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Autore: Sheen    17/04/2014    2 recensioni
Una lettera ritrovata nel mucchio di fogli sulla scrivania.
Louis non credeva di averla lasciata li.
La cominciò a leggere ... ed i ricordi si impossessarono di lui facendolo tornare a qualche anno prima, al liceo.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Louis Tomlinson
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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«Ciao Louis.
Ti ricordi di me, vero?
Certo che ti ricordi. 
Sono innamorata di te da circa quattro anni ormai, è una dipendenza che mi logora dentro.
Ogni mattina, d'inverno o in primavera, mi svegliavo presto soltanto per poter arrivare a scuola prima di te. Prendevo l'autobus, scendevo una fermata prima e passavo dal bar a un paio di isolati dalla scuola. Compravo il cornetto appena fatto, ogni singolo giorno, quello con la Nutella, caldo che ti si scioglieva in bocca.
Poi arrivavo davanti al portone principale, tiravo fuori un libro a caso e mi sedevo sul muretto adiacente alle scale, in basso.
Facevo finta di ripassare storia, o francese, o inglese.
E invece stavo lì e aspettavo, per dieci minuti almeno, che tu arrivassi.
Quando la tua camminata strascicata appariva dal fondo del cortile abbassavo veloce lo sguardo sulle pagine, osservandoti con la coda dell'occhio.
Guardavo te e i tuoi amici e mi sentivo come se il mio cuore si stesse riempiendo di benzina, di alcol infiammabile. Poi mi guardavi con quei tuoi meravigliosi occhi.
E quando mostravi al mondo i tuoi denti bianchissimi e perfetti e il tuo adorabile sorriso, mi sentivo felice come non mai.
Il mio cuore, era come se prendesse improvvisamente fuoco, riscaldandomi il viso e dandomi quel tipico rossore che spero tu non abbia mai notato.
Tu e i tuoi amici vi avvicinavate a me e mi chiedevi sempre: 
-Puoi tenerci d'occhio gli zaini?-
Aspettavo ogni giorno quella frase, ripetuta infinite volte senza mai cambiare una virgola nell'intonazione.
Mi scostavo i capelli dietro l'orecchio sinistro, mi voltavo leggermente verso di te e annuivo piano, sussurrando qualcosa di incomprensibile anche da me stessa.
Il tuo zaino blu scuro lo appoggiavi sempre vicino a me e poi andavi con Harry e Josh a farti una sigaretta vicino alla porta anti-incendio per non farti scoprire dai prof, e quando tornavi puzzavi sempre di fumo.
Appena giravi l'angolo, tiravo fuori dalla mia borsa la busta di carta con il cornetto, aprivo velocemente il tuo zaino e lo infilavo dentro la tasca.
Ti vedevo ogni intervallo masticare piano il cornetto che ti avevo comprato io, pensando che fosse tua madre che, ogni mattina, te lo comprava.
Uscivi dall'aula di lettere, aprivi la tasca, tiravi fuori il cornetto dal sacchetto, buttavi la carta nel cestino,
lo avvicinavi alla bocca e te lo facevi colare sulle labbra, e poi mordevi la pasta e ti pulivi con il tovagliolo del bar, di quelli che più provi a pulirti e più ti sporchi; infatti ogni volta, finito di mangiare, ti avvicinavi alla fontanella vicino al bagno delle ragazze per bere e intanto guardare le ragazze con il trucco appena fatto che uscivano dalla porta sculettando.
Ti ho comprato la colazione per ben tre anni e mezzo, ho fatto le stesse azioni ogni giorno soltanto per vederti spuntare quel sorriso sporco di Nutella, e sentirmi felice anche io.
Ma nonostante questo, non ti eri mai veramente accorto di me.
Finché non arrivò il ballo di fine anno.
Eravamo entrambi all'ultimo anno: tu il bello della scuola, conosciuto da tutti e tutte e pieno di ragazze, io il 'fantasma', quella carina solo dal suo migliore amico, quella che c'è ma non si vede, quella che ti passa le risposte del compito quando sei in difficoltà.
Non mi aspettavo di certo un tuo invito al ballo, e infatti non è arrivato.
Ci saresti andato con Taylor, quella specie di fotomodella del terzo anno.
Io, invece, con Greg, semplicemente il mio migliore amico nerd, simpatico e non troppo brutto. 
Quella sera decisi di buttarmi il più possibile, perché era l'ultima volto in cui probabilmente ti avrei visto e non potevo perdere anche questa occasione.
Passai una settimana ad osservare le oche più in voga della scuola: come si vestivano, quali riviste leggevano.. Passavo ore ed ore online per aggiornarmi sulle mode del momento, e a girare per negozi cercando qualcosa che potesse andare bene, e finalmente lo trovai.
Comprai un abito blu scuro, quasi nero. Era piuttosto corto, arrivava più o meno a metà coscia. La gonna partiva dalla vita e si allargava, mentre il busto era molto stretto.  Le maniche erano delle spalline larghe che si incrociavano dietro, lasciando la schiena quasi del tutto nuda.
Dopo circa due ore di preparazione, uscii dal bagno abbastanza soddisfatta.
Avevo lasciato i capelli sciolti, cosa che non succedeva almeno dalla seconda media, avevo truccato gli occhi di blu, la bocca di rosa e, cosa rara, avevo messo dei tacchi. Alti.
Persino Greg si impressionò quando mi vide, e disse che non sembravo nemmeno la stessa ragazza con cui faceva coppia nel laboratorio di fisica.
Aveva ragione: non mi riconoscevo.
Non eravamo amici, e questo è vero, ma come già ho scritto, ti tenevo d'occhio lo zaino ogni mattina. Sapevi chi ero.
Ma quella sera non sembrava.
Quando arrivai alla festa ti vidi subito, con un bicchiere di birra in mano, sorridente, mentre parlavi con Niall. Taylor, coperta da non più di ottanta centimetri di stoffa rosa, ti stava a braccetto e ogni tanto esplodeva in una risata idiota e chiaramente spinta.
Non mi notasti subito: io e Greg bevemmo un paio di drinks e ci scatenammo sulla pista. Quando iniziarono a passare i lenti, imbarazzati, decidemmo di andarci a sedere e commentare per l'ultima volta le coppiette destinate a scoppiare.
Amavo stare con lui ma non nego che per tutta la sera cercai il tuo sguardo tra la folla.

