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Autore: Colli58    13/04/2014    10 recensioni
Al diavolo tutto, il libro, le insistenze di Gina e le intemperanze nei suoi confronti. Kate voleva sapere e anche lui. La strinse per lunghi minuti, accarezzandole la schiena.
Genere: Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kate Beckett, Kevin Ryan, Lanie Parish, Richard Castle, Victoria Gates | Coppie: Kate Beckett/Richard Castel
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
- Questa storia fa parte della serie 'Achab Story'
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Per tutta la giornata Beckett aveva avuto a che fare con un caso banale, ma particolarmente antipatico.
Un cassiere di un supermercato era stato per l’ennesima volta vittima degli insulti da parte di un’anziana signora petulante e aveva avuto un raptus di follia omicida, uccidendola con il cassetto delle monete della cassa. L’uomo aveva colpito ripetutamente la testa della donna, sfondandole il cranio. Quando si era reso conto dell’azione compiuta si era dato alla fuga nei vicoli della zona, cercando di nascondersi nel negozio di un calzolaio. Aveva gettato in preda al panico l’arma del delitto in un cassonetto. Il tutto davanti ad una decina di testimoni increduli e inorriditi.
Quindi a parte il fatto che l’assassino era conclamato, aveva passato la giornata a raccogliere le deposizioni dei numerosi testimoni e a parlare con la figlia della vittima. La donna doveva essere un perfetto surrogato della madre, era petulante e logorroica, non faceva altro che lamentarsi invece di piangere la scomparsa di sua madre. I testimoni dell’omicidio erano stati molto chiari, la vittima era una cliente abituale del negozio e succedeva spesso che per ragioni futili aggredisse verbalmente il cassiere, una volta perché era troppo lento, altre volte perché sosteneva che le rovinasse volontariamente la frutta o che, per ragioni sconosciute, l’uomo rimuovesse alcuni pezzi dalla sua spesa beffeggiandosi di lei. Secondo i testimoni nessuna delle tesi della donna era fondata, l’uomo era, a detta dei presenti, piuttosto mite e, secondo le loro dichiarazioni che tendevano tutte irrimediabilmente a convergere, non aveva mai volontariamente danneggiato alcunché a nessun cliente. Insomma era un caso di antipatia manifesta. Probabilmente l’uomo era arrivato al limite della sopportazione. Inoltre secondo i parenti stava vivendo un periodo difficile dopo la separazione con la moglie, quindi particolarmente teso e in ansia.
Beckett guardò di nuovo la donna che aveva di fronte. La sentì mormorare frasi di disprezzo contro il sistema giudiziario, insinuando che all’assassino avrebbero lasciato troppe attenuanti e se la sarebbe cavata con poco.
Trattenne a stento un’imprecazione, chiedendosi quale cattiveria annidasse nel cuore di quella donna. Forse la madre era identica a lei e riversava la sua cattiveria su un povero commesso di un supermercato, un uomo il cui motto per vivere era “Il cliente ha sempre ragione”.
Stavolta però la misura doveva essere colma.
Esposito e Ryan avevano cominciato ad interrogare l’assassino, ma lui si era dichiarato colpevole. Aveva firmato la sua confessione senza l’assistenza di un legale. Così Ryan gli aveva procurato un legale d’ufficio, in fondo non c’erano state ragioni per rifiutarglielo. Il raptus di follia era rientrato e l’uomo si era rivelato solo debole e spaventato a morte per il suo gesto. Aveva pianto più volte preso dai sensi di colpa, non cercò di giustificarsi oltre il dichiarare che la vittima era sempre stata spregevole nei suoi confronti senza ragione.
Quello era un caso in cui la frustrazione nella vita era arrivata ad una misura tale da non essere più retta.
E lei stessa quella mattina aveva avuto la sua dose grazie alla figlia della vittima. Si trovò quindi a sperare di poter far avere delle attenuanti al povero commesso e dopo aver sentito le parole di quella donnetta maligna, anche il resto del distretto aveva finito per simpatizzare per l’assassino.
Il tutto sarebbe stato più divertente se Castle fosse stato lì con lei, ma i capitoli terminati dovevano finire sul tavolo di Gina. Già Gina era un pensiero negativo oltre l’istinto di ammutolire la donna che ancora stava profetizzando sciagure, ma senza nemmeno una maledetta lacrima.
