voleva uscire con lei?

Oggettivamente parlando, avrebbe dovuto piacergli. Era...giusta? Per lui. Oggettivamente. Oggettivamente era anche troppo per lui. Chissà cosa ci trovava in lui, Saikawa-san. Soggettivamente, invece...

Forse non era il suo tipo.

Qual'era il suo tipo? Non era certo di averne uno. Ma lei non sembrava esserlo. No, ovviamente non lo era, altrimenti le avrebbe detto di sì.

Invece il rifiuto era stato praticamente immediato. Non ci aveva pensato neanche un secondo prima di dirle di no. Perché?

Gli tornò in mente la frase che stava per usare per risponderle.

Mi spiace, Saikawa-san, io sto già...

“...vedendo qualcuno,” mormorò in un sussurro, e la sua espressione si fece ancora più confusa. Stava vedendo qualcuno? Chi?

Perché aveva involontariamente deciso di mentirle?

Sospirò, stringendo gli occhi e scuotendo piano la testa. Non sembrava una bugia. Più si rigirava la frase nella testa e meno somigliava ad una bugia.

A un certo punto durante le proprie riflessioni, si rese conto allora, la sua mano destra era scivolata tra i capelli di Aomine, e li stava pettinando ritmicamente, muovendo piano il pollice sulla sua fronte ogni volta che gli si avvicinava.

Ah.

Aomine...?

Era lui che stava vedendo?

Interruppe il movimento, inclinando la testa di lato e fissandolo con espressione interrogativa.

“Perché ti sei fermato?” chiese d'improvviso l'altro con voce roca dal sonno, e Kagami sussultò appena.

“Se sei sveglio dillo!- si lamentò, scombinandogli i capelli con più veemenza, - Mi si sta addormentando la gamba!” cosa che, ora che ci pensava, era vera.

Fece per alzarsi, credendo che l'altro si sarebbe ora messo a sedere quanto meno, ma Aomine non si mosse. Kagami lo guardo dubbioso.

“Che c'è?”

Aveva una faccia pensierosa, Aomine, quasi concentrata. Tenne gli occhi puntati sul viso di Kagami ancora qualche secondo, poi li assottigliò e fece schioccare la lingua.

“A che stavi pensando?” domandò. Kagami emise un lungo uhhhhhhhhh incerto e non rispose.

“Adesso. Prima di notare che ero sveglio. A che stavi pensando?”

“Niente di particolare?” tentò, ma Aomine capì immediatamente che era una bugia, se l'aggrottarsi delle sopracciglia voleva dire qualcosa.

Fece per parlare, il più alto, ma parve decidere che, tutto sommato, non ne valeva la pena. Fece schioccare la lingua ancora una volta, un secco tch vagamente irritato, e poi si alzò.

“Andiamo a dormire, - disse infine – è tardi.”

 

Più di un'ora dopo, Kagami era steso nel proprio letto e si stava ancora rigirando nella testa l'idea di uscire con Aomine. No, l'idea che lui stesse già uscendo con Aomine.

Sbuffò, e allungò un braccio verso il comodino per recuperare il cellulare. La luce dello schermo lo accecò per qualche secondo, poi aprì un nuovo messaggio e scrisse rapido.

 

A: Kuroko
sto uscendo con aomine?

 

Premette invio senza pensarci due volte. La risposta arrivò nemmeno un minuto dopo.

 

Da: Kuroko
È una domanda, oppure hai sbagliato a premere tasto e al posto del punto interrogativo volevi usarne uno esclamativo? Nel secondo caso, congratulazioni.

 

Kagami sbuffò, rotolò su se stesso fino a stendersi di pancia sul materasso e poggiò il mento sul cuscino, lasciando scivolare le braccia sotto di esso e mantenendo il cellulare dall'altro lato, dinanzi ai suoi occhi.

 

A: Kuroko
era 1 domanda scemo

 

Si voltò a guardare l'orologio accanto al suo letto. Le 02:03.

 

e che ci fai ancora sveglio

 

Aggiunse incuriosito.

 

Da: Kuroko
Leggevo.

 

Ovviamente.

 

Perché mi stai facendo questa domanda, Kagami-kun?

 

Kagami si rigirò il cellulare tra le mani un paio di volte, arricciò le labbra, e prima di decidere come rispondere cancellò e riscrisse il messaggio svariate volte.

 

A: Kuroko
credo d star uscendo con lui. ho la sensazione d star uscendo con lui. sto uscendo con lui kuroko?

 

Questa volta la risposta impiegò quasi dieci minuti ad arrivare. Kagami era quasi preoccupato quando finalmente il suo cellulare vibrò: non sapeva cosa aspettarsi.

 

Da: Kuroko
Come speri possa rispondere ad una domanda del genere?

 

C'era solo scritto. Kagami corrugò le sopracciglia, iniziò a rispondere, quando il cellulare vibrò di nuovo ed un altro messaggio apparve alla fine della conversazione.

 

Da: Kuroko
Perché pensi di star uscendo con lui?

 

Kagami si domandò come spiegargli cosa stava succedendo nella sua testa. Quanto fosse necessario dirgli.

Alla fine optò per dirgli più o meno tutto. Gli parlò di Saikawa-san, gli parlò del modo in cui le aveva risposto, di come la frase non sembrasse una bugia. Gli parlò di quanto intimi lui ed Aomine stavano diventando, e di come un rapporto del genere non l'avesse con nessuno, neanche con Tatsuya o con te, Kuroko. Dopo che ebbe finito, ci fu un lungo periodo di silenzio. Iniziò anche a credere che Kuroko, dall'altro lato, si fosse addormentato.

La risposta, però, infine arrivò.

 

Da: Kuroko
Non credo tu ed Aomine-kun stiate uscendo assieme, Kagami-kun. Forse il genere di relazione che desideri avere con lui è di tipo romantico, e forse per lui è lo stesso. Probabilmente è così. Ma finché non ne parlerete non credo tu possa definire ciò che state facendo come “uscire assieme”.

 

Diceva.

Forse il genere di relazione che desideri avere con lui è di tipo romantico.

Kagami arrossì violentemente. Sentì il calore salirgli dal petto al collo, e poi dalla faccia alle orecchie. Si affrettò a scrivere una riposta.

 

A: Kuroko
non voglio 1 relazione romantica con lui!!!!!

 

Il silenzio, questa volta, durò solo un paio di minuti. Quando il cellulare vibrò di nuovo, però, ciò che Kagami ricevette non fu un messaggio, ma una chiamata.

Kuroko lo stava chiamando.

Alzò un sopracciglio, premendo il tasto per accettarla e portandosi il telefono all'orecchio.

“Fai sul serio, Kagami-kun?” chiese Kuroko senza troppi preamboli, e per un secondo Kagami non seppe cosa rispondere.

“Sì? - domandò incerto, la voce appena un sussurro, - Perché dovrei star scherzando?”

Kuroko, all'altro capo della linea, sospirò in modo sospettosamente simile all'esasperato. Kagami corrugò le sopracciglia, poteva quasi sentire l'irritazione dell'altro attraverso l'altoparlante.

“Kagami-kun, - disse, incredibilmente serio, - hai appena passato l'ultima mezz'ora a chiedermi se stai uscendo con Aomine-kun, anzi, da quanto ho capito hai trascorso l'intera serata e buona parte del pomeriggio a porti questa stessa domanda, e adesso stai negando di volere una relazione romantica con lui?”

Sottinteso andava il ma ti ascolti parlare?

Kagami lo sentì comunque chiaro e tondo.

Emise un suono basso e vagamente infastidito con la gola, poi rotolò fino a ritrovarsi supino, alzandosi a sedere e poggiandosi alla parete alla propria destra.

“Ma è vero. Io non voglio- Non è... non è quello il tipo di relazione che voglio con lui. Non... ugh, a me va bene restare così come siamo. No, anzi, è esattamente quel che voglio, Kuroko, mi piace come siamo.”

