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Autore: ItsGiuliayall    17/04/2014    1 recensioni
"Mary was a different girl, had a thing for astronauts. Mary was the type of girl, she always liked to play a lot. Mary was a holy girl, father wet her appetite. Mary was the type of girl, she always liked to fall apart."
Song-fic ispirata dalla canzone Buddha For Mary dei Thirty Seconds To Mars.
Buona lettura.
Genere: Drammatico, Romantico, Song-fic | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Jared Leto, Nuovo personaggio, Shannon Leto
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Buddha For Mary – This is the life on Mars.
 
Mary attraversava il corridoio a testa bassa. Sempre.
Prima che ci facessi caso, prima che mi accorgessi della sua esistenza, della sua presenza in classe e nel mondo, non mi ero mai accorto di quanto fosse particolare in tutta quella conformità.

«“… l’amor che move il sole e l’altre stelle.” Qualcuno saprebbe spiegare cosa Dante volesse dire con quest’ultima frase?» Domandò il professore Collins rivolgendosi alla classe.
«Che un pelo di figa tira più di un carro di buoi?» Esclamò Jack. La classe scoppiò in una risata generale.
«Molto simpatico e profondo signorino Jenkins. Sarei curioso di chiedere al direttore cosa ne pensa della sua intelligente affermazione.»
Jack si zittì: «Chiedo scusa, professore.»
Collins sbuffò guardandosi attorno: «Allora? Nessuno che saprebbe rispondere? …Signorina Dunkel.»
Tutti si voltarono, fissando con poca attenzione la povera vittima del professore.
«Signorina Dunkel, saprebbe rispondere?» Domandò nuovamente Collins.
La ragazza alzò lo sguardo dal libro e guardò dritto negli occhi dell’insegnante: «E’ una perifrasi…» Si fermò, il tempo di accennare un sorriso, poi continuò: «…Credo intendesse evidenziare la grandezza e la centralità di Dio, il motivo per cui tutto ha vita.»
«Se credi in Dio, sì.» Borbottai, forse un po’ troppo ad alta voce perché l’attenzione si spostò su di me. «Diceva signorino Leto?» Mi esortò Collins.
Mi raddrizzai un po’ sulla sedia: «Dicevo che Dante era un gran cannaiolo.»
L’intera classe sghignazzò, ma Collins non si lasciò intimorire e mi incitò a spiegare meglio il mio punto di vista.
«Intendevo dire che chi crede in Dio per me è già allucinato di suo, ma arrivare persino a pensare che sia il motivo per cui tutto ha vita, è pazzia. Dante si è addirittura convinto di esser diventato profeta del suo Dio solo perché aveva sognato di far visita all’inferno, al purgatorio e al paradiso!»
«Credere in Dio o in un Dio – come dici tu – non è allucinazione. Vuol dire solo aver fede. Solo che al giorno d’oggi è diventato ancor più difficile credere in qualcosa che non abbia forma.»
«O forse è chi che come te crede che non ha il coraggio di ammettere a se stesso che la realtà fa schifo, ma che è questa e che con questa devi convivere» ribattei puntiglioso, voltandomi verso di lei.
Mi guardò dritto negli occhi: «Credere nel nulla è da codardi.» Rimasi in silenzio, osservandola. Sorrise amaramente e spostò lo sguardo quando Collins tornò a parlare: «Grandioso! Non partecipavo ad un dibattito così da anni!» La campanella suonò, segnando la fine della lezione, e la classe si alzò dirigendosi all’uscita.
«Mi raccomando, studiate gli ultimi capitoli. La prossima settimana ci sarà una verifica!»
Mi voltai verso il banco di Mary Dunkel, ma era già sparita.
«Oh, Jared! Stasera Loris fa una festa a casa sua. Ci andiamo?» Mi domandò Jack, elettrizzato.
«Non lo so. Chiedo a mio fratello se vuol venire e ti faccio sapere.»
Uscii frettoloso fuori dall’aula, guardandomi attorno, ma di Mary Dunkel non c’era più traccia.
 
Uscii da scuola e aspettai che arrivasse anche mio fratello.
Si accese una sigaretta non appena fu fuori. «Stasera c’è una festa…» Esordì.  
«Da Loris. Lo so. Me l’ha già detto Jack.»
«Andiamo?»
«Se non abbiamo altro da fare…»
Camminammo verso casa, mentre Shannon finiva la sua sigaretta e io pensavo a Mary Dunkel.
«Sei pensieroso. E’ successo qualcosa?»
Scossi leggermente la testa: «Stavo solo pensando.»
«A cosa?» Domandò.
Ancora non ero pronto a chiedere a Shannon di Mary Dunkel. «Pensavo che siamo qui da tanto» risposi, accorgendomi di quanto fosse vero nello stesso momento in cui lo dissi.
Shannon confermò annuendo: «Stranamente mamma non si è ancora stancata.»
«Pensi che abbia conosciuto qualcuno?» chiesi.
Shannon si accigliò: «Non credo. Ce lo avrebbe detto.»
Annuii: «Hai ragione.»
Arrivammo a casa. Mamma era al lavoro, ma ci aveva lasciato qualcosa di pronto da mangiare. Ci sedemmo, dopo aver preparato la tavola.
«Shannon, conosci Mary Dunkel?»
«Chi?»
«Mary Dunkel.»
«Credevo di aver capito male» disse sorpreso. «Mary Dunkel, eh? Mmh, ho sentito che sta tutta sola. Questo è quello che dicono le ragazze della scuola, perlomeno. Sai, i pettegolezzi…»
«Pettegolezzi?»
«Qualcuno dice che se la spassi tutte le sere della settimana in camera sua, con un tipo diverso ogni volta. La chiamano “troietta - imbalsamata”.»
«Cosa vuol dire?»
«Che fa la parte dell’impossibile alla luce del sole, ma appena sorge la luna…»
«Ed è vero?» Domandai interrompendolo.
«Non sono sicuro di potertelo dire…» Mormorò Shannon, sghignazzando.
«Te la sei portata a letto?» Esclamai.
«Ma se non so quasi che faccia abbia!» Rispose divertito.
«Idiota.»
«Perché vuoi sapere di lei?» Domandò incuriosito, ignorando la mia provocazione. Misi in bocca un boccone di pasta, masticando lentamente. Feci spallucce. Shannon si lasciò scappare un sorriso, ma lo ignorai e continuai a mangiare.
 
