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Autore: honeyandthemoon    17/04/2014    1 recensioni
Lei non ha paura, non le interessa se sua madre la rimprovera per un brutto voto in matematica, se ne frega di tutti gli abitanti della sua città che pensano a come lei dovrebbe assomigliare a suo fratello. Lei non è quel tipo di ragazza, quella che ti aspetta sotto casa con un cappuccino e una brioche, non ti chiama sei volte al giorno per sapere come stai, non ha bisogno di ricordare ogni singolo momento.
Tutto questo prima che arrivasse Louis Tomlinson.
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Louis Tomlinson, Nuovo personaggio
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Mi hanno detto che assomiglio ad un disco rotto, 
nessuno sa che sei stato tu a rompermi.



Katerina fuma il suo spinello seduta sulla panchina dei giardinetti, inspira, lascia che il fumo le finisca giù nei polmoni, ed espira, lasciando che il fumo grigiastro si sfaldi davanti a lei. Lascia che la voce di Mattew Healy le risuoni dentro la testa, perché meglio la voce di uno sconosciuto che quella di lui.
Batte il piede sulle assi vecchie e storte della panchina, un laccio del Dr. Martens nero batte ritmicamente sulla prima asse.
Sophia le ha sempre detto che è meglio che lei non fumi, perché se sua madre lo scopre potrebbe trovarsi chiusa in una torre in stile Raperonzolo, e lei le ha sempre risposto che sarebbe molto meglio che lei si facesse gli affaracci suoi.
Ha sempre invidiato i capelli di Sophia. Biondi, lunghi fino a metà schiena, gli occhioni blu, le labbra rosee. Ha sempre sperato che un giorno all’altro lei si svegliasse e si trovasse con un altro aspetto, ma ogni mattina nel riflesso del suo specchio trova quella ragazza con i capelli neri, gli occhi marroni, le labbra troppo rosse, e le occhiaie troppo profonde.
 
Lo spinello si spegne. Dopo aver aspirato un’ultima volta inizia a disfarlo con le dita lunghe. Lo smalto sull’unghia del pollice è rovinato, colpa sua che le morde in continuazione nell’ora di Inglese.
Muove la testa a tempo, continua  a battere il piede, sistema la cuffia nell’orecchio sinistro.
Ogni sera si trova in quel parco davanti al vecchio bar del paese, ed ogni sera qualche vecchietto le dice di tornare a casa, o di mettersi qualcosa di più decoroso. Le calze strappate e le unghie nere non fanno buona impressione sulla gente di York.
Ma essenzialmente a lei non interessa nulla di quella città, soprattutto non in quel momento.
Un rumore attira la sua attenzione, è Janet, la barista. Sta portando fuori un sacco nero. Si è sempre chiesta se quella donna non uccidesse la gente e poi la buttasse nei cassonetti, è una vecchia signora dai capelli bianchi con uno sguardo per niente dolce. Però, ogni volta che vede quella donna un solo ricordo le torna in mente, e vorrebbe solo dimenticare.
 