La misura era colma anche per lei. Kate si alzò di scatto.
“Signora Lowell, mi permetta di dirle una cosa.” Sbottò cercando di arginare quel flusso di veleno provenire dalla sua piccola bocca ricurva verso il basso dalla cattiveria. La donna si fermò e la guardò con aria inquisitoria.
“Non mi sembra granché affranta per la scomparsa di sua madre, non vedo dolore sul suo volto, solo la ricerca di un capro espiatorio. Il signor Francis ha commesso un atto di violenza non ammissibile e per questo verrà condannato come è giusto che sia, ma forse a lei sfugge qualcosa…”
La donna fece per aprire bocca e Kate la fermò con una mano. “Le sfugge che la cattiveria di sua madre ha aizzato contro di sé questo sfortunato evento. Parte della colpa di questa morte è anche nelle azioni stesse compiute da sua madre ai danni del signor Francis.” Non aggiunse altro e prendendo i suoi documenti lasciò la saletta senza prestare attenzione alla valanga di insulse recriminazioni che la signora Lowell prese a urlare contro di lei. Non ne poteva più, non ce la faceva a restare lì a vedere quella donna che non riusciva nemmeno a sentirsi disperata per la morte della madre, ma solo spronata a far diventare quella crudeltà, che sembrava essere ereditaria, la sua unica ragione di vita. Si avviò verso la saletta di ristoro cercando conforto nella caffeina.
Aveva bevuto soltanto un caffè, in fondo non poteva dire di essere rilassata, ma si era riproposta di berne di meno. Guardò la sua tazza e prese ad accarezzare la superficie lucida. Doveva sforzarsi di berne di meno se fosse… sospirò sfiorandosi il ventre. La negatività di quella mattinata non doveva riversarsi in lei, doveva fare in modo di non sentirsi toccata.
Ma una donna aveva perso la propria madre in modo crudele e non riusciva a capacitarsi della sua fredda reazione. Forse avrebbe pianto in privato? Da quel poco che aveva visto non credeva che le cose sarebbero andate così, ma lei continuava a pensare alla propria di madre. Al dolore che ancora le procurava la sua assenza. Aveva pensato di dover provare a lenire le sofferenze di qualcuno che aveva subito una grave perdita ma a quanto era emerso solo lei stessa si sentiva dispiaciuta.
Cedette alla necessità di caffeina e si preparò un cappuccino chiaro. Si appoggiò al muro cercando con la mano libera di mandare un messaggio a Castle con il suo smartphone. Non si era nemmeno accorta dei messaggi di lui, presa com’era stata, ma li lesse con curiosità. Era stato bloccato alla Back Pown in attesa che Gina leggesse i capitoli e ne desse una stima di massima. Il secondo ed il terzo messaggio erano di pura noia di Castle, gli stava comunicando che aveva finito di scarabocchiare su un blocco, nel senso che aveva finito il blocco con disegni e schizzi di astronavi aliene. Nel terzo le aveva mandato la foto del bozzetto uscito meglio. Era davvero ben fatto, anche se era popolato da troppe onomatopee dei suoni delle armi. Zoot, kaboom!
Nel quarto invece c’erano dei nomi. “Noah, Adam, Andrew o Theo.” Dapprima non riuscì a capire e poi afferrò il messaggio subliminale: erano possibili nomi per… un eventuale figlio maschio?
Espirò sorpresa. Erano passati altri quattro giorni dal loro discorso sui figli e dalla decisione di prendersi un po’ di tempo prima di fare il test di gravidanza. Beh… era ancora in ritardo. Il giorni erano saliti a undici.
Deglutì e non rispose a quel messaggio ma chiese solo quando fosse libero.
Libero di tornare da lei e lontano dalle grinfie di Gina.
L’idea che lei lo avesse trovato maturato e di nuovo desiderabile ai suoi occhi era un concetto che macerava dentro di lei, diventando sempre più antipatico. Si fidava di Castle ciecamente, ma non di lei.
Gli mandò un messaggio d’impulso, scrivendogli che gli mancava molto. La sua risposta fu telegrafica.
“Arrivo”.
