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Autore: bluemmings    13/04/2014    3 recensioni
La vita: un inferno mascherato da paradiso.
Michael si era ritrovato a pensare che quella fosse la cosa più vera che avesse mai sentito dire.
Da quando gli avevano portato via Sarah, l'inferno era diventato più reale che mai. Se lui aveva fatto ciò che aveva fatto, era stato solo per lei, per proteggerla.
Quale fratello non avrebbe protetto la propria sorella?
Ricominciare una nuova vita dall'altro capo del mondo sembra facile, ma per Michael non sarà cosi. Non lega con nessuno, troppo incazzato col mondo, con troppi problemi per stare dietro alla semplice vita degli altri adolescenti, sfogandosi con chiunque.
Ma come non potrebbe? Tenersi tutto dentro non è possibile, è un peso che schiaccerebbe chiunque.
Nessuno sa lui chi è, nessuno sa ciò che ha fatto.
In pochi lo accetteranno, tra cui Alex, l'unica ragazza che invece d'essere turbata dal ragazzo che sta sempre in cortile con la sigaretta in bocca e i pugni fasciati desidera aiutarlo, capirlo, come nessuno ha fatto con lei.
Insieme, con una forza che solo l'amore può, cercheranno Sarah.
Ma non è facile e Michael potrebbe ricadere nel profondo del suo dolore. Ma Alex e la musica non lo permetteranno.
Genere: Mistero, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Michael Clifford, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Il suo ultimo giorno a Sydney si stava rivelando così monotono: nessuno era venuto a fargli gli auguri di una nuova vita felice, nessuno si preoccupava di andare a vedere come stesse, se quella partenza lo turbasse o lo rasserenasse, in qualche modo.
Come se a Michael importasse.
Camminava su per il porto, cercando di tenersi nella mente un'ultima foto della sua città. La città che voleva dimenticare.
Il mare era calmo e il sole cercava di penetrargli nella pelle, ma lui l’aveva coperta con una camicia di cotone rossa e nera. Per chiunque sarebbe stata una splendida giornata, per lui no.
Per lui iniziava un nuovo inferno ghiacciato.
Credeva che in qualsiasi posto sarebbe andato, il suo passato lo avrebbe perseguitato.
In realtà, sarebbe stato lui a ricercarlo, perché da quando Sarah era stata portata via da lui, lui non era più lo stesso.
Perché lui e sua sorella erano una sola cosa ed avevano avuto il coraggio di separarli.


