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Autore: Venice C Hunt    18/04/2014    4 recensioni
Emmeline Leach è innamorata. E non di un ragazzo qualsiasi, ma di un Demone proveniente dall’aggressivo Inferno. Un Demone che ama intrufolarsi nei suoi sogni, che ama infastidirla, e che ama metterla in imbarazzo. Ed è proprio in uno dei questi suoi sogni che si ritrova in un castello gotico, con Henry ad aspettarla, a guardarla con quei suoi occhi intensi e rossi come la lava.
Tra baci bollenti, Emmeline si perderà nelle follie d’amore di quel sogno così reale eppure così irreale.
Genere: Romantico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Inferno paradisiaco. 


 
Voglio sentire il tuo cuore battere stanotte, 
prima che il sole sanguinante prenda vita.


Ellie Goulding, Beating Heart.
 
 
 Guardò giù e si preparò a morire. 
 La lunga lancia le premeva contro la schiena, pungente e fastidiosa. Il vento soffiava bruscamente sul confine del dirupo, prendendole a pugni i lunghi capelli che le si muovevano squilibrati sulle spalle. 
 Emmeline aveva le lacrime agli occhi, il freddo che le si insinuava in ogni angolo del corpo, il respiro affannato e, come se non bastasse, indossava soltanto la biancheria intima - un reggiseno azzurro e delle mutandine nere.  
 Sotto di lei, le onde infuriate sembravano leoni affamati e pronti a divorare la propria preda. «Ti prego» mugolò spaventata, supplicando lo sconosciuto. Ma non bastò la sua voce spezzata, catturata dal vento, a fermarlo. Sentì come delle fiamme accendersi nel busto, frizzanti e da toglierle il fiato, mentre la lama le affondava nella carne. Ed Emmeline fece due passi e cadde.
 Quando sollevò le palpebre, fu piacevolmente sorpresa di scoprire di non essere in balia delle agitate acque con una lancia conficcata nella schiena. Lo scenario si era tramutato in un corridoio dall’aria sfarzosa e vissuta che ricordava un arto di un antico castello gotico, per quel che ne sapeva di architettura gotica. 
 L’ambiente era nella penombra, illuminato qua e là da alte candele incastonate in eleganti candelieri da parete ricchi di ghirigori. Le pareti erano in pietra grigia e scura, quasi deserte di affreschi. Sulla sua destra ve ne era uno di media grandezza: raffigurava un’affascinante donna dai capelli serici ed inanellati che le ricadevano sulle spalle. Aveva il fisico ricco di curve, le labbra rosee e piene fisse in un sorriso soddisfatto, le palpebre semichiuse, e le gambe accavallate. Una tunica bianca le fasciava il corpo. Attorno a lei, due uomini di carnagione scura ed uno albino, la guardavano con occhi trasognati. Poteva quasi sentire i loro sospiri da innamorati nelle orecchie. Emmeline distolse lo sguardo, fece un passo rischiando di inciampare per colpa della lunga stoffa bianca. Si ricompose, lasciando riversare lo sguardo sulla veste che non si era ancora accorta di indossare. Era un abito semplice, largo sulle sue snelle gambe, e stretto alla vita come una sorta di corpetto. Il seno era leggermente compresso contro il petto, dando l’impressione che Emmeline portasse quasi una taglia in più. Amava i corpetti. 
 Indugiò ancora un po’ a guardare il vestito, facendo scorrere le mani sul ventre, dopo di che riprese a camminare con più attenzione. Con i piedi nudi, riusciva ad assaporare perfettamente la morbidezza del lungo tappeto nero che si estendeva fino ad una grande porta. Emmeline superò ancora un altro arco - perché il soffitto tendeva a curvarsi in più punti, sostenuto da pilastri a fasci - prima di stringere la maniglia in ottone tra le dita. I cigolii dei cardini, come pianti meccanici, invasero il silenzio ed Emmeline, avvertendo subito il buon odore di sandalo e di fresco, prese a mordicchiarsi il labbro inferiore come ogni volta che Henry Hill le era vicino. 