Era la verità. Quando si era chiesto se stava uscendo con Aomine intendeva dire se loro due, così com'erano in quel momento, erano definibili una coppia. Se quel che stavano facendo in quel momento era considerabile uscire assieme. Era questo quel che voleva sapere.

Kuroko restò silenzioso per molto tempo, dall'altra parte della linea. Poi sospirò appena e, per qualche ragione, Kagami fu certo che sul suo volto ci fosse quel sorriso piccolo e appena visibile che ogni tanto gli riservava. Si tranquillizzò un po', per questa ragione.

“Kagami-kun?”

“Hm?”

“Posso porti alcune domande?”

Kagami arricciò le sopracciglia, ma annuì. Poi si ricordò che Kuroko non poteva vederlo, e rispose in modo affermativo a voce.

“Rispondi sinceramente, per favore.”

“Ho capito, okay, spara.”

“Tralasciando Saikawa-san, che ne pensi dell'idea di uscire con qualcuno?” fu la prima domanda.

“Aomine è compreso?” fu la prima risposta.

Kuroko sbuffò appena, poi precisò che no, Aomine non era compreso, ovviamente.

“Non mi va particolarmente,” disse allora Kagami.

“Posso chiedere la ragione?”

Kagami dovette pensarci a lungo, prima di rispondere.

“Uscire con qualcuno vorrebbe dire passare la maggior parte del mio tempo con loro, no? E dovrei stravolgere i miei ritmi per far spazio a questo qualcuno. E sarebbe a dire meno uno-contro-uno con Aomine, prima di tutto. E poi Aomine non potrebbe più passare tutto il suo tempo libero qui, e non sarebbe più il primo sulla mia lista di contatti quando non ho niente da fare, e... dovrei passare meno tempo con lui, in generale. Non mi va.”

Kuroko fece un suono di assenso, un lungo hmmmmmmm concentrato, poi pose la seconda domanda.

“E se fosse Aomine-kun ad uscire con qualcuno? Tu non sei compreso, ovviamente.”

Alla risposta, Kagami non dovette nemmeno pensare.

“No.” disse immediatamente.

“No?”

“No. No, non se ne parla. Non voglio.”

Kuroko ridacchio talmente piano che Kagami quasi non lo sentì. Quasi.

“E se questa persona lo rendesse felice?” domandò allora.

“...io lo rendo felice,” mormorò Kagami quasi incomprensibilmente ed in modo vagamente petulante.

“E se lo rendesse più felice di quanto tu non faccia?”

“Devo solo impegnarmi di più, no?”

Di nuovo silenzio. La terza domanda arrivò inattesa.

“Hai mai pensato di far sesso con Aomine-kun?”

Kagami quasi soffocò con la propria saliva.

“Co-? Che--? Come?

“Fare l'amore, se preferisci.”

Kagami avvampò e, sinceramente, si sentì decisamente a disagio.

No! Te l'ho detto, non è ciò che voglio! Non-- no!”

“Sei sincero?”

Completamente!” sibilò a denti stretti, tendendo l'orecchio e sperando che Aomine stesse ancora dormendo, dall'altro lato del corridoio. Non che avrebbe potuto sapere ciò di cui stavano parlando in alcun modo, ma sempre meglio prevenire che curare, alla fine.

Kuroko contemplò la risposta abbastanza a lungo da far sparire il rossore dal viso di Kagami, poi sentenziò un va bene, ti credo che fece rilassare l'altro immensamente.

“Un'ultima domanda, Kagami-kun.”

“Dici.”

“Qual'è la tua sessualità?”

Il rossore tornò sul suo volto, più forte e violento di prima.

“Che razza di domanda è!”esclamò sottovoce, non tanto irritato quanto in imbarazzo. Kuroko non parve curarsene.

“Rispondi, per favore.”

Kagami si grattò la testa, morse il labbro inferiore, intrecciò e distese le gambe.

“Perché vuoi saperlo?”

“Sto tentando di aiutarti, Kagami-kun.”

Il rosso inspirò, espirò. Poi lo fece di nuovo.

“Mi piacciono le donne,” rispose.

“...credo.” aggiunse.

“Credi?”

“È che...pro-prometti di non ridere?”

“Non lo farei mai, Kagami-kun, e lo sai bene.”

Kagami lo sapeva. Era solo che, era un argomento difficile. Non gli piaceva parlarne.

“Non...non mi è mai...interessato nessuno.”

“Mai?” domandò Kuroko dopo un breve silenzio.

“Mai.” rispose lui. Inspirò di nuovo, e decise che era meglio spiegare, chiarire le cose.

“Non dico solo essermi innamorato, non è solo...non è solo quello. Intendo dire che non ho mai voluto... avuto...”

“Non hai mai trovato nessuno di definibile sessualmente attraente.”

Non dirlo così!” bisbigliò a denti stretti. A volte la mancanza di vergogna di Kuroko era incredibile.

“E come dovrei dirlo?”

Kagami sospirò, e decise di lasciar perdere.

“Probabilmente ho solo i gusti difficili. - riprese poi, - Non so, e solo che... non mi interessa un granché.” concluse, anche se sarebbe stato meglio dire non mi interessa per niente.

“Però ti interessa Aomine-kun.”

“Non in quel senso, te l'ho detto. - rispose esasperato – Non a livello... fisico.”

“È più una cosa spirituale.” disse allora Kuroko, e Kagami finalmente sentì come se l'altro l'avesse compreso.

Di lì la conversazione degenerò velocemente, e quando finalmente interruppero la chiamata erano le 03:47 del mattino e stavano parlando di pinguini in Nuova Zelanda. Kagami quasi si addormentò prima di rendersi conto che Kuroko, dopo tutto, non gli aveva risposto.

 

A: Kuroko
ma alla fine stiamo uscendo insieme o no

 

Kuroko ci mise quasi cinque minuti a rispondere, Kagami era praticamente già nel mondo dei sogni quando il telefono vibrò accanto al suo cuscino.

 

Da:Kuroko
Dal tuo punto di vista, Kagami-kun, sì. Forse anche dal suo. Ma sarebbe comunque meglio parlargliene.

 

Kagami corrucciò le sopracciglia, confuso.

 

A: Kuroko
che vuol dire dal mio punto d vista

 

Dopo di quello non arrivò nessuna risposta. Kuroko probabilmente si era addormentato, fu l'ultima cosa che Kagami pensò prima di crollare a sua volta.

 

Il mattino seguente Kagami fu svegliato da un grosso peso sullo stomaco e lamenti indistinti alla sua destra. Quando farfugliare proteste e cercare di scuotersi di dosso qualsiasi cosa lo stesse schiacciando si rivelò inutile, aprì gli occhi e li richiuse immediatamente a causa della luce proveniente dalla finestra. Si lamentò ancora, provò a girarsi sul fianco e nascondere il viso sotto il cuscino, e il peso su di lui si mosse appena.

“Kagamiiiiii! Muoviti ad alzarti e prepararmi da mangiare, ho fame!”

Aomine. Ovviamente.

Cercò di toglierselo di dosso con un gesto stanco, premendogli una mano sulla faccia e spingendolo via, e l'altro in tutta risposta gli leccò il palmo.

Ugh! Che schifo... - mormorò, pulendo la mano sui capelli del più alto e guadagnandosi una lamentela mischiata ad un verso mezzo disgusto e mezza risata, - Che ore sono?” brontolò poi, la voce roca dal sonno e gli occhi ancora chiusi. Aomine rotolò su di lui – facendogli emettere un unf scontento – e poi si alzò, mettendosi a sedere sul bordo del letto.

“Quasi mezzogiorno, da quand'è che dormi tanto?”

