YESTERDAY - IMPARARE
A NON ESSERE SOLO
Yesterday, all my troubles seemed so far away
now it looks as though they’re to
stay
oh I believe in yesterday
Suddenly, I’m not half the man I used to be
there’s a shadow hanging over me
oh yesterday came suddenly
Why he had to go I don’t know
I wouldn’t say
I said something wrong now I long for yesterday
Yesterday love was such an easy game to play
now I need a place to hide away
oh I believe in yesterday
Why he had to go I don’t know
he wouldn’t say
I said something wrong now I long for yesterday
Yesterday, love was such an easy game to play
now I need a place to hide away
oh I believe in yesterday
(YESTERDAY – Paul McCartney, 1964)
Ascoltare…
saper ascoltare e percepire i moti del cuore e dell’animo altrui… questa
dovrebbe essere la meta di chiunque voglia imparare a
vivere in questo mondo acquisendo la sapienza che fa crescere e rafforza lo
spirito.
Io,
che sempre ho avuto come massima aspirazione quella di imparare ad elevarmi
spiritualmente, l’ho capito troppo tardi… ho fin dall’inizio trascurato una
delle regole base: guardarmi intorno ed apprendere dalle altrui esistenze, ho
sempre rifiutato di guardare oltre me stesso,
erroneamente ritenendo che tutto ciò che mi serviva era racchiuso qui dentro,
in quest’anima che ho plasmato nelle mistiche valli del Gange, sacro amico e
maestro della mia infanzia trascorsa nel raccoglimento della meditazione
contemplativa.
Cosa
contemplavo? L’Altissimo non mi aveva sempre esortato a guardarmi intorno, ad
accogliere la vita intorno a me, ad accogliere la morte che ogni giorno
scendeva su quei luoghi? E io di essa nutrivo i miei
occhi, osservando attentamente i cadaveri che galleggiavano solenni sulle acque
gentili… li osservavo con comprensione, da loro imparavo, a loro ponevo
domande, in me sentivo fluire le loro risposte, loro che stavano per acquisire
la conoscenza suprema.
Ma forse
mai queste domande le rivolgevo alle creature ancora in vita che tanto mi
sembravano ignare, piccole, inconsapevoli nella loro ignoranza e paura… quanto
le rendeva più maestose e degne la morte… degne del mio interesse, assurte al
livello superiore cui io stesso aspiravo.
A
quali piani colossali di ignoranza può giungere la
mente umana e a me per primo muovo tale rimprovero perché adesso so di non
avere capito tante cose; ho disprezzato la cosa più preziosa che mai avrei
potuto avere e adesso non otterrò più la sua comprensione, l’ho gettata via
tempo fa e, per quanto tollerante sia il suo spirito limpido, troppo ho giocato
con la sua pazienza, troppo gli ho negata quella confidenza che avrebbe reso
intimamente vicini i nostri cuori, troppo ho giocato con la mia superbia e la
sua tolleranza ed ho perso, perché l’aver ottenuto il risultato di averlo
allontanato da me non mi fa stare bene.
Ho
generato il vuoto dentro ed intorno alla mia persona… non solo Mu, ma i gold saints al completo, i sopravvissuti alla guerra civile,
si sono stretti in compatta unità, ad attendere insieme la tragedia che tra
poco si abbatterà sulla Terra. Apparentemente sono con loro, apparentemente ho
il loro rispetto… ma dal gruppo di fratelli d’arme che
si offrono reciproca consolazione per le perdite subite, io sono escluso.
Perché
non confessarlo al punto in cui mi trovo? Baratterei volentieri quella
venerazione che mi dimostrano, il loro ritenermi intoccabile, con un briciolo
di confidenza in più. Li sento ridere tra loro, vedo Aiolia prendersi Milo a
braccetto al fine di distrarlo dai cupi pensieri, li vedo e li sento tutti insieme a trascinare questo tempo che ci rimane,
uniti, fingendo quanto meno di vivere e di godere la vita.
Una
sola persona versa forse, in qualche modo, in uno stato di abbandono
peggiore del mio, perché a lui anche il rispetto è negato, una persona che
unicamente io, credo, so essere ancora in vita, da tutti dato per morto… da
tutti desiderato morto…
Da
lontano ho scorto la sua camminata mesta sulla spiaggia, ho visto la sua figura
intrisa di malinconia scrutare il lontano orizzonte dorato dall’alba ed
infiammato dal tramonto; lui ha perduto un fratello senza che fosse loro
offerta alcuna possibilità di riconciliazione, non me la sento
di giudicarlo, io che ho sempre giudicato tutti senza mai giudicare me stesso.
Ora unicamente alla mia persona mi sentirei di far assumere il ruolo
dell’imputato; Kanon ha peccato di gelosia e brama di attenzioni,
un infantile desiderio di mettersi in mostra lo ha reso colpevole di un
disastro. Io ho peccato di immodesta alterigia e per
questo sono incappato in un colossale errore di valutazione.