«Dove la porto?» disse il taxista aggiustando lo specchietto retrovisore.
«All'aeroporto.» rispose dopo aver posato tutte le valigie nel bagagliaio, non che ne avesse molte, solo due, comunque.
Si sedette sul comodo sedile di tessuto verde smeraldo e prese a trafficare con le dita per districare i nodi delle cuffiette.
Quando se le infilò, stavano passando lungo l’ingresso di un piccolo parco, dove aveva portato spesso sua sorella a spassarsela. C’erano le giostre, e Sarah adorava essere spinta dal suo fratellone sull’altalena.
Mise un po' di musica con la riproduzione casuale, e qualche canzone dopo si accorse di essere arrivato.
Pagò il taxista con delle banconote ed entrò nella grande struttura. Era a pochi chilometri da casa sua, eppure non ci era mai stato.
Era fatto di tettoie bianche e vetrate, ed all’interno aveva gli stessi colori, alternati da altri più vivaci. C’erano ovunque cartelloni dai toni celesti che raffiguravano il mare del New South Wales, e pareti gialle e arancioni, a simboleggiare la solarità del suo paese. Era un posto luminoso, a più piani, sembrava ben organizzato ed accogliente, anche se Michael non era di quei tipi che stava con il naso all'insù ad osservare tutto, come i bambini curiosi: lui aveva una curiosità moderata, segreta.
«Signora Lacestairs.» esclamò in tono calmo e piatto vedendo la bassa signora venirgli in contro.
«Michael!» lo salutò la donna in risposta, il tono evidentemente più lieto.
L'assistente sociale Lacestairs era sicuramente una donna buona, apprensiva ed affabile e si era affezionata a Michael. Fino all'affidamento, Michael era stato in una casa-famiglia per tre anni e la donna si era occupata del suo caso, perché col passare del tempo lo aveva conosciuto, o meglio, aveva imparato a capire chi era. E lo aveva aiutato, perché sapeva che doveva farlo.
Michael era una persona buona.
«Vieni» fece lei «Facciamo il check-in e poi ti accompagno fino ai controlli.» Si fermò, prendendo un respiro. «Da li, inizia la tua nuova vita.» esclamò eccitata per lui.
«Sei felice?» Chiese poi, sinceramente interessata a sapere come si sentisse.
«Si, certo.» la liquidò lui velocemente; meno parole diceva e meglio era.
Imbarcò una valigia e poi tenne per se il suo zaino, dove aveva ficcato infondo l'album di fotografie ancora mezzo vuoto.
L'assistente sociale gli augurò buon viaggio con un bacio sulla guancia, che prontamente Michael si decise a pulir via.
Passati i controlli, si affrettò al gate 7 per il controllo del passaporto, mentre con un orecchio continuava a sentire qualche canzone. C’erano canzoni troppo felici e pop per i suoi gusti.
«Arrivederci e buon viaggio!» disse con un duro accento australiano l'uomo in divisa prima di farlo passare.
Che strano, pensò, che le persone dicano cosi tante cose senza pensarlo, senza volerle dire per davvero.
Scrollando via dalla testa quel pensiero, si accomodò vicino all'oblò dell'aereo, mentre l'hostess iniziava a spiegare le manovre di sicurezza e cosa avrebbero dovuto fare in caso di emergenza. 
Avrebbe dovuto prestare attenzione, ma gli bastava sapere che doveva allacciare la cintura e puntarsi addosso la bocchetta dell'aria, poi il resto non gli importava.
Venti ore di volo sembravano interminabili, e il suo telefono stava per morire li, scarico, dopo 14 ore.
Così decise di spegnerlo ed addormentarsi, perché un po’ di riposo gli avrebbe fatto bene.


Sarah camminava mano nella mano con lui lungo il porto, le piaceva affacciarsi e vedere i piccoli pesci rossi accerchiare le barche di noti imprenditori, cosi Michael ce la portava spesso. Era il loro nascondiglio segreto, anche se era uno dei luoghi più affollati di Sydney.
Sua sorella aveva lunghi capelli corvini e la faccia paffuta, era ancora una bambina
«Ti piace questo posto? Mi sa che non lo vedremo per un pò.» le disse d'un tratto.
«Cosa? Perché?» rispose la piccola con la sua voce puerile, come se volesse piagnucolare.
«Devi partire» fece Michael ed un sorriso quasi si fece largo sul volto della sorella.
«Devi, non dobbiamo. Non mi lasciano venire con te.» concluse e si inginocchiò per abbracciarla. Qualche lacrima gli scese silenziosamente sulle guance, mentre lei singhiozzava rumorosamente, come le onde che si infrangevano sulla finta scogliera che manteneva calmo il mare del porto.
«Mi mancherai.» fu tutto ciò riuscì a dirle.
Poi, fu costretto a lasciarla andare, ma promise a se stesso che se la sarebbe ripresa.


