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Autore: Firnen bjartskular    13/04/2014    1 recensioni
Un punto verde baluginó all'orizzonte.
Non poteva essere lei, non poteva essere tornata così, senza preavviso per rompere la pace e il debole equilibrio che si erano formati negli anni in cui avevano perso il contatto, eppure il suo amore per lei restava immutato, un sentimento profondo e sincero, un ardore forse anche aumentato nel corso degli anni con il desiderio di vederla
Genere: Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Arya, Eragon, Murtagh, Nuovo Personaggio, Un po' tutti | Coppie: Eragon/Arya
Note: Lime | Avvertimenti: Bondage
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Breoal'
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Commiato
Pov. Kémâl
Con Glaedr appollaiato sulla spalla, mi diressi verso casa, seguito a ruota da Arya ed Eragon, i due rimasero scioccati, nel vedere il tugurio dove abitavo, soprattutto la principessa degli elfi, che, quando passavamo vicino ai mendicanti, guariva qualche ferita, con somma disapprovazione del cavaliere blu, che continuava a dirle che non doveva stancarsi.
Quando arrivammo difronte alla porta della catapecchia, non feci neanche in tempo a bussare, che mia madre, schiumante di collera, tentò di gettarmisi addosso, fu necessario l'intervento di Alba e Danae - le mie sorelle - per fermarla.
- Quindi quelli, 
Urlò, evidenziando l'ultima parola
- Dicevano la verità
- M...madre, state calma, io...
Tentai di spiegare, ma lei prese ad urlare imprecazioni, che squarciarono la dolce calma, nelle vie deserte, illuminate dai rossastri riflessi dell alba.
Danae riuscì a zittire la mia adoratissima ( ma non troppo ) mammina, mi fece l'occhiolino, e, prima di scomparire dietro la pota, mi augurò buon viaggio. 
Arya mi poggiò una mano sulla spalla
- Non sai quanto ti capisco
Sussurrò, poi aggiunse
- Allora, su quale dei due draghi preferisci salire, per il tuo primo volo?
Li osservai entrambi, quegli animali erano stupendi: da un lato, Saphira, grande e possente, ma aggraziata e bellissima, mi persi nel blu cobalto dei suoi occhi, ed osservai rapito, le squame, rilucenti come una miriade di zaffiri, proiettare tanti puntini azzurri sui muri delle case; dall'altro Fìrnen. Anche se il suo corpo era nettamente più piccolo, era egualmente possente. Il suo sguardo mi colpì, più di ogni altro dettaglio, era profondo, sapeva di antico, ma era allo stesso tempo scherzoso, e conservava un po' della spensieratezza tipica dei bambini in tenera età. I suoi occhi, mi ricordavano il verde della Du Weldenvarden, che avevo visitato solo di sfuggita in occasione del matrimonio dei miei maestri. Anche se quello che avevo visto era ben poco, la visita alla foresta degli elfi, mi aveva segnato, ero stato partecipe della natura, che era l'incontrastata signora di tutto e di tutti.
Solo per questo, scelsi lui.

Arya mi aiutò a montare in sella, mentre lei si sedette poco più avanti, sulle durissime squame.
Quando Fìrnen si erse in tutta la sua statura, il terreno venne a mancare sotto i miei piedi, sentii la testa girare, ed una sensazione di nausea pervadermi, mi strinsi spasmodicamente alla vita di Arya; poi, il drago, senza preavviso, fece uno scatto fulmineo, balzando e compiendo un grande arco nel cielo, librandosi fin sopra i tetti delle costruzioni. 
Guardai in basso - tremendo errore - vidi la città rimpicciolirsi sempre di più, la nausea si fece più forte; ma presto quella sensazione mutò, cedendo il posto ad eccitazione e divertimento.
Era.... Stupendo, mi sentivo profondamente lusingato, per aver ricevuto quel privilegio.

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Glaedr era cresciuto molto, superava la mia spalla, si era rivelato un bravissimo volatore. Dal canto mio, stavo mettendo anima e corpo nello studio dell'antica lingua, mentre i miei maestri continuavano a propinarmi esercizi a dir poco stravaganti, del tipo riempire d'acqua dei secchi che sembravano più colabrodi, o anche spostare enormi macigni con mani e piedi legati.

I tre giorni trascorsi ad Ellesmera passarono quasi senza che me ne accorgessi, finchè, prima che le condizioni di Arya glilelo impedissero, arrivò il giorno della nostra partenza verso Isiwëya. 

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Pov. Arya
Ero di nuovo lì, in quella stramaledettissima radura, gli amarissimi ricordi continuavano ad assalire la mia mente, erano anni che non visitavo quel luogo: la tomba di mio padre.
Ero inquieta, continuavo a girarmi, i sensi all'erta, non volevo assolutamente che quel giorno si replicasse. Perchè lì, proprio dove stavo camminando, più di settant'anni prima, mio padre, una delle persone che ho amato di più in vita, moriva, colpito a tradimento da Galbatorix in persona.

