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Autore: herflowers    13/04/2014    3 recensioni
"Continuavi ad accarezzarmi i capelli ed io sentivo la pelle d’oca sotto il tuo tocco che minacciava di coprire per intero il mio corpo, compreso il mio cuore.
Continuo a pensare alle tue labbra vicino al mio orecchio, alle tue ciglia che sfiorano il mio zigomo e alla tua voce calda che entrava nel mio orecchio, scatenando un vortice di emozioni indescrivibili all’altezza dello stomaco.
Perché la verità è che io ti ho amato.
Ti ho amato come non ho mai amato nessuno al mondo e te lo dicevo."
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Memories about us.

 
 




È presente solamente la tazza di thè caldo che ho tra le mani.
Il vapore, leggero e delicato, mi ricorda molto i tuoi lineamenti. Quei lineamenti che tanto amavo osservare nel bel mezzo della notte, perché solamente quando dormivi ti facevi ammirare.
Come tuo solito, appena appoggiavo lo sguardo sul tuo viso dalla carnagione chiara, con un accenno di barba, tu corrugavi la fronte e proprio tra le sopracciglia si formava quella piccola ruga che tanto mi piaceva.
Non amavi particolarmente essere al centro dell’attenzione, lo so bene, ma a me piaceva tantissimo guardarti e studiarti in tutte le tue piccole sfaccettature. In certi casi sapevi tirare fuori mille lati della tua personalità. Spesso, eri tu che ti soffermavi a guardarmi da capo a piedi incredulo, non riuscivi a capacitarti del fatto di avere accanto una persona che ti amasse. Non hai mai capito fino in fondo, non sei mai arrivato a ficcarti in testa, che qualcuno poteva amarti e che tu, proprio tu, potevi essere amato così fortemente da poter sentire il mio desiderio di poter morire di te.
Non parlavi molto con le persone estranee e non ti preoccupavi di fare nuove amicizie perché, da come continuavi a ripetermi, ti bastava quella piccola cerchia di persone che conoscevi e che non avevi bisogno di conoscere altri ipocriti. Proprio non sopportavi di avere amici che ti usassero per arrivare ad un fine che non comprendesse il piacere di averti come amico. L’unica cosa di cui avevi bisogno era la tua famiglia, dicevi.
Dicevi anche che io facevo parte della tua famiglia, ma mi hai lasciata qui in quest’ appartamento freddo a bere tazze di thè. Perché è quello che faccio da quando te ne sei andato. Ormai mi è passata la voglia di cucinare, stirare, riassettare il soggiorno e disfare la valigia che avevo preparato per il nostro viaggio. Quel viaggio che tanto avevamo aspettato e programmato nei minimi dettagli è andato in fumo prima che mi lasciassi, prima che ci lasciassimo. Avevamo passato mesi a progettare il volo per Shangai, il posto che avresti voluto visitare sin da bambino. Quel posto che tanto ti piaceva e che reputavi una terra di cultura unica e straordinaria. La data era fissata e i bagagli quasi pronti, ma i piani sono completamente cambiati cinque giorni fa dopo l’ultima litigata che abbiamo intrapreso, tu ed io.
Quel giorno potevo vedere quanto tu fossi frustato e stanco del nostro rapporto malato, perché sì, era malato. I nostri continui sbalzi d’umore stravolgevano le giornate e di conseguenza i nostri atteggiamenti. Spesso tornavi a dormire da tua madre lasciando me in balia dei miei sentimenti, così straziati e disperati, pentiti per le parole che la mia bocca aveva fatto uscire senza aver collegato il tutto. In quei momenti ripensavo agli attimi in cui mi ripetevi sotto voce, sotto le lenzuola, dopo aver fatto l’amore, come mi trovavi bella.
Continuavi ad accarezzarmi i capelli ed io sentivo la pelle d’oca sotto il tuo tocco che minacciava di coprire per intero il mio corpo, compreso il mio cuore. Continuo a pensare alle tue labbra vicino al mio orecchio, alle tue ciglia che sfiorano il mio zigomo e alla tua voce calda che entrava nel mio orecchio, scatenando un vortice di emozioni indescrivibili all’altezza dello stomaco. Perché la verità è che io ti ho amato. Ti ho amato come non ho mai amato nessuno al mondo e te lo dicevo. Te lo ripetevo due, tre, quattro volte se serviva, ma tu continuavi a scuotere la testa sorridendo tra te e arrossendo, rispondendo sempre con le stesse parole. Continuavi a non credermi nonostante te lo provassi, nonostante ti facessi sentire il battito del mio cuore sotto il palmo della tua mano, nonostante ti guardassi con gli occhi di una bambina che guarda quello che è il suo piccolo grande amore, quello che rimarrà sempre nei suoi ricordi. Tu continuavi a ribattere negativamente ed io lo ripetevo senza sosta fino a quando, quella sera che non scorderò mai, tu mi presi la nuca tra le mani, stringendo i miei capelli, e mi baciasti sussurrandomi quelle parole che tanto avevo desiderato. Quella sera abbiamo fatto l’amore come due farfalle che volano vicine, come due persone che si amano davvero e si promettono amore eterno. Perché io avrei potuto aspettare anni e anni per quella promessa, perché ti amavo.