Kagami si mise a sedere, si strofinò gli occhi col dorso della mano e si lasciò ricadere ancora una volta sul materasso. Alzarsi, in quel momento, sembrava la peggiore delle idee.

Aomine lo guardò con un sopracciglio sollevato, poi gli prese un polso e lo strattonò fino a riportarlo seduto. Kagami emise un suono gutturale di protesta, ma si lasciò sollevare senza troppa resistenza.

“Mi sono addormentato tardi,” spiegò in modo reclutante. Aomine si mise in piedi e tentò invano di tirarlo su con sé, poi sospirò e lo strattonò di nuovo, facendolo quasi cadere dal letto, ma riuscendo nel suo intento iniziale.

“Che avrete di così importante da dirvi tu e Tetsu che dovete parlare fino alle quattro di mattina, poi…” mormorò, vagamente irritato, trascinando Kagami verso la porta della stanza. Il rosso, mezzo addormentato e preso in contropiede dal sussurro dell’altro, quasi inciampò sui propri stessi piedi ed una maglia che, probabilmente, nemmeno era sua.

“Eh?” chiese, sperando di aver sentito male. Aomine sospirò di nuovo e smise di tirarlo, lasciandogli andare il polso.

Poi si spostò alle sue spalle ed iniziò a spingerlo.

“È perché parlavi con lui che sei andato a dormire tardi, no? Al telefono. Ieri notte.”

“Uh,” rispose Kagami molto eloquentemente, guardandolo in modo sospettoso da sopra la propria spalla, testa inclinata e sopracciglia aggrottate. Fosse stato più sveglio, più che sospettoso sarebbe stato decisamente spaventato; per fortuna era ancora per metà nel mondo dei sogni.

“Ci hai sentito parlare?”

In risposta, Aomine scrollò le spalle. Con un’ultima spinta riuscì finalmente a portare entrambi nel corridoio, poi lasciò Kagami e si diresse verso la cucina.

“Non proprio,” disse, ma non specificò oltre.

Il rosso fece per chiedere ulteriori spiegazioni, quando un brontolio decisamente rumoroso lo interruppe prima ancora che potesse iniziare a parlare.

Si alzò le mani allo stomaco, arrossì appena.

“Vedi, te l’ho detto che è ora di mangiare,” disse Aomine, sorriso storto a decorargli il viso. Kagami sbuffò, ma si portò comunque ad aprire il frigorifero e, dopo aver controllato velocemente cosa aveva e cosa poteva preparare, lo richiuse e si mosse a prendere una padella.

“Okay, ma si mangiano pancake anche se è ora di pranzo,” decretò.

La faccia del più alto pareva urlare come se me ne potessi mai lamentare, ma tutto ciò che gli uscì dalla bocca fu uno sbuffo di rassegnazione.

Kagami sorrise e si mise a lavoro.

 

Quattro ore più tardi e Kagami aveva un gomito infilato nel fianco di Aomine mentre l’altro tentava di spingerlo via e pestargli un piede allo stesso tempo.

“Stai imbrogliando!”

Io? Sei tu che mi stai rompendo una costola!”

“Solo perché tu— e piantala di spingere!”

"La pianto quando tu la pianti di rompere!”

“Togliti di dosso! Togliti! Togliti! Sto caden—!”

A-ha!"

“Maledizione!

“Ho vinto, - dichiarò trionfante Aomine, mentre il piccolo Toad festeggiava a sua volta sullo schermo del televisore, - per la terza volta di fila.”

“Perché imbrogli!” si lamentò indignato l’altro, lanciando il controller sul divano alle proprie spalle; Aomine si liberò a propria volta dell'oggetto, alzando poi le braccia e stirando la schiena in un gesto felino.

“Io non imbroglio, - disse infine, - si chiamano strategie di vittoria.”

“Strategie un corno,” sbuffò Kagami, spingendogli la testa di lato stizzito; poi si alzò e stiracchiò a sua volta i muscoli intorpiditi del corpo.

“Dove vai? - domandò l’altro, guardandolo incuriosito - Già ti arrendi?”

Kagami sollevò un sopracciglio, viso vagamente offeso, un po' come se la domanda fosse stato il più grande affronto fattogli quella giornata.

“Come se fosse possibile,” disse senza distogliere lo sguardo dagli occhi blu di Aomine. Poi si passò entrambe le mani tra i capelli, inspirò, sospirò ed abbassò le spalle sconfitto.

“È meglio se mi vado a cambiare per scendere,” concluse, guardando la maglia a giro maniche e i pantaloni corti - entrambi chissà quanto vecchi - che aveva indosso. Quando riportò gli occhi su Aomine, trovò sul suo volto un’espressione infastidita che non riuscì a capire.

Alzò un sopracciglio, e l’altro fece schioccare la lingua e distolse lo sguardo.

“Se le devi dire di no puoi anche non andare,” disse, mantenendo gli occhi lontani da lui.

Kagami si sentì un po’ scandalizzato.

“Mi credi quel genere di persona?” chiese, ma ciò che voleva realmente sapere era evidente dal suo tono di voce.

Sei davvero quel genere di persona?

“No, dico solo—! - si passò una mano tra i capelli, scombinandoli, poi scrollò le spalle, - È lei che se n’è andata, no? È colpa sua se… Non sei costretto ad andare.”

Kagami sospirò di nuovo, poi si sedette sul divano e con un ginocchio colpì lievemente la spalla di Aomine, ancora seduto per terra.

“Non posso non risponderle,” disse in un sospiro, tenendosi le mani impegnate avvolgendo il cavo di un controller, chiedendosi se fosse proprio necessario incontrarla di nuovo per poi scuotere la testa, riprendendosi silenziosamente perché ovvio che era necessario.

Aomine non disse nulla, ma dopo pochi secondi si alzò per togliere il disco dalla consolle e spegnere il televisore. Kagami lo prese come un via-libera per andarsi a cambiare, si alzò assicurandogli che sarebbe tornato di lì a momenti ed entrò in camera, chiudendosi la porta alle spalle.

 

Quando uscì indossava abiti abbastanza comodi per giocare a basket - ma decisamente meglio tenuti di quelli di poco prima - ed aveva in spalla il solito borsone sportivo. Aomine lo stava aspettando poggiato alla parete di fronte alla stanza, lo propria borsa abbandonata ai suoi piedi, braccia incrociate al petto e sguardo concentrato su qualcosa che sembrava essere la porta d'ingresso, ma poteva benissimo anche essere il nulla per quanto vacui gli parvero i suoi occhi.

“Sei sicuro di voler venire?” chiese Kagami avviandosi verso l'ingresso, giusto per fare conversazione, e forse fu solo un'impressione, ma gli sembrò come se lo sguardo di Aomine, alla domanda, si indurisse appena.

“Perché? Non mi vuoi lì?”

“No, non è quello—”

“Hai bisogno di privacy?”

“Eh? E per cosa—”

“Le dirai di sì, non è così?”

Quella frase colse il rosso alla sprovvista, e lo fece fermare d'improvviso, senza alcuna idea di come rispondere. Aomine, che fino a quel momento lo stava seguendo, lo superò, raggiunse la porta e fece per aprirla.

“Aomine,” lo fermò però l'altro. Sul volto di Kagami c'era un'espressione incerta; si sentiva un po' come se, nelle ultime ventiquattro ore, il suo intero mondo non fosse diventato altro che una grossa domanda dalla risposta sconosciuta.

Il più alto non incrociò lo sguardo col suo, né rispose. Le sue spalle erano tese, e le sopracciglia aggrottate; la bocca era contorta in una smorfia irritata e la mano posata sulla maniglia la stringeva spasmodicamente.

Kagami gli si avvicinò di due passi, pensò di allungare una mano e poggiargliela sulla spalla, ma forse quello non era il momento migliore.

“Perché dovrei dirle di sì?”

