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Autore: parolecomemarchi    17/04/2014    0 recensioni
Niente se non loro due, ecco cosa si sentiva in strada alle 2:00 di quella pazza notte, e il bello era proprio in quella pazzia che li accomunava e che li distingueva dal resto del mondo.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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ho scritto questa one shot basandomi su un sogno fatto ieri notte e che miracolosamente ancora ricordo, così per impedirgli di volare via l'ho intrappolato qui.
ci tengo a sottolineare che nome e cognome dei personaggi sono inventati da me.
io ne sono molto soddisfatta anche se non nego che avrei potuto far di meglio, ma sta a voi giudicare. spero che vi piaccia!
-sara

 




A Kiss Under The Rain

 
Niente se non loro due, ecco cosa si sentiva in strada alle 2:00 di quella pazza notte, e il bello era proprio in quella pazzia che li accomunava e che li distingueva dal resto del mondo.
Solo le loro risa eludevano il silenzio opprimente che li circondava e nonostante la strada fosse vuota e deserta non importava, ai due ragazzi bastava stare insieme per sentirsi completi, talmente tanto in pace che il resto non esisteva, non in quelle ore che passavano insieme prima che il giorno portasse via ogni tipo di magia notturna.
Nell’aria satura dell’umidità lasciata dalla pioggia precedentemente scesa dal cielo plumbeo si avvertiva un qualcosa di strano e al contempo interessante e particolare, qualcosa che si poteva identificare nella loro complicità che aveva raggiunto livelli alti dopo i numerosi anni trascorsi insieme, vivendo come in simbiosi.
Ormai bastava uno sguardo per comprendersi, un gesto o un minimo cenno e le parole erano insignificanti. Com’è che si dice? Un gesto vale più di 1000 parole e per loro era davvero così.
Scorrazzavano per il quartiere illuminato solo dalle lievi luci aranciate dei lampioni in zona, scampando a stento da qualche gocciolina di pioggia che cedeva alla tentazione e si lasciava cadere nel vuoto.
Sghignazzavano lanciandosi sguardi giocosi e di scherno, lei correva come mai aveva fatto e lui dietro fingeva di non poterle stare dietro cercando di prenderla.
Ansimi per la corsa lasciavano le labbra di Isabella misti a risate mal celate e a sbuffi momentanei, correva veloce e al massimo delle sue forze per non farsi prendere da Samuele che le stava alle calcagna pur non sforzandosi eccessivamente.
Lei lo sapeva, avrebbe potuto prenderla in qualsiasi momento e metter fine a quell’acchiapparello bambinesco quanto magico, ma lui sapeva calibrare ogni emozione e gestire ogni momento.
Sapeva quando cedere e quando tenerla per le lunghe, sapeva quanto Isa amava correre e quanto la faceva sentire libera così che quella notte era piombato nella sua stanza da letto alla Edward Cullen in Twilight, ma invece di ammirarla nel dolce dormire l’aveva rapita dal suo riposo per trascinarla in strada sotto a una leggera quanto inesistente pioggia.
Quel passato pomeriggio l’aveva vista litigare brutalmente con il suo ragazzo Jacopo.
 Per la tranquilla via dove entrambi abitavano dalla nascita si sentivano grida rabbiose e gesti avventati da parte di entrambi, tanto che Samuele era sceso in strada ancora in pigiama, dopo il sonnellino improvvisato di quel pomeriggio, e si era nascosto dietro l’angolo per spiare il tutto senza intervenire ma pronto a farlo se necessario.
Quando Isa era tornata a casa correndo e in lacrime aveva deciso di tornarsene in stanza e chiamarla casualmente come faceva sempre, lasciando che si sfogasse completamente con lui delle brutte parole pronunciatele contro da colui che doveva essere il ragazzo che l’amava.
Quando era salito sull’albero che si affacciava sul balconcino di camera sua per controllare in che condizioni si trovasse, l’aveva vista raggomitolata nelle coperte e con la faccia immersa nel cuscino e senza indugiare l’aveva svegliata bussando alla portafinestra per poi portarla in strada senza che lei potesse opporsi.