Kate sorrise. Era il solito. Ed era giunto anche il momento di sapere. Forse avrebbe dovuto acquistare un test di gravidanza. Lo avrebbe fatto nel rientro a casa in serata, con lui, come si erano promessi.
La Gates uscì dal proprio ufficio e appese qualcosa nella bacheca destinata alle attività interne. Poi si voltò e si diresse nella sua direzione.
Nel frattempo Ryan stava cercando di tenere buona la signora Lowell sospingendola verso l’uscita, e la Gates venne di nuovo bloccata dalle pesanti lamentele di questa. La liquidò in modo garbato ma sintetico ed il povero Ryan dovette continuare il suo percorso fino all’ascensore.
“Spero che Ryan riesca a farla uscire di qui. E’ insopportabile!” Sbottò la Gates entrando nella saletta con il viso tirato.
“Diamo tutte le attenuanti a Francis, comincio a pensare che abbia fatto un opera di bene nei confronti della società.” Rispose Beckett ed entrambe risero.
“Mandi il tutto al procuratore, non c’è molto da scavare in questo caso.” Gli ordinò quindi la Gates. Kate annuì.
Uscirono insieme e lei si diresse verso la sua scrivania. Si fermò a leggere l’avviso esposto. Il distretto aveva aderito ad un programma di corsi di aggiornamento per gli interessati ad ambire a ruoli di ufficiale e sottufficiale. Istintivamente prese una delle copie che la Gates aveva lasciato sul bancone e lo lesse con calma sedendo alla sua scrivania. Erano corsi diurni e accessibili a condizioni che in prima analisi erano compatibili con le proprie referenze lavorative e i titoli di studio. Si infilò il volantino in borsa e si riservò di leggerlo con più tranquillità, prima doveva terminare la documentazione da inviare al procuratore distrettuale.

Victoria Gates aveva osservato i movimenti della donna dal suo ufficio. Quando la vide raccogliere il volantino ne fu felice. Era la sua miglior detective ed era troppo in gamba per restare all’infinito in quella sede. Inoltre negli ultimi tempi era stata assorta, nei momenti di pausa sembrava presa dai propri pensieri e ipotizzò che qualcosa di importante stava accadendo nella sua vita privata. Era sposata da più di un anno con il “suo” scrittore e sembrava che i due fossero una coppia perfetta. Il loro idillio era seguito ancora sui tabloid e il loro menage, sempre molto presente anche nel distretto, non sembrava aver avuto momenti di flessione o di stanca. Erano ancora innaturalmente affiatati come quando li aveva conosciuti e lui restava la sua inseparabile ombra. Però come donna era al corrente del fatto che nel loro lavoro gli sforzi fatti per la carriera implicavano spesso dover lasciare da parte qualcosa di personale, molto più di quanto fosse necessario agli uomini. Si auspicò che quelle opportunità che aveva appena reso pubbliche potessero fare in modo che la detective Beckett non dovesse per forza rinunciare a uno dei due aspetti della sua vita. Che non dovesse scegliere tra vita e carriera, tra famiglia e carriera. Da come guardava suo marito non vedeva esitazioni nei suoi riguardi e se qualcosa di importante l’avesse portata altrove, il dodicesimo e la polizia di New York avrebbero probabilmente finito per perdere dalle proprie fila un elemento di indubbio valore.
Perché non provare una soluzione con un asso pigliatutto?
Sedette rimuginando sulle sue stesse azioni.
Si sentì un po’ crudele nel pensare di manipolare qualcuno in quel modo, però la sua sensazione durò meno di una mezz’ora. La bontà delle sue azioni venne validata dall’unica persona di cui non si sarebbe mai aspettato interesse.

Beckett richiamò Esposito dalla propria scrivania.
“Hai il fascicolo conclusivo di Lanie da allegare al rapporto per il procuratore?”
L’uomo rispose di no. “Non sono stato a recuperarlo. Vuoi che ci vada?” Rispose alzandosi ma lei lo fermò.
“Ci penso io, tu raggruppa i fascicoli dei testimoni. Voglio più roba possibile da inserire.” Esposito annuì.
“Guarda capisco benissimo il suo gesto, un’ora in più con quella e l’avrei uccisa io stesso.” Commentò mentre scorse Ryan uscire trafelato dall’ascensore.