“Perché non dovresti? - esplose allora Aomine, occhi blu notte finalmente puntati sui suoi in uno sguardo sottile, irato e forse vagamente ferito, - È carina, no? Ha un bel seno ed è rappresentate di classe quindi è intelligente, e le interessi che, oh, questa deve essere la cosa più scioccante, perché a chi interesserebbe un Bakagami come te?”

“Ehi—!”

“È praticamente perfetta per te quindi perché dovresti dirle di no?

Ciò che seguì fu, per la durata di pochi secondi che ad entrambi parvero minuti, un silenzio teso. Poi Kagami rilassò la fronte e sgranò appena gli occhi, il volto sorpreso.

“Tu dici?” chiese. Aomine lo guardò confuso.

“Cosa?”

“Che è perfetta, credi lo sia?” specificò, coprendo lo spazio che lo separava dalla porta, scostando la mano di Aomine dalla maniglia ed abbassandola per uscire.

Il più alto lo fissò ancora qualche istante, poi fece schioccare la lingua e lo seguì, lasciando che Kagami chiudesse l'ingresso a chiave alle sue spalle.

“Ovvio che lo è, che razza di domanda. Possibile che non te ne sappia accorgere da solo?”

“Non so, io non la trovo questo granché.”

Aomine lo fissò incredulo ancora una volta.

“Seriamente?” domandò sorpreso.

“Non è il mio tipo,” disse Kagami scrollando le spalle, ed Aomine allargò le braccia in modo quasi sconfitto.

“Come fa a non esserlo!” semi-urlò, e Kagami, che aveva preso a camminare, si fermò per voltarsi a guardarlo.

“A te piace?”

“Eh?”

“Usciresti con lei?”

“Beh, no, ma—”

“Eccoti la tua risposta,” concluse il rosso, riprendendo poi ad allontanarsi, raggiungendo le scale dell'edificio ed iniziando a scenderle.

“Se non ti muovi ti lascio qui,” chiamò dopo poco alle sue spalle, verso un Aomine rimasto immobile ad un passo di distanza dal suo appartamento, e l'affermazione sembrò riscuoterlo, in qualche modo. Dopo pochi secondi era al suo fianco, viso ancora pensieroso e mani nelle tasche dei pantaloni.

“A che stai pensando adesso?” domandò un po' esasperato il rosso, ma Aomine scosse la testa.

“Una cosa che non capisco.”

Kagami sogghignò appena.

“Quale delle tante?”

Non ricevette una risposta, né la conversazione andò molto oltre. Degenerare in litigi infantili senza capo né coda era una delle loro specialità, dopotutto.

 

Si fermarono da Maji Burger perché lo stomaco di Kagami non avrebbe ammesso altrimenti, e poi al negozio di scarpe difronte alle stazione perché Kagami quel colore mi manca non sapevo neanche esistesse quel colore devo averle e Mi prendi in giro vuoi farmi credere che vuoi spendere soldi in scarpe che già hai?

A pochi metri dall'entrata del parco incontrarono Kise e Kasamatsu, e il primo offrì ad entrambi da bere e non smise di parlare per quelle che a loro parvero ore, mentre l'altro tentava di trascinarlo via e si scusava con sguardi contriti e sopracciglia aggrottate - poi finalmente si diressero al campo.

Quando arrivarono, Saikawa-san stava già aspettando accanto all'ingresso, braccia incrociate dietro la schiena ed occhi bassi. Guardandosi attorno, Kagami riuscì ad individuare il gruppo di amiche del giorno prima abbastanza velocemente, nascoste dietro un albero a pochi metri da loro.

Sospirò sommessamente, poi spostò l'attenzione su Aomine.

Il suo viso era di nuovo contorto in un'espressione irritata, e stava visibilmente facendo di tutto per non guardare la ragazza. Quando riuscì ad incrociare il suo sguardo, Kagami gli fece segno di aspettarlo nel campo, e l'altro se ne andò emettendo un verso stizzito.

Il rosso roteò gli occhi al comportamento infantile, poi si avvicinò a Saikawa-san che, dopo aver seguito il più alto con lo sguardo per qualche secondo, aveva finalmente portato la sua attenzione su di lui.

“A-Aomine-san fa un po' paura...” fu la prima cosa che disse, e a Kagami venne da sorridere.

“Non direi,” le rispose divertito, e il silenzio calò su di loro.

La prima a romperlo fu la ragazza.

“Hai...hai pensato a ciò che ti ho chiesto, Kagami-kun?” domandò, abbassando gli occhi alle proprie mani e arrossendo vagamente.

Kagami la guardò intento, poi spostò gli occhi su Aomine. Aveva recuperato il pallone dalla sua borsa, notò, e ci stava palleggiando a centro campo, lanciandolo e facendo canestro senza alcuna difficoltà.

Ripensò al discorso che aveva avuto con Kuroko la notte precedente, Kagami, alle ultime giornate trascorse con Aomine, e le spalle gli si rilassarono involontariamente.

“Kagami-kun?” richiamò la sua attenzione la ragazza, e lui portò di nuovo gli occhi sulla sua figura minuta, sui capelli castani e la pelle candida.

“Mi dispiace, Saikawa-san, - disse, chinando appena la testa in segno di scusa, - la tua richiesta mi rende sinceramente felice, ma sto già vedendo qualcuno al momento.”

Lei lo guardò alcuni secondi con occhi stupiti, la bocca a formare un piccolo oh di sorpresa, e Kagami sentì di doversi scusare ulteriormente.

“Mi spiace non avertelo detto subito ieri—”

“No, - lo interruppe lei con un filo di voce, - no è... è colpa mia che non ti ho dato il tempo di spiegare, mi... Deve essere una ragazza fortunata.” concluse, stirandosi pieghe inesistenti sulla maglia rosa in gesti nervosi.

Kagami scosse la testa.

“Nah, quello fortunato sono io,” le rispose.

 

Saikawa-san si allontanò a grandi falcate da lui, dopo avergli augurato il meglio ed aver accettato altrettanto. Kagami, questa volta, non la guardò raggiungere le sue amiche.

Si voltò quasi immediatamente a fissare Aomine, e lo trovò con il pallone da basket stretto tra le mani e gli occhi puntati su di lui, anche se il rosso non era certo lo stesse effettivamente guardando. Aveva un'espressione strana, a metà tra l'incredulo e lo scioccato, forse. Kagami gli si avvicinò rapidamente, agitando una mano davanti al suo volto per attirarne l'attenzione.

“Stai bene?”

“Chi?” chiese in risposta, e Kagami alzò un sopracciglio.

“...tu?”

“No. Non quello. Chi?” gli occhi dell'altro erano ora puntati nei suoi scarlatti, e Kagami si sentì come inchiodato al pavimento e bloccato in posizione.

“Che vuoi dire?”

“È vero? O le hai mentito? Stai vedendo qualcuno?”

“Oh. - sospirò, - Hai sentito.”

“Chi stai vedendo?”

“Aspetta—”

“Non era vero?”

“No, è che—”

“Stai davvero uscendo con qualcuno?” domandò l'altro in modo definitivo, scandendo chiaramente le parole, e Kagami, per alcuni secondi, non ebbe idea di come rispondere.

“Uhm, non... diciamo che... circa?”

L'espressione di Aomine si fece decisamente più irritata e spazientita.

Circa?

“È che... è un po' complicato.”

Il volto dell'altro sembrava volergli urlare che potrà mai avere di complicato, idiota! e Kagami fu anche sul punto di rispondergli per le rime, quando gli occhi di Aomine si assottigliarono appena percettibilmente e la sua espressione crebbe in serietà.

“Chi è?” domandò di nuovo. Parve più un'ordine che una domanda, comunque, e la cosa fece irritare il rosso.

“Perché dovrei dirtelo?” rispose alterato, ed Aomine strinse la presa sul pallone, raddrizzò la schiena forse involontariamente.