Voleva farla stare meglio e dalle sue risate poteva dedurre di star riuscendo nell’intento.
In un attacco di eccitazione Samuele accelerò il passo e afferrò con dolce forza Isa che si era lasciata andare alle braccia del suo migliore amico, l’unico e il solo.
-non vale!- si lamentò Isa sorridendo a 32 denti ancor più felice vedendo il sorriso di Samu allargarsi.
-non è colpa mia se sei lenta!- la schernì riprendendo a ridacchiare con lei stringendola da dietro tra le sue braccia.
Lei si girò di poco verso il viso del ragazzo, nettamente più alto del suo, e gli fece una linguaccia più immatura che mai, ma che servì a mantenere il buonumore tra loro.
Quando ormai il sorridere dovuto all’acchiapparello si era smorzato Samuele non rinunciando a racchiuderla tra le sue braccia la trascinò a terra su un prato ormai 3 isolati lontano dal loro quartiere, mantenendola appoggiata al suo petto e tra le sue gambe, che le circondavano ingenuamente il bacino.
-togli le gambe!- esclamò schiaffeggiando mollemente il suo stinco.
Lui fece una smorfia non nascondendo un sorriso all’angolo della bocca –non schiaffeggiarmi! Sono delicato io-
Lei non poté far a meno di ricambiare con un sorrisone degno di Demi Lovato in camp rock –allora è vero che sei una femminuccia!- lo rimbeccò lei sapendo quanto gli desse fastidio.
Samuele la guardò serio qualche secondo, poi le mollò un leggero schiaffo di rimprovero su un braccio –ehi ehi! Giù le manine- lo riprese schiaffeggiando quest’ultime –Jacopo le usa anche troppo- disse ridacchiando da sola.
Samuele al solo sentire quel nome si era fatto più serio che mai, e quella nuova informazione non aveva aiutato la sua tolleranza verso quel.. quel troglodito.
-oh, avanti non..-  Samuele non la fece neanche finire e le rispose subito con tono improvvisamente serio almeno quanto la luce nei suoi occhi che si andava affievolendo.
-come stai?- la sorprese con quella nota preoccupata decisamente stonante con il suo viso duro e più spigoloso di quanto Isabella ricordasse.
-Samu.. non è la prima volta che litighiamo e ormai sono abituata ai suoi scatti di gelosia improvvisa perciò..-
Ancora una volta la precedette –perciò cosa? Ha il diritto di comandare sulla tua vita ora? State insieme da quanto, 3 mesi? Non può pretendere di controllarti Isa, ne rimarrei deluso se lo permettessi- la guardò con gli occhi profondi, di quel color cioccolato che a parere di Isa erano i più belli mai visti, e non perché Samuele fosse il suo migliore amico né perché gli voleva un gran bene, ma perché in quelle iridi ci leggeva tante di quelle emozioni da attorcigliarle lo stomaco con un solo sguardo.
-non gli permetterò proprio niente.- rispose dura Isa cercando di convincerlo il più possibile.
-questa era una delle tante litigate in tre mesi, ma senz’altro sarà l’ultima- e con questa frase Isabella fu capace di rianimare il sorriso nel suo migliore amico.
Lui la strinse forte tra le sue braccia, volendola sentire contro il suo petto, il suo docile respiro sul collo.
Amava più di qualunque altra cosa sapere di essere fondamentale per la sua piccola Isa, non era possessivo verso di lei né geloso come potrebbe esserlo un potenziale fidanzato, era geloso quello si, ma lo era come un migliore amico doveva fare.
Era geloso e duro con chi pretendeva troppo e tutto da lei come se la conoscesse da una vita, e l’atteggiamento di Jacopo era esattamente come quello di un ragazzo coglione che voleva tutto e subito pretendendo troppo e tutto.
-mi odierai se ti dico che ne sono felice?- le chiese lui lasciandola andare dondolando un po’ sul posto.
