Harry Potter, ahimè, non mi appartiene. E, si conseguenza, neppure Ronald Weasley, che purtroppo per i nostri ormoni, è alla completa mercè di Hermione Granger.

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The Marriage

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Ah. Un Matrimonio.

Quale occasione per rivedere gli amici di una vita e degustare con loro un whiskey d’annata? Per non parlare dei Cubani che, pazienti, attendono giustizia in un cassetto lucchettato del tuo scrivano da almeno vent’anni.

E che mi dite dell’allegro concertino al quale il timpano di ogni invitato si sottopone? Morgana, dico davvero, ogni matrimonio è una manna santa per la mia scarsissima cultura musicale. Grazie a quello della mia nipotina Suri la mia conoscenza in questa materia ha tratto giovamento doppio: ho imparato a collocare i Concerti Brandeburghesi nella produzione di Bach e che l’ululato di dolore di Charlie Weasley è degno di doppiare quello di Munch (avete presente? Quella sorta di Dissenatore che il noto Magonò aveva ritratto).

Ebbene, la sofferenza dell’un tempo baldo Charles Brandon Weasley era più che comprensibile, Signori. La sua figlioletta più piccola, quella cosina dai fluenti capelli scuri e gli occhi di un azzurro brillante sposata, a soli venticinque anni. Il cucciolo della famiglia, vezzeggiata dalla cara Elanor, coccolata perfino da quel diavolo di Landon e dalla gemella di lui, il cuore della casa, che salpava alla scoperta di nuovi lidi.

E non con un uomo qualsiasi, no Miei Cari, con Bran Dearnborn, figlio di quel disastro della natura di Kathleen “Katte” Zabini e di Caradoc “Doc” Dearnborn , lo smemorato dell’Ordine. Annata Lupin e Sirius, tanto per intenderci, che aveva avuto la brillante idea di farsi sparare in pieno petto un bel Confundus e che solo grazie alle mani di pastafrolla della cara Katte era riuscito a recuperare la memoria. Perché, tanto per completare il bizzarro quadro genetico che si era trasmesso al nascituro, di Zabini Kathleen aveva solo il cognome e gli occhi azzurro chiaro del fratello. L’eleganza stava a Katte tanto quanto la distrazione stava alla matrigna.

Ma questa è un’altra storia, che merita un racconto a sé e che, ahimè, non conosco bene. Conosco, invece, il genere di sofferenza percepita dal caro Charlie perché, mio malgrado, l’ho provata io stesso.

Questa è la storia del matrimonio della mia bambina. Una storia curiosa, fatta di isteria allo stato puro, di sorprese bizzarre, di panna che non vuole saperne di gonfiarsi e di confetti che mia moglie si ostina ancora a portare in solaio, nella speranza di toglierseli una volta per tutte dagli occhi. Una storia che tratta della forza dell’amore, del ritorno di Figliol Prodighi e di lotte ostinate con taglie di vestiti improbabili.

Una storia come tante, insomma. E, a me, l’onore di raccontarvela.