“Perché voglio saperlo.”

Kagami si trattenne per miracolo dal prenderlo a pugni. Lo stesso non valse, comunque, per l'urlargli contro.

“Ma ti rendi conto di che stai dicendo? Chi ti credi di essere!”

“Ho il diritto di saperlo, idiota!”

“Tu non hai diritto proprio a un bel niente!”

“Non è il genere di cosa che puoi non dirmi!”

E chi sei tu per decidere cosa posso e non posso tenerti nascosto?!

Aomine aprì la bocca, la richiuse senza dire nulla. Distolse lo sguardo con uno scatto irato e, concentrando tutta la propria frustrazione nel braccio, lanciò il pallone contro la rete che delimitava il campo, emise un suono alterato proveniente dalla base della gola.

Kagami si passò entrambe le mani sulla faccia e poi tra i capelli, mosse un paio di passi verso sinistra e poi si riportò alla posizione iniziale.

Quel discorso non stava andando per nulla bene.

“Ascolta, - disse alla fine, cercando di calmarsi, - non sto uscendo con nessuno, al momento. Non esattamente. Però...”

Però voglio considerare la nostra relazione come “uscire assieme” anche se non sono interessato a te in quel senso? Non sembrava una buona idea dirlo a voce, non in quel modo.

Aomine, tuttavia, gli risparmiò il fastidio di trovare una maniera più adatta per esprimere esattamente quel sentimento. Si voltò verso di lui e, tenendo gli occhi puntati al di là della sua spalla, chiese con tono rassegnato:

“Questa persona... è davvero così speciale?”

Per l'ennesima volta, Kagami si ritrovò senza parole per rispondere. Guardò Aomine con occhi sorpresi, ma l'altro non incrociò il suo sguardo, né si mosse in altro modo.

Deglutì a vuoto, il più basso, e cercò di trovare il modo adatto per spiegare all'altro che, sì, ovvio che era speciale, non ci avrebbe passato le sue intere giornate assieme fosse stato altrimenti, ma Aomine scosse la testa, si mosse a recuperare il pallone che aveva lanciato poco prima, e la gola di Kagami si rifiutò di emettere alcun suono.

“Vuoi uscirci, no? Con questa persona.”

Il rosso scrollò le spalle e probabilmente, per quanto non lo stesse guardando direttamente, Aomine registrò il movimento con la coda dell'occhio, perché sospirò e si fermò fronteggiando la rete, facendo roteare il pallone tra le mani un paio di volte.

“È Tetsu?” chiese alla fine, e la domanda, finalmente, riscosse Kagami dal suo stato di semi-trance.

“Eh? No!” urlò scandalizzato, ma Aomine annuì, una volta, come se già si aspettasse quella risposta.

“Un po' speravo fosse lui, - disse, gli occhi fissi sulla palla e le spalle ferme in una curva sconfitta, - dovrò trovare altro da fare col mio tempo, allora.”

Kagami aggrottò le sopracciglia, storse la bocca in un smorfia incerta.

“Perché?”

Aomine ancora non lo stava guardando, ma il rosso fu comunque certo che la sua espressione si fosse fatta di nuovo alterata.

“Come perché? Se vuoi uscire con qualcuno non puoi passare tutto il tuo tempo con me, stupido.”

“Ma smettere di vederti sarebbe controproducente,” rispose l'altro senza riflettere e, quando le parole vennero registrate dal suo cervello, si sentì il volto andare a fuoco.

Aomine si voltò di scatto a fissarlo, Kagami distolse lo sguardo prima che i loro occhi potessero incontrarsi.

“Che vuoi dire?”

“No, aspetta, quel che intendo è che—”

“Kagami.”

“—non è come se volessi dire...cioè, sì, però—”

Kagami.

Kagami smise di parlare.

Quando riportò di nuovo lo sguardo sul più alto, se lo ritrovò a meno di un metro di distanza, occhi concentrati e sopracciglia aggrottate. Il rosso poteva leggere la preoccupazione nei suoi tratti, seppur appena sfumata, e la cosa non gli piacque.

“Chi è la persona con cui vuoi uscire?”

“Te l'ho detto, non è esattamente così! È complicato!”

L'altro lasciò di nuovo cadere la palla, inspirando irritato e portandosi entrambe le mani alla testa e poi allargando le braccia esasperato.

“Ma che ti costa rispondere e basta!”

“Non è così facile!”

“Devi solo dire un nome!”

“È quella la cosa difficile, idiota!”

“Quante sillabe potranno mai essere per fare un nome così complicato da dire!”

“Sai che non è quello il punto, non prendermi in giro!”

“È così importante per te che non puoi dirlo nemmeno a me?!”

“È esattamente perché sei tu che non posso dirlo!”

“E che significa!”

Che sei tu, cretino!

Aomine aprì la bocca per rispondere, la richiuse senza emettere suono. Poi ripeté il gesto ancora una volta, ed un'altra. Kagami si sentì il volto in fiamme, distolse gli occhi dal viso dell'altro. Le sue mani si strinsero a pugno lungo i fianchi e la schiena si bloccò in una posizione tesa.

“Io... Aspetta. Che?” disse in fine Aomine, e Kagami emise un suono gutturale ed esasperato, per poi accovacciarsi a terra e nascondersi il viso tra le ginocchia e le braccia.

“È complicato, okay, non... è complicato,” si lamentò in un mormorio appena udibile. Aomine lo guardò ancora qualche secondo, incerto, poi gli si sedette davanti, gambe incrociate ed un gomito piantato sul ginocchio, nascondendo la parte inferiore del viso nel palmo e distogliendo lo sguardo. Il suo volto era solo vagamente meno rosso di quello di Kagami, e la cosa era dovuta con ogni probabilità unicamente al suo colore di pelle.

 

“Senti, Kagami,” mormorò alla fine Aomine, ed alla sua voce l'altro sobbalzò appena; la cosa lo fece irrigidire a propria volta. Si schiarì la gola, riprese a voce più alta, più sicura.

“Non è come se non mi piacesse passare tutto il mio tempo con te, ma. Non. Io non sono ga—” y, tentò di concludere, ma un lungo lamento di Kagami – qualcosa di molto simile ad un aaaaaaaaaaaaaaahhhhnnghhhhhhhughhhhhhhhhhhhhhhhhhrghaa, forse – lo interruppe.

“Neanche io!” esclamò, portando gli occhi scarlatti su quelli blu con uno scatto deciso della testa. Il suo volto era più rosso di un pomodoro maturo, e Aomine lo guardò incerto.

“Ma hai detto—”

Lo so! Lo so, te l'ho detto, è complicato!”

Si guardarono insicuri in silenzio per un po', finché Aomine non sollevò le sopracciglia ed allargò le braccia.

“Beh, prova a spiegare!”

Kagami restò immobile ancora qualche secondo, poi rilassò le gambe e si lasciò cadere all'indietro. Il cielo era completamente limpido, e la luce del sole gli fece chiudere gli occhi, feriti.

“È che... è solo che quando Saikawa-san mi ha chiesto di uscire ho pensato no se esco con te poi che ne è di Aomine e in realtà non mi va di uscire con nessuno perché vorrebbe dire smettere di vedere te e non voglio nemmeno tu esca con qualcuno che non sia io e Kuroko ha detto che voglio una relazione romantica con te ma! Non è così! Io voglio solo che—!”

Inspirò, espirò e si passò le mani sulla faccia, esasperato.

“Non lo so. Non so manco io cosa voglio.”

Aomine, per un lungo periodo, non rispose. Poi Kagami lo sentì stendersi nella direzione opposta alla sua, ed un lungo sospiro lasciò le sue labbra.

“Neanche io voglio tu esca con qualcuno,” disse. Il rosso si irrigidì appena, pensò di rispondere, ma Aomine continuò quasi immediatamente.

