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Autore: PerseoeAndromeda    13/07/2008    3 recensioni
Già... non è facile impararlo per Shaka... ma comincia anche lui a rendersi conto di quanta sofferenza sia insita nella solitudine. Lievemente shonen-ai ma così leggero che non mi è sembrato neanche il caso di segnalarlo
Genere: Triste, Malinconico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Virgo Shaka
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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YESTERDAY

 

 

YESTERDAY - IMPARARE A NON ESSERE SOLO

 

 

 

Yesterday, all my troubles seemed so far away

now it looks as though they’re to stay

oh I believe in yesterday

 

Suddenly, I’m not half the man I used to be

there’s a shadow hanging over me

oh yesterday came suddenly

 

Why he had to go I don’t know

I wouldn’t say

I said something wrong now I long for yesterday

 

Yesterday love was such an easy game to play

now I need a place to hide away

oh I believe in yesterday

 

Why he had to go I don’t know

he wouldn’t say

I said something wrong now I long for yesterday

 

Yesterday, love was such an easy game to play

now I need a place to hide away

oh I believe in yesterday

 

(YESTERDAY – Paul McCartney, 1964)

 

 

Ascoltare… saper ascoltare e percepire i moti del cuore e dell’animo altrui… questa dovrebbe essere la meta di chiunque voglia imparare a vivere in questo mondo acquisendo la sapienza che fa crescere e rafforza lo spirito.

Io, che sempre ho avuto come massima aspirazione quella di imparare ad elevarmi spiritualmente, l’ho capito troppo tardi… ho fin dall’inizio trascurato una delle regole base: guardarmi intorno ed apprendere dalle altrui esistenze, ho sempre rifiutato di guardare oltre me stesso, erroneamente ritenendo che tutto ciò che mi serviva era racchiuso qui dentro, in quest’anima che ho plasmato nelle mistiche valli del Gange, sacro amico e maestro della mia infanzia trascorsa nel raccoglimento della meditazione contemplativa.

Cosa contemplavo? L’Altissimo non mi aveva sempre esortato a guardarmi intorno, ad accogliere la vita intorno a me, ad accogliere la morte che ogni giorno scendeva su quei luoghi? E io di essa nutrivo i miei occhi, osservando attentamente i cadaveri che galleggiavano solenni sulle acque gentili… li osservavo con comprensione, da loro imparavo, a loro ponevo domande, in me sentivo fluire le loro risposte, loro che stavano per acquisire la conoscenza suprema.

Ma forse mai queste domande le rivolgevo alle creature ancora in vita che tanto mi sembravano ignare, piccole, inconsapevoli nella loro ignoranza e paura… quanto le rendeva più maestose e degne la morte… degne del mio interesse, assurte al livello superiore cui io stesso aspiravo.

A quali piani colossali di ignoranza può giungere la mente umana e a me per primo muovo tale rimprovero perché adesso so di non avere capito tante cose; ho disprezzato la cosa più preziosa che mai avrei potuto avere e adesso non otterrò più la sua comprensione, l’ho gettata via tempo fa e, per quanto tollerante sia il suo spirito limpido, troppo ho giocato con la sua pazienza, troppo gli ho negata quella confidenza che avrebbe reso intimamente vicini i nostri cuori, troppo ho giocato con la mia superbia e la sua tolleranza ed ho perso, perché l’aver ottenuto il risultato di averlo allontanato da me non mi fa stare bene.

Ho generato il vuoto dentro ed intorno alla mia persona… non solo Mu, ma i gold saints al completo, i sopravvissuti alla guerra civile, si sono stretti in compatta unità, ad attendere insieme la tragedia che tra poco si abbatterà sulla Terra. Apparentemente sono con loro, apparentemente ho il loro rispetto… ma dal gruppo di fratelli d’arme che si offrono reciproca consolazione per le perdite subite, io sono escluso.

Perché non confessarlo al punto in cui mi trovo? Baratterei volentieri quella venerazione che mi dimostrano, il loro ritenermi intoccabile, con un briciolo di confidenza in più. Li sento ridere tra loro, vedo Aiolia prendersi Milo a braccetto al fine di distrarlo dai cupi pensieri, li vedo e li sento tutti insieme a trascinare questo tempo che ci rimane, uniti, fingendo quanto meno di vivere e di godere la vita.

Una sola persona versa forse, in qualche modo, in uno stato di abbandono peggiore del mio, perché a lui anche il rispetto è negato, una persona che unicamente io, credo, so essere ancora in vita, da tutti dato per morto… da tutti desiderato morto…

Da lontano ho scorto la sua camminata mesta sulla spiaggia, ho visto la sua figura intrisa di malinconia scrutare il lontano orizzonte dorato dall’alba ed infiammato dal tramonto; lui ha perduto un fratello senza che fosse loro offerta alcuna possibilità di riconciliazione, non me la sento di giudicarlo, io che ho sempre giudicato tutti senza mai giudicare me stesso. Ora unicamente alla mia persona mi sentirei di far assumere il ruolo dell’imputato; Kanon ha peccato di gelosia e brama di attenzioni, un infantile desiderio di mettersi in mostra lo ha reso colpevole di un disastro. Io ho peccato di immodesta alterigia e per questo sono incappato in un colossale errore di valutazione.

