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Autore: Tully_    17/04/2014    3 recensioni
Kagome Higurashi è una ragazza di 17 anni ed è la presidentessa del Consiglio Studentesco. Tutto va bene finché non arrivano due nuovi compagni nella sua classe e uno le darà parecchio filo da torcere...
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Inuyasha, Kagome, Miroku, Sango | Coppie: Inuyasha/Kagome, Inuyasha/Kikyo, Miroku/Sango
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Non feci in tempo a proferire un’altra parola che sia Inuyasha che Miroku sparirono dalla mia vista. Uscii dall’aula in modo da poterli seguire ma venni trattenuta per un polso da Sango che mi fissava con aria preoccupata.

«Tu sei strana, oggi! Ti decideresti di spiegarmi che cosa è successo?»

Sbottai, ancora più innervosita per lo spiacevole inizio di giornata. Lei strinse i denti abbassando lo sguardo, con aria sconfitta. Mi invitò con un cenno a sedermi affianco a lei e dopo aver preso un profondo sospiro, incominciò a raccontare.

«Conosco già Miroku.»

Spalancai gli occhi per questa dichiarazione improvvisa e inghiottii con difficoltà la saliva, come se la gola fosse arsa dalla calura di un deserto immenso. Il senso di tradimento mi attraversò senza preavviso astrattamente il petto ed era assomigliante quasi a una freccia scoccata da un bravo arciere dritta nel bersaglio. La voce mi venne inconsapevolmente dura, decisa e fredda.

«Oh, bene. Del fatto che tu non me ne abbia mai parlato ne discuteremo più tardi, quando uscirai, visto che rimarrò qui. Continua a raccontare, non credo che la tensione che avevi accumulata dentro di te fosse solo per questo.»

Lei, ancora più arresa e docile, abbassò nuovamente il capo, sussurrando quasi.

«Lo incontrai due anni fa. Era nel cortile di un orfanotrofio insieme a Inuyasha. Visto ch’ero incuriosita da tutto ciò, gli chiesi cosa ci faceva lì. Lui disse di viverci e che Inuyasha giocava spesso in sua compagnia. Miroku non ha una famiglia. Ora che ha 18 anni, vive a casa di Inuyasha, anche lui solo.»

«Quest’ultimo immagino che non sia stato in un orfanotrofio. Da quanto mi hai spiegato andava solamente a visitarlo, suppongo.»

Sango era in evidente difficoltà ma, asciugatasi il sudore dalla fronte, tornò a riprender parola.

« Q-quello non me l’ha detto. Miroku ha innumerevoli difetti ma è un bravo ragazzo. Comunque io e lui siamo amici, anche se ci siamo visti davvero poche volte. Mi piacerebbe approfondire…»

Quest’ultima frase la disse quasi sussurrata, ma intesi immediatamente che Sango era molto affezionata a quel ragazzo. “E se ti avesse soltanto ingannato? Miroku non mi piace, ma lo preferisco a Inuyasha. Pare più ragionevole e cauto inoltre lo comprendo, è senza famiglia e ha sofferto. Ma il suo amico è un gran viziato, pfui!” Come se avesse intuito i miei pensieri, la mia migliore amica riaprì la bocca, ma si zittì subito. Non ci feci caso distratta com’ero, ma ancora un po’ arrabbiata dall’inizio delle lezioni dopo l’intervallo sino all’uscita quasi non le rivolsi la parola. Quando squillò la campanella fermai la ragazza castana prima che scappasse. Una scintilla di rancore ancora splendeva nei miei occhi seri, ma l’avevo praticamente perdonata. Non riesco a odiare una persona, figuriamoci se parliamo di lei!

«Dimmi perché non mi hai riferito nulla sino a oggi. Ci sono rimasta male.»

Addolcii sia il tono con cui mi rivolsi a lei e pure lo sguardo, rilassando il viso. Rincuorata dalla mia espressione pacata e acquistato un leggero sorriso, Sango si avvicinò a me.