“Sophia, non ci pensare minimamente. Io non ci vengo a quella stupida festa!” come ogni mese Sophia cerca di convincere Katerina ad andare ad una delle feste di paese, ma come ogni mese lei non si alza dal divano nemmeno per andare in bagno, altrimenti Sophia sarebbe in grado di prenderla di sorpresa a portarla fuori di casa.
“Katerina ti prego. Ti chiedo di venire solo questa volta. Fallo per me! C’è Harry, ed io vorrei solo incontrarlo e potergli parlare. Ti prego, ti prego, ti prego” un’altra delle cose che odia di Sophia sono le preghiere eterne per convincerla a fare qualcosa.
“No, Sophia, non verrò nemmeno questa volta a quella stupida festa.”
L’amica esce da casa sua, mandandola a quel paese, facendo riecheggiare per tutta casa il rumore dei suoi tacchi. Lei si adagia sul divano e continua a guardare una vecchia puntata di Scrubs.
Ma si sa, le cose belle non durano per molto.
“Katerina, esci da questa casa. Non ti sopportò più, sei tutto il giorno attaccata alla televisione o al pc, c’è una vita fuori da queste quattro mura, vorrei che provassi a viverla. E sai un’altra cosa, vorrei avere un po’ di privacy; non sarebbe male una volta ogni tanto poter rimanere a casa da sola, invitare qualche amica senza che mia figlia ascolti tutto ciò che diciamo" sua madre è entrata in salotto come una furia, dopo aver sentito la porta chiudersi e la televisione accendersi.
“Mamma, non rompere. Almeno stasera” Katerina non si mosse di un centimetro, ha solo alzato gli occhi al cielo al suono della voce di sua madre e ha continuato a guardare JD che discuteva con il Dr Cox.
“Katerina, o ti alzi da quel divano o giuro che butto fuori dalla finestra quella dannata televisione.” Le urla di sua madre l’hanno infastidita abbastanza da farla alzare e prendere il cappotto.
"Per stasera hai rotto abbastanza i coglioni, me ne vado.” Katerina si infila le scarpe, il cappotto e prende la borsa, per poi uscire di casa sbattendo la porta.
Se lei avesse potuto vedere, avrebbe notato un sorriso di sollievo sul volto della madre.
 
Katerina ha sempre evitato le feste, la gente, ma soprattutto la gente sbronza alle feste. Un ragazzo della sua classe di chimica l’ha fermata per raccontarle una barzelletta davvero oscena, il suo alito puzzava di vodka alla fragola e redbull e gli occhi gli spuntavano fuori dalle orbite.
Dopo essere riuscita a scrollarselo di dosso si dirige al bancone del bar, Zayn è dietro di esso e fortunatamente tiene una bottiglia di tequila in mano.
“Ciao uomo” Katerina si appoggia al bancone, una mano sotto il mento, ed un sorriso malizioso si fa spazio sul suo viso.
“Ciao K, che posso darti?” Zayn non alza nemmeno lo sguardo, prende un bicchiere di plastica e lo riempie di ghiaccio per lasciarlo raffreddare qualche secondo.
“Fammi un Margarita e ti dirò chi sei” Zayn inizia a preparare il cocktail, e dentro di lui si chiede come possa piacerle quel cocktail, essendo che lui lo ritiene  imbevibile; ma poi ripensandoci, e guardandola per qualche secondo, si rende conto della persona che ha davanti.
“Tieni” alza lo sguardo e le passa il cocktail, sorridendo la prima volta di tutta la serata.
Katerina si guarda in giro, e le uniche persone che riconosce sono delle ragazze del quinto anno, con delle minigonne inguinali e quintali di trucco in faccia.
“Non c’è più la gioventù di una volta, vero?” Katerina si gira, e vicino a lei c’è un ragazzo alto come lei, gli occhi chiari ed i capelli spettinati.
“Ciao Louis, che onore vederti ad una delle feste di paese. Han detto che da quando ti sei trasferito in quel di Londra sei diventato troppo snob per presentarti a queste pagliacciate”
Louis Tomlinson è il solito ragazzo conosciuto da tutti, che se ti prende bene può essere la persona più simpatica e dolce del pianeta, mentre se gli gira male.. beh, puoi considerarti non invitato alle sue feste.
“Sono tornato per qualche giorno, mamma sentiva la mia mancanza” risponde sorridendo.
Non si guardano nemmeno per un secondo, Katerina l’ha riconosciuto dal profumo, troppo forte, mentre Louis l’ha notata mentre parlava al bancone del bar con Malik. “Allora, cosa ci fa la regina dei dannati ad una festa di paese? Tuo fratello ne sarebbe felice”
Suo fratello, il miglior amico di Louis, partito con il padre per andare a lavorare in qualche nazione sperduta nel mondo. Il ragazzo carino, gentile, amato, bravo in tutto… essere una Payne pesa sulle spalle di Katerina, e forse, essere la regina dei dannati, come dice Louis, è il suo modo per staccarsi dall’immagine impeccabile dei Payne.
“Mia madre mi ha praticamente sbattuta fuori di casa, in giro per il paese non c’è un’anima, i bar sono tutti chiusi, e la mia voglia di Margarita mi ha portato qui, in questo posto di fighette, sfigati e palestrati.” Nella sua voce non vi è alcuna emozione, solo un leggero disprezzo per tutta quella gente che la reputa una ragazza troppo strana, troppo distaccata, e troppo diversa da suo fratello.                                                                  
“Raggio di sole, che ne dici di bere un po’ di vodka alla fragola? Tutto quel limone ti rende acida” Louis sa sempre come risponderle, sa sempre come prenderla, ed è forse questo l’unico motivo per cui lui è una delle poche persone con cui lei parla.
“Allora, come vanno le cose a Londra?”
“Beh, direi bene. Lavoro, esco, ho un letto ed un bagno. Direi che posso anche accontentarmi” Louis è rimasto tutta la conversazione con il peso del corpo sul piede sinistro, e spostando leggermente il piede destro, involontariamente con il braccio sfiora quello di Katerina. È caldo.
“Tu non sei uno che si accontenta” Katerina conosce abbastanza Louis da sapere che dietro quel “accontentarmi” c’è un “mi sto impegnando per arrivare alla vetta”. Perché a Louis essere membro della squadra di football non bastava, lui voleva diventare capitano. Ed è riuscito nell' intento.
A Louis non bastava essere uno studente della Queen Ethelburga’s Collegiate, no, lui doveva essere anche il miglior studente ed il rappresentante dell’istituto.
Louis sorride, prende un sorso di birra e dopo quasi quindici minuti di conversazione, di cui cinque in silenzio, si gira verso Katerina prende il suo braccio e la guarda negli occhi.
“Mi conosci abbastanza, devo dire.”
 