La seguii per tutto il corridoio. La campanella non aveva ancora suonato l’inizio delle lezioni, ma non riuscivo a trovare il coraggio sufficiente per andare a parlarle.
Teneva stretto al petto qualche libro e camminava lentamente oscillando la testa a destra e a sinistra con la stessa calma. Osservai da poco più dietro, come la luce del sole la illuminasse e come la sua ombra venisse proiettata sul pavimento. Scrollai i pensieri poco discreti dalla mia testa e mi avvicinai velocemente, accorciando la poca distanza che avevo tenuto fino a quel momento.
«Mary Dunkel?»
Si girò, guardandomi negli occhi, ma senza fermarsi. Sorrise gentilmente: «Sì?»
Il suo comportamento mi spiazzò. Credevo di doverla seguire per tutti i corridoi della scuola, convinto che non avesse intenzione di spendere tempo con nessuno. Invece, mi osservava in attesa, gentilmente e sorridendo.
«Sono Jared Leto. Facciamo letteratura e lingue insieme.»
«Lo so. Sei lo scettico» confermò, lasciandosi scappare un sorriso divertito, ma senza scomporsi.
«Preferisco Jared» dissi.
Continuò a far ondeggiare la sua testa come se seguisse il ritmo di qualche musica. La guardai basito. Lei continuò a camminare.
«Ti piace?» domandò di punto in bianco.
«Cosa?»
Lei sorrise ancora: «La musica.»
La guardai confuso. «Non sento nulla» risposi.
Mi prese per mano, guidandomi fuori verso il giardino della scuola. Il suo tocco fu tanto spontaneo quanto imprevedibile. Mi guardai attorno, mentre qualcuno ci fissava sorpreso. Ero sbalordito ed improvvisamente imbarazzato dalla sua spontaneità.
Mary si fermò al centro del giardino. Appoggiò i libri a terra e alzò il viso verso il cielo. La guardai chiudere gli occhi ed alzare le braccia verso il cielo, muovendole lentamente ad un ritmo tutto suo.
«La senti adesso?» Domandò ondeggiando. Non risposi, e mi salvò la campanella che diede l’inizio alle lezioni.
«Dobbiamo entrare.»
«Dovremmo…» sussurrò, senza smettere di oscillare lentamente e delicatamente.
«Cosa stai facendo?» domandai imbarazzato.
«Mi sto godendo questo attimo.»
«Potrai godertelo dopo, alla fine delle lezioni.»
«Nessun momento sarà come questo.»
«Nemmeno la lezione della professoressa Roseline sarà la stessa domani» sentenziai.
Aprì delicatamente gli occhi e volse lo sguardo verso di me, sorridendo: «No, hai ragione.»
Attorno a noi non c’era ormai più nessuno, ma non riuscii ancora a respirare normalmente.
«Buona giornata» disse fissandomi.
«Tu non entri?»
«Non oggi» sussurrò tornando a guardare il cielo.
«Perché?»
«Perché ho scelto. Ogni attimo è irripetibile, devi essere in grado di decidere quale vuoi vivere.» Rispose sorridendo. La guardai affascinato. Le sue parole erano scontate, ma fu come se solo in quel momento avessi davvero capito parte dell’essenza della vita. Buttai i libri a terra e rimasi a fissarla, scegliendo di godermi quel momento.
 
 
“Una semplice paura ti trascina via;
una mente aperta l'ha cancellata oggi.
Nelle tue parole c'è una canzone silenziosa;
nella tua mente c'è un gusto diverso.
Questa è la vita su Marte.”



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Buongiorno/buonasera/buonanotte a tutt*. Sono tornata. Questa volta questa song-fic non sarà una one-shot. Questa canzone in particolare, mi è stata molto difficile interpretarla a modo mio, il che l’ho adorato ancora di più.
Probabilmente, solo con il primo capitolo, non capirete il filo conduttore che unisce tutti i capitoli. Prometto di impegnarmi a fondo per far sì che una volta conclusa anche questa avventura, capirete cosa voglio trasmettervi.
Grazie a chi legge e chi recensisce. Siete tutt* meraviglios* e mi riempite di gioia.
SOON torno con il continuo. XOXO 


 
  
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