Kate si alzò riordinando i documenti e mise in ordine la sua piccola collezione di elefantini. Ryan entrò nell’ufficio e si sedette pesantemente alla sedia. “Ok, datemi un attimo di calma perché in questo momento ho un raptus di follia omicida anche io.”  I tre detective risero ed Esposito cercò di tranquillizzare l’amico.
“Sono convinto che tra poco indagheremo su un nuovo caso di omicidio. E poi li vedrai i titoli dei giornali...” disse alzandosi e rimuovendo lentamente i dati dalla lavagna. Tolse le foto e le posò all’interno di una cartellina.
Ridendo Kate lasciò i due a stemperare la tensione della giornata. Guardò il grande orologio appeso al muro che segnava le 15 e 12. Meno di due ore mancavano per staccare. Doveva finire perché presto anche Castle sarebbe stato di ritorno.
Quando giunse nella morgue, sentì il forte odore del disinfettante e per la prima volta ne fu colpita. Di solito non le faceva quell’effetto. Aprì la porta e trovò Lanie affaccendata. Canticchiava a bassa voce compilando della modulistica. La stanza era in odine e il cadavere della signora Lowell era stato già riposto nella cella frigorifera. Il tavolo operatorio era sgombro e le luci erano state abbassate.
“Tesoro, giornata piena eh?” Le disse Lanie appena la vide.
“Non più del solito. Perché?” Domandò sorpresa.
Lanie inclinò il capo. Alzò le spalle e poi disse semplicemente. “Non so, sembri stanca. Tutto bene con Castle?” Aggiunse con curiosità.
Kate trasalì. “Cosa c’entra Castle? Lui non è il solo responsabile dei miei sbalzi d’umore.” Commentò acida.
Lanie la fissò. “Di solito sì.”
“Castle non ha fatto nulla, non c’è nemmeno.”
“Allora è quello il problema.” Lanie si beccò un’occhiata furente da parte di Kate. Rise e diede una pacca ad uno sgabello accanto a lei. “Vieni qui e raccontami cosa ti succede.”
“Pensavo fosse il dottor Burke il mio analista.” Kate si avvicinò sbuffando e mettendo quanto più sarcasmo possibile nel suo atteggiamento.
“Ci stai ancora andando?” Chiese Lanie sorpresa.
Kate scosse il capo. “Raramente. Comunque non c’è niente. Solo un caso snervante.” Rispose infine sedendo.
“Quella donna ha una figlia crudele e cattiva. E’ stata una mattinata orrenda.” Aggiunse infine.
Lanie la osservò. “Sai che so leggere i tuoi umori vero? Da qualche giorno ti vedo un po’ crucciata. Sicura che con Castle vada tutto bene?”
“Sì, te l’ho già detto. Lui è stupendo, come sempre.” Sorrise sperando che l’amica non insistesse e Lanie annuì compiaciuta. “Ok, quando ti vedo illuminarti così mi sento più sicura.” Rispose con serietà.
Le due donne si guardarono e Kate si alzò prendendo a girare intorno al tavolo.
“C’è una cosa però…” iniziò a dire. “Credo di essere… incinta.” Disse a bassa voce e con timore. Lanie abbandonò i documenti e la guardò tenendo la bocca spalancata. Kate attese torcendosi le mani che l’amica si esprimesse.
Quando riebbe dello shock, Lanie si alzò e raggiunse Kate.
“Come sarebbe a dire credi… quanto ritardo hai? Non ha ancora fatto il test? Lo hai detto a Castle? Lui sarà al settimo cielo tesoro…” Kate cercò di arginare il fiume in piena.
“Non ho ancora fatto il test, ho un ritardo di 10 giorni circa e io e Castle ne abbiamo già parlato. Non è una casualità… lo volevamo.” Spiegò con più calma.
“Wow, sono felice per te, un bambino ci pensi?”
Kate annuì. “Ci penso continuamente da giorni. Rick ed io abbiamo deciso di provarci quando siamo stati al mare... e non immaginavo potesse succedere così velocemente.” Disse un po’ nervosa.
“Castle sarà su di giri… mi ricordo com’era felice di avere intorno un bambino. Basta che non lo voglia chiamare Cosmo!” Aggiunse quindi divertita. Poi tornò a guardare l’amica.
“Non hai dei ripensamenti spero…” Disse quindi facendosi più scura in viso.
