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Autore: Tully_    14/04/2014    3 recensioni
Kagome Higurashi è una ragazza di 17 anni ed è la presidentessa del Consiglio Studentesco. Tutto va bene finché non arrivano due nuovi compagni nella sua classe e uno le darà parecchio filo da torcere...
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Inuyasha, Kagome, Miroku, Sango | Coppie: Inuyasha/Kagome, Inuyasha/Kikyo, Miroku/Sango
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Sono Kagome Higurashi, ho 17 anni e sono la presidentessa del consiglio studentesco. Sono molto gentile pure con gli studenti più indisciplinati e meschini, in quanto tendo a voler fare la “magnanima” perdonandoli per le loro malefatte e dando loro dei consigli per rimediare. Tutto ciò accadeva regolarmente fino all’arrivo di un nuovo alunno che mi stravolse completamente l’esistenza.


Pareva una giornata identica alle altre (infatti m’ero alzata dal comodo giaciglio che mi aveva accolta durante la notte con difficoltà; dopotutto sono umana ed è normale avere notevole sonno a causa delle lunghe e dure giornate di scuola, no?) e faccio bene a dire pareva. Mentre consumavo la colazione con Sota, mio fratellino con già indosso la divisa di prima media, mio nonno e mia madre, osservavo con la coda dell’occhio il cielo oltre la finestra poco lontana. Il sole, nonostante fosse ottobre, splendeva più che mai regalando alla città in cui stavo una temperatura quasi di metà settembre. Strano poi che molte foglie, seppur ingiallite, degli alberi del giardino non fossero già cadute sul selciato. Sarò una persona superstiziosa, ma in quel momento pensavo fossero dei presagi per una giornataccia. E non mi sbagliavo mica. Indossai frettolosamente la mia solita divisa da scolara e, senza un motivo ben preciso, forse la rinnovata necessità di sentirsi bella agli occhi altrui, poco prima di metter piede fuori di casa mi sistemai sul capo un minuto cerchietto blu sposato bene col colore dei miei vestiti. Uscita con lo zaino grigio un po’ pesante (dovevo rimanere alle attività pomeridiane del giorno) mi avviai verso la scuola sempre senza perdere d’occhio il cielo spaventosamente strano. Poco dopo, come sempre, mi raggiunse la mia migliore amica Sango. D’aspetto non eravamo tanto diverse anche se lei aveva i capelli leggermente più chiari e più lunghi, ma sempre raccolti in una coda sbarazzina e di carattere ci assomigliavamo parecchio. Eppure quel giorno era anche lei differente dal solito. Non dico di aspetto, in quanto gli occhi apparivano luminosi e solari come sempre e la pelle candida e lattea non presentava alcuna anomalia tuttavia sembrava nervosa per un motivo che non potevo cogliere.

«Sango, c’è qualcosa che non va? Sai bene che puoi sempre confidarti con me.»

 Ci conoscevamo dai tempi dell’infanzia… avrebbe potuto riferirmi qualsiasi cosa. Lei deglutì rumorosamente senza rivolgermi lo sguardo; anzi, lo portò ostinatamente avanti.

«C’è qualcosa che mi devi dire?»

Visto che non rispondeva neppure a quella seconda domanda decisi di lasciar perdere.
Provai allora a cominciare una normale conversazione tra amiche ma accantonai l’idea quando vidi che quasi si sforzava a parlarmi. Trattenni il leggero fastidio e l’irritazione e mi rincuorai quando notai la scuola all’orizzonte col cortile gremito di studenti, come tutti i giorni.
Mi si avvicinò un ragazzo dai capelli corvini legati con una coda e gli occhi celesti. E un sorriso mozzafiato, non c’è che dire. Come si chiamava? Ah sì, Koga, un mio coetaneo di un’altra classe. Era prima un bullo molto rinomato e temuto all’interno di tutta la scuola ma riuscii col tempo ad addolcirlo e a cambiarlo in meglio. Mi si riscaldò il cuore quando lo vidi aiutare una vecchina ad attraversare la strada. Mi faceva piacere vederlo gentile e di buonumore.

«Buongiorno Kagome! Giornata pesantina oggi, eh?»

Scherzò lui, sostenendo per qualche secondo la massa imponente del mio zaino (ancora mi chiedo come facevo a sorreggerlo, povera la mia schiena!). Improvvisai un sorriso mentre udendo la campanella mi avviavo con lui e Sango verso l’entrata. Oltre alla normale lezione, sarei dovuta rimanere durante la partita del club femminile di pallavolo, e anche per quella del club maschile di calcio (per controllare che non si azzuffassero, quei monellacci!) e per la lezione di nuoto. Giornatina impegnativa ma dopotutto ero abituata a ritmi molto estenuanti.

«Ci vediamo all’uscita!»

