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Autore: Botan    14/07/2008    6 recensioni
Chitose Tachibana, bimba fragile e assai timida, aspetta l’arrivo di suo fratello maggiore Itsuki, riparata nel suo armadio, nella fatidica sera in cui l’oscurità ha inghiottito brutalmente il Villaggio degli Dei.
Genere: Malinconico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Sono chiusa nel mio armadio

                                       Bimba nell’armadio

 

 

 

 

Sono chiusa nel mio armadio. Ti sto aspettando con impazienza, sono agitata, ma tu non vieni.

 

 

Dove sei, Itsuki?

 

Io ho bisogno di te!

 

Qui dentro è freddo.

 

C’è tanto, tanto buio.

 

E loro, stanno venendo a prendermi!

 

 

Ho fatto come mi hai detto quel giorno.

“In caso di pericolo, scrolla questi due campanellini ed io verrò in tuo aiuto.”

Forse non sei riuscito a sentirli perché la lontananza non ti permette di udire questo tintinnio? Eppure so che tu saresti capace di dare la tua stessa vita, in cambio di tenere fede alla parola data. Mi devo preoccupare? Anche tu, come me, non puoi uscire dal tuo nascondiglio?

 

Sai, Itsuki, nel nostro villaggio è calato improvvisamente il buio.

Pochi minuti fa, mi sono avvicinata alla finestra e il cielo era pieno di nubi. Poi ad un tratto è scesa la notte che ha inghiottito ogni cosa, come un impetuoso tornado.

Ho sentito delle grida.

C’era tanto dolore in quelle urla disperate.

Volevo tapparmi le orecchie con i palmi delle mani, ma qualcuno ha cominciato a ridere. Un riso così forte da farmi venire il disgusto. Chi può gioire sentendo simili lamenti strazianti?

Ho appoggiato le mani sulle lastre della finestra, e sono rimasta lì ad osservare. Alcuni membri della famiglia Murakami sono scesi in strada per fuggire via, però qualcosa li ha braccati duramente. Due ombre dal tratto indefinito, con crudeltà si sono abbattute su quella gente.

Loro hanno provato tanto male. Troppo, Itsuki.

Mi sono coperta il viso con le mani. Non volevo vedere tutta quella sofferenza. Dopo, facendomi coraggio, ho abbassato lentamente le dita.

C’era sangue.

I miei occhi, per la prima volta hanno visto tanto sangue.  

C’era sulla via lastricata, c’era sulla facciata della casa di fronte alla nostra, e c’era sui vetri della finestra davanti a me. Mi sono spaventata subito, ma ciò che mi ha fatto sussultare di più, è stato vedere una di quelle crudeli ombre, girare il capo verso di me, e fissarmi con violenza.

Sì, stava osservando proprio me.

Aveva le guance infossate, il colorito spento, e gli occhi pieni di rancore. Con quel corpo così magro e le ossa così sporgenti del costato, pian pianino ha iniziato ad avvicinarsi verso la finestra.

Ho iniziato a tremare, la paura mi ha ricoperto in pieno, e sono scappata via, con le gambe tese e instabili, senza avere una meta ben precisa.

Ho iniziato a percorrere il corridoio di casa nostra, ma quell’andito così oscuro mi faceva pensare a cose brutte. Alla storiella che per esempio mi raccontava Mustuki quand’ero ancora molto piccola, per farmi spaventare. Quella che parlava degli spiriti del buio, fantasmi che dimorano solo nelle tenebre, e che rapiscono la gente che rimane intrappolata in un ambiente privo di luce.   

Per farmi coraggio, ho provato a chiamare la mamma e il papà, ma non ho avuto risposta.

Possibile che fossero fuggiti via lasciandomi sola?

Tu che dici?

 

La nostra casa è grande, e restare qui dentro non mi piace.

 

Il lungo corridoio che separa le camere, ha iniziato poi a scricchiolare. Un suono prima flebile e lontano, e poi acuto e sempre più vicino. Proprio come se qualcuno si stesse avvicinando alla mia sagoma immobile ed impaurita in mezzo a quell’andito.

Ho cercato di squarciare quel buio con lo sguardo, ma non ci sono riuscita.

Un pallido fascio di luce filtrato da uno dei paraventi di carta che separa la stanza dei libri dal corridoio, era a pochi metri da me. Ho atteso lì, tutta sola, che quella presenza misteriosa ci finisse dentro per poterle scorgere almeno il volto. Per un attimo ho sperato che fossi tu, o almeno uno di famiglia.

Quando la luce mi ha rivelato quella presenza, in quel momento una prepotente angoscia si è abbattuta su di me e, senza tabi ai piedi, scalza, mi sono gettata l’ungo l’andito oscuro alle mie spalle, per fuggire da quell’essere con le guance infossate che si stava dirigendo verso la mia direzione.    

Giunta ai piedi di una scala, sono salita al piano superiore. Avevo le gambe molto rigide, e percorrere quella lunga gradinata per me non è stato facile.

Ho aperto il fusuma, la porta scorrevole della mia camera, ma con le mani che tremavano non sono riuscita a spalancarlo del tutto. Mi sono infilata in quella stretta apertura, ho richiuso le ante alle mie spalle, e sono corsa a nascondermi nel mio armadio.

 

Tu lo sai che lo faccio spesso, vero Istuki?