Kate negò vigorosamente. No, lo voleva quel figlio. Dava forse l’impressione di non volerlo? “Mi sento strana sai, la mia vita è cambiata così tanto. Te lo saresti mai immaginato dieci anni fa?” Disse sospirando.
Lanie negò con il capo. Ammise che, vedendola lì ora con quella notizia fantastica, il tempo con Castle era stato molto più proficuo della somma del tempo investito nelle altre relazioni del suo passato, ed era stato il più improbabile tra i suoi uomini a renderla una donna completa. La sua migliore amica aveva fatto un salto di qualità nella propria vita certamente straordinario se lo si paragonava al suo standard di allora.
“Vuoi fare delle analisi per esserne sicura? Te le posso fare io stessa se vuoi.” La invitò quindi Lanie.
“Ho promesso a Castle che lo avremmo fatto insieme.” Si scusò declinando l’offerta della donna.
“Ma sei l’unica oltre lui e me a sapere di questa cosa quindi per il momento…” Chiese tacitamente di mantenere il silenzio. Lanie non aveva mai tradito la sua fiducia.
Riprese a camminare intorno al tavolo. “E’ così strano. Così…” sbuffò cercando le parole. “Rick è avvolgente, particolarmente dolce e protettivo, più del solito. Mi fa sentire come se…” espirò ammutolendosi.
Lanie sorrise. “Tesoro, gli stai facendo un regalo stupendo. Tuo marito adora i bambini e adora te.”
“Ma le cose cambieranno…” disse giocherellando con la catena che portava al collo, la fede nuziale tintinnò insieme all’anello di sua madre.
“Quanti cambiamenti ha portato nella tua vita Castle? Sono stati tutti molto positivi. Lui ti adora, farà qualsiasi cosa per te e certamente sai che è un padre straordinario.” Commentò Lanie, capendo che Kate fosse in qualche modo spaventata dal fattore cambiamento.
Kate si mosse piano. “Non ho dubbi su quello, non ho dubbi su di lui. Sono io che spero di non deluderlo. E’ una cosa così nuova… I cambiamenti dovranno esserci anche sul lavoro e spero di essere all’altezza della situazione.
Lanie rise. “Ok, sei sempre stata molto sicura di te, questa remora avvalla la tesi che tu sia meravigliosamente incinta tesoro. Vai dal tuo uomo, fai il test e lascia che si prenda cura di te. Del resto gli viene molto bene.”
Lanie abbracciò l’amica. “Non sei qui per un consiglio vero? Sei qui solo per un po’ di sostegno e avrai sempre il mio. Sono felice per te, sarai una madre stupenda e sono sicura che Castle ed io la pensiamo allo stesso modo.”
Kate sorrise. “Sta già cercando i nomi. Sa che vorrei un maschio.” Rispose più serena.
“Beh, una figlia femmina virtualmente ce l’hai già. Lui che ne pensa?” Replicò divertita.
Kate alzò le spalle. “Per lui non fa alcuna differenza.” Respirò in modo profondo.
“Gli hai detto che sei spaventata?” Mormorò Lanie. Kate annuì.
“Sa tutto. Non gli nascondo ciò che provo. Ultimamente però… Gina sembra essere tornata alla carica…” Lanie sgranò gli occhi e rise fragorosamente.
“La sua ex moglie – barra - editor? Mi stai prendendo in giro? Kate scosse il capo e si passò una mano tra i capelli.
“La signora collagene & botulino pensi possa diventare un problema tra voi? Oh, tesoro! Ma ti ascolti quando dici queste stronzate?” Sbottò quindi con decisione appoggiando la mano su un fianco e guardando Kate con insistenza.
“Una sera dopo una cena ci ha già provato. Lui me lo ha detto.” Mormorò Kate con un velo di amarezza
Lanie si avvicinò a lei prendendola per le mani. “Castle ti ama e gli stai per dare un figlio. La signora Botox non ha alcuna possibilità.” Strinse le sue mani sorridendo.
“Lo so, ma sta diventando insistente. Chiama tutti i giorni, lo mette sotto torchio e lo trattiene inutilmente alla casa editrice. Non so dove voglia arrivare e non la sopporto.”