Mi urlò Koga, quando ero ancora immersa nei miei pensieri. Mi fece l’occhiolino prima di scomparire nella sua aula e inspiegabilmente arrossii. Mi riscossi sentendo una mano, purtroppo conosciuta, sulla mia spalla. Volsi il capo e, un po’ nervosa, sussurrai:

«Hojo! Vai subito nella tua classe, visto che si trova molto distante dalla mia!»

Più che altro era una palese scusa per mandarlo il più lontano possibile da me. Era molto gentile e affidabile però si mostrava sin troppo appiccicoso e non amo i ragazzi così. Mi faceva la corte dai tempi delle medie, ma l’ho sempre rifiutato con ostinazione. Un po’ mi fa pena… Fui capace, comunque, di liquidarlo in fretta e mi lasciai sfuggire un sospiro di sollievo quando lo vidi correre via. Entrai, seguita da Sango in aula e ci sistemammo al nostro solito posto. Il professore era seduto e visionava un foglio con aria preoccupata. Per quale motivo? Pure tra i miei compagni aleggiava un’evidente tensione. Quasi quasi avrei potuto urlare, rivolta a tutti: “COSA C’É CHE NON SO?” ma non potevo fare figuracce del genere.
Un improvviso bussare violento alla porta fece voltare a tutti la testa per la curiosità. L’insegnante si alzò di malavoglia dal proprio posto in cattedra e andò ad aprire; notai velocemente che aveva sul viso un’espressione di puro disgusto. E perché mai? Fece entrare due ragazzi che con passo lento, strascicato e cadenzato si avviavano verso la cattedra, stando in piedi dinanzi a noi.

«Vi presento i vostri due nuovi compagni di classe. Inuyasha Taisho…»

Stop.
Stop.
Stop.
Dovevo assimilare un’informazione poco per volta. Innanzitutto, tutti erano in ansia per l’arrivo di quei due maleducati? Dovevo assolutamente farli “rinsavire” io, solo io. Poi, il primo nominato dal professore pareva il peggiore. Capelli neri, molto lunghi, con ciuffi di lunghezza media e laterali che gli ricadevano su due spalle larghe, occhi scuri, di un colore indefinito simile al carbone, prepotenti, che vagavano per la classe quasi con aria di superiorità. Dannazione, chi si credeva di essere? Già mi irritava quell’Inuyasha. Soffocai un leggero ringhio gutturale quasi a forza. Aveva un bel fisico, messo in evidenza dalla camicia della divisa in parte sbottonata sicuramente apposta. Sulle labbra sottili c’era disegnato un perenne ghigno che scomparve quando raggiunse i miei occhi. Rimase per un secondo sorpreso dalla mia espressione di pura sfida. Avrei vinto io contro di lui, poco ma sicuro! Il professore continuava nel mentre a parlare.

«E Miroku Kazaana…»

Lanciai un’occhiata veloce verso il secondo indisciplinato, ma constatai che rispetto a quell’Inuyasha, poteva essere più recuperabile. I suoi occhi color blu marino giravano curiosi per la stanza, per poi soffermarsi su quelli nocciola di Sango che li aveva mantenuti sempre bassi. Fu un attimo. Lei arrossì, lui fece un sorrisetto di vittoria. Poi mi arrivò una doccia di acqua gelida, metaforicamente, sul capo.
 
«Higurashi, in qualità di presidentessa del consiglio studentesco…» vidi Inuyasha cercare di soffocare una risatina di scherno, che fosse maledetto «…vieni a salutare i due nuovi arrivati, in modo da dimostrare quanto questa classe sia accogliente e in modo che non si pentano di essersi stabiliti qui.»

Stabiliti? Ahhh, questo l’avrei sicuramente proibito! Dovevano andarsene al più presto possibile, soprattutto dopo aver ricevuto una bella iniezione di buone maniere. Mi alzai di malavoglia dalla sedia e quasi per voler perdere un po’ di tempo, sistemai meglio l’astuccio sul banco e buttai a terra i rimasugli ottenuti dalla cancellatura della gomma. Alzai nuovamente lo sguardo teso verso il professore che attendeva impaziente il mio arrivo e poi lo rivolsi a Inuyasha. I suoi occhi color carbone, dapprima distratti, risplendettero improvvisamente di una luce nuova che non saprei spiegare neppure ora. Mentre mi avvicinavo feci una smorfia palesemente indirizzata a lui. Miroku rideva sommessamente perché subito dopo essere giunta vicino all’insegnante iniziai a inscenare la perfetta ragazza dolce, tenera e premurosa verso i nuovi alunni disorientati dallo strano ambiente sconosciuto. Un sorriso falsissimo si formò sulle mie labbra e cominciai a parlare con voce mielosa e con parole melliflue.

«Benvenuti, dalla sottoscritta Kagome Higurashi, nel liceo M.! Da quale scuola venite? Su, sono davvero molto curiosa di sapere un po’ di voi!»