Katerina è al suo terza Margarita, e Louis alla sua quinta birra. La sala non è più così affollata, la gente non più così ignorante e le luci non più così alte e fastidiose.
Katerina ride, Louis beve un sorso di birra.
I loro occhi non si sono staccati neanche un secondo, nemmeno quando Sophia era arrivata urlando contro K di essere una grandissima stronza, come se lei non lo sapesse già.
“Senti, che ne dici di andarcene da qui e girovagare senza meta per la città?” Louis lascia la bottiglia di birra al centro del tavolo, Katerina prende la borsa e tiene in mano in bicchiere trasparente.
Camminano per la città, senza una meta precisa, lasciando che il caldo di settembre li accompagni da qualche parte, ascoltando il rumore dei tacchi di Katerina ed il respiro di Louis, forse un po’ pesante.
“Hai mai sentito parlare dei The 1975?” Louis prende il telefono dalla tasca interiore dal giubbotto di jeans.
“Penso di aver visto qualche video pubblicato sulla mia bacheca, ma non ho mai preso interesse” Katerina prende una sigaretta dal portasigarette che le ha regalato Zayn per il suo diciannovesimo compleanno. È tutto colorato, con una fantasia di nessun senso. Non sa perché Zayn le abbia regalato una cosa così colorata, ma è certa che dal quel giorno le sue sigarette le tiene solamente lì dentro.
Louis ha infilato la cuffie nell’iphone, ne porge una a Katerina, e ne mette una nel suo orecchio.
La canzone parte.
La voce del cantante è dolce, ma con una nota amara nel suo tono. Parla di cioccolato, di due persone, di macchine, di uomini vestiti di blu, pistole nascoste, e un posto lontano.
Katerina chiude gli occhi, la sigaretta tra le dita, ed i capelli scompigliati sulla testa.
Louis si gira verso di lei, il suo viso rilassato, i lunghi capelli davanti al viso, e una piccola fossetta spunta sul volto di lei, dovuto ad un sorriso accennato.
Prende la sua mano ed intreccia le loro dita.
Katerina non apre gli occhi, rafforza la presa sulla mano di lui e si ferma. Sono in mezzo alla strada, sono le due di notte e non c’è nessuno. Louis si avvicina, mette una mano tra i capelli di Katerina e li sposta. L’unica cosa che sente in quel momento sono le ultime note della canzone. Sono così, fermi in mezzo alla strada con le cuffie nelle orecchie, le mani intrecciate ed i cuori che battono velocemente.
Katerina lascia cadere la sigaretta, prende le cuffie e le infila malamente in quella giacca di jeans che ha sempre pensato sia la cosa più brutta al mondo.
È un attimo, le sue labbra sono su quelle di lui, le sue mani sui suoi fianchi.
Le labbra di Katerina sanno di Tequila, limone e fumo. Al collo porta una catenina con il ciondolo di un ferro di cavallo.
Lei sospira, lui le morsica leggermente il collo.
Gli anelli di lei sono freddi a contatto con la pelle del suo viso. Louis prende la sua mano e la chiude dentro la sua.
“Hai mai visto il film Dear John?” Katerina parla piano, sente il respiro di Louis sul suo volto, le loro mani intrecciate e un rumore di auto in lontananza.
“No” lui risponde velocemente, prendendola per i fianchi e annullando le distanze tra di loro.
“Guarda il cielo” lei si allontana, si gira e tiene solo la mano destra intrecciata a quella di Louis.
Non è una notte buia, nel cielo risplende la luna piena.
“Metti il pollice davanti alla luna” Louis alza il braccio, chiude la mano ma alza il pollice, “ed ora chiudi un occhio”. Lui lo fa, e aspetta che Katerina continui a spiegare.
“Nel film di cui ti parlo,  Savannah, la protagonista, chiede a John se ha mai fatto caso che quando sorge la luna è molto grande, mentre quando sale in cielo è molto piccola. Beh, lui si gira verso di lei, poi alza la mano, mette il pollice davanti alla luna e dice ‘è solo questione di prospettiva, in qualsiasi posto nel cielo si trovi e in qualsiasi posto tu sia, se alzi un pollice e chiudi un occhio, non è mai più grande di un tuo pollice’.”
 