«Kagome… scusami. Avevo paura che vedendomi con quel “tipaccio” potessi pensare male di noi e non considerarmi più.»

Ciò che mi disse non potevo tollerarlo: non avrei mai compiuto qualcosa del genere! Mi credeva per caso un mostro? La strinsi tra le mie braccia esili, dicendo con voce calda e dolce che io tengo davvero tanto a lei. Si staccò e corse via perché si doveva dirigere al più presto verso casa sua. Con un sospiro mi riavviai nell’aula e afferrai con celerità lo zaino, in modo da uscire per recarmi in palestra: mancava poco all’inizio della partita di calcio e avevo pure perso di vista quei due stupidi visto ch’ero intenzionata a non lasciar andare via la mia amica. Però compresi troppo tardi che nella classe non ero sola. Hojo era seduto in un banco vuoto ed era assorto nei suoi pensieri. Mi guardò con espressione indecifrabile e mi si avvicinò a passo felpato, come un gatto che cerca di acciuffare la propria preda. L’immagine di bravo ragazzo timido e taciturno si stava sgretolando di fronte ai miei occhi e mi ritrovai con la schiena contro il muro freddo. Che voleva fare? Aveva un ghigno sul volto sempre poco teso e sorridente (non in quel caso, sicuramente!) che m’incuteva terrore e brividi.

«Voglio farti una proposta, Higurashi.»

La voce era come il verso di un serpente; malvagia, velenosa, quasi udibile, ma diretta e sibilante. Non l’avevo mai visto così. E se invece avesse finto tutto quel tempo di essere una brava persona in modo da pugnalarmi alle spalle? Davvero esistevano persone così infime che si riducevano a fare cose del genere? Avvicinò pericolosamente il viso al mio e avevo il fiato corto per la paura. Ormai non mi ricordavo nemmeno più come si respirava. La paura è un sentimento che attraversa tutto il corpo, che causa tremiti ed è come un veleno che entra improvvisamente in circolo per tutto l’organismo. E’ faticoso da espellere.

«S-sentiamo!»

Non so ancora come, in quel momento, riuscii a tirare fuori una voce /quasi/ decisa di fronte a lui, fatto sta che sentivo le gambe che mi cedevano come il burro. Avevo timore della sua proposta. Qualcosa d’indecente?

«Fidànzati con me.»

“Che cosa? Neanche morta!” pensai tra me e me, ma non potevo rispondergli in modo così maleducato. Diverse volte mia madre ebbe l’idea di farci incontrare in segreto, organizzando, secondo lei, appuntamenti ‘romantici’ a mia insaputa perché Hojo apparteneva a una famiglia ottima ma a me, sin da bambina faceva ribrezzo. Sin dall’infanzia mi stava sempre appiccicato, senza lasciarmi un attimo minuscolo di tregua. E purtroppo l’avevo sempre in classe! Fu un miracolo quando al liceo ci ritrovammo separati.

«E-e se io non volessi?»

Non ero capace di smettere con il mio temporeggiare, ma non sapevo proprio che cosa fare. Dovevo ribellarmi. Non volevo assolutamente stare con lui, meglio zitella a vita!

«Allora, in qualità di vice-presidente del consiglio studentesco…» ops, me n’ero completamente scordata! «…racconterò, rovinando in modo irreparabile la tua reputazione, diversi segreti imbarazzanti sulla tua famiglia.»

Come faceva a essere a conoscenza di così tante cose? Improvvisamente mi balenò in testa l’idea che potesse spiarmi. Era davvero giunto sino a quel punto? Le lacrime rigavano già le mie guance pallide e non ero in grado di respingere né le sua parole provocatrici né il pianto dal gusto salato che proseguiva ininterrotto. Alzai lo sguardo per arrendermi ma succedette tutto in fretta. Hojo fu spedito lontano dalla mia figura e intuii, da un violento rumore di sedie che cadevano sul pavimento, che aveva preso una bella botta.

«Non provare più a ricattarla o ad avvicinarti troppo, brutto imbecille!»