“E tu metti le cose in chiaro con Castle.” Lanie si prese tempo per osservare l’amica. Era indubbiamente sulle spine.
“Lui lo ha già fatto. Il discorso a Gina intendo. Non ho dubbi su Rick, solo non la voglio tra i piedi. Voglio che la sua presenza nella nostra vita sia marginale come lo era prima.” Rispose sbuffando.
Lanie rise. “Forse Rick vuole chiudere il lavoro con lei al più presto per essere completamente libero per te, non ci hai pensato?” Kate sembrò rimuginare su quelle parole.
“Credi?”
“Conosci Castle più di tutti. Non dirmi che non è plausibile…” Kate sorrise. Non aveva visto quell’aspetto, presa com’era dalle preoccupazioni che Gina cercasse in tutti i modi di attirare a sé le attenzioni di Rick.
Ma le sue parole, erano state chiare, lui voleva pendersi cura di lei e niente gliel’avrebbe impedito. Rick non l’avrebbe mai lasciata sola in gravidanza, né tantomeno a crescere un figlio. Si sentì sciocca e vulnerabile per l’ennesima volta.
Annuì guardando l’amica. “Grazie Lanie.” Disse prima di cercare la porta di uscita.
“Eri venuta per altro?” Chiese Lanie richiamandola e mostrandole il fascicolo relativo alla signora Lowell.
Kate si schiarì la gola. “Ehm… sì anche per quello!”

Castle si era tuffato fuori dalla casa editrice. Aveva lasciato detto alla segretaria di Gina che aveva avuto un impegno imprevisto e nel caso le servisse qualcosa per i capitoli che le aveva consegnato, bastava pure che gli inviasse una mail con i dettagli. Aveva preso un taxi al volo ed era andato diritto al dodicesimo. Il messaggio di Kate gli era sembrato triste, malinconico e non era da lei. Quando arrivò al dodicesimo salì in ascensore e scandì mentalmente tutti i secondi che impiegò nel raggiungere il piano. Quando uscì la cercò nel suo ufficio ma senza trovarla.
“Ehi Castle…” lo salutò Ryan.
“Kate?” Chiese cercandola oltre le vetrate del corridoio.
“E’ da Lanie, tornerà tra poco.” Rispose l’irlandese sorridendo.
Castle avanzò per sedere alla scrivania, ma fu attirato dal volantino appeso sulla bacheca degli avvisi interni. Si avvicinò leggendo attentamente. Poi raccolse una copia del volantino e lo piegò mettendoselo in tasca.
Alzò gli occhi e incrociò quelli del capitano Gates che lo guardava con un mezzo sorriso. La donna annuì prima di voltarsi e tornare a sedere alla propria scrivania.
A Castle quel gesto particolarmente gentile nei suoi confronti accese una lampadina nella testa. La Gates approvava il suo interessamento? Il volantino parlava di cosi di aggiornamento per gli aspiranti ufficiali e… beh Kate poteva avere tempo, poteva sfruttare il periodo di una possibile gravidanza per partecipare a questi corsi. La Gates era in qualche modo favorevole alla possibilità che Kate potesse accedervi? In fondo era il miglior detective di quel distretto. Una media invidiabile di casi risolti e con il suo modesto aiuto, stavano reggendo bene la media.
Si mosse lentamente analizzando la cosa e gli sembrò sempre più un sospetto fondato. Perché quel gesto di assenso se non fosse stato così?
Sedette alla sua sedia pensieroso, nell’attesa che Kate fosse di ritorno. La scorse infine arrivare dal corridoio e si alzò per andarle incontro.
“Ehi…” mormorò preoccupato. Kate era assorta ma sorrise nel vederlo arrivare.
“Sei già qui?” Chiese lei stupita della rapidità con cui aveva piantato la Black Pown ed era corso da lei.
Lo prese per le braccia e si avvicinò fino a regalargli un bacio dolce.
“Stai bene?” Chiese Castle mettendole una mano dietro la schiena e camminando accanto a lei.
Kate annuì. “Giornata nera, un caso fastidioso. Comunque è tutto finito. Speravo di vederti prima. Ma come è andata con… Gina?” Chiese cercando di non dare a vedere il suo stesso fastidio nel pronunciare quel nome. Castle però fu abbastanza veloce nel leggere la sua smorfia, prima che quella scomparisse dal volto di lei.