 La stanza in cui capitò era una camera da letto dall’arredamento antico. Un letto a baldacchino occupava un grande spazio, un armadio alto si trovava vicino al letto, e sul soffitto pendeva un candelabro nero, le cui gocce di fuoco gettavano luce ed ombre sulla stanza e adesso sul suo volto. Emmeline osservò la grande vetrata alla parte opposta alla sua. Era una porta fragile, aperta, e che dava su una larga terrazza di mattonelle come onice nera. Assottigliò lo sguardo, notando Henry a pochi metri da lei. Le dava la schiena, appoggiato con gli avambracci sulla recinzione in colonne bianche. Il cuore calmo dai battiti regolari lasciò posto ad un’improvvisa follia, una corsa veloce contro la cassa toracica. Sentì i vasi sanguigni del viso esploderle, lasciando dilagare un acceso rossore sulle guance. Si chiuse la porta alle spalle, guardandosi le dita tremare. Il fiato le divenne affannato. L’effetto era sempre lo stesso, ormai si poteva dire che si era quasi abituata.
Henry Hill era capace di incendiarla con la sua sola presenza. Era l’unico che era riuscito a farla sentire così. Era l’unico che Emmeline desiderava. L’unico da cui volesse essere baciata, tenuta stretta tra le braccia, toccata. Dio, quanto amava il suo tocco delicato e che lentamente si faceva passionale fino a farle venire le vertigini. Non erano ancora mai arrivati a quel punto e da una parte si chiese cosa avrebbe mai potuto provare se ci fossero arrivati. Si chiese cosa le sarebbe accaduto. Era strano sì, ma non ci avrebbe pensato se Henry non fosse stato un Demone, se Henry fosse stato un ragazzo normale. 
 «Vuoi restare tutta la notte attaccata alla porta?» scherzò Henry, sempre voltato. La voce lontana, carezzevole e profonda. Rabbrividì di piacere.
 La ragazza si avvicinò, cercando di riprendere in mano se stessa. Doveva calmarsi o almeno doveva sembrare di esserlo. Altrimenti, avrebbe incominciato a balbettare e a sparare cose senza alcun senso. E lei non era e non voleva essere una sciocca svampita. 
 Appena lui decise di andarle incontro, avvertendo una leggera brezza scivolarle addosso, spostarle i capelli scuri lunghi fino alle scapole, si volle dare un pizzicotto. Per quanto ci provasse, Henry abbatteva ogni sua difesa. Era capace di disarmarla soltanto guardandola. Emmeline si perse per un momento a contemplarlo. Le spalle larghe, il fisico longilineo e non ingombrante, i tratti spigolosi, il solito orecchino d’argento che gli avvolgeva a cerchio il lobo sinistro, e le labbra piene e rosee. Indossava una camicia bianca aperta sul petto, degli spessi pantaloni scuri ed eleganti, e non portava scarpe né calzini. 
 I capelli di un biondo chiaro sembravano intrappolare dentro di sé ogni fascio di luce lunare. Gli ondeggiavano sulla fronte e sulla punta delle orecchie, un po’ scarmigliati, donandogli un’aria serafica che cozzava con il rosso brillante che gli colmava le iridi.  Sembrava a metà tra il paradiso e l’inferno, tra il bene e il male, tra luce ed ombra. «Emmy, Emmy, il tuo imbarazzo ogni volta mi distrugge. Sei dannatamente carina, lo sai?» Henry si avvicinò a lei, piegando il volto per quei pochi ma rilevanti centimetri che li separavano. 
 «Idiota» fece lei, ma la sua mente gridava un altro pensiero. Baciami, baciami, baciami. 
 Il giovane Demone sorrise con malizia. Ma non avverò il suo desidero, bensì si allontanò appoggiandosi nuovamente alla ringhiera di pietra dandole le spalle.