 
 
Sono a casa di Louis, entrano dal retro, si tolgono le scarpe e sorridono. Scarpe in una mano, e mano nella mano con l’altra.
Entrano nella vecchia camera di Louis, lui accende la luce e lascia un bacio sulla fronte a Katerina, sussurrando un leggero arrivo subito.
Lei non è mai entrata in camera di Louis, e rimane stupita quando nota quante vecchie fotografie vi sono. In alcune vede suo fratello, in altre le sorelle di Louis, e in altre ancora uno Zayn ubriaco. Una fila esatta di fotografie una dietro l’altra incornicia il centro del muro per tutta la camera. Poi una attira la sua attenzione. Ritrae una lei più piccola, con un sorriso sincero, suo fratello da una parte e Louis dall’altra. Le sue braccia esili sono attorno al collo dei due ragazzi, e lei non tocca terra. Sono a casa sua, in cortile. Avevano ancora l’altalena.
“Non te la ricordi, vero?” Louis entra in camera e si porta una mano nei capelli, cercando di aggiustarseli alla bell’è meglio.
“No, però è davvero vecchia. Insomma, l’altalena in giardino l’abbiamo tolta da almeno cinque anni.”
“Io avevo otto anni, tuo fratello sette e tu sei. Ero venuto a giocare a casa vostra, tua mamma ha insistito tanto per fare quella foto. Io e Liam ti abbiamo preso e detto di stringerci forte. Tu l’hai fatto, appena scattata la foto ti abbiamo fatto cadere nella piscina di plastica” Louis sorride mentre racconta quella storia, e Katerina lo ascolta, ammaliata dalla sua voce.
“Penso sia da quel giorno che ho iniziato ad odiarti” lei si gira, guarda fuori dalla finestra e nota una stella cadente in lontananza. Chiude gli occhi ed esprime un desiderio.
Louis si avvicina. “Cosa direbbe tuo fratello ci vedesse qui?”
“Direbbe ‘Katerina! Con tutte le persone al mondo proprio con quel coglione di Tomlinson devi finire a letto?’” parla cercando di imitare la voce del fratello, facendo scoppiare a ridere Louis che si porta una mano davanti alla bocca per non svegliare nessuno.
“Però mio fratello non c’è – continua, avvicinandosi a Louis”
“Beh, meglio”
Louis le prende la mano e le toglie gli anelli dalla lunghe dita. Prima quelli più piccoli che le arrivano a metà dito, poi l’anello con le ali, ed infine un anello d’oro, che, da quel che ricorda, porta da almeno dieci anni.
“Di chi è questo anello?” le chiede iniziando a giocarci.
“Sono le fedi dei miei nonni, sono mancati quando io ero piccola, e hanno chiesto di far fondere i due anelli e darli a me quando sarei cresciuta.”
Louis lascia quell’anello al dito, pensa sia una cosa troppo profonda per toglierla.
Le lascia un bacio sulla guancia, le toglie la maglietta bianca, e inizia a baciarle il collo, per poi passare ai seni, ed alla pancia.
Lei si siede sul letto, alza la maglietta di Louis e nota un accenno di “pancetta da birra”, gli addominali che amava sfoggiare alle partite di football non sono più delineati come una volta.
Sorride.
Louis lascia cadere la maglia per terra, e lentamente si stende sopra Katerina.
Continuano a baciarsi, a toccarsi, a sorridere, a rigirarsi tra le lenzuola di Superman che la madre di Louis ha cambiato quella mattina.
Ed è così, una notte lasciata ai sensi, al toccarsi, a sentire il profumo della pelle, al guardarsi negli occhi, al parlare sottovoce. Poi è una notte di ricordi, perché sono due persone che si conoscono da troppo tempo per non avere ricordi insieme. Discussioni, partite a pallone, giri in bici, gelati lanciati sulle guance dell’altro.
È un insieme di cose, un insieme di momenti… tutto racchiuso in una stanza piena di libri, di vecchi giocattoli e di fotografie.
 