No… decisamente non sono nessuno per elevarmi a giudice, lascio il compito a menti più incorrotte ed innocenti… se ce ne sono…

Chi l’avrebbe mai detto, fino a pochissimo tempo fa, che sarei stato in grado di mutarmi in una persona così obiettiva e, sotto tanti aspetti, priva di certezze, io che ero tutto d’un pezzo, fermo  nelle mie posizioni, convinto addirittura di essere l’unico detentore della verità suprema?

Alzo gli occhi, leggermente schiusi ora che nessuno mi vede, a quel sole velato da nubi sempre più fitte e rivedo, come in un sogno, lo scorrere inesorabile dei miei anni; sono ancora giovane, ma mi sento sulle spalle il peso dei secoli, forse perché le mie riflessioni non si sono mai fermate, forse perché differenti persone, identità, si sono succedute dentro di me, seguendo di pari passo la mia maturazione che ancora tanta strada ha da compiere e mai sarà completa, ora lo so. Mi credevo arrivato già quand’ero un insignificante marmocchio solo perché, seduto a gambe incrociate ai piedi dell’Illuminato, parlavo con lui della vita e, soprattutto, della morte.

Poi giunsi al Santuario e l’errore si fece sempre più smisurato; dalla prima volta in cui vidi i miei compagni mi sentii in dovere di tenere le distanze. Loro non erano come me.

Già… anche adesso lo penso, ma non con la superbia di allora, adesso non mi sento superiore, non mi sento… l’eletto. Semplicemente sono un escluso… non certo per colpa loro, sono io che non so far capire quanto desideri qualcosa d’altro, non venerazione e rispetto, ma complicità, confidenza, familiarità… amicizia…

Non sono in grado di chiederlo…

Soprattutto bramo l’intimità con lui… forse qualcosa di più, quel qualcosa che Mu non potrà mai darmi perché l’ha già concesso a qualcun altro e l’amore non può venire spartito come l’amicizia. La cosa più grave però… è che persino la sua amicizia ho perduto.

Eravamo due bambini allora, consapevoli che la parola infanzia per noi, piccoli consacrati ad Athena, non aveva alcun senso. Io mi nutrivo di isolamento e del disprezzo che riservavo alle forme di vita dal mio punto di vista inconsapevoli e chi erano loro, quei ragazzini così diversi da me e al fianco dei quali avrei dovuto vivere, chi erano per me che parlavo fin dalla nascita con l’Illuminato?

Mu mi seguiva, saltellandomi dietro come un cagnolino, chiacchierando di ogni minima cosa, come un folletto incapace di frenare la propria irruenza ed il proprio amore per un mondo che, ora lo so, già allora aveva compreso meglio di me.

Sembrava non far caso all’evidente fastidio che mostravo nei suoi confronti, un fastidio che inconsapevolmente ostentavo per posa e al quale volevo disperatamente credere… una seccatura sottoforma di un incontenibile fanciullo che, quando le incombenze della vita lo hanno portato ad intristirsi, come è accaduto a tutti noi, quando si è allontanato, esule volontario, dal Santuario, mi è mancato terribilmente, lasciando un incolmabile vuoto nel mio spirito che ritenevo universalmente ricco… ma che in realtà era arido, come il mio cuore.

Ora so cosa voleva il piccolo Mu: mostrare al piccolo Shaka cosa può offrire la vita nei suoi aspetti in apparenza più semplici, ma che in realtà la arricchiscono realmente. Forse l’Illuminato stesso intendeva insegnarmi proprio questo con quelle sue osservazioni che maggiormente mi risultavano oscure. L’Illuminato mi parlava anche di vita… io mi concentravo unicamente sulla morte.

Chissà… forse in parte lo stesso Mu è venuto a me come suo strumento e messaggero, forse l’Illuminato cercava disperatamente di farmi comprendere che ancora non afferravo alcuni fondamentali aspetti del Suo insegnamento.

E dovevo perderlo… dovevo perdere Mu per acquisire la conoscenza che continuava a scivolare via dalle mie dita come acqua limpida.

Fa parte della lezione, Sacro Buddah? C’è ancora qualcosa che devo imparare?

Sorrido al sole che ammicca come in cerca di aiuto mentre affoga tra nubi sempre più dense; sì, sono ancora un ragazzino ingenuo; dopotutto... non si finisce mai di imparare, vero? Neanche l’umiltà che sento nascere dentro come un fiore ancora in boccio sarà mai abbastanza.

Eppure un particolare insegnamento desidererei ardentemente apprendere il più in fretta possibile, ma continuo a considerarlo il più difficile in assoluto, troppo difficile per me: vorrei imparare a non essere solo.

   
 
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