Quando un estraneo viene a casa nostra, è mia abitudine correre via e nascondermi in mezzo ai futon e alle coperte invernali ripiegate in quel guardaroba. Lo faccio perché lì sono al riparo dagli sguardi di gente che non conosco e che mi mette soggezione. La sensazione ovattata di quel mobile, mi fa sentire protetta, mi piace.

Adesso però, restare chiusa qui, mi piace sempre meno.

Quando mi nascondo, c’è sempre qualcuno che gira per casa. Ma ora non ci sono più mamma e papà a farlo.

Non vedo niente. Con le mani posso soltanto avvertire la morbidezza del futon arrotolato che mi sta di fronte.

Vorrei urlare il tuo nome, vorrei gridare aiuto, ma non posso. Non devo fare rumore.

Non devo.

L’odore del legno antico di questo mobile, è molto forte. Mi sta stordendo.

E’ forte anche la voglia che ho di sbirciare fuori. Se solo potessi aprire anche di mezzo millimetro l’anta dell’armadio, forse riuscirei a tranquillizzarmi un pochino, ma… ho le mani che tremano troppo, e tra esse, tremano anche i due campanellini che mi hai donato tu.

Mi accuccio nell’angolo. Poggio la fronte sulle ginocchia, e premo forte forte per non rabbrividire. Per non farmi scoprire.

Non riesco a smettere di tremare.

Le grida degli abitanti di questo villaggio, ora non le sento più. Che cosa gli sarà successo? E tu, perché non accorri in mio aiuto?

 

Odo dei passi. Il legno del pavimento scricchiola sempre più e poi si ferma improvvisamente. Qualcuno è entrato in questa stanza, però non sei tu.

Il mio cuore sta battendo all’impazzata. Le mie mani sudano. Le gambe tremano tanto tanto. Non riesco più a controllarle. Il mio corpo non si controlla più!

La paura ha rapito ogni parte di me. L’odore di questo legno mi ha nauseato. Questo buio sempre più fitto mi ha indebolito.

Quelle due spaventose ombre che hanno torturato la famiglia Murakami, sono venute a prendere anche me!

Mi hanno trovata!

 

Loro sono qui, Itsuki. Sono qui per farmi tanto male!

 

Aiutami, fratello! Vieni qui a prendermi!

 

Vorrei farmi più piccola per nascondermi tra le coperte d’inverno.

Il buio che ha inghiottito il villaggio e tutti i suoi abitanti, scenderà anche su di me? Io non voglio che ciò accada! Io voglio continuare a stare qui, con la mia famiglia, e con te che sei sempre gentile con tutti. Nonostante Mutsuki non ci sia più, tu hai continuato a sorridermi sempre. Non mi hai mai fatto sentire il peso della sua mancanza. Hai continuato a coccolarmi anche da parte di nostro fratello.

Mi piace passare i pomeriggi in tua compagnia. La tua presenza mi rassicura molto, e benché io non sia una persona forte e risoluta, con te non ho mai nulla da temere. Io sono la tua piccola sorellina. E mi piace esserlo.  

Vieni qua, Itsuki, ti prego! Vieni a prendermi! Corri! Se corri tanto forse riesci a raggiungermi.  

Da sola non potrei mai farcela, tanto meno adesso.

Tutto ciò che però posso continuare a fare, è aspettare il tuo arrivo, con la voglia che tu mi stringa a te per portarmi via da tutta questa crudeltà che mi sta intorno.

Io continuerò ad aspettarti, Itsuki. Invocherò il tuo nome, e pregherò in silenzio il tuo arrivo che scaccerà via gli incubi, e farà tornare tutto come un tempo.

 

I miei pensieri volano via, le mie preghiere s’innalzano.

Sento le ante che si aprono in un botto, i miei occhi che si chiudono.

Odo un’ultima volta i campanellini che tintinnano. Solo un’ultima volta.

 

Sì, sarà così.

Io ti aspetterò, fratello.  

Chiusa qui, nel mio armadio.

 

 

 

                                                                                                               Fine

 

 

Chitose. Piccola Chitose. Che bimba adorabile!

Dopo Mafuyu e Miku (di PZ), Kirie (PZ), ed Amane (PZ3), questa bambina con la pelle bianchissima ed un kimono rosso veramente stupendo, è quella che preferisco di più.  

La sua storia mi ha commosso all’infinito! Se ci penso, non posso fare a meno di tremare un pochino, e di farmi venire le lacrime agli occhi.

Ho cercato di ricreare secondo una mia logica e in base alle mie sensazioni (a ciò che mi ha trasmesso giocare il suo quadro, e soprattutto a ciò che mi ha trasmesso ascoltare la sua voce incisa nelle pietre lasciate dagli spiriti), i suoi ultimi istanti di vita, immedesimandomi in lei, una ragazzina fragile che per sfuggire alla crudeltà di quella fatidica sera, è corsa a nascondersi nel suo armadio, aspettando l’arrivo di suo fratello Itsuki. Un arrivo che poi non è mai avvenuto. C’è tanta di quella drammaticità in questa storia, che ci si potrebbe fare perfino un film! 

Una oneshot molto breve, ma spero bella per gli amanti sia di Chitose che dell’intera serie.

Ringrazio coloro che si soffermeranno un pochino a leggere queste poche pagine, e coloro che avranno la pazienza e la disponibilità anche di lasciarmi una gradita recensione!

Grazie a tutti quanti voi! 

Niko niko

 

                                                                                                            Botan

 

 

  

   
 
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