Louis è seduto sulla sedia della scrivania, mentre Katerina cerca di non cadere dalla finestra. Indossa la maglia di Louis, ha i capelli da post orgasmo, ed un sorriso che non accenna a spegnersi. Apre lentamente la persiana verde e lancia la sigaretta oltre il recinto della casa.
Louis la prende in braccio e la fa sedere su di lui, la pettina con le dita e lei lo lascia fare.
“Se usciamo da questa camera per andare a fare colazione?”
“Tu ti trasformi in un rospo?”
“E tu perdi la scarpetta scappando da me?”
“Forse abbiamo confuso un po’ le storie” sorridono, e Katerina lascia un bacio sulla punta del naso di Louis.
Si toglie la maglia e la lancia a lui, ed inizia a cercare i suoi vestiti. Louis le cinge i fianchi e la spinge di nuovo sul letto, continuando a baciarla. Con le labbra gonfie ed un sorriso sul volto.
“Louis, non riusciremo mai ad andare a fare colazione se continuiamo di questo passo” Katerina cerca di spostare Louis da sopra di lei, ma lui continua a baciarla.
Lei sorride.
Dopo vari tentativi di rivestirsi e una moltitudine di baci, riescono ad uscire di casa, passando dal retro, non notando che la mamma di Louis è sveglia, seduta in salotto che beve il caffè con un sorriso beffardo sul viso.
Sono le sette del mattino, ed è tutto chiuso in città. Stanno vagabondando per le strade della città con il Range Rover di Louis.
Dopo una decina di minuti si ritrovano nella piazza, dove poche ore prima c’era una moltitudine di gente allucinante. Louis nota Janet, la barista del vecchio bar, spazzare per terra i bicchieri lasciati da qualche ragazzino poche ore prima.
“Quella donna è una macchina. Non si ferma mai”
Katerina la guarda, sorride  e continua a guardare davanti a lei.
Louis la porta in un bar fuori città, prende un succo alla pesca e una brioche al cioccolato.
Il bar è piccolo, le pareti sono gialle, c’è un reparto giornali con qualsiasi quotidiano in circolazione, dietro la signora che sta preparando il cappuccino a Louis la parete è ricoperta da sigarette.
Nessuno dei due parla, mangiano le brioche in piedi e continuano a guardarsi attorno.
Louis paga e risalgono in macchina, Katerina accende la radio e si lascia andare contro il sedile.
Non parlano non per l’imbarazzo, ma perché in quel momento non c’è niente da dire, va bene così. Perché a volte si possono dire cose sbagliate al momento sbagliato, e nessuno dei due lo vuole.
Louis guida fino a casa di Katerina, ha passato più tempo a casa loro che a casa propria, e se non per lo steccato riverniciato ed una nuova cassetta per le lettere non è cambiata di una virgola.
“Grazie Louis” Katerina prende la borsa e apre la macchina, scende richiudendo la portiera.
Prima di lasciar andare Louis si gira e gli fa segno di aprire il finestrino.
“Come si chiama la canzone di ieri sera?”
“Chocolate”
Katerina gli sorride.
 
