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Autore: Zomi    13/04/2014    6 recensioni
La scolaresca si stava beando l’uscita primaverile al tempio di Ivankov sama, godendo della pausa pranzo per chiacchierare sotto i ciliegi in fiore, pranzare allegramente con i compagni di classe, amoreggiare sotto le cascate di petali rosa o dormicchiare senza problemi anche sotto lo sguardo, severo e duro, degli insegnanti.
Si poteva fare di tutto per trascorrere allegramente e senza pensieri quella meravigliosa e fresca giornata primaverile.
Ma percorrere l’infinita scala dei duecentosettantatre scalini del tempio, lo era?
Genere: Comico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nami, Roronoa Zoro | Coppie: Nami/Zoro
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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I DUECENTOSETTANTATRE SCALINI DI IVANKOV SAMA
 
 
 
La scolaresca si stava beando l’uscita primaverile al tempio di Ivankov sama, godendo della pausa pranzo per chiacchierare sotto i ciliegi in fiore, pranzare allegramente con i compagni di classe, amoreggiare sotto le cascate di petali rosa o dormicchiare senza problemi anche sotto lo sguardo, severo e duro, degli insegnanti.
Si poteva fare di tutto per trascorrere allegramente e senza pensieri quella meravigliosa e fresca giornata primaverile.
Ma percorrere l’infinita scala dei duecentosettantatre scalini del tempio, lo era?
-Stanco… anf… buzzurro?- ansimò esausta Nami, arrancando debolmente sul duecento settantatreesimo scalino.
Con lo sguardo annebbiato dalla fatica, guardò il compagno dietro di lei, che, celando perfettamente la stanchezza di quella rampa, sghignazzava contro le sue sfrecciatine.
-Affatto- respirò a fatica Zoro, saltando sull’ennesimo scalino –I miei allenamenti in palestra sono più faticosi-
Corse leggero come un petalo rosato davanti alla rossa, saltellando a ritmo con i piedi cinque scalini dinanzi a lei.
-E tu, mocciosa?- sghignazzò, sentendosi la milza fare Harakiri per quella mostra di energia totalmente assente.
Nami storse il nasino, portando le mani, anziché sulle ginocchia per rispendersi, ai fianchi, spavalda e malandrina come sempre.
-Quando mai?- deglutì un qualcosa che di certo poteva essere il suo cuore, sul punto di un infarto giovanile.
-Le uscite di shopping con mia sorella sono più pesanti-
Scattò rapida sulla rampa, superando il verde di corsa, balzando avanti a lui di un scalino.
-Hai mai provato a farti spazio sulle scale mobili nella stagione dei saldi? Io si- gridò, continuando la sua arrampicata.
Col fiato corto, ma deciso a non voler mollare, Zoro grugnì a denti stretti, partendo all’inseguimento della compagna di classe.
-Fermati!!!- ringhiò, correndole dietro.
Ansante, a orgogliosa quanto il compare, Nami scosse i ricci ramati, continuando ad arrancare sulla rampa di scalini in pietra bianca di chissà quale epoca, aumentando l’andamento.
-Fermati tuuu!!!- ululò, chiudendo gli occhi e imponendo alle sue gambe il divieto di stramazzare al suolo per la fatica.
Ma perché, se proprio voleva arrivare al tempio del Kami tramite quella infinita e sfiancante scalinata, invece che con la comoda, e già usata per la visita al monumento, funivia, non percorreva i molteplici scalini con calma e con varie soste?
Ovvio.
Perché doveva arrivare prima lei e non quel buzzurro dal cranio ammuffito.
-Dannazione, mocciosa: demordi- la rincorreva sul limite dello sfinimento Zoro.
-Fallo tu, cavernicolo- ansimò, pestando un passo sul miliardesimo sciano.
Ma quanti ne mancavano?!?
-Tanto… per te… è solo… solo un… un allenamento… giusto?- sbuffò, intravedendo come un miraggio la cima della rampa.
-S-si- mentì nel peggiore dei modi il compare.
E Nami se ne sarebbe anche accorta, se le energie rimaste non le fossero servite per tener conto degli scalini della rampa, e respirare nello stesso momento.
-E… e tu?- sbottò il verde, ormai al suo stesso livello -… non… non crederai alla… alla leggenda… n-no?-
La rossa vide, dietro la nebbia di fatica sugli occhi, il ghigno di scherno del ragazzo, e soffiò furiosa.
-Mai- gonfiò il petto, mentendo.
-Come no- ghignò strafottente Zoro, superandola -Sono certo che le mocciose come te, credono indubbiamente alla leggenda del Kami dell’amore-
Nami gonfiò maggiormente le guance, sbuffando imbestialita.
Quell’idiota!!!
Come osava prenderla in giro?