Girai lo sguardo verso il mio salvatore che aveva pronunciato parole così nobili, ma mi pietrificai quando scoprii che l’eroe era Inuyasha. I suoi occhi carbone sembravano ardenti, mandanti zampilli di lava bollente dall’ira e furia penetranti. Inconsapevolmente, quasi d’istinto, mi rifugiai dietro le sue possenti e spaziose spalle; solo a guardarle inneggiavano palesemente protezione. Hojo, codardo e vile com’è sempre stato, corse via a gambe levate, sparendo dalla nostra vista.

«Va tutto bene, Kagome?»

Perché mi piaceva come proferiva il mio nome? Sembrava così dolce detto dalle sue labbra. Mi riscossi, annuendo e precipitandomi fuori.

«Tu che ci facevi qui?»

«Eri in ritardo. Visto che non eri comparsa e la partita non sarebbe potuta iniziare senza di te, mi sono precipitato qui. E ho fatto bene!»

Allora aveva anche sentito dei segreti della mia famiglia. In quel momento, però, speravo vivamente che non avesse ascoltato alla perfezione il suo ricatto. Camminavo poco lontana da lui per i corridoi silenziosi della scuola in gran parte sgombra di alunni tutti andati via una decina di minuti prima ma notavo, con la coda dell’occhio, che mi lanciava continue occhiate.

«Va be’, su, andiamo in palestra. Assisterai a una partita tra le due migliori squadre del club di calcio. Poi vedremo una partita di pallavolo. E infine saremo spettatori di una gara di nuoto.»

Chissà a che ora avrei potuto tornarmene a casa… mi mancava il mio comodo letto caldo e pronto ad accogliermi più che mai. Inoltre, anche se non lo volevo ammettere, ero ancora scossa dall’avvenimento prima accaduto. Ripresi la parola, per distruggere nuovamente quel silenzio imbarazzante che si creava dopo che uno non rispondeva.

«Miroku dov’è?»

«Ha accompagnato Sango a casa, non voleva che rimanesse a scuola per te.»

“Allora si preoccupa davvero tanto per lei… uhuhuh, sarebbero una bella coppia!” Fantasticai tra me e me, ma i miei sogni si infransero alle parole successive pronunciate da Inuyasha.

«Tanto quello scemo tra poco torna, tsk. Non si perderebbe per nulla al mondo lo spettacolo delle pallavoliste.»

Intesi, con orrore, a che cosa si riferiva. Povera la mia Sango, l’era capitato un maniaco! Andammo, comunque, a sederci sulle panchine della palestra, mentre sbuffavo sonoramente. Ero a conoscenza dell’estrema imbecillità di quei ragazzi che giocavano i quali, seppur molto bravi, volevano solo apparire e spesso cercavano un pretesto per darsi botte, in modo da apparire belli agli occhi delle ragazze, risultando però solamente ridicoli; avevano appena cominciato la partita. Miroku ci raggiunse poco dopo, con un sorriso gigante ma con un segno rosso sulla guancia. Compresi immediatamente da che cos’era stato causato: qualcuno lo aveva schiaffeggiato. Con una forza inaudita, per altro. Ci doveva essere un motivo importante se era successo qualcosa del genere. Eppure, lui invece di aver in volto una smorfia di dolore, sembrava un ebete.

«Idiota, ma ti togli quell’espressione da coglione dal volto? Che ti è successo?»

Inuyasha mi anticipò con le domande al ragazzo dagli occhi blu, con la sua solita finezza.

«Ho accompagnato Sango a casa, no? Ebbene, non mi sono trattenuto dal palpare quel sedere così sodo e così… pronto per essere accarezzato~»

Assunsi un’espressione di estremo disgusto rivolgendola a lui. M-ma come si era permesso? Non è che lo faceva con tutte le ragazze?

«Allora mi ha dato uno schiaffo. Che belle manine forti che ha la mia Sanguccia~~»

Era pure tranquillo su come ne parlava. Non era sicuramente la prima volta che Sango lo trattava in quel modo, supposi.

«Ma… come mai sei così di buon umore?»