Il sogno si interruppe e Michael aprì gli occhi per notare che la crescente sensazione di vuoto allo stomaco era dovuta all'atterraggio in corso, e non solo al suo inconscio.
Prese a boccheggiare, l'aria fresca emanata dalle bocchette d'aria condizionata gli riempì i polmoni; iniziò subito a sentirsi meglio.
Non appena gli stewards annunciarono la fine del volo, Michael si alzò, prese lo zaino e scivolò giù dal velivolo.
Quando ebbe preso anche il suo bagaglio da stiva, raggiunse gli arrivals e aspettò di vedere i suoi nuovi genitori, che aveva visto una volta in una foto.
I signori McChesney gli fecero segno con la mano e lui, con fare stanco, li raggiunse.
«Ciao caro.» fece la sua nuova madre.
«Benvenuto a Londra!» esclamò il consorte.
«Salve.» sbadigliò lui e si mise gli occhiali da sole, seguendo poi lungo i corridoi la coppia. Salirono in una Volvo C60 di un nero lucido e percorsero una trentina di chilometri, mentre un leggero vento muoveva le foglie degli alberi che delimitavano la strada asfaltata.
La sua nuova casa era una tipica casa inglese, stretta, ma a due piani, con un cancello nero che recintava il piccolo giardino e una gradinata bianca e due colonne sul porticato, mentre i mattoncini erano di un colore rossiccio simile a quello delle foglie d'autunno laccate.
«Finalmente siete qui!» disse la voce di un ragazzo: Michael si ritrovò davanti il suo fratellastro. 
Perfetto, pensò, ma lo capiscono che io non voglio nessuno fuorchè mia sorella? Non possono rimpiazzarmela cosi!
«Io sono Luke, tu sei Michael, vero?» si presentò quello. Aveva i capelli biondi ed un lungo ciuffo gli copriva l'occhio, che era di un colore misto tra l'azzurro e il verde; era preparato di tutto punto, con jeans scuri, una t-shirt chiara e una spessa camicia di jeans slavato, profumava pure di Acqua di Colonia; erano alti uguale, ma di certo era più giovane: il viso era un pò tondo e senza barba, a differenza di Michael.
Michael annuì semplicemente.
Entrò dentro, e gli fecero fare il giro della casa.
Al piano di sotto c’era una cucina con un’isola centrale e gli sgabelli, poi un ampio soggiorno con tv e alcune console. Almeno questo Luke sa come divertirsi, si disse.
Salirono le bianche scale e raggiunsero, al piano superiore, la zona notte: la camera patronale dei suoi nuovi genitori ed una stanza coperta di ritagli di giornale, bandiere e poster che doveva essere sicuramente di Luke. Alla fine, come se fosse la ciliegina sulla torta, Madison gli mostrò la sua stanza, dove Paul aveva posato sul pavimento le valigie: la stanza aveva le pareti candide, mentre il piumino che copriva l’enorme letto posto al centro della stanza era di un color oceano, come il mare di Sydney, disse la sua matrigna.
Era ora di cena, e Madison aveva preparato del pollo con riso bollito.
Cenarono e i McChesney parlarono a lungo, interrompendosi ogni tanto per chiedere un parere sull’uno o l’altro argomento a Michael, il quale si servì di tutta la calma che aveva in corpo per non urlare a tutti di lasciarlo solo. Provò bensì a dimostrarsi stanco, cosa che in realtà era, cosicchè tutta la famiglia lo lasciasse solo nella sua stanza.
Prese la chiave che Madison McChesney gli porse e si richiuse nella sua stanza.
Avrebbe dovuto sistemare le valigie, ma non gli interessava.
Si stese sull’azzurro del suo letto, chiuse gli occhi e il sogno che aveva fatto in aereo si ripetè, mentre lui senza accorgersene faceva scorrere sulle sue guance lacrime salate, che sembravano annegarlo in quel mare.


The Notes.
Salve a tutti, cari lettori.
Questa storia storia nasce da una mia idea, una mia visione di Michael completamente diversa da quello che vediamo o che immaginiamo.
Michael ha una sorella, ed è il suo unico motivo per vivere.
Ma cosa è successo, perchè sono stati portati via da Sydney? 
Questo lo scoprirete nel corso dei capitoli, a patto che vi interessi saperlo..
Non sarò sola in questa 'avventura': mi aiuterà infatti Sarah, una mia cara amica, oltre che una ragazza piena di inventiva.
Ci siamo ritrovate a parlare di questa storia e le vari idee per i prossimi capitoli ci uscivano di getto, l'una che completava l'altra.
Noi speriamo che gli sofrzi che faremo per questa storia saranno per riposti, e che tutti apprezziate la storia.
Se avete consigli, non esitate a scrivercelo nelle recensioni. :)
Baci. @bluemmings.


 
  
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