“Non mi va di. Di condividerti con altri. Non so perché, non ne ho idea, ma non mi va. Né mi va di passare il mio tempo con qualcuno che non sia tu.”

Kagami, a quelle parole, si rilassò visibilmente, e lasciò che il silenzio li avvolgesse per svariati minuti. Il sole ormai era basso nel cielo, e l'aria iniziava a tingersi d'arancio. Kagami, ancora ad occhi chiusi, poteva sentire il cinguettio degli uccelli e le chiacchiere dei passanti. Qualcuno, da qualche parte nei dintorni, stava suonando la chitarra, ed il rosso ebbe la sensazione di conoscere quella canzone, forse.

Aomine, a pochi passi da lui, aveva iniziato a rotolarsi sull'asfalto, prima verso destra, poi verso sinistra. Kagami non poteva vederlo, a causa della posizione e delle palpebre ancora abbassate, ma l'immagine che la sensazione dei movimenti gli portò alla mente fu così buffa che quasi gli venne da ridere.

Si sentiva rilassato. Quando Aomine era nei dintorni Kagami finiva sempre col sentirsi rilassato, che avessero passato l'ultima ora a litigare o giocare ai videogame o dire sciocchezze.

Non era assolutamente qualcosa che voleva perdere, si rese conto, e decise che era ora di capirci qualcosa, in quella situazione.

Si portò prima a sedere e poi in posizione eretta, torreggiando sopra la figura ancora supina di Aomine ed offrendogli una mano per alzarsi.

“Andiamo,” gli disse, e l'altro accettò l'offerta, portandosi in piedi.

“Dove?” domandò, togliendosi polvere e terra di dosso con gesti distratti.

“A chiedere aiuto.”

 

“In parole povere, - concluse Kuroko, cannuccia del frappè ancora tra le labbra e sguardo impassibile come al solito, - siete talmente stupidi da non capire nemmeno cosa provate e volete io vi faccia un disegnino.”

Kagami smise di ingurgitare hamburger appositamente per fissare il più basso con espressione indignata, e Aomine fece schioccare la lingua e farfugliò qualche imprecazione non meglio distinta.

Si trovavano da Maji perché era talmente tardi che lo stomaco del rosso aveva iniziato a strillare proteste, e comunque era un luogo comodo per parlare. Kagami e Aomine erano seduti da un lato del tavolo e Kuroko dall'altro, un po' come una coppia ed il loro terapista, e Kagami non fu certo se quell'immagine gli mettesse voglia di ridere o piangere.

Non che ultimamente fosse una novità, non sapere cosa stesse provando.

Kuroko allontanò le labbra dalla cannuccia, sospirò appena; poi posò il contenitore e si frugò nelle tasche dei jeans, tirandone fuori una penna.

“Va bene, - disse, aprendola e recuperando un tovagliolo dal centro del tavolo, - vi farò un disegnino.”

Il primo a reagire fu Aomine.

“Tetsu, senti, se sei qui per prenderci in giro...!”

“Lasciami fare, Aomine-kun, sto cercando di aiutarvi,” rispose impassibile però l'altro, stendendo il tovagliolo dinanzi a sé ed iniziando a scarabocchiare. Kagami lo guardò incuriosito durante i pochi secondi che ci mise, e Aomine ne approfittò per rubargli una patatina.

In alto e al centro, Kuroko aveva scritto a grandi lettere la parola LOVE e l'aveva racchiusa poi in un ovale. La indicò con la punta della penna, e spostò il pezzo di carta verso il centro del tavolo di modo che gli altri due potessero vedere quel che stava facendo senza problemi.

“L' amore è una cosa molto più complicata di quanto voi due pensiate,” iniziò, ed Aomine schioccò la lingua in modo incredulo.

La cosa gli fece guadagnare uno sguardo infastidito da Kuroko ed una gomitata al fianco da Kagami, e in risposta roteò gli occhi, ma non fece altri commenti.

“Ai fini di questa spiegazione, ignoreremo le infinite sfaccettature che può avere e ci concentreremo su quella che per semplicità chiameremo attrazione.

Aomine mormorò qualcosa di molto simile ad un quando fai così sembri un prof, Tetsu, mentre Kuroko aggiungeva quella parola esattamente sotto quella scritta in precedenza e Kagami iniziava ad assumere un'espressione interessata.

“L'attrazione si può dividere in romantica e sessuale,”

Le parole vennero aggiunte sotto le prime due, una a destra ed una a sinistra.

Il volto di Kagami si fece di un colore vagamente più vicino a quello dei suoi capelli, e Aomine, alla vista, sorrise storto e lo pungolò alla guancia con un dito. Il rosso lo scacciò con una mano e si voltò verso di lui, fece per dirgli di piantarla, ma uno sguardo di Kuroko lo fece fermare.

“Prestate attenzione, per favore.”

Kuroko proseguì con il suddividere ognuna delle due in sotto-categorie, ognuna a specificare il tipo di persone a cui si era attratti ed in che modo. Kagami non pensava ci fosse molto oltre a etero/gay/bi come tipo di sessualità, ma pareva si sbagliasse.

Una volta che Kuroko ebbe finito, la faccia di Kagami era più o meno in fiamme e persino Aomine si stava mostrando interessato all'argomento.

Il più basso mosse il tovagliolo con l'ora completo schemino, fino a posizionarlo dinanzi agli altri due. Fece per muovere la penna ad indicare qualcosa, poi si fermò e guardò Kagami con occhi inquisitori.

“Kagami-kun, la risposta all'ultima domanda, ieri notte, era strettamente confidenziale?” chiese.

Aomine assunse un'espressione decisamente confusa, mentre Kagami arrossì talmente tanto che probabilmente il sangue di tutto il suo corpo si concentrò nel suo viso.

Scosse la testa, comunque, ed abbassò gli occhi alle proprie mani.

“N-no, se è Aomine è okay,” disse, anche se non era certo fosse vero. Avrebbe riso, il più alto? Non ne aveva idea.

Kuroko annuì a sua volta, poi guardò Aomine con uno sguardo che Kagami non riuscì a capire, ma che l'altro doveva aver compreso perfettamente dato il mormorato lo so, lo so che gli uscì dalle labbra.

A quel punto, Kuroko mosse la penna sulla colonna sotto la scritta sessuale ed indicò la parola asessuale.

“Se devo fare una supposizione molto azzardata, - disse, - direi che Kagami-kun è probabilmente asessuale, data la mancanza di interesse in quel senso. Potresti anche essere demisessuale e non aver ancora trovato la persona giusta, ad ogni modo, o semplicemente avere i gusti molto, molto difficili.”

Alzò gli occhi verso Kagami, lo guardò fissare la parola con sguardo assorto ed aspettò che le iridi scarlatte incontrassero le sue, poi concluse.

“È una cosa che puoi sapere con certezza solo tu, Kagami-kun.”

Kagami annuì, e Kuroko spostò lo sguardo su Aomine.

“Nel tuo caso, Aomine-kun, direi che sei abbastanza evidentemente eterosessuale. Anche se, l'attrazione è una cosa fluida e non è raro cambiare opinione e gusti crescendo.”

Aomine alzò un sopracciglio.

“Cioè?”

“Cioè potresti voler fare sesso con un uomo, in futuro. Chi può dirlo.”

La faccia del più alto si contorse in una smorfia a metà tra l'indignato e l'incredulo, ma non si lamentò. Kuroko mosse allora la penna alla colonna sotto la parola romantica, ma non indicò nulla di preciso.

Guardò prima Aomine, poi Kagami – entrambi ricambiarono lo sguardo, confusi – poi si poggiò allo schienale della propria sedia e sospirò.

“Per quella parte non so darvi soluzioni precise. Ciò che posso dire è solo che, ovviamente, nessuno dei due è eteroromantico,” constatò scrollando le spalle.