-probabilmente- gli rispose lei assumendo un’espressione indefinibile ma comunque serena.
Samuele gioì ancora per poco prima di essere ripreso dalla sua amica –non gioire così. Sto comunque male- lo riprese riassumendo l’espressione corrucciata che aveva sempre quando ricordava qualcosa di spiacevole.
-scusa, ma proprio non capisco cosa ci trovavi in quell’idiota- ammise Samuele alzandole con due dita il viso leggermente abbassato, guardava a terra riflettendo e ricordando chissà cosa.
-io..- si bloccò per qualche istante fissando di nuovo l’erba bagnata sotto le loro gambe, poi alzò il suo sguardo a lui e si sentì smarrita e confusa ed evidentemente anche il ragazzo se ne accorse tanto che non le fece alcuna pressione e aspettò la sua risposta pazientemente, pronto a consolarla in qualunque caso.
-io non lo so- rispose corrucciando ancora la fronte sembrando più piccola e ingenua che mai, tanto che l’abbraccio che nacque in quel momento fu il più dolce e profondo mai scambiato in anni di amicizia.
In quella stretta fra corpi si sentiva tutto il loro affetto, ogni rassicurazione dall’uno all’altra, c’erano calore e stabilità, erano un punto di riferimento l’uno per l’altra e per quanto piccola e fragile potesse sembrare, con tutti quei crolli emotivi e le crisi di pianto che di tanto in tanto si appropriavano di lei, Isa era un punto fondamentale di riferimento per Samuele che si rivelava un ragazzo insicuro, che però sapeva bene come mascherare ogni sua timidezza.
Era il buffone di classe, l’amico sempre sorridente che c’è sempre e che sembra quasi non soffrire mai e invece sotto quella spessa corazza si nascondeva il bambino di terza elementare che chiedeva di essere abbracciato dalla propria migliore amica quando gli altri bambini lo prendevano in giro.
-ora va tutto bene, lui non c’è più. È sparito dalla tua vita e ci siamo solo io e te, gli inseparabili Samusa- le sussurrò con dolcezza ma con una leggera risatina per l’unione dei loro soprannomi con cui si erano chiamati anni prima, quando erano poco più che bambini.
-grazie- gli disse Isa traspirando vera gratitudine. –di tutto- aggiunse affondando il viso nell’incavo tra la spalla ed il collo, respirando quasi affannosamente sulla pelle.
Samuele rabbrividì come al solito a quel contatto col respiro caldo di Isa, così lei gli soffiò sulla pelle sensibile e lui scrollò automaticamente le spalle quasi a scacciare il solletico provocatogli da una sorridente Isabella.
-ora, sorridi piccola! Perché quando sei triste sembri una barbona senza tetto!- esclamò lui a voce alta alzandosi e tirandola su con lui per un braccio.
Lei si lamentò ad alta voce e barcollò un po’ prima di trovare stabilità sui suoi piedi.
Samuele si stiracchiò sbadigliando e si voltò per togliere l’intorpidimento che sentiva alla schiena, dando così l’occasione ad Isa di osservare la grande chiazza scura che si estendeva sul retro dei suoi pantaloni della tuta, grigi e rigorosamente a cavallo basso.
Isa provò a trattenere le risa ma scoppiò prima del previsto vedendolo gironzolare tranquillamente per il quartiere non troppo popolato ma neanche deserto.
Ora, essendosi spostati verso il centro del paese, di tanto in tanto passava qualche auto di passaggio e a tutti era possibile ammirare la meravigliosa chiazza sul suo altrettanto meraviglioso sedere.
-cosa c’è?- le chiese lui con la faccia più dolce ed ingenua che potesse metter su, anche se c’era un certo sospetto nei suoi occhi.
Lei non si trattenne più e scoppiò in una fragorosa risata che non lo coinvolse perché si era subito accorto di esser diventato oggetto di divertimento.
-cosa?!- esclamò di nuovo girandosi verso di lei e poi verso la strada, ripetendo con lo sguardo lo stesso percorso per altre tre volte prima di soffermarsi su di lei con sguardo incuriosito.