Fu l’unica domanda che proferii, tanto per curiosità. Lui, sedendosi vicino a me ed Inuyasha guardava avanti, senza smettere di avere quell’espressione da puro ebete. Socchiuse appena gli occhi, sempre senza rivolgerci lo sguardo, concentrandolo sui giocatori che stavano ancora in parità.

«Tengo davvero tanto a lei. Sono le nostre solite scenette comiche, ma Sango è stata l’unica ragazza alla quale non ho mai chiesto di fare un figlio con lei.»

La prima cosa che pensai fu: “sta scherzando o è fuori di testa?” Di tutta risposta gli lanciai un’occhiata che inceneriva semplicemente, ma come se avesse intuito i miei pensieri, tornò a parlare.

«Stai tranquilla, Kagome, è una domanda retorica, una mia frase caratteristica! Non te l’ho fatta perché Inuyasha mi avrebbe ammazzato senza pietà» in quel momento mi chiesi che cosa c’entrasse lui, se ci conoscevamo da un sol giorno, ma decisi di lasciar perdere «e a Sango non l’ho mai chiesto perché compresi subito che lei sarebbe stata una persona speciale.»

Fu la prima volta che lo sentii comunicare in modo così serio. Forse era innamorato veramente… Distratta continuai a seguire la partita, anche se non mi entusiasmava un po’ di tanto. Certo, mi piaceva il mio lavoro di presidentessa del consiglio studentesco, ma stare in quel club per “istruire” i nuovi arrivati sulle specialità extra della scuola non era sicuramente divertente. Avrei voluto cambiare in meglio quei ragazzi, ma la maggior parte risultava burbera e scontrosa, quindi non ne valeva nemmeno la pena. Sentivo, dentro di me, che sotto quell’apparenza quasi da imbecilli forse nascondevano un buon cuore. Dopotutto la scuola che frequento io è una delle migliori. Non ho faticato a trovarmi amici. Ma trovai pure dei nemici. E’ qualcosa di naturale. Finì il primo tempo, sempre sullo 0-0. Visto che mancavano ancora 15 minuti al secondo in quanto c’era l’intervallo per giocatori già molto spossati e sudati, decisi di fare una passeggiata all’aria fresca. Appena feci capolino dal grande portone della palestra, mi stupii vedendo la figura di Koga. Però… lui non partecipava a nessun club di quella giornata! Da quanto ero a conoscenza, l’unico nel quale era membro era quello di tennis che si svolgeva ogni giovedì. Era un giocatore davvero rinomato e aveva tantissime ammiratrici, anche se non gli interessava nemmeno una ragazza. Ci conoscevamo dai tempi dell’infanzia, nonostante fossimo stati sempre in classi differenti, pure alle superiori. Peggiorò caratterialmente dopo la morte del padre d’incidente quando aveva 6 anni. Prima era un ragazzo molto simpatico, pronto a fare amicizia e solidale, però in seguito a quell’avvenimento s’isolò, diventando arcigno e solitario. Dall’entrata alle superiori provai a legarmi nuovamente a lui, riuscendoci, sciogliendo quell’involucro di ghiaccio che aveva oscurato il suo vero animo ed eccolo qui tornato come prima! Era un piacere vederlo così gentile e aperto al dialogo amichevole.

«Che ci fai qui, Koga? Non frequenti nessun club di questo giorno.»

«Lo so, ma mi andava di vederti.»

Mi prese le mani nelle sue, calde e accoglienti. Senza accorgermi avvampai, non sapevo che cosa rispondere a quel contatto così intimo. Fu una voce dura a svegliarmi da quel dolce sogno.

«Allora, Kagome? Sbrigati, sta iniziando il secondo tempo.»

Mi girai e corsi via, senza nemmeno salutare il ragazzo che rimase imbambolato lì a vedermi fuggire. Mi scontrai con gli occhi di Inuyasha: era lui ad avermi chiamato. Una scintilla animava le sue iridi ambrate.
Che fosse veramente… gelosia?
  
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