 Emmeline lo raggiunse, mantenendo una certa distanza. Sentiva lo sguardo penetrante di Henry su di sé, mentre faceva vagare lo sguardo su tutto meno che su di lui.
 Il paesaggio era piuttosto incerto davanti a loro. Si intravedeva un lungo giardino e degli alberi, ma il tutto era avvolto da una vaga nebbia tremolante come le ombre confuse di un focolare. C’era solo la luna nel cielo a rischiarare lievemente la notte. «E, dunque, hai paura di morire trafitta da una lancia e di cadere da un dirupo?» Ridacchiò. «Paura interessante. Anzi, intimo interessante. Ma avrei preferito senza.» 
 Il ragazzo appoggiò il viso su una mano, le dita che gli avvolsero una guancia, ed Emmeline lo guardò truce, un po’ in imbarazzo. Era felice di quella semioscurità, almeno non doveva nascondere le guance rosse. «Sei terribile, davvero.»
 Henry allargò il sorriso. «Terribilmente bello
 Emmeline alzò un sopracciglio. «Sei terribilmente narcisista, arrogante e insopportabile. Ti intrufoli nei miei sogni, quando ti ho detto espressamente di non farlo, e oltretutto mi fai impazzire ecco. Credo di essere mentalmente instabile, altrimenti non so proprio spiegarmi perché continuo a starti accanto.»
 Henry rise. «Già, allora siamo pazzi entrambi. Io ho sempre preferito le bionde, sai quelle alte e con un bel davanzale. Eppure, sono qui. E non c'è bionda, non c'è ragazza, che possa competere con te.»
 Emmeline abbassò gli occhi, la pelle le stava bruciando, mentre il cuore continuava a scalpitare senza dare segno di voler rallentare. «Lo dici a tutte, immagino, prima di portarle a letto. Sai, non c'è cosa più futile delle parole. Quando un ragazzo dice queste cose, quasi mai le pensa davvero. Sono stupidissime frasi per rimorchiare. Dette e ridette.»
 Henry sembrò sorpreso. Cambiò posizione, raddrizzando la schiena. Emmeline si voltò e nello stesso istante il giovane la intrappolò contro la recinzione. Le mani di lui sulla pietra, il petto vicino a quello di lei e il viso troppo - o troppo poco? - vicino. Emmeline restò senza fiato. I loro sguardi si incatenarono, ed Henry lasciò spazio ad un’espressione tremendamente seria. «Mi piace scherzare, ma non pensare neanche per un istante che con te non faccia sul serio. Credimi, non verrei a darti noia, non mi preoccuperei per te, non sentirei questo bisogno incondizionato di proteggerti anche se insisti sul fatto che io non debba farlo. Ed hai ragione, perché sei forte e coraggiosa. Quindi non dirlo, non pensarlo, che io voglia da te soltanto del sesso.»
 Emmeline scosse il capo. «Anche a me piace scherzare, idiota.»
 Agganciò le braccia al collo di Henry e lo spinse ancora un altro po’ verso di sé. Le loro labbra si trovarono con dolcezza e gentilezza. Un bacio controllato, calmo, che seppe strapparla da terra e inondarla di una sensazione paradisiaca. Sentì la bocca dello stomaco contorcersi, i polmoni infiammarsi; la voglia di rincorrere la sua lingua sempre di più e sempre con più urgenza. Dischiuse maggiormente le labbra, lasciando che il loro bacio si approfondisse perché entrambi ne avevano bisogno. Era un istinto troppo forte per poterlo ignorare. Lo voleva. Voleva ogni suo tocco, ogni suo sguardo, ogni suo bacio. Un disperato desiderio di lui che le si accendeva in tutto il corpo ogni volta che i loro respiri si fondevano. Era innamorata di Henry. E non era quel tipo di amore che si lascia sfuggire un “ti amo” senza nemmeno rendersi conto del significato; non era quell’amore che pretendeva di avere la propria anima gemella impeccabile, senza difetti, esteriori ed interiori. Perché se doveva proprio dirla tutta, di ragazzi più belli di Henry ce n’erano, come di ragazze più belle di lei. Ma loro si erano scelti. Lei si era innamorata lentamente, approfondendo sempre di più la loro conoscenza. Si era innamorata di quando Henry aveva perso il controllo, si era innamorata di quella volta che lui aveva pianto, che aveva lasciato che Emmeline scoprisse il suo lato più sensibile. E poco importava che nella realtà fossero così diversi, che lui fosse un Demone e lei un’umana. Si amavano, era un fatto certo e lei lo percepiva. 