-hai.. una macchia.. sui pantaloni!!- esclamò interrotta dalle risa che la scuotevano prepotentemente.
Samuele con affanno cominciò a strizzare e tirare la stoffa dei pantaloni, voltandosi più volte con il busto a destra e a sinistra per scovare la macchia, in tutto questo movimento e ricerca Isa era quasi a terra dalle risate, non tanto per la macchia, ma per le strane e buffe facce di Samuele che si alternavano dal confuso allo scocciato.
Girò su se stesso come un cagnolino intento a mordersi la cosa e poi sbuffò sonoramente –dove?!- quasi imprecò contro Isa quando lei non gli rispose troppo impegnata ad asciugarsi le lacrime dovute alla fragorosa risata che l’aveva travolta.
-dietro! Hai una meravigliosa macchia sul culo!- esclamò indicandogli il punto preciso, ridacchiando ancora ma avendo già abbandonato tutto il divertimento dei precedenti minuti.
Ora, avendo ripreso controllo di sé avanzò verso il ragazzo che si voltava e rivoltava per vedere la gravità del danno e quando Isa lo vide scocciato e probabilmente irritato decise di tornare seria non potendo però trattenere un sorriso che le continuò a dominare il volto.
-aw! Avanti piccolo! È solo una macchiolina!- lo riprese lei abbracciandolo dolcemente ma sbeffeggiandolo allo stesso tempo.
-non prendermi in giro- la rimbeccò lui, sbuffando per l’ennesima volta.
-non lo sto facendo, sembri ancora più cucciolo di quello che sei- gli strizzò giocosamente una guancia per poi prendergli le braccia mollemente abbandonate lungo i fianchi per posizionarle dietro alla sua schiena, in modo che ricambiasse l’abraccio.
Inizialmente fece cadere le braccia al loro posto iniziale, vedendo poi Isabella determinata a farsi abbracciare la strinse a se buttandola a terra improvvisamente.
Isa cadde come un sacco di patate sull’erba bagnata senza poter fermare la sua caduta non avendo appigli su cui reggersi, rimase pochi secondi confusa sul terreno e poi dopo aver capito strizzò gli occhi pronta a scagliarsi contro Samuele che intanto aveva preso il posto di Isa e se la rideva piuttosto esplicitamente.
-dimmi che non l’hai davvero fatto- sussurrò lei ancora con gli occhi chiusi.
-dovrei mentirti, ma se proprio ti fa stare meglio.. no, non l’ho fatto e questo è solo un sogno- Samuele ridacchiò sommessamente prima di avvicinarsi ad Isa che ancora a terra pregava per lui di non averla gettata proprio sulla pozzanghera formatasi a terra dopo la piovuta avvenuta quella sera.
Lei senza proferire parole si mise in piedi rifiutando la mano tesa del ragazzo e tastò con una mano il retro dei suoi jeans, bagnati.
-ti conviene iniziare a correre Samuele Di Giacomo- sorrise lei vendicativa e, secondo Samu, inquietante.
Senza farselo ripetere il ragazzo corse velocemente verso il parco vicino alla scuola, che si trovava a pochi metri da quel quartiere, e sentendo i passi di Isa molto più vicini di quanto si aspettasse accelerò leggermente non perdendo mai la risata che aveva ripreso a scuoterli nuovamente.
-dio se ti prendo!!- urlò Isabella nel buio pesto di quella notte, una notte che di certo non avrebbe più dimenticato.
-cosa? Non ti sento! Sono troppo veloce piccola!- la sbeffeggiò lui girando verso le altalene.
Il parco era chiaramente deserto, nella strada opposta al piccolo parco giochi  si sentivano rumori di ruote radenti sull’asfalto bagnato, clacson suonati per protesta ai loro urli acuti nel silenzio noioso del quartiere altrimenti tranquillo.
-tanto ti preeendo!!- urlò ancora Isa e tanto si sentiva bene che la voce uscì ancor più alta di quanto avesse intenzione di gridare.
