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Autore: ariel_09    15/04/2014    1 recensioni
Un soldato e una serva, lui di passaggio e lei lei in punizione, coraggio e nostalgia si incontrano per caso e un pozzo e...
"Doveva convincerla, era la sua ultima possibilità. Sapeva che non sarebbe stato facile, che chiederglielo in nome di quel sentimento che aveva intravisto tra di loro era poco e non sarebbe bastato. Ma, per Zeus, doveva almeno provarci."
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Storico
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Si avviò verso il pozzo, doveva convincerla, era la sua ultima possibilità. Sapeva che non sarebbe stato facile, che chiederglielo in nome di quel sentimento che aveva intravisto tra di loro era poco e non sarebbe bastato. Ma, per Zeus, doveva almeno provarci. Quando un mese prima l’aveva vista per la prima volta mentre lavava i panni l’aveva trovata subito bella; ma non bella come le ballerine che aveva visto fino ad ora alla corte. Aveva qualcosa di particolare: non si mostrava e non mostrava il suo corpo, ma lo sguardo ti colpiva e non ti lasciava indifferente. Così senza neanche sapere perché si era avvicinato al lavatoio dove lei stava lavando delle lenzuola e le aveva rivolto la parola. Lei aveva risposto, gentilmente , ma con quel tono di chi sa che sarebbe meglio non parlare. Così lui non aveva insistito ed era rimasto li a guardarla. L’aveva guardata andare via ed era tornato all’accampamento senza riuscire a togliersi la sua immagine dagli occhi. Ripensava a quel mese passato, a tutti i giorni in cui si era recato alla stessa ora al pozzo dove lei lavava i panni per il suo padrone. Tutti i giorni alla stessa ora, quando non c’era nessuno. Una volta glielo aveva chiesto:perché veniva sempre quando non c’era nessuno? E lei aveva risposto: era una punizione. Il giorno dopo il loro primo incontro lui si era recato al palazzo del governatore sperando di trovarla lì, per trovare quell’insignificante serva dallo sguardo così profondo che aveva visto il giorno prima e uscendo, mentre la responsabile lo cacciava via, aveva rotto un vaso. Così lei era stata punita per aver portato un soldato accampato fuori città nella casa del governatore. Ormai era arrivato al pozzo, probabilmente la responsabile non l’aveva punita per la sua visita, ma gli aveva dato la possibilità di vedersi tutti i giorni. E ora quei giorni erano finiti. L’esercito si preparava a rimettersi in marcia e lui non avrebbe più rivista. Non poteva finire così. Quello che provava per lei non era solo attrazione fisica ma, per la prima volta, era qualcosa di diverso, di più profondo. Parlare con lei era come fluttuare in una bolla, lei lo faceva stare bene. Vederla per solo il tempo necessario per lavare i panni gli bastava per tutta la giornata, quel suo modo particolare e delicato rendeva ogni singolo giorno più luminoso, più vero, più vivibile, cambiava il suo modo di vedere il mondo. Non poteva farne a meno.