* flashback *
Stavo giocherellando con degli steli d'erba, mentre mio padre, cercava disperatamente di farmi entrare in testa la " du Fyrn Skulblaka ".
- Hei fiorellino, non è che mi presteresti un po' di attenzione, così domani al compito non vai male un'altra volta.
Sbuffai infastidita, il compito, non ne capivo l'utilità
- Oh, e dai!
Mi disse papà, avvicinandosi pericolosamente, quello voleva dire solo una cosa: divertimento!
- E va bene, se non stai attenta, guerra di solletico!!
Risi spensierata
- No!
Urlai
Proprio sul più bello, arrivò quel tonto imbalsamato di Dakkar. Sorrise vedendo la scena, e, quando mio padre si accorse di lui, gli chiese
- Cosa c'é Dakkar-vodhr? Forse qualche problema?
- No kongür. Il cavaliere Galbatorix desidera vederla nella radura delle nebbie sospiranti, dice di volerle porgere i suoi saluti di persona, passava di qui prima di recarsi ad Edoc-sil.
Un improvviso senso di eccitazione mi pervase, così domandai
- Papà, papà, posso venire con te?
Assentì senza esitare.
Che bello!
Pensai
Non avevo mai visto un cavaliere dei draghi, li ammiravo profondamente per il lavoro che svolgevano, e poi c'erano i draghi, stupende creature alate, sembravano solo mere bestie da trasporto, ma dai testi antichi si evinceva il contrario.
Persa nei miei pensieri, quasi non mi accorsi di essere arrivata a destinazione: al centro della radura, un'uomo slanciato, calvo con un accattivante pizzetto nero, si ergeva in tutta la sua statura, dietro di lui un drago di medie dimensioni, bianco, con lucenti squame, occhi grigi e brillanti.
Non erano affatto come li avevo immaginati, sembravano minacciosi, cosi mi tenni a distanza.
Mio padre sorrise, e si voltò verso Galbatorix, questo si inchinò e recitò la  consueta forma di saluto.
Quando papà si girò per presentarmelo, vidi il cavaliere estrarre la spada dal fodero, in silenzio, senza neanche un fruscio, un minimo rumore, vidi quella lama, bianca e affilata, penetrare la carne. Gli occhi di mio padre si posarono su di me, scintillarono un'ultima vota, prima di diventare spenti, vitrei e vuoti, divenire solo l'ombra del rassicurante e ridente azzurro, di cui un tempo erano colorati.
- Scappa
Mi disse, un rantolo strozzato, prima di cadere a terra morto, in una pozza vermiglia.
Volevo fare come mi aveva detto, volevo fuggire, volevo rifugiarmi tra le braccia di mia mamma, ignorare il mondo, volevo piangere, ma non dovevo farlo, non gli avrei dato quella soddisfazione.
Galbatorix rise, una scintilla di follia illuminò le nere voragini senza fondo, quali erano i suoi occhi.
- Soffri, soffri come non hai mai fatto, annega nel torbido mare d'odio, lasciati cullare dai morbidi tentacoli della malvagità.
Fece, fissandomi. Tremai sotto il peso di quello sguardo, caddi in ginocchio.
- Ti ucciderò
Singhiozzai, appena un sussurro, che però quell'orrido mostro udì chiaramente
- Oooh, che paura!
Rise ancora, una risata di scherno
- Beh, in questo caso ci rivedremo piccola Arya.
Disse.
Una lacrima solleticò la mia guancia, mentre osservavo impotente il drago bianco prendere il volo, e mi stringevo al corpo di papà noncurante del liquido cremisi che imbrattava la mia tunica celeste.
In quel preciso istante mia madre arrivò nella radura
- Evandar che co....
Si bloccò vedendo la scena. 
Correndo, si posizionò vicino a me, e dopo avermi spinto via, iniziò a scuotere il corpo senza vita.
Non l'avevo mai vista così, non l'avevo mai vista piangere, non l'avevo mai vista sconvolta.
Mi avvicinai e tentai di abbracciarla, ma lei mi spinse di nuovo via
- Vattene, é tutta colpa tua!
Urlò.
Così me ne andai, lasciando il mio cuore lì per terra, sparso in migliaia di pezzetini, che mia mamma aveva appena calpestato.
Quel giorno, avevo perso tutta la mia famiglia.
* fine flashback * 

Poggiai una mano tremante sul tronco dell'enorme quercia. 
Intagliata nella corteccia, c'era una stupenda effige, realizzata da Oromis in persona, che raffigurava me, mio padre e mia madre. 
Feci scorrere le dita sulla liscia superficie, seguendo i contorni del viso di papà, sorrideva.
Sentii le coscienze di Eragon e Fìrnen sfiorare la mia, che era completamente sigillata. Non ero pronta a condividere quei ricordi, volevo stare un po' da sola, mettere ordine ai pensieri.
Mi concessi un'unica manifestazione delle mie emozioni: una lacrima.
Quando l'argentea perla di depositò sulle radici, vidi delle piccole foglioline spuntare dal nulla, per dare origine ad una pianta rampicante, che, lentamente, allungò il suo stelo, fino ad avvolgere l'intero albero in un caldo abbraccio.