Ridevano, si divertivano, si sentivano liberi e maledettamente bene e la loro felicità si sentiva nell’aria pesante che li circondava, pesante per i fumi delle auto e per tutta la passività che si respirava in quel paese.
E il loro benessere, il loro essere giovani e spensierati si sentiva ad ogni passo veloce e breve sul prato pieno di goccioline di rugiada che si mischiava alla pioggia che aveva cominciato a scendere.
Samuele ed Isa stavano bene così, correndo e urlando.
Si sentivano in grado di poter far tutto e quella sensazione era solo e unicamente loro, un qualcosa che li univa a fondo e in modo più complicato dell’apparenza.
Le luci all’interno si accendevano furiosamente, una dopo l’altra, al passaggio delle loro voci squillanti, al veloce schiamazzo delle loro risate di divertimento, ai loro sguardi di intesa e ai loro sorrisi sinceri e affettuosi.
E la gente si lamentava e gridava dai balconi che si affacciavano sulla strada di finirla con quel chiasso in piena notte, minacciavano di chiamare la polizia quella gente che aveva perso ogni voglia di vivere.
Samuele ed Isa non volevano finire così, schiavi della loro infelicità e combattevano contro questo, contro la monotonia di tutti i giorni.
Quando la pioggia si fece fitta e pungente sulla pelle erano ormai giunti in centro, lontani da casa ma non troppo da non sapere più come tornare, infondo il loro era un paesino non troppo piccolo ma neanche così espansivo e dispersivo.
Lì, sotto le luci al neon di pub ancora aperti, lungo la strada sfrecciavano auto e passanti, chi di passaggio chi con l’intenzione di voler restare ancora un po’.
Si fermarono per riprendere fiato nei pressi di un bar chiuso, nascosi sotto la terrazzina si strofinavano le mani a vicenda per racimolare un po’ di calore.
Di entrare in un qualche pub non se ne parlava, la libertà non era un luogo chiuso e anche se il paese non soddisfava nel profondo quel loro desiderio di stare soli se lo facevano bastare.
-tu sei completamente pazzo! Ma io lo sono ancor più ad averti permesso di portarmi qui!- lo rimproverò scherzosamente cercando calore strofinando energicamente le mani.
Samuele non rispose e si limitò a sorriderle affabile per poi afferrarle le mani congelate nelle sue stranamente calde.
-dio Samu, sei una stufa umana- dicendo così le si accoccolò al petto coperto da una felpa scucita e strappata leggermente in alcuni punti, ma dannatamente famigliare e rassicurante.
-potrei paragonarti a Jacob- sussurrò lei sbadigliando completamente a suo agio contro il petto dai muscoli delineati del ragazzo che le aveva posato dolcemente il mento sulla testa, sopportando il fastidio dei capelli biondi di Isa che si appiccicavano sulla pelle bagnata del collo.
-quel lupetto spelacchiato che compete con quel succhiasangue per quella morta di Bella?- chiese lui scettico e derisorio verso quella saga che Isa amava così tanto inspiegabilmente.
-cos’avete voi ragazzi verso quella magnifica saga?!- esclamò lei staccandosi di malavoglia dall’abbraccio di Samuele per osservarlo con un sopracciglio alzato.
Lui fece spallucce –non so, mi sa di finto e poi.. chi la vorrebbe una ragazza depressa con continui crolli emotivi?- disse lui senza rendersi conto di ciò che aveva detto.
Isa, pur essendo una ragazza solare e gioiosa per la maggior parte delle volte veniva presa da attacchi di pianto improvvisi con conseguenti giorni di depressione, che se anche non erano così bui e tetri le recavano danni psicologici per giorni interi.
Non mangiava, non parlava, evitava tutti e forse era per quello che amava il personaggio di Isabella Swan, oltre che a condividere il nome condividevano lo stesso tipo di sensazione: quella di sentirsi inadeguati per il mondo.
Isa volse le spalle al suo migliore amico che, imprecandosi contro mentalmente cercò di raggiungerla per scusarsi e spiegarsi.