Finché qualche minuto dopo, mentre ero seduta in un divanetto in disparte, tu ti avvicinasti.
Ricordi? Mi chiedesti di ballare con te, come un vero principe.
Pensai ‘Cogli l'attimo.’
Quella era l'ultima sera in cui ti avrei visto, e stava succedendo l'impensabile.
Accettai, e mi prendesti la mano portandomi in pista.
Mi sentivo la ragazza più fortunata del mondo, mentre lentamente giravamo in tondo guardandoci negli occhi, le tua mani sulla mia vita e le mie appoggiate alle sue spalle.
Passavano 'Skinny Love', questo lo ricordi?
Fu proprio verso la fine, quando l'acuta e dolce voce di Birdy cantava '..who will love you?', che mi baciasti.
In quel momento, non pensai a niente.
Non ricordo di aver pensato 'Oh diamine, sto baciando Louis Tomlinson'. 
Ricordo soltanto il sapore dolce delle tue labbra e quel leggero retrogusto di birra.
Ricordo soltanto che non avevo mai ricevuto un bacio più bello di quello, prima di allora.
Ricordo soltanto che pochi minuti dopo mi stavi trascinando fuori dalla pista da ballo, lontano da tutti, verso una porta bianco panna che non avevo notato.
La apristi e come un gentiluomo, mi facesti segno di entrare, improvvisando un inchino accompagnato da un mezzo sorriso.
Non starò a raccontare i dettagli, perché nonostante l'effetto dell'alcol anche tu eri lì.
Facemmo l'amore, ecco quello che successe.
Non era certo la mia prima volta, questo no; avevo avuto già due o tre ragazzi prima, ma niente di importante.
Ma la cosa diversa con te, fu che non stavamo facendo sesso. Facevamo l'amore.
E a mio parere, non c'è differenza più sostanziale di questa.
Accadde in qualche minuto, in una stanza dove non ero mai stata prima, su un divano letto a fiori neanche tanto comodo.
Dopo averlo fatto, restammo ancora un po' mezzi nudi sotto le coperte, e poi ci alzammo e tornammo a ballare.
Ballammo e ci baciammo tutta la notte.
Ti ricordi di quella serata, vero?
Da quel momento non ti sei più fatto sentire.
Ci siamo diplomati, ci siamo incrociati alla cerimonia, ma non mi hai più rivolto la parola, neanche un messaggio.
A questo punto ti starai chiedendo perché ti sto scrivendo questa lettera.
Per raccontarti quello che è successo? No, in fondo c'eri.
Perché sono una stalker? No, non sono ancora arrivata a tanto.
Il fatto è che quella sera è successo qualcosa di importante.
Abbiamo fatto l'amore.
Senza precauzioni di nessun tipo.
Per questo ti ho scritto, Louis.
Mi dispiace essermi dilungata tanto per arrivare a dirti soltanto due semplici parole, ma vorrei che tu capissi il mio punto di vista. Vorrei, dovrei parlarti.
Sarai padre.
Questo è tutto.
Ti prego, chiamami.
Con tutto l'amore possibile,
Emma.»

Louis posò il foglio sulla scrivania sospirando, con un sorriso di nostalgia stampato in faccia.
Tenne qualche minuto gli occhi fissi sulla finestra davanti a lui, osservando le gocce di pioggia che si infrangevano scontrandosi con il vetro, scendevano piano spostate dal vento e scomparivano.
Stava ricordando quella serata, ripercorrendo ogni attimo con la sua mente.
La bellezza naturale di Emma, la morbidezza della sua pelle chiara, il profumo fresco dei suoi capelli, la sua passione nel fare l'amore.
Proprio in quel momento, interrompendo i suoi pensieri, la porta dietro di lui si aprì, e una bambina di non più di cinque anni entrò correndo nella stanza.
-Papà!- urlò, saltando in braccio al ragazzo, anche lui molto giovane per essere chiamato con quel nome.
-Ciao, piccola mia.- la salutò Louis, abbracciandola forte.
La bambina si staccò dall'abbraccio.
Aveva dei lunghi capelli castani con riflessi dorati, occhi color ghiaccio, la pelle chiara e una voce tanto alta quando dolce e delicata.
Tutta suo padre.
Tutta sua madre.

   
 
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