Katerina si accende l’ultima sigaretta della serata, spera che sua madre sia andata a dormire, cosicché lei possa tranquillamente entrare in casa e andare a dormire.
Schiaccia play, ed infila l’iphone nella tasca della giacca.
Quella canzone è diventata la sua droga, la ascolta almeno una volta al giorno, così da ricordare almeno qualche particolare di quella serata.
Non ha più visto ne sentito Tomlinson da almeno un mese, voci di corridoio dicono che sia tornato a Londra dopo la breve visita dalla madre.
Katerina è riuscita a recuperare il suo numero da una vecchia agenda di suo fratello. Una notte ha provato a chiamarlo, era estremamente ubriaca, e sentire la sua voce, anzi, la voce della segreteria, l’aveva distrutta. Aveva pianto tutta la notte, al mattino il suo cuscino era pieno di mascara ed eyeliner.
Per quanto non lo desse a vedere, quella sera per lei è stata davvero importante in qualche modo.
Ogni sera si siede sulla panchina di quel parco, osserva Janet portare fuori la spazzatura, vecchi signori uscire dopo aver giocato a carte, ed ogni sera spera che in qualche modo lui capisca che lei è li che lo aspetta, che arrivi su quella sua dannata macchina e che le sorrida come solo lui riesce.
Ma ogni sera lei torna a casa, mette play a quella canzone e si addormenta così, lasciatasi cullare da quella melodia.
K prende una biro e inizia a scarabocchiare sul legno chiaro forme non definite e piccoli ghirigori senza senso.
Forse è stato un errore, forse se quella sera avesse mandato a quel paese sua madre e fosse entrata in camera sua non sarebbe successo, e lei non sarebbe seduta su quella panchina come un’idiota.
La vita è piena di ‘forse’ di ‘se’ e di ‘ma’. Lei ha imparato a non rimpiangere nulla, a imparare qualcosa da ogni situazione, e in quel caso, ha trovato un nuovo gruppo da ascoltare fino allo sfinimento.
Katerina si alza, prende la borsa e inizia a camminare, lasciando l’ultima speranza di rivederlo su quella panchina.
 
Ma se Katerina non si fosse alzata, se avesse fatto cadere qualcosa per poi doverla riprendere, se si fosse fumata un’altra sigaretta, avrebbe notato che proprio a pochi metri di distanza un Range Rover nero si era parcheggiato davanti al bar, un ragazzo dai capelli spettinati e gli occhi celesti, con indosso un’orribile giacca di jeans, era sceso e si stava avvicinando a quella panchina, cercando con lo sguardo una ragazza dai capelli scuri e le unghie smaltate di nero.
E se avesse aspettato ancora qualche minuto prima di alzarsi e tornare a casa, avrebbe visto che Louis stava leggendo una scritta sulla panchina  “Ma stasera c'è la luna piena e questo mi fa pensare a te perché so che, qualunque cosa io stia facendo e dovunque io sia, questa luna sarà grande esattamente quanto la tua, dall'altra parte del mondo.”




Questa os è nata da una serata super depressa, che non so cosa mi abbia trattenuto da guardarmi tutti i film più sdolcinati e con finali strappalacrime del mondo.
Penso abbiate notate che ho introdotto un pezzo del film "Dear John", film meraviglioso con quel buon uomo di Channing Tatum ( che tra l'altro è pure sposato, le ingiustizie della vita).
Spero vi piaccia.
xo
j.

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