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Autore: KuromiAkira    14/07/2008    3 recensioni
A causa sua, a causa di quell’ uomo lei, loro, avevano perso tutto.
Un luogo in cui stare, gli amici, le loro certezze. Lei soprattutto si sentiva in ansia.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Hiyori Sarugaki, Shinji Hirako
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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Ringrazio AtlantisLux per avermi fatto da Beta Reader.
Dedicata in special modo ad Hanako-chan, che sta per andare in vacanza, mi mancherai, mia Shinji personale ç_ç(nonchè tutte le altre parentele che abbiamo scoperto di avere XD)

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Si scostò una ciocca di capelli dal viso, rendendosi conto solo in quel momento di essersi dimenticata di legarseli.
Questo, insieme al freddo autunnale, alla frustrazione e alla tristezza che sentiva, non faceva altro che farla stare peggio.

Sospirando, Hiyori si mise a guardare il cielo, senza nemmeno riuscire a piangere o gridare.

Erano passate due settimane dalla loro fuga dalla Soul Socety.
Lei si era risvegliata in un luogo sconosciuto dopo aver vinto contro ciò che lei definiva il ‘parassita che risiedeva nella sua anima’, il suo hollow interiore, così schifosamente simile a lei, così odioso nel ricordarle perennemente ciò che era diventata dopo quell’ incidente.
Era stata l’ultima a riuscire a sottomettere l’hollow e quando aprì gli occhi trovò tutti gli altri vicino a lei, visibilmente sollevati nel saperla definitivamente parte del loro gruppo.

Kisuke Urahara le sorrise dolcemente prima di scostare lo sguardo, poiché riteneva che, almeno per quanto riguardava Hiyori, fosse stata colpa sua.

“Cazzate!” pensò la ragazzina stringendo in un pugno l’erba sotto di sé.

A cosa serviva sentirsi in colpa? Anche Kensei, seppur cercasse di nasconderlo, si sentiva in parte responsabile, lei stessa aveva ferito Shinji. Ma alla fine la colpa era solo ed esclusivamente di una persona. Aizen Sousuke.

Strinse i denti nel nominare mentalmente quel nome. Si ripromise di fargliela pagare, appena ne avesse avuto l’occasione.

A causa sua, a causa di quell’ uomo lei, loro, avevano perso tutto.
Un luogo in cui stare, gli amici, le loro certezze. Lei soprattutto si sentiva in ansia.

Anche se cercava di non darlo a vedere, allenandosi a portare la maschera per il maggior tempo possibile per sfogarsi e divenendo più intrattabile del normale, Hiyori si sentiva male al pensiero di essere ‘diversa’…

Diversa dagli shinigami, diversa dagli umani, diversa dagli hollow…

E, soprattutto, aveva paura perché sentiva che nessuno l’avrebbe più accettata.

Non era sola. Per fortuna, anche se era ironico usare quell’espressione, erano otto le vittime di quello strano e diabolico esperimento.
Però non cambiava il fatto che non avessero un posto dove stare. La Soul Socety, quella che solo due settimane prima era la loro casa, li aveva banditi. Li avrebbero uccisi se Kisuke e Yoruichi non li avessero portati con loro sulla terra. E questo solo per un incidente, qualcosa che loro non avevano voluto.
Bastava davvero avere poteri di hollow per essere odiati da quelli che prima erano i loro compagni?
Aver condiviso le gioie e i dolori di essere shinigami non valeva proprio nulla?
Lei lì non stava bene. Non sentiva questo posto ‘suo’, il suo corpo, la sua anima e i suoi poteri erano ormai diversi e non riusciva ad accettarli, odiava quella situazione.
E si sentiva peggio nel notare che bene o male gli altri se ne stavano facendo una ragione, Shinji per primo.
Volevano davvero vivere così? C’era altra soluzione?

Non riuscendo più a nascondere questo suo disagio agli altri decise di uscire di nascosto, nel cuore della notte, nonostante avessero deciso di rimanere nel campo addestramento costruito da Kisuke e che si trovava a metà tra la Soul Socety e il mondo degli umani.

Nessuno conosceva quel posto e nessuno li avrebbe trovati.

Ma lei aveva bisogno di uscire, pur trovandosi in mezzo agli umani, voleva respirare vera aria, voleva vedere un vero cielo, voleva sentirsi libera.

Aveva annullato il suo reiatsu, sperando che nessuno si accorgesse della sua presenza.

Meditò per lunghi minuti su quella situazione e sul suo stato d’animo finché sentì qualcuno dietro di lei.

Non si mosse, sapeva chi era e quasi si aspettava venisse a cercarla. Non disse nulla, non si girò, si limitò solo a portarsi nuovamente i capelli, mossi dall’incessante vento, dietro le spalle.

- Che cavolo ci fai qui, cretina? – domandò Shinji sospirando.

Che Hiyori disubbidisse alla regola ‘non uscire’ era scontato. Che toccasse a lui andarla a cercare pure. Che lei si sarebbe arrabbiata e l’avrebbe picchiato… bhè quello, vedendo lo sguardo che gli mostrò come risposta alla domanda, non gli sembrava più così ovvio.

Si sedette al suo fianco in attesa di una sua reazione in modo da poter agire di conseguenza e, in caso, costringerla con la forza a tornare a casa, in qualche modo.

