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Autore: Silence_within    17/04/2014    2 recensioni
Era appuntato ogni singolo minuto passato insieme, ogni mio passo in quella casa un tempo nostra, ogni promessa di non procurarmi più l'eroina, svanita nel giro di un'ora. Vedevo me stesso dai suoi occhi sofferenti, e dovetti trattenermi dal tirare un pugno per la rabbia che provavo verso me stesso per averle fatto sopportare l'inferno che avevo vissuto quasi per vizio. Parlavo di quello che mi succedeva come “La ragazza dagli occhi dorati”, e tale nome era riportato in quel diario.
Genere: Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Devo resistere, continuavo a ripetermi, sapevo di non poter buttare all'aria tutto quanto, proprio alla fine. Tenevo in mano quel diario, come se fosse l'unica cosa rimasta. Se n'era andata. Non riusciva a continuare così. Ma la tristezza che aveva pervaso la mia mente nei primi due giorni, andava mutandosi in rabbia. Non avevo avuto modo nemmeno di replicare, di parlarle. Era tutto ciò che avevo, e mi aveva abbandonato. Lo ammetto, la colpa era la mia, ma lei aveva giurato di starmi vicino e di aiutarmi. Mi guardai in giro spiazzato, non mi ero mai reso conto delle condizioni cui era abituato il mio appartamento. Non ero mai stato capace di pulire, forse non avevo mai voluto provare. Pareva arrivato il momento di farlo, e la mia determinazione era segno del mio imminente cambiamento. Ero impacciato e lento, capivo che se avessi continuato a seguire quel ritmo, non avrei ripulito tutto in un anno.

Ero stanco quanto incredulo, il pomeriggio estivo mi aveva assalito e io lo avevo accolto a finestre aperte, riscoprendo il tenue azzurro delle pareti e la piacevolezza della luce intorno a me. Erano passati dieci giorni da quando, dopo essere stato quasi ucciso dalla droga, avevo smesso di farne uso, aiutato da una clinica specializzata. Ora la mia vita doveva prendere una piega decente, cosa che, purtroppo, non aveva mai accennato a fare. Presi il suo vecchio diario, su cui avevo appuntato qualcosa in quei dieci giorni. Era l'unica cosa lasciata da lei in quella casa, oltre alla sua stessa assenza a soffocarmi. Conoscevo il suo intento, me lo aveva lasciato perché io capissi il suo stato d'animo, la sofferenza a cui l'avevo egoisticamente costretta. Lo sfogliai, lo rilessi, ne guardai le foto incollate. Era appuntato ogni singolo minuto passato insieme, ogni mio passo in quella casa un tempo nostra, ogni promessa di non procurarmi più l'eroina, svanita nel giro di un'ora. Vedevo me stesso dai suoi occhi sofferenti, e dovetti trattenermi dal tirare un pugno per la rabbia che provavo verso me stesso per averle fatto sopportare l'inferno che avevo vissuto quasi per vizio. Parlavo di quello che mi succedeva come “La ragazza dagli occhi dorati”, e tale nome era riportato in quel diario. Era raccontata come la mia amante che mi portava ad odiare tutto e tutti, compresa la donna della mia vita.

Non esisto più per lui. La ragazza dagli occhi dorati lo ha convinto a ritenermi un mostro, dorme abbracciata a lui mentre io non riesco nemmeno a guardarlo in volto. Non me lo permette più. Lui deve capirlo, deve liberarsene, lei non lo ama veramente e lui non ama lei, è una dipendenza, non un amore. Lei vuole un'altra vittima da seppellire e lui le sta permettendo di farlo. Vedo come si è ridotto. Sta andando in frantumi e credo che il suo corpo stia per crollare. Dovrei stargli vicino, lo so. Non capirà mai. Non voglio ricordarlo morente, voglio ricordarlo sorridente, come era prima che comparisse La ragazza con gli occhi dorati. Oggi me ne vado. Voglio che lui capisca il motivo di questa scelta solo se sopravvivrà. Lascio qui il mio diario per questo. Farò in modo che lo sappia.

Piansi ancora una volta, come sempre mi accadeva quando leggevo quell'ultima pagina. Sotto una foto, di noi da giovani. La droga, la quale solo ora avevo avuto il coraggio di chiamare con il suo vero nome, non era ancora entrata nella mia vita. Dovevo tornare il ragazzo di allora, e dopo sarei andato a cercarla. Sapevo bene che si sarebbe fatta una nuova vita, magari avrebbe trovato un uomo che non la facesse soffrire. Ma io dovevo chiederle scusa, farle sapere quanto fossi pentito e quanto lei fosse speciale per me.

 

Penso sia facile immaginare il mio stupore, quando mi chiamò, con voce cupa, al telefono. Non riuscii a spiegarmi come fosse a conoscenza del fatto che stessi bene, che avessi superato tutto, ma nemmeno mi importava. Mi aveva chiesto scusa e io, con il cuore in lacrime, avevo risposto solo un semplice “torna a casa”. Suonò il campanello. Il sole andava tramontando. Aprii la porta, sorridente. Lei, con le lacrime agli occhi, mi abbracciò buttando in terra i suoi bagagli.

 

Presi il suo diario, dovevo annotare quanto successo quel giorno, prima che potesse leggere il resoconto dei giorni senza lei.

Non avevo mai scritto tanto, sempre solo una riga, o un paio al massimo.

Decimo giorno, sembrano stupiti ch'io sia vivo.

 

-Come hai fatto a capirlo?- mi chiese lei.

-Non credevi che potessi farcela, ecco come.- sorrisi.

Anch'io ero stupito d'esser vivo, di riavere indietro il ragazzo che ero stato a diciassette anni, quando l'avevo conosciuta. La ragazza dagli occhi dorati era ormai lontana, un ricordo da non cancellare.

  
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