Kagami guardò Aomine ed Aomine fissò il tovagliolo. Poi entrambi puntarono gli occhi su Kuroko, che nel frattempo aveva ripreso a bere il proprio frappè.

“Cioè vuoi dire che...”

“Aspetta, significa...”

“No, un momento...”

“Uhm...”

Si guardarono l'un l'altro, alcuni secondi di silenzio e confusione. Kuroko posò il contenitore sul tavolo, ormai vuoto, e li fissò intento.

“Cos'è che vuol dire?” chiesero poi assieme, e l'altro roteò gli occhi, esasperato.

“Siete davvero fatti l'uno per l'altro,” fu la sua unica risposta, prima che si alzasse e li salutasse con un gesto del capo.

“Vai via?” domandò Kagami, e Kuroko rispose che era tardi ed era stanco, quindi sì, stava tornando a casa.

“Ma ancora non ci hai spiegato niente!” si lamentò allora indignato Aomine, seguendo con lo sguardo il più basso mentre si avviava verso l'ingresso.

“Vi ho detto più che a sufficienza per arrivarci da soli,” disse, poi aprì la porta, scivolò all'esterno e se la richiuse alle spalle.

Aomine lo guardò sparire nel buio della sera, poi si accasciò sulla sedia ed emise un verso irritato. Il volto di Kagami, invece, era scioccato e vagamente deluso.

“Perché non dà mai rispose chiare?” si domandò ad alta voce; Aomine non seppe rispondere.

 

Un'ora dopo erano sulla via di ritorno verso casa di Kagami, il quale aveva ancora in mano il tovagliolo e stava ancora cercando di capire cos'era che aveva tentato di dirgli Kuroko. Qualche passo più indietro, Aomine era al telefono con la madre e stava provando più o meno animatamente a convincerla del fatto che sì mamma è okay a Kagami non da' fastidio se resto a dormire un'altra volta e che fa' se non ho altri vestiti, posso usare i suoi, piantala di farti tutti questi problemi inutili.

Quando finalmente interruppe la conversazione e posò il cellulare, il rosso ripose a propria volta il tovagliolo nella tasca dei pantaloni e rallentò giusto il necessario per lasciarsi raggiungere.

“Ci hai capito qualcosa?” chiese Aomine una volta al suo fianco, e Kagami scrollò le spalle.

Non era come se non avessero capito quel che Kuroko gli aveva spiegato, ad ogni modo; anzi, era abbastanza semplice concettualmente. L'attrazione spirituale e fisica sono due cose diverse, che c'era di difficile nel comprenderlo?

Quello che proprio non riuscivano a capire era questo come cambiasse la loro situazione.

“Forse non cambia niente,” propose Aomine, e Kagami storse le labbra in una smorfia non convinta.

“Cioè siamo punto e accapo?”

Aomine emise un lungo hmmmmm incerto, poi scrollò le spalle.

“E che male ci sarebbe?”

Kagami ci pensò a lungo. Che male ci sarebbe stato? A lui piaceva come funzionavano le cose tra loro, perché non andava bene lasciarle com'erano sempre state?

“E se venisse fuori un'altra Saikawa-san?”

Si bloccò a metà passo, Aomine, e il suo viso si imbronciò appena.

“Ovviamente risponderesti di no.” disse, vagamente indignato. Kagami si fermò a propria volta, si girò a guardarlo.

“E se lo chiedono a te? Di uscire, dico.” chiese allora il rosso. Aomine scrollò di nuovo le spalle e riprese a camminare, mani in tasca e schiena appena ricurva in avanti.

“Dico di no, che domande.”

Kagami si portò al suo fianco, poi alzò gli occhi al cielo notturno estivo. Lasciò passare quasi un minuto in silenzio, poi sospirò e riportò gli occhi alla strada.

“Perché?” domandò.

“Perché ho te,” fu la risposta immediata, per quanto mormorata e mezza inudibile. Kagami si sentì un po' arrossire, e si chiese se fosse possibile che, quel giorno, avesse passato più tempo con la faccia in fiamme che del suo colorito naturale.

“Anche se non ti interesso fisicamente?”

Aomine alzò le spalle.

“Tetsu dice che non è importante.”

Per quanto la frase lo rendesse più felice di quanto avrebbe mai volontariamente ammesso, Kagami non era proprio sicuro che l'altro avesse capito ciò che stava dicendo. Ciò che stava promettendo.

“Quindi non ti importa di non poter fare... sai...”

“Sesso? Puoi dirlo, non ti cade la lingua” sogghignò, e Kagami aprì la bocca per urlare non sapeva nemmeno lui cosa, ma lasciò perdere a metà gesto ed optò per mettere il broncio e stringersi nelle spalle, per poi dare comunque conferma.

“E che c'entra? Il sesso è il sesso e tu sei tu.” disse sottovoce ma sicuro Aomine, calciando il terreno ed affondando ulteriormente le mani nelle tasche, mantenendo lo sguardo sulla strada deserta.

“Senti...”

“Io voglio stare con te. - lo interruppe, più deciso - Non m'interessa come chiami la nostra relazione, mi basta che tu sia solo mio.”

Quando Kagami si fermò ancora una volta, ormai a pochi passi dall'ingresso del proprio palazzo, Aomine portò di nuovo gli occhi su di lui, e lo trovò con le sopracciglia aggrottate e la bocca in una smorfia scontenta.

“Io non sono di nessuno se non di me stesso, grazie tante,” si lamentò, e l'altro gli rispose con un sorriso storto, un tsk appena udibile ed un e c'era da aspettarselo vagamente mormorato.

“Però se tu fossi di qualcuno saresti mio, no?” insistette comunque, aprendo il portone d'ingresso per Kagami e lasciando che il rosso lo superasse, per poi seguirlo su per le scale.

“Lo sarei?”

“Certo. Il mio rivale, la mia ragione per giocare, - elencò, - il mio posto dove andare quando non ho nulla da fare, il mio nascondiglio quando Satsuki rompe troppo, la mia scusa quando i miei vogliono sapere dov'ero.”

“Le ultime tre non mi piacciono molto,” borbottò Kagami, ma Aomine scrollò solo le spalle, poggiandosi allo stipite dell'ingresso dell'appartamento ed aspettando il rosso aprisse.

“Fa' lo stesso.”

“Comunque questo non toglie che quello non è compreso nell'uscire con me,” concluse il più basso, aprendo la porta ed accendendo le luci, guardando Aomine togliersi le scarpe e gettarsi sul divano come fosse a casa sua. Il che, ormai, più o meno era la verità.

“Posso farne a meno.”

“Puoi?” domandò scettico Kagami, avvicinandosi al divano e scostando i piedi di Aomine, sedendocisi poi a propria volta e guardando distratto la stanza attorno a lui.

Nell'angolo vicino a balcone c'erano un paio di scarpe di Aomine, e sulla sedia accanto al muretto che divideva cucina e salotto c'era una maglia che Kagami aveva messo un paio di giorni prima, ma che, ora che ci pensava, apparteneva probabilmente all'altro; sul tavolo davanti a lui c'erano alcune riviste che era praticamente certo non fossero sue, ed i giochi accanto alla consolle e sotto la TV erano almeno per metà del più alto.

La presenza di Aomine in quella casa era tangibile quasi quanto la sua, si rese conto. E non era neanche certo di quando fosse avvenuto, quel cambiamento così grande all'interno del suo appartamento.

 

“Certo che posso!” fu la risposta indignata, ma l'espressione scettica non lasciò il volto di Kagami.

Si portò allora a sedere, Aomine, poggiando un gomito sullo schienale ed una guancia sulla mano chiusa a pugno, fissando l'altro finché questi non portò i propri occhi su di lui.

“Fino ad ora sono andato avanti senza e non ho avuto problemi. Perché dovrei cambiare adesso?”

Kagami lo guardò sorpreso.