Era una ragazza innamorata, e come tale aveva la possibilità, se non il dovere, di credere nella leggenda di Ivankon sama, il Kami dell’amore, che avrebbe esaudito il sogno d’amore di ogni prode innamorato, così volenteroso e indomito, che avrebbe percorso la lunga scalinata al suo tempio, arrivando per primo al duecento settantatreesimo scalino, pensando ardentemente ad occhi chiusi al suo desiderio, che sia sarebbe avverato sotto una pioggia di petali rosa di ciliegio.
Certo, era una leggenda, ma tutte le leggende hanno un fondo di verità, e perché mai quella non doveva averne?!?
Gonfiò le guance purpuree di fatica Nami, calpestando il duecento sessantanovesimo scalino, intravedendo, oltre le fronde degli alberi di ciliegi in fiore che circondavano il cortile del tempio, il capo enorme e squadrato della statua dedicata al Kami dell’amore.
-Ci sono quasi- ansimò sorridente.
Solo pochi scalini, appena quattro, e avrebbe potuto avverare il suo sogno d’amore.
Ma se quell’idiota palestrato di Zoro fosse arrivato prima di lei sulla cima?
Avrebbe di certo ignorando la leggenda e sprecando il dono del Kami per il primo arrivato, pavoneggiandosi per la sua forza atletica superiore a chiunque altro, sghignazzando strafottente e borioso, prendendola in giro a vita., oltre che ha infrangere il suo sogno d’amore.
Perché, se non con l’aiuto di un Kami ambiguo e difensore dell’amore, in ogni sua forma e perversione, in quale altro modo si sarebbe realizzato il suo sogno d’amore?
In quale altro modo avrebbe mai fatto breccia in quel cuor atletico e borioso, che anatomicamente doveva essere nel petto, ma che Nami era certo essere nelle mani che impugnavano le sue katane, di Zoro?
Si, quel Zoro, quel Zoro che le era avanti di un solo piccolo scalino, e che tra poco più di altri tre sarebbe stato in cima alla scalinata.
-Ma nemmeno morta- s’impose la rossa, riempiendo i polmoni d’aria e scattando, rapida e veloce come una tigre sulla scalinata.
Felina, corse sugli ultimi scalini, numerandoli a gran voce, urlando quasi e facendo alzare in volo, spaventati, i pochi uccellini appollaiati tra i rami rosa.
-Duecentosettanta!!!- spintonò con un gomito Zoro, correndogli davanti con le gambe tremolanti.
-Che cos…?!? MOCCIOSA!!!!-  ringhiò quello, caricandosi sui polpacci e scattando dietro di ei.
-Duecentosettanta uno!!!- saltò sul terzultimo scalino, incespicando leggermente.
Vedeva il pianerottolo proprio davanti a lei, appena uno scalino di distanza, aprendosi in un breve spazio largo poco più di un metro e lungo altrettanto, che annunciava l’arrivo al tempio.
“Ci sono, ci sono” esultava già dentro di lei, aprendo le labbra, stanche e a corto di fiato, in un largo sorriso “Solo uno scalino, solo uno!!!”
-Fermati!!!-
Una grande e callosa mano l’afferrò per la cintura della gonna della divisa scolastica, strattonandola all’indietro e facendole perdere leggermente l’equilibrio, obbligandola a fermarsi, col piede già a mezz’aria pronto a toccare l’ultimo scalino, per non ruzzolare a terra.
-Sarò io il primo- ringhiò Zoro, saltando a piè pari sull’ultimo scalino, impiantando le scarpe nere e consumate sulla pietra bianca e fredda.
-Dannato!!!- strillò Nami, in piedi ma a terra con il morale.
-Duecentosettantadue!!!- esultò il verde, alzando le braccia in aria e sogghignando a occhi chiusi.
Il desiderio del Kami era suo, suo, solo suo!!!
Quella mocciosa non gliel’aveva rubato, e lui ora avrebbe espresso il suo folle desiderio d’amore, proprio nei confronti di quella irritante e capricciosa mocciosa di una Nam…
- Duecentosettantadue?!?- strabuzzò gli occhi ripensando alle sue stesse parole.
Aveva proprio detto duecentosettantadue?!?
Ma la scalinata non era composta da duecentosettantatre scalini?!?
Chi si era mangiato l’ultimo?
Aprì gli occhi, puntandoli su Nami, di fronte a lui che lo fissava stupita, esaminando la sua espressione scioccata.
-dov’è l’ultimo?- sbottò rabbioso, puntandosi e mani ai fianchi e grugnendo.
Ma non fece tempo a voltarsi di spalle, accorgendosi così che, oltre il piccolo spazio di pietra bianca e dura, c’era un altro piccolo, lieve e significativo scalino, proprio prima del Torii del tempio, che Nami lo superò in volata, saltando a gamba tesa sullo scalino, scivolandoci sopra e aggrappandosi alla sporgenza in marmo, occupandolo con le gambe piegate.
-MIO!!!!!- alzò il ungo in aria la rosa.