-sai, mi hanno detto che tra poco l’esercito riparte.
-davvero. La risposta sembrava disinteressata.
-così non vedrai più il tuo lui. Tacque, aveva lanciato il sasso, ora aspettava una reazione.
-il mio cosa?
-il soldato che vedi tutti i giorni al pozzo.
-allora è per questo che mi hai punito?
-a lavare i panni tutti giorni quando nessuno vi può vedere? Sì. Non volevo lasciar scappare l’occasione. Potresti sembrare un po’ più interessata, in fondo non capita tutti i giorni di incontrare un soldato. Disse la responsabile strizzandole l’occhio.
Non rispose, prese la cesta con i panni e uscì. Il sole brillava nel cielo ma Beatrice non riusciva a esserne felice come al solito. Andavo verso il pozzo. Sapeva che sarebbe stato meglio non farsi coinvolgere. Fino ad ora aveva sempre tenuto una minima distanza perché sapeva quanto pericoloso potesse essere il coinvolgimento. Lui era un soldato, per di più straniero, mentre lei era solo una serva. Tra qualche giorno sarebbe stato tutto finito. L’esercito partiva. Lui partiva e lei rimaneva. Semplice. la preoccupava solo il fatto che lui fosse venuto a cercarla, sperava non le chiedesse di andare con lui. Certo, sarebbe stato bello lasciasi coinvolgere e lei sapeva quanto rovinosamente poteva lasciarsi trascinare, si sarebbe sentita importante, bella, desiderata, amata ma no, non poteva funzionare. Era una follia..e poi…era troppo difficile per lei. La sua vita era lì, in quel piccolo paese dove era nata. Il suo mondo finiva con la distesa di campi che lo circondava, non andava oltre. A volte guardava l’orizzonte giallo di grano e si chiedeva cosa ci fosse al di là, come sarebbe stato partire, vedere come era fatto il mondo fuori dal suo piccolo universo. Ma poi ripensava alla famiglia, agli amici, al lavoro, ai posti dove era cresciuta e i legami che aveva stretto la bloccavano. Lasciare tutto per andare verso l’ignoto. Chiuse gli occhi e sospirò. Aveva paura. Tirò un altro sospiro e andò avanti. In fondo c’era sempre la possibilità che nulla succedesse, che a lui non importasse nulla. Tutto sarebbe filato liscio, la sua vita sarebbe tornata alla normalità, una parentesi in un grande racconto, di una vita che non era la sua. Ma anche così c’era qualcosa che non la lasciava in pace, che si divertiva a tormentare il suo animo. Per quale motivo Flavio si sarebbe recato al pozzo tutti i giorni per un mese per parlare con lei se in realtà la cosa non gli interessava? La rabbia di essere stata solo usata era insopportabile ma costruita su basi di cristallo pronte a cedere da un momento all’altro. Scosse la testa, si stava avvicinando al pozzo.



Lui era già lì quando lei arrivò, la guardò sedersi, prendere un lenzuolo e cominciare a lavarlo.
-ciao.
-ciao.
Beatrice teneva la testa bassa e continuava a lavare, Flavio guardava il profilo delle case in lontananza.
- c’è un bel sole oggi.
-già, siamo nella bella stagione.
Non riuscivano a intavolare una vera conversazione come al solito, parlavano di cosa scontate, banali. Stava diventando patetico, sapevano entrambi che qualcosa di più importante ma nessuno accennava ad entrare in argomento. Fu Flavio che prese il coraggio a due mani e disse:- tra due giorni partirò.
Lei smise di lavorare e lo guardò negli occhi, lui continuò:-vieni con me.
La giovane ebbe un attimo di esitazione, abbasso gli occhi e disse con un filo di voce:- il fatto…è che…io…io non lo so.
Lui la guardò con dolcezza, le si avvicinò e le prese il mento tra le dita:- cosa c’è che non va? Le chiese piano guardandola negli occhi spaventati.
-io sono nata qui, cresciuta qui, non ho mai viaggiato e ora tu mi chiedi di lasciare per sempre questo posto e la mia famiglia e… Le si incrinò la voce.
-di che cosa hai paura? Chiese ancora dolcemente il soldato, mettendole le mani sulle spalle e accarezzandole le braccia.
-di non essere all’altezza, di essere presa dal rimorso, della nostalgia.
Lui non rispose e la prese tra le braccia, lei appoggiò la testa sulla sua spalla:- ti prego smettila, lasciami stare –lo supplicò- io starò bene anche qua. Le lacrime cominciarono a rigarle il volto.
-non devi aver paura del futuro, io sarò con te.
-tu sei un soldato, devi seguire il tua esercito e combattere.
-credi che un soldato sappia solo combattere e non amare? Perché è questo che sto facendo io da un mese a questa parte.
-cosa ne farai di una come me una volta partito?
-tutti hanno diritto di amare e di essere amati-
-sì ma di amare la persona giusta.
-e cosa ti dice di non essere la persona giusta?
-siamo troppo lontani.
-la distanza è soggettiva.
La ragazza sospirò:-non ti arrendi mai tu?
-non conosco questo verbo. Sorrise il soldato e la baciò con tutta la tenerezza di cui era capace.
  
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