Desideravo poter osservare il tuo corpo spaesato nel bel mezzo della casa quando non ricordavi perché ti trovassi in quel punto, desideravo poter tenere insieme con me quel cuore che batte dentro di te e sentirlo battere ancora rendendomi conto che, in parte, lo faceva anche per me. Desideravo poter sentire il tuo calore che scaldava il mio corpo nella notte, avrei voluto continuare a sentire il tuo profumo di vaniglia e muschio che ti lasciavi dietro ogni volta uscito dalla doccia e quel profumo che sapeva di te sul cuscino nei giorni a seguire. Avrei voluto continuare a toccare quei tuoi capelli lisci e corti che spesso mi solleticavano il viso quando dormivi sul mio petto ed io, ingenua e innamorata, sorridevo accarezzandoti le spalle nude. Ricordo come incrociavi le tue gambe alle mie quando ci accomodavamo sul divano, comprato insieme per segnare l’inizio della nostra convivenza.
Perché, se ricordi le tue parole, dicesti che quel divano sarebbe stato l’inizio della nostra lunga, anche se complicata, vita insieme. Quel divano era stato il primo acquisto che avevamo fatto con i nostri risparmi in un giorno di pioggia d’ottobre. Lo ricordo come fosse ieri, di come ti buttasti sui cuscini ben imbottiti e dicesti, deciso come non mai, che era quello giusto e adatto a noi. Probabilmente questo divano non avrà più occasione di vederci seduti, abbracciati, mentre guardiamo film e serie tv. Non avrà più occasione di vederci piangere entrambi per storie tristi, ma potrà ancora assorbire e sostenere le mie di lacrime. Le lacrime del nostro amore andato in mille pezzi.
Del mio cuore infranto. Tu ormai non ci sei più e potresti anche essere su quel volo per Shangai insieme a tuo fratello o, peggio, insieme a un’altra ragazza che non sono io.
Perché ormai sono più che convinta che tu mi odi profondamente dopo gli ultimi gesti d’isteria che mi hai visto compiere. Mi odierai dopo le parole che ti ho detto quella mattina. Ed io odio il sole che, quello stesso giorno, era rimasto fermo a fare luce su quell’immenso uragano che eravamo tu ed io. Era rimasto fermo immobile senza evitare tutto quello. Era rimasto immobile senza intervenire. Avrei preferito essere lanciata nello spazio senza ossigeno, così vicina al sole, da essere ridotta in piccoli pezzetti di cenere. Perché è quello che credo di star provando in questo momento: un caldo così insopportabile che mi porta a sentirmi sul punto di esplodere. Sì, esplodere, non in piccoli pezzi di cenere, ma in un pianto struggente del quale mi spaventerò a tal punto da chiudermi in me stessa e provare la solitudine di cui avevo tanto paura, perché quella paura l’avevo abbandonata quando avevo conosciuto te.
Ora tu non ci sei ed io sono piombata all’improvviso nel buio più totale. Ancora davanti alla mia tazza di thè, non faccio altro che guardare fuori dalla finestra della cucina e vedere come il tempo si sia fermato e il giorno non sorga più, di come la sera sia perennemente lì a guardarmi soffrire. Mi sorprende sentire, giorno per giorno, un pezzo del mio cuore creparsi e spezzarsi per colpa della tua assenza. È come se al posto del cuore avessi il London Bridge che stesse candendo, crollando poco a poco. E nessuno, nonostante lo veda cadere, si ferma a guardarlo e nemmeno pensa di voler aiutare a tenerlo in sesto. Nessuno potrebbe, nessuno tranne te. Non so se prima o poi tornerai. Non sono certa che tu mi stia pensando, ma quella mattina, prima di prendere la tua giacca mi baciasti sulla fronte mormorando ancora quelle parole, quel “Ti amo” che pensavo di amare. Invece lo odiavo, perché era solamente un addio definitivo, anche se una parte di me, speranzosa, non volesse accettarlo come un addio, ma come a un “Tornerò presto”.
E ora, mi rendo conto di quando amore sprecato, in questo momento, perché sento tutto l’amore nei tuoi confronti soffocarmi e minacciare il mio corpo. Lo sento scorrere impertinente dentro il mio corpo, dalla testa ai piedi, arrivando al petto e gonfiandolo di una malinconia indescrivibile che mi porta a pensare a te e a piangere, piangere di notte, in ogni momento della giornata. Piango e non smetto perché la tua assenza mi fa male, nonostante le persone dicano che dovrei voltare pagina, ma io non riesco. Non riesco per il solo fatto che ti ho amato e ti amo ancora. Non passerà facilmente, non si attenuerà molto facilmente tutto questo bene che mi spingeva a sognare un futuro insieme con te.
Sono ancora qui a sperare nel tuo ritorno e nel frattempo, nella mia mente, rivedo le tue espressioni, il tuo corpo, la tua anima che vaga in cerca di amore, sicurezza che ripone disperatamente in una persona del sesso opposto, che nonostante tutto ero io e che spero, un giorno, di poter tornare ad essere io.
   
 
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