Un alito di vento mi scompigliò i capelli, non era gelido, ma caldo, quasi animato, umano. 
Fui cullata dai dolci tentacoli dell'aria; una mente familiare entrò in contatto con me. 
Una voce eceggiò nella mia mente. Era antica come il tempo, profonda e arcana, proveniente dalle viscere della terra, dalle propaggini dell'intero universo, dentro di sè, racchiudeva una moltitudine di luci, come tante candele accese nel buio.
- Sono fiero di te, figlia mia
- Papà, sei davvero tu? 
Chiesi
- Addio, piccola mia
Mi disse, percepii una nota di tristezza nel suo tono.
- Addio
Mormorai, prima che la presenza svanisse.

Sentii Il braccio di Eragon avvolgermi la vita.
- Dovremmo andare, gli altri ci aspettano al margine della foresta per salutarci.
Mi disse
- Sì
Risposi solo, ero sconvolta.


Mezz'ora dopo eravamo già al margine sud-orientale della Du Weldenvarden.
Un vero e proprio corteo si era raggruppato per salutarci.
Appena scesi dal mio drago, mia madre, piangendo, mi gettò le braccia al collo; la strinsi forte a me.
- Mi mancherai
Disse tra i singhiozzi.
Sciolsi l'abbraccio, la guardai negli occhi e mi costrinsi a sorridere
- Ti voglio bene mamma
Era una frase banale, quasi infantile, ma per me significava molto; dopo la morte di papà non gliel'avevo più detto e non mi ero sentita totalmente libera di farlo, neanche quando ci siamo ricongiunte.
Mi abbracciò ancora.
- Anche io
Appena mi staccai da mia madre, Ismira mi saltò addosso, quasi facendomi perdere l'equilibrio
- Promettimi che ritornerai!
Disse, quasi urlando
- Io, non lo sò, ma ti prometto che, almeno una volta a settimana, ti contatterò su uno specchio magico.
Vel eïnradhin iet ai Shur'tugal*
La rimisi a terra, lei annuì decisa.

Quando Eragon ebbe finito di salutare Roran e Katrina, rimontai in sella a Firnen. Lo stesso fece Kémâl su Saphira, mentre sistemai Glaedr tra le gambe.
I muscoli del mio drago si contrassero per dare il giusto slancio, lo sentii battere freneticamente le ali, poi ci alzammo in volo, sempre più in alto, finchè i miei cari, divennero solo puntini indistinti.
Mi voltai un'ultima volta verso l'immensa distesa smeraldo. 
Quel paesaggiò mi avrebbe sempre rappresentata. La foresta era una vera e propria creatura, la vita pulsava nell'albero di Menoa, per donare energia ad ogni singola pianta.
- Addio
Mormorai, quasi come se l'intero oceano verde potesse sentirmi.
Poi mi girai, per iniziare il viaggio verso Komsos, nello scurissimo cielo notturno, con la bianca luna, ad illuminare il cammino con geldi raggi.

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Pov. Eragon
Il viaggio non durò molto, certo, ci mettemo più del dovuto a causa delle condizioni di Arya. Non doveva assolutamente stancarsi.
Appena poggiammo i piedi a terra, mi sorrise, ma sapevo che era un sorriso forzato, era malinconica triste, chiusa, da due ore non proferiva parola.
Come potevo biasimarla, anche io ero stato così; pregai che Blödhgarm avesse fatto quel che gli avevo chiesto. 
Quando arrivammo davanti alla porta di camera nostra, sussurrai a Murtagh
- Tutto pronto?
Lui annuì, prima di lasciarci da soli.

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Pov. Arya
Appena Eragon aprì la porta della stanza, sgranai gli occhi e feci cadere a terra lo zaino di pelle.
Era stupenda. Sorrisi: uguale alla mia.
Piante rampicanti si arrampicavano sui muri, e si congiungevano sul soffitto esagonale, dove formavano un lampadario, sorreggendo tre lanterne senza fiamma a foggia di galla. Un piccolo ruscello correva in mezzo al pavimento, per andare a finire in una piccola conca al lato del letto, di fianco a un catino; ed'un alberello/attaccapanni era piantato al lato dell'entrata.
- Eragon, é bellissima
Mormorai
- É tutto merito di Blödhgarm
rispose
- Elrun-ono  



*Vel eïnradhin iet ai Shur'tugal: la mia parola di cavaliere

Angolo dell'autrice
Eccoci qui, con il penultimo cap della storia ( perfavore, se ne avete, risparmiate le polemiche al prossimo cap ), comunque siamo quasi giunti all'epilogo.
Con questo credo di aver chiarito gran parte della storia di Arya.
Dato che non ho più nulla da dire in merito al capitolo, é meglio che mi dilegui.
Alla prossima!  
Se onr sveddar stija hvass^^


  
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