 Henry afferrò Emmeline per i fianchi, costringendola ad indietreggiare. Si staccarono per riprendere fiato. 
 «Vuoi che mi fermi? Perché se continuiamo, io-»
 «Non ti fermare» fece lei, in tono supplichevole. «Non lo fare mai.»
 Henry annuì ma non fece urtare le loro bocche. Con dolcezza, le fece abbassare le braccia e poi le prese una mano. Un sorriso affettuoso gli si dipinse sul viso mentre la guidava verso la camera da letto. Emmeline poteva quasi sentire il rumore dei battiti cardiaci nelle orecchie, come un orologio a pendolo impazzito. 
 Le candele ancora illuminavano fiocamente l’ambiente, ma le piaceva. Gettavano delle ombre così dolci sul volto di Henry. 
 La diciassettenne non si curò di chiudere la porta sulla terrazza, completamente incantata nell’osservare il Demone. 
 Era incredibile come riuscisse a rendere un sogno così dannatamente reale. Poteva sentire le proprie emozioni con più ardore di quanto le sentisse nella realtà stessa.
 Henry le lasciò andare la mano solo quando furono ai piedi del letto, uno davanti all’altro, con i respiri veloci. Si guardarono a lungo, prima che Henry si sbottonasse la camicia. Una parte di lei voleva scappare per l’imbarazzo, per uno di quei tipici timori da ragazza adolescente che non mancano mai: non ho fatto la ceretta, ed ora?
 Sospirò scuotendo la testa, leggermente. E’ un sogno, Emmeline. Calmati.
 Ma da una parte, non avrebbe mai voluto trovarsi in un altro posto. 
 Quando Henry ebbe finito, lasciando intravedere i suoi addominali, Emmeline si concentrò con tutta se stessa per non svenire dall’emozione. Il ragazzo si tolse la camicia e la gettò per terra. Non aveva un fisico scolpito, come uno di quei tipici modelli da riviste, ma era forte. I sentieri degli addominali erano accennati, la pancia piatta. Per Emmeline, ciò che vedeva erano mille frecce scoccate al cuore, o forse era più per quello che sentiva, per la dolce tensione che serpeggiava nell’aria. Pungente ma che ne valeva la pena.
 «E’ bava quella?» indicò il suo mento, con gli angoli della bocca tirati in alto, con ironia.
Emmeline deglutì. «Smettila. Giuro che ti prendo a sberle.»
 «Oh. Non sapevo che amassi quel genere di cose. Se vuoi ho anche una cinghia qui vicino che …»
 Ma Emmeline non lo fece finire. Lo attirò a sé per le braccia e ricongiunse le labbra con le sue. Gli mordicchiò il labbro inferiore,  sussurrandogli “idiota” per l’ennesima volta. Henry la strinse contro il proprio corpo, baciandola con passione, e il suo cuore sprofondò in un oceano fatto di fuoco e carboni ardenti. 
 La temperatura sembrava aumentare istante dopo istante. 
 Le mani di Henry furono pressanti su di lei. Le tirò in alto il vestito, lasciando vagare le dita lungo l’interno della coscia sinistra. Il basso ventre sembrò esploderle, mentre con l’altra mano Henry armeggiava con dei fiocchi dietro la sua schiena, che tenevano saldo il corpetto. Impacciato, dovette usare entrambe le mani ed il tocco abbandonato alla coscia, le fu straziante. 
 Ripresero fiato. Henry si accarezzò il labbro superiore con la