In effetti, se prima lui ribatteva agli insulti e si opponeva alle angherie della pestifera biondina certo di essere superiore a lei, ora la cosa non era più così facile.

In primo luogo perché, a furia di allenarsi, Hiyori era diventata molto forte, quasi quanto lui.
Ma, cosa più importante, perché aveva già intuito da tempo il suo stato d’animo.

Insomma, come si poteva fare qualcosa a una marmocchia impaurita, per quanto tale marmocchia non si facesse troppi problemi ad alzare le mani su di lui praticamente ogni cinque minuti.

Sapeva che il comportamento violento di Hiyori era il suo modo per proteggersi da tutti.
La conosceva da sempre, essendo stata lei assegnata, al suo arrivo nel Rukongai, allo stesso nucleo famigliare a cui era stato destinato anni prima anche lui.

Era diventata praticamente sua sorella e aveva imparato a conoscerla più di quanto lei stessa immaginasse.

Hiyori era diffidente verso tutti, non dava mai confidenza a nessuno e cercava di tenere le distanze dalla gente, di farsi odiare, quasi.

Solo con tre persone non c’era era riuscita.
Una era Hikifune Kirio, il suo ex capitano, una donna che Hiyori si era ritrovata ad ammirare e a considerare quasi una madre.
La seconda persona era Kisuke Urahara, un uomo troppo paziente e dolce per odiarla, e seppur più restia ad ammetterlo, Hiyori si era affezionata anche al suo nuovo capitano.
Lei non lo sapeva ma Kisuke probabilmente la considerava una figlia, tuttavia la ragazzina non era mai riuscita a perdonare Kisuke per aver preso il posto di Hikifune per poterlo considerare un padre.

La terza persona… bhè era lui!
Si può dire che Shinji avesse un carattere tale da legare proprio con persone come Hiyori.
Perché, nonostante tutto, le era sempre stato accanto e sapeva fare esattamente le cose che riuscivano a calmarla o a farla sentire meglio. E lei sapeva che ormai non poteva più fare a meno della sua presenza.

Ma ora, davvero, non sapeva che dire e cosa fare, capiva bene i sentimenti della ragazza ma sapeva che qualunque cosa le avesse detto l’avrebbe ferita.

- Shinji. - mormorò lei.
- Mh? -
- Ci odiano, vero? –

Lui chiuse gli occhi. Hiyori aveva sempre creduto, a torto, che tutti la odiassero ma ora aveva un valido motivo per pensarlo.

- No, Hiyori. Ma non hanno altra scelta che comportarsi così con noi. – rispose lui.
- Che significa che non hanno altra scelta? – esclamò voltandosi verso di lui, furente – Non è stata colpa nostra e pensano pure sia stata colpa di Kisuke! Non potrebbero ascoltarci, almeno? –
- Siamo in parte hollow, ragionandoci razionalmente dovresti capire che non dovremmo esistere. Non è colpa loro, dai. – ribatté il ragazzo svogliatamente.
- Allora perché non ti fai ammazzare da quelli là? Hai davvero intenzione di vivere in questo modo? –
- Pensi di essere l’unica a stare male? – Shinji si voltò improvvisamente serio come Hiyori non l’aveva mai visto e probabilmente anche leggermente arrabbiato – Pensi di essere l’unica a sentirsi mortificata per ciò che è successo? Ci sentiamo tutti così, siamo nella stessa barca! Ma stiamo cercando di non far decidere ad altri il nostro destino. –
- Ma allora… che senso ha la nostra esistenza? – mormorò quasi in lacrime.

“Se Hiyori piangesse ogni volta che ne sentisse il bisogno sarebbe più facile.”

Questo è ciò che Shinji si trovò a pensare, non per la prima volta, in quel momento.
Se Hiyori avesse lasciato in disparte l’orgoglio e avesse esternato i suoi veri sentimenti anche lui avrebbe potuto fare lo stesso, trattandola gentilmente, abbracciandola magari.
Ma lei era testarda e lui anche.

Poi però il suo sguardo severo si trasformò nel solito sorriso a cui Hiyori era abituata, un sorriso strafottente e malizioso ma che riuscì a calmarla, come sempre.

- Non è ovvio? Dobbiamo ringraziare Sousuke per lo scherzetto che ci ha fatto, no? – rispose, quasi si trattasse di uno scherzetto da bambini.

La bionda rimase immobile, non avendo pensato nemmeno a vivere per vendicarsi ma capendo improvvisamente cosa spingeva gli altri a continuare nonostante tutto.

Sorrise. Era la prima volta che Shinji la vedeva sorridere così.
Perché Hiyori non piangeva mai ma non sorrideva nemmeno.

Si sentì soddisfatto e si alzò incamminandosi.

- Dai, andiamo a casa. Prima Kisuke aveva cominciato a blaterare qualcosa sul ‘aprire un negozio sulla terra ’ o cose del genere… mi sa che conviene cercarci un altro posto dove vivere o quello ci prende come commessi! -
- A casa… - ripeté lei con un sussurro.

Seguì silenziosamente il ragazzo rassicurata dal pensiero che, tutto sommato, un luogo in cui tornare ce l’aveva…
  
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