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Autore: Sakyo_    14/07/2008    4 recensioni
Questa è la storia di come un semplice gesto possa cambiare la vita di una persona.
Genere: Triste, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Mmh... In realtà non so perchè ho messo questa storia sotto la categoria "favola". Forse perchè dopo averla riletta lo stile mi è sembrato simile a quello di una favola... Però, non c'è la morale. Per lo meno, non è scritta direttamente. D'altronde, nessuno segue mai le morali. Questa cosa è un pò triste da dire, ma è la verità. Quindi, se qualcuno magari crede di aver trovato un pezzo di insegnamento in questa storiella banale, ne sono felice. Ma non mi ero prefissa nessuno scopo particolare mentre la scrivevo, perciò già è tanto se la leggete, insomma XD Buona lettura!

La bambina e il Giullare

Il Giullare era un barbone che abitava nel quartiere più squallido della città. Lo chiamavano così perché in testa portava sempre un cappello buffo e colorato, con tanti campanellini appesi alle punte.
Non aveva neanche un soldo, e doveva sempre chiederli alle altre persone. Però alle persone, si sa, non piace tanto pensare agli altri. Prima si curano di sé stessi, poi, magari, se hanno tempo e un po’ di buon cuore, aiutano il prossimo. Per questo il Giullare faticava sempre a trovare qualche spicciolo.
Il suo stomaco brontolava ogni giorno, e lui per consolarsi andava a cercare un po’ di cibo avanzato nei cassonetti dell’immondizia. C’erano dei giorni fortunati, in cui trovava un pezzo di pane secco e qualche pomodoro andato a male. Altri giorni, invece, la sua pancia rimaneva completamente a digiuno.
Perciò il Giullare aveva cominciato a mangiare i topolini, quelli che vivono nella sporcizia. Beh, anche il Giullare viveva nella sporcizia, però lui non era un topolino. Era anzi un omone grosso e barbuto, che faceva un po’ paura, ma con gli occhi buoni e stanchi. Stanchi, perché la notte non riusciva mai a chiudere occhio per il freddo e per la scomodità delle scatole di cartone in cui dormiva. O forse perché quella vita l’aveva reso tanto debole, chissà.
Fatto sta che erano stanchi.

Un giorno il Giullare incontrò una bambina. All’apparenza sembrava come tante altre bambine, ma non era così. I suoi occhi erano buoni, anche se più vivaci di quelli del Giullare. La bambina stava andando al parco giochi, il Giullare stava costruendo una cuccia per il suo gatto randagio. Bastò solo un secondo, in cui i loro occhi si conobbero, e la bambina si avvicinò al Giullare.
«Ciao. Cosa fai?» chiese la bambina.
«Aiuto il mio gatto» rispose il Giullare.
«Che bello» disse la bambina «E a te non ti aiuta nessuno?» domandò poi.
«No» disse il Giullare.
«Allora lo farò io»
La piccola mano della bambina prese quella grossa e sporca del Giullare, e insieme iniziarono a camminare. Il Giullare era tanto sorpreso, e non sapeva se essere felice o spaventato. Nessuno aveva mai fatto ciò che stava facendo la bambina in quel momento.
Arrivarono davanti a un bar. La bambina si diresse al bancone, ma il Giullare aspettò fuori. Era sporco, non poteva entrare.
Quando uscì, aveva in mano un tramezzino.
«Tieni» gli disse «E’ buono»
Il Giullare lo mangiò in un sol boccone, tanta era la sua fame.
La bambina sorrise, tirò fuori un fazzoletto dalla tasca, e pulì la bocca del Giullare.
«Adesso devo andare al parco, le mie amiche mi stanno aspettando. Tornerò presto, se ti fa piacere»
Il Giullare la guardò senza dire parola.
Era felice.
Dopo tanti anni, ricordò la sensazione della felicità.
Con un ultimo sorriso, la bambina se ne andò saltellando.
E non tornò più.

Passarono tanti anni.
Il Giullare era sempre più vecchio e stanco. Anche il suo corpo era diventato debole.
Ormai non aveva neanche la forza di alzarsi dal suo letto di cartone, e la gente preferiva non prestargli attenzione.
Faceva freddo, e i topolini scarseggiavano.
Il Giullare dormiva spesso, perché sentiva male al cuore.
Quando dormiva, però, faceva sempre sogni strani.
Sognava tanto buio che lo avvolgeva, un buio spaventoso.
Il buio della vita che lo aveva accompagnato per tutti quegli anni.
Però, alla fine del sogno, prima che si svegliasse, intravedeva sempre una piccola luce bianca che emanava calore.
E quella luce bastava a trasformare l’incubo in uno splendido sogno.

 Un giorno, quando il Giullare si svegliò, accadde un piccolo miracolo.
Nel momento in cui alzò le palpebre, vide una persona davanti a lui.
La bambina era diventata una donna, e lo guardava con occhi buoni e gentili.
Il Giullare aveva aspettato tanto quel momento, ed ora era di nuovo felice.
Felice di averla rivista. Felice, perché i suoi occhi non erano cambiati.
Felice, perché fu l’ultima persona che vide prima di morire.

La luce gli aveva fatto visita anche nella realtà.

  
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