-Mio, mio, mio!!!!- ancheggiò con i fianchi, ignorando le ginocchia sbucciate per lo scivolone sull’intaglio dello scalino per poterlo ottenere per prima.
-Mio, il duecento settantatreesimo scalino è mio!!!!-
Chiuse gli occhi color nocciola, concentrandosi a pugni chiusi, ripetendo dentro di se il suo sogno d’amore.
Non chiedeva tanto, solo un bacio dal suo buzzurro idiota.
Era tanto? Affatto.
Solo un bacetto, per sapere se lui le voleva bene.
Con le gambe piegate contro il marmo freddo dello scalino, strinse le braccia al petto, alzando i pungi vicino al volto, tutto concentrato nel desiderare: gli occhi chiusi, e labbra strette, il nasino arricciato all’insù e i capelli rossi spioventi sulla fronte, mossi leggermente dal vento.
“Un bacio, un bacio, un bacio” si spremeva le meningi “Un baci… oh”
Sentì le labbra di qualcuno sfiorarla, baciandola delicatamente.
Era una sensazione strana, non spiacevole o inadatta, ma semplicemente nel posto sbagliato.
Socchiuse un occhio, puntandolo sul capo verde di Zoro piegato su di lei, a leccarle un ginocchio sbucciato.
-Fa male?- le accarezzò il ginocchio opposto il verde, alzando gli occhi su di lei.
-Come?- inarcò le sopracciglia.
Perché il suo bacio avrebbe dovuto farle del male?
Era così dolce e delicato, morbido e piacevole sulla sua pelle ferita e fredda per colpa del marmo su cui era inginocchiata.
-Il ginocchio- sollevò il capo, spostando il peso da una gamba all’altra, piegate per poter essere alla stessa altezza rannicchiata di Nami.
-Sei scivolata e sanguini- le indicò il ginocchio sbucciato.
-Oh-
Nami guardò la pelle del ginocchio leggermente tagliata, da cui qualche goccetta di sangue scivolava, macchiandole la calza alta sul polpaccio.
-Non è niente- scosse il capo, facendo cadere sulle spalle alcuni petali rosa scivolati dagli alberi.
La mano calda e grossolana di Zoro, l’accarezzò sul viso, fissandola negli occhi.
-Non avevo un fazzoletto per medicarti…- tentò di spiegare il suo bacio -… e ho pensato…-
Le labbra di Nami lo zittirono, baciandolo dolcemente, posando appena la bocca sulla sua.
Aspettò un po’ prima di staccarsi da lui, ma non appena ci provò, sentì le labbra di Zoro risponderle, baciandola con calma e dolcezza, succhiandole delicatamente il labbro inferiore.
Un turbinio di petali rosa cadde su di loro, scivolando sui loro capo uniti e sulle spalle accostata, sfiorando le mani che avevano intrecciato per stringersi.
-Lo sapevo che funzionava- schioccò le labbra Nami, accarezzandogli il volto, scivolando con le dita sulle sua labbra storte in un ghigno.
-Mocciosa- la canzonò Zoro, arrossendo leggermente.
In fondo ci aveva creduto anche lui in quella stupida leggenda, ma non l’avrebbe mai ammesso.
A lei poi…
-Come “mocciosa”?!? Ehi, tu hai appena baciato questa mocciosa!!!- lo fulminò con lo sguardo, fissandolo alzarsi.
-Certe cose non cambiano mai… mocciosa- le diede le spalle sghignazzando.
-Altre invece? – fece gli occhietti dolci, sbattendo le lunghe ciglia.
Forse sarebbe riuscita anche a rubargli una dichiarazione, oltre che un bacio.
-Altre? Quali altre?
Speranza vana: un buzzurro scemo è una cosa che non si può mai cambiare.
-Ufff, vuoi forse negare di provare i miei stessi sentimenti?- incrociò le braccia al petto.
Zoro piegò il volto all’indietro guardandola sghignazzando.
-Non mi pare che tu mi abbia detto di provare un qual certo sentimento per me- ghignò –Per cui…-
-Zoro!!!!-
-Nami- le fece eco.
-Il solito buzzurro- sbuffò.
-Seh seh… ne riparliamo in Pullman, ma ora…- si inginocchiò davanti a lei di schiena, portando le mani sui reni, agitandole verso la rossa -… monta su-
-Come?- arrossì.
-Con quel ginocchio non puoi camminare- sbottò guardando dritto davanti a se Zoro.
Nami sorrise teneramente, guadandolo con affetto.
-Il solito buzzurro- rise, allacciando le gambe alla sua vita e abbracciandolo per le spalle, schiacciando il suo corpicino sulla sua poderosa schiena.
–Il mio solito buzzurro- lo baciò sulle labbra, spingendosi in avanti, mentre il verde scendeva gi scalini, stringendola con forza a se.
Sarebbe stata una lunga camminata, ma ne valeva la pena.

 
   
 
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