“Sei vergine?” chiese, e Aomine distolse lo sguardo, fece schioccare la lingua.

“È un problema? Lo sei anche tu, no?” anche se,ovviamente, la situazione era completamente diversa. Kagami non rispose, comunque; lo guardò meravigliato ancora alcuni secondi, poi sorrise e si lasciò cadere contro lo schienale del divano, rilassato.

Aomine lo fissò a lungo, abbassando il braccio e poggiando la guancia direttamente sulla spalliera.

Il silenzio nella stanza era più o meno assoluto. A quell'ora della notte, la strada su cui affacciava l'appartamento era praticamente deserta, ed i vicini di casa dormivano praticamente tutti. Kagami poteva sentire il respiro regolare di Aomine senza nemmeno doversi sforzare, poteva sentirlo andare a tempo con il proprio.

“Hai mai baciato qualcuno?” la domanda, improvvisa, lo fece riscuotere; aprendo gli occhi e portandoli al volto di Aomine, lo trovò intento a fissarlo con espressione assorta.

Il rosso ci mise qualche tempo a rispondere, ma poi annuì, incerto.

“Alex,” disse.

“La tua maestra di basket?”

Annuì di nuovo. Aomine storse le labbra, una smorfia non molto contenta, e Kagami specificò.

“Mi bacia sempre. Bacia anche Tatsuya. In realtà bacia un po' tutti.”

Il volto dell'altro mutò ancora, allora, un'espressione prima sorpresa e poi indecisa ad occupargli il viso, e per un po' non arrivò risposta. Poi chiese a Kagami se quei baci gli fossero piaciuti, e il rosso non ci pensò nemmeno prima di scuotere la testa.

“È come una sorella maggiore per me, - spiegò, - mi fa'... strano, baciarla.”

“E se a baciarti fossi io?” chiese allora l'altro, immediato, deciso. Come se alla domanda avesse pensato a lungo, come se si fosse preparato psicologicamente per porla.

Questa volta, Kagami fu sinceramente sorpreso.

Baciare Aomine?

Non ci aveva mai riflettuto. Fino a quel momento, ogni volta che aveva pensato di rendere più intima la sua relazione con l'altro la prima cosa che gli era venuta in mente era sempre stata il sesso, per quanto si vergognasse un po' ad ammetterlo. Quello, inutile a dirlo, non era qualcosa che voleva. Ma baciarlo... era come baciare qualcuno sulla guancia, no? Solo, sulle labbra.

L'idea non lo eccitava particolarmente, ma non gli faceva nemmeno schifo.

Scosse le spalle, e rigirò la domanda ad Aomine.

“Vuoi che ti baci?” chiese.

Il più alto parve rifletterci a lungo, forse, o forse cercò solo le parole più adatte per articolare una risposta che già aveva; poi scrollò le spalle a propria volta.

“Ti va di provare?”

Kagami annuì.

 

Ad avvicinarsi fu il rosso.

Aomine rimase con la testa poggiata sullo schienale e gli occhi semiaperti fissi su Kagami, finché quest'ultimo non fu a pochi millimetri dalle sue labbra. A quel punto, Aomine fece scivolare completamente chiuse le palpebre, e si mosse appena in avanti a coprire il poco spazio che li separava.

Non durò molto.

Kagami ebbe appena il tempo di accorgersi che le labbra dell'altro erano sorprendentemente morbide prima di allontanarsi e ripristinare lo spazio che inizialmente li separava. Involontariamente, lasciò scivolare la lingua a leccarsi il labbro inferiore, e si accorse che Aomine vi aveva lasciato sopra un vago sapore di limonata.

(La limonata era l'ultima cosa che l'altro aveva bevuto prima di andar via da Maji Burger. Lo ricordava bene, perché quella limonata era sua, e a causa del furto avevano bisticciato infantilmente per almeno un quarto d'ora.)

Aomine fece lo stesso, si leccò un labbro in un gesto involontario e lento, poi lasciò ricadere la testa sulla spalliera.

“Com'è stato?” chiese con tono genuinamente interessato.

Kagami ci pensò seriamente, prima di rispondere.

“Normale,” disse, ed Aomine annuì.

“Anche per me.”

Si fissarono ancora qualche secondo, poi si riavvicinarono, premendo di nuovo le labbra le une contro le altre. Questa volta, comunque, si diedero più tempo per accertare ciò che stavano provando.

Era piacevole, pensò Kagami, anche se non era sicuro se ciò che trovava piacevole fosse l'atto di per sé o il fatto che lo facesse sentire così vicino ad Aomine.

Sentiva ancora il sapore di limone in bocca, si rese conto poi, ed involontariamente portò la lingua a sfiorare il labbro superiore dell'altro. Aomine si irrigidì appena, preso alla sprovvista, ma lasciò che Kagami lo esplorasse come meglio credesse, facendo a sua volta altrettanto.

Non si trattò di un bacio particolarmente umido, ma soprattutto un incontro di labbra in gesti morbidi e lenti, quasi insicuri.

Dopo quasi un minuto che parve ore, in cui entrambi rimasero perfettamente immobili se non per le loro labbra, il più alto portò una mano ad intrecciarsi ai capelli rossi, pettinandoli con gesti regolari, e Kagami alzò la propria mancina ad accarezzargli una guancia, strofinando uno zigomo con il pollice. Il bacio si interruppe piano, in modo naturale, ed una volta separati Kagami fissò gli occhi blu per quasi un minuto, prima di poggiare la fronte su una spalla dell'altro e strofinare la punta del naso contro una maglia che era più che certo fosse sua, anche se ultimamente l'aveva vista solo indosso all'altro.

Aomine riportò la testa sullo schienale, intrecciò le dita della propria mancina alla mano destra di Kagami e sospirò piano.

“È strano,” decretò alla fine, piegando le labbra verso l'interno e leccandole piano. Kagami annuì contro la sua spalla, ma non rispose.

“Non so come spiegarlo, - continuò Aomine, - non è male, è...”

“Intimo,” sopperì Kagami con tono contento in un sospiro, ed Aomine si dichiarò concorde.

 

Quella notte dormirono nello stesso letto.

Aomine si disse decisamente entusiasta della cosa, perché è ingiusto tu abbia il letto a due piazze e la stanza più arieggiata tutti per te, e comunque a Kagami non cambiava molto. Non era certo la prima volta che dormivano assieme, viste e considerate tutte le occasioni in cui si erano addormentati uno addosso all'altro sul divano davanti alla TV o sul pavimento nel bel mezzo di una partita ai videogame.

E, per quanto l'afa facesse sì che dormire in due sullo stesso materasso non fosse delle migliori delle idee, Kagami si rese conto che il peso di Aomine – una gamba ad intrecciarsi alle sue, le braccia a circondargli il petto e la testa poggiata sulla spalla – era un peso molto più piacevole di quanto avrebbe mai potuto immaginare.

 

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Note Post Fic: Mettendo in chiaro che per qualche ragione mi vergogno incredibilmente di questa roba, spero comunque vi sia piaciuta ehhhh
In realtà c'erano alcune cose che volevo aggiungere - come il momento in cui immancabilmente Aomine e Kagami dovranno fare i conti col fatto che, alla fine, Aomine asessuale non è. O il modo in cui a lungo andare questi due gestiscono la relazione, come la spiegano a genitori ed amici e cose così.
Volevo scrivere anche più precisamente perché entrambi trovano piacevoli i baci, e spiegare più nello specifico quanto una cosa non sessuale siano per loro.
Anche, per un po' ho pensato di scrivere una fic compagna con tutta la cosa vista dal punto di vista di Mine ma HAHAHA no. Troppo lavoro. Probabilmente non accadrà.
Comunque potrei, e specifico POTREI, riprendere in mano questo "universo". Dipende da quanto piace, immagino, e da quanta voglia avrò.
Grazie per aver letto~
  
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