“Non so, me ne sono andato e basta, mi stava facendo perdere tempo. Legga pure i capitoli con calma, non capisco perché mi ha fatto restare.” Replicò Castle. Detto questo trascinò Kate verso la saletta ristoro. Lei fece appena in tempo a lasciare il fascicolo che aveva in mano sul tavolo di Esposito. I due amici li guardarono incuriositi e poi sorrisero. Mamma e papà avevano da discutere?
Castle la fece entrare e poi chiuse la porta dietro di sé.
“Non voglio che ti preoccupi per Gina…” aggiunse quindi una volta lontani da orecchie indiscrete.
“Scusa Castle, ma sono giorni che chiama, che ti tormenta… in passato non è mai stata così.”
“E tornerà ad essere come prima. Finisco il lavoro di sgrossatura, poi gli manderò il materiale di volta in volta. Ma ti prego, non…” Kate lo strinse. “Voglio fare il test. Stasera…” Mormorò appoggiando il viso sul suo torace.
Castle l’abbracciò. “Non vedo l’ora…” rispose sorridendo.
Al diavolo tutto, il libro, le insistenze di Gina e le intemperanze nei suoi confronti. Kate voleva sapere e anche lui. La strinse per lunghi minuti, accarezzandole la schiena.
“Dovremo fermarci in farmacia al ritorno.” Disse Kate a bassa voce.
Castle storse le labbra. “Forse non c’è bisogno…”
Kate alzò il viso e strinse gli occhi. “Non mi dire che…”
“Nel cassetto della mia scrivania. Tre tipi diversi. Per essere sicuri.” Rispose con un mezzo sorriso. “L’altra sera sono andato a prendere l’analgesico per il mal di testa, così ne ho approfittato.”
Kate allungò una mano verso il suo volto. Lo accarezzò con dolcezza. Doveva immaginarlo, lui avrebbe voluto saperlo subito, era così curioso. Ma perché aspettare?
“Perché hai voluto aspettare altri giorni se volevi saperlo subito?” Chiese con curiosità.
Castle sorrise. “Per darti modo di assimilare l’idea. Ti stava terrorizzando e… forse non rendere tutto così vero per qualche giorno in più ti avrebbe dato modo di assaporare la cosa con calma.”
Kate espirò annuendo. Apprezzava molto quel gesto, era il suo modo di rispettare i suoi tempi, come in passato. Che fosse successo così velocemente dava ragione a Caste sulla bontà della loro natura fisica, e ovviamente dei suoi girini, le cui lodi avrebbe tessuto per molto tempo. Certo Castle aveva fatto di tutto per non metterle ansia e per farla stare tranquilla.
Immaginò una possibile reazione ad un test positivo. La immaginò travolgente.
Castle deglutì. “Non faremo nulla che tu non voglia, piccola.” Chiarì con calma.
Kate sorrise e lo baciò con trasporto. “Tu stai morendo dalla voglia di sapere già da giorni vero?”
Castle annuì.
“E ti sei fatto violenza fisica nell’evitare di chiedermelo…” Aggiunse divertita. Pazzo uomo.
“Quasi…” Lei gli schioccò un’occhiata dubbiosa. “Ok, è stata una vera tortura!” Ammise quindi e Kate lo strinse con più forza.
“Hai letto le istruzioni?” Castle annuì. Kate sorrise mordendosi il labbro.
“Forza andiamo a casa.”

Seduti insieme sul letto, attesero con calma i pochi minuti necessari. Erano rientrati da poco e non se l’erano sentita di attendere ulteriormente. Le istruzioni dicevano che era meglio effettuare quei test al mattino, però dodici ore o più erano troppe per la loro curiosità. Erano pronti a farlo, pronti per conoscere la verità del suo stato.
Kate si accoccolò tra le braccia di Castle, con i tre stick posati sul comodino. Tre diversi tipi, come aveva detto lui, per evitare dubbi.
Castle la stringeva dolcemente, accarezzando la sua schiena. Era silenzioso. Troppo forse per non farla agitare, ma le sue mani scorrevano dolcemente sulla sua schiena facendola sentire bene. Quel momento era importante per lui quanto lo era per lei.