Le poggiò una mano sulla spalla ma lei si ritrasse quasi sentendosi scottata da quel minimo contatto.
Ancora di spalle singhiozzava sommessamente ricordando di quanto quelle stesse parole le facessero male dette da Jacopo e da tutta la scuola superiore, in particolare del terzo anno.
-piccola.- provò a chiamarla senza ottenere alcun risultato.
Non si arrese e provò di nuovo con voce dolce e dispiaciuta realmente -Isy- utilizzò quel soprannome che le aveva affibbiato in terza elementare e pronunciarlo fece rabbrividire lui e sussultare lei.
Era strano sentir pronunciare quel nome ancora una volta a distanza di tanti anni, ma quasi sembrò funzionare tanto che lei si voltò completamente verso di lui.
Rendendosi vulnerabile e facendogli vedere chiaramente le lacrime che abbandonavano i suoi occhi verdi abbassò lo sguardo quasi spaventata dal suo giudizio.
Aveva detto che nessuno avrebbe mai voluto una ragazza con crisi di pianto e lei stava sull’orlo del precipizio.
-Isy lo sai che non intendevo parlare di te.- gli sussurrò avvicinandosi e sentendosi sollevato quando lei non si tirò dietro.
-ma è la verità- statica e fredda gli rispose non riuscendo però a fermare le lacrime che le percorrevano ferocemente il viso appannandogli la vista.
-non importa, sei fantastica così come sei. Crisi e depressione comprese piccola, scusami- Samuele la racchiuse tra le sue braccia sentendosi in dovere di proteggerla da chiunque e da qualunque cosa.
Lei semplicemente annuii e stringendosi a lui permise alla felpa di Samuele di asciugargli le inutili lacrime che finalmente rallentavano la loro corsa.
-sei fantastica così come sei- le ripeté come se dovesse convincerla e da una parte era così perché Samuele era sicuro di doverle ricordare quanto fosse bella.
Coccolata dalle braccia forti del suo migliore amico Isa si sentì strana, già da qualche tempo con Samu sentiva qualcosa di insolito e diverso che con Jacopo non aveva mai provato.
Sentiva come qualcosa premerle dentro per avvicinarsi sempre di più a lui, improvvisamente il contatto che li univa in semplici abbracci non le bastava più e la notte dormire senza di lui era sempre più arduo.
Aveva paura, perché aveva riconosciuto quelle sensazioni sin da subito e il timore di innamorarsi del suo migliore amico si era fatto vivo più volte.
Aveva sentito parlare troppe volte di relazioni tra migliori amici andate male, come la sua migliore amica Cristina che si era fidanzata con Federico e dallo stare insieme tutti i giorni erano repentinamente passati al non parlarsi per interi mesi, e  Isa non poteva immaginare di stare senza Samuele al suo fianco anche solo come amico.
-a cosa pensi?- le chiese dolcemente mentre guidati da una melodia presente solo nelle loro teste dondolavano spensierati non più sotto la terrazzina ma ormai sotto la pioggia battente.
Socchiudendo gli occhi per il fastidio che le gocce d’acqua le provocavano Isa guardò negli occhi color cioccolato di Samuele e gli rispose sinceramente, non riusciva a mentirgli e dire la verità era qualcosa che non poteva evitare, non con lui.
-a noi- e quella semplice risposta che poteva benissimo dire tutto e niente diede un coraggio inaspettato a Samuele.
Le si avvicinò istintivamente e la baciò.
Labbra contro labbra, pelle contro pelle, cuore contro cuore.
Solo loro in quella notte fredda e triste, un faro nel fragore di un mare tempestoso, la stella polare per un pescatore smarrito in balia delle onde.
Così erano Samu e Isa, l’uno la stella dell’altra.
Niente se non loro due, ecco cosa si sentiva in strada alle 4:00 di quella pazza mattina d’amore, e il bello era proprio in quella pazzia e in quell’amore reale e profondo che li accomunava e che li distingueva dal resto del mondo.
   
 
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