In realtà mi interessava soltanto sapere quale povero edificio avesse accolto quei bifolchi, niente di più e niente di meno. Mi risposte Miroku, molto serio e deciso.
« Proveniamo dalla scuola T. »

“Una delle peggiori” pensai tra me e me; aveva una brutta fama, lo sapevano pure i muri. Ecco perché erano così indisciplinati, ma la maleducazione poteva provenire pure dalla famiglia. No no no! Non ero mai stata così cattiva nei confronti di ragazzi di questo tipo, pensando pure a dei giudizi prima di conoscerli! Non era da me. Lui intanto, senza curarsi della mia espressione assorta, continuava a raccontare.

«Siamo ripetenti e ci hanno espulso. I nostri compagni erano molto tristi riguardo la nostra sorte.»

“Tipacci come voi, immagino”, continuavo a sentenziare silenziosamente.

«Allora ci consigliarono questa scuola e io e Inuyasha, amici d’infanzia, decidemmo di provarci. Speriamo, ovviamente, di integrarci.»

“Questo è da vedere, se non vi spedisco a pedate nel sedere fuori dal portone della scuola!” Le mie parole trattenute e mai dette erano veramente velenose. Finalmente prese parola la persona che per ora odiavo davvero tanto anche senza conoscerla. Aveva una voce possente, un po’ rude e “da bastardo”, tuttavia era bella e inspiegabilmente calda. Sorrisi senza motivo a quel pensiero.

«E, soprattutto, che nessuno ci prenda in antipatia. Sembreremo dei tipacci loschi, ma tsk, mai giudicare dalle apparenze!»

Era evidente che Miroku l’aveva costretto precedentemente a dire quelle esatte parole, perché c’era una nota d’indecisione e di disagio nelle poche frasi proferite, praticamente sputate con poca voglia, per costrizione. Riprese la parola il professore, ma ciò che disse mi raggelò il sangue.

«Higurashi, tu devi rimanere ai corsi pomeridiani, no? Ebbene, per oggi manterrai questi due nuovi compagni. E’ un compito importante il tuo e hai dei doveri specifici, come integrare le nuove conoscenze all’interno della scuola. Quindi ti dispiacerebbe che oggi ti “stessero alle calcagna” per un po’?»

Era una domanda retorica. Non potevo assolutamente tirarmi indietro. Con espressione terrorizzata scossi la testa in modo da mostrarmi completamente d’accordo con la sua proposta. Mi avviai nuovamente verso il mio banco tremante, perché la mia giornata s’era notevolmente complicata. “Perché? Perché a me?” Mi chiedevo tra me e me, mentre mi torturavo con assiduità le mani. Sistemarono un banco vuoto per Inuyasha e Miroku affianco a quello mio e di Sango, in modo che li potessi tenere d’occhio. Notai che durante l’intera lezione prima dell’intervallo non seguivano nulla. Uno leggeva e stava per i fatti suoi ascoltando musica con le cuffie, l’altro guardava le ragazze con occhi languidi soffermandosi sempre su Sango. Avrei fatto loro una lunghissima ramanzina alla ricreazione, senza lasciar loro il tempo di mangiare perché se lo meritavano! La campanella che indicò l’inizio della piccola pausa fece svuotare la classe, tanto che rimanemmo solo io, i due nuovi e la mia migliore amica. Con un cipiglio nervoso mi avvicinai ai due, con una luce furiosa e per nulla di buon auspicio negli occhi, che parevano fulminarli con una sola occhiata.

«Vi ho seguiti con la coda dell’occhio per tutta la durata della lezione. Credete che non mi sia accorta che non avete seguito nulla? In qualità di presidentessa del consiglio d’istituto, vi metterò per bene in riga.»

Sango, poco lontana da me, strabuzzò gli occhi, esterrefatta dalla situazione insolita. M’ero sempre comportata bene con gli alunni un po’…discoli, non in quel modo così aggressivo. Ignorai il suo sguardo e il suo messaggio tacito di smetterla e continuai a parlare.

«Ebbene, preparatevi a una strigliata coi fiocch—»

Non terminai nemmeno la frase che il mio mento venne sollevato con rudezza da due dita forti e ruvide e i miei occhi s’incatenarono a quelli color carbone di Inuyasha. Era irato e scocciato e le parole che pronunciò con un sibilo mi scatenarono ancora di più.

«Ascolta, carina, tu non sei nessuno per dettarci regole. Chiaro?»

«Non sono nessuno? Io potrei essere in grado di metterti nei casini pure ora!»

Mi agitai, ma lui, con quel semplice contatto, riusciva a trattenermi. Emise una risatina di scherno che mi fece involontariamente rabbrividire. Mi lasciò con violenza e si ritirò con Miroku fuori dall’aula.
Gliel’avrei fatta pagare, poco ma sicuro!








— angolo dell'autrice

Ma perché mi vengono in mente queste cose, sob. Spero che sia di vostro gradimento, perché è stata un'idea che mi è venuta in mente così, all'improvviso, la notte (?) e ho iniziato a scrivere. Poi questa mattina ho continuato perché boh, ero intenzionata a creare qualcosa di carino. ;_;
Al prossimo capitolo! <3 

-Tully_
  
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