I minuti passarono lentamente, i secondi sembrarono interminabili ed alla fine l’allarme scattò informandoli che i tre minuti necessari erano passati.
Kate si sporse verso il comodino e raccolse il primo test per sé ed il secondo lo diede a Castle.
“Uno, due e…”
Si guardarono ed insieme aprirono gli stick: due linee nitide erano visibili su entrambe le strisce.
Entrambi sospirarono e Kate abbandonò il proprio per prendere il terzo che si rivelò positivo come i primi due.
Le mani di Rick richiesero la sua attenzione. Scivolarono sul suo viso richiamando il suo sguardo. Vide i suoi occhi farsi lucidi, commosso e sorridere, sorridere come il giorno del loro matrimonio.
“Aspettiamo un bambino Kate, è meraviglioso.” La strinse, la travolse di baci e di carezze. Posò la fronte sulla sua, ammutolito dalla sua commozione e poi tornò a stringerla nuovamente. Lo sentì deglutire forte mentre lei assaporava quel momento e quel suo trasporto, completamente rapita dalla sua enfasi. Riusciva solo a sorridere e a respirare a tratti. Quando tornò a guardare gli occhi di Rick li scoprì pieni di gioia quanto i propri. Castle si lasciò cadere sul letto e lei lo seguì, il sorriso aperto e incancellabile sul volto. Era così felice e altrettanta felicità gliela donava il vedere suo marito irradiare gioia.
“Dio, avremo un bambino…” mormorò di nuovo tra i suoi capelli.
“Già… è fantastico!” Riuscì finalmente a dire Kate, riacquistando l’uso della parola.
Respirarono a lungo, l’apnea dell’agitazione lasciò posto a risate di gioia e a sospiri.
“Hai ancora paura?” Chiese quindi Castle.
Kate sorrise. “Sì, anche più di prima. Ora è reale. E’ tutto reale.”
Castle la strinse. Kate continuò. “Ma ci sei tu accanto a me.”
“Andrà tutto bene.” La rincuorò. “Vedrai andrà tutto bene.” Ripetè con più convinzione.
“Che facciamo ora?” Chiese Kate stretta nelle braccia di Rick.
“Festeggiamo.” Castle le diede il milionesimo bacio e poi si alzò lentamente, posando una mano sul suo ventre.
Kate annuì. “Posso ancora bene un goccio del mio vino rosso preferito?”
“Penso di sì.” Gli disse con dolcezza.
Kate si alzò a sedere accanto a lui. “Ha già cercato i nomi per un eventuale figlio maschio…” commentò divertita pensando a quel messaggio che gli aveva spedito nel pomeriggio.
Castle strizzò gli occhi. “Ho trovato un dizionario dei nomi nella libreria della Black Pown. L’ho comprato su amazon in ebook per il mio telefono.
“E se fosse femmina?” Domandò Kate con curiosità.
“Non si può avere tutto, ma mi considero fortunato. Quindi… ci sono anche i nomi femminili ovviamente.” Kate gli diede una leggera spinta al torace.
“Uomo fortunato…”
“Si, lo sono.” Rispose lui con sicurezza. “Ho te e un figlio nostro in arrivo. Cosa posso desiderare di più?” La fece stendere di nuovo e le alzò la maglia baciando il suo ventre.
“Sai ho anche preso un altro ebook…” aggiunse muovendo le labbra con delicatezza sulla sua pelle, fino a raggiungere il seno.
“Ma non mi dire” Replicò Kate. “Ho come l’impressione di sapere di cosa si tratti.”
Lui alzò la testa verso di lei. “Oh!” Esclamò. “Ti dispiace?”
Kate scosse il capo. “Non voglio perdere l’abitudine a certe… cose.” Sorrise accarezzando il viso del marito i cui occhi tornarono ad essere luminosi.
Ecco!” Pensò, “quelli sono gli occhi che desidero per nostro figlio…”

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Rieccomi di ritorno da una settimana di ferie, offline ma produttiva.
Per la gioia degli amanti del saccarosio e derivati, per coloro che sguazzano nella glicemia alle stelle, un altro fluffoso momento Caskett in questa linea temporale.
Presto mi metterò in pari sia con i commenti che con la lettura di tanti meravigliosi capitoli delle vostre storie!
Ho una Castle week prima di un Castle monday!
 

  
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