No…
decisamente non sono nessuno per elevarmi a giudice,
lascio il compito a menti più incorrotte ed innocenti… se ce ne sono…
Chi
l’avrebbe mai detto, fino a pochissimo tempo fa, che sarei stato in grado di
mutarmi in una persona così obiettiva e, sotto tanti aspetti, priva di
certezze, io che ero tutto d’un pezzo, fermo nelle mie posizioni, convinto
addirittura di essere l’unico detentore della verità suprema?
Alzo
gli occhi, leggermente schiusi ora che nessuno mi vede, a quel sole velato da
nubi sempre più fitte e rivedo, come in un sogno, lo scorrere inesorabile dei
miei anni; sono ancora giovane, ma mi sento sulle spalle il peso dei secoli,
forse perché le mie riflessioni non si sono mai fermate, forse perché
differenti persone, identità, si sono succedute dentro di me, seguendo di pari
passo la mia maturazione che ancora tanta strada ha da compiere e mai sarà
completa, ora lo so. Mi credevo arrivato già quand’ero un insignificante
marmocchio solo perché, seduto a gambe incrociate ai piedi dell’Illuminato,
parlavo con lui della vita e, soprattutto, della morte.
Poi
giunsi al Santuario e l’errore si fece sempre più smisurato; dalla prima volta
in cui vidi i miei compagni mi sentii in dovere di tenere le distanze. Loro non
erano come me.
Già…
anche adesso lo penso, ma non con la superbia di allora, adesso non mi sento
superiore, non mi sento… l’eletto. Semplicemente sono
un escluso… non certo per colpa loro, sono io che non so far capire quanto desideri qualcosa d’altro, non venerazione e rispetto,
ma complicità, confidenza, familiarità… amicizia…
Non
sono in grado di chiederlo…
Soprattutto
bramo l’intimità con lui… forse qualcosa di più, quel qualcosa che Mu non potrà
mai darmi perché l’ha già concesso a qualcun altro e l’amore non può venire
spartito come l’amicizia. La cosa più grave però… è che persino la sua amicizia
ho perduto.
Eravamo due bambini allora, consapevoli che la parola infanzia per noi, piccoli consacrati ad
Athena, non aveva alcun senso. Io
mi nutrivo di isolamento e del disprezzo che riservavo
alle forme di vita dal mio punto di vista inconsapevoli e chi erano loro, quei
ragazzini così diversi da me e al fianco dei quali avrei dovuto vivere, chi
erano per me che parlavo fin dalla nascita con l’Illuminato?
Mu
mi seguiva, saltellandomi dietro come un cagnolino, chiacchierando di ogni minima cosa, come un folletto incapace di frenare la
propria irruenza ed il proprio amore per un mondo che, ora lo so, già allora
aveva compreso meglio di me.
Sembrava
non far caso all’evidente fastidio che mostravo nei
suoi confronti, un fastidio che inconsapevolmente ostentavo per posa e al quale
volevo disperatamente credere… una seccatura sottoforma di un incontenibile
fanciullo che, quando le incombenze della vita lo hanno portato ad intristirsi,
come è accaduto a tutti noi, quando si è allontanato, esule volontario, dal
Santuario, mi è mancato terribilmente, lasciando un incolmabile vuoto nel mio
spirito che ritenevo universalmente ricco… ma che in realtà era arido, come il
mio cuore.
Ora
so cosa voleva il piccolo Mu: mostrare al piccolo Shaka cosa
può offrire la vita nei suoi aspetti in apparenza più semplici, ma che in
realtà la arricchiscono realmente. Forse l’Illuminato stesso intendeva
insegnarmi proprio questo con quelle sue osservazioni che maggiormente mi risultavano oscure. L’Illuminato mi parlava anche di vita…
io mi concentravo unicamente sulla morte.
Chissà…
forse in parte lo stesso Mu è venuto a me come suo strumento e messaggero,
forse l’Illuminato cercava disperatamente di farmi
comprendere che ancora non afferravo alcuni fondamentali aspetti del Suo
insegnamento.
E dovevo
perderlo… dovevo perdere Mu per acquisire la conoscenza che continuava a
scivolare via dalle mie dita come acqua limpida.
Fa
parte della lezione, Sacro Buddah? C’è ancora qualcosa che devo imparare?
Sorrido
al sole che ammicca come in cerca di aiuto mentre
affoga tra nubi sempre più dense; sì, sono ancora un ragazzino ingenuo; dopotutto...
non si finisce mai di imparare, vero? Neanche l’umiltà che sento nascere dentro
come un fiore ancora in boccio sarà mai abbastanza.
Eppure
un particolare insegnamento desidererei ardentemente
apprendere il più in fretta possibile, ma continuo a considerarlo il più
difficile in assoluto, troppo difficile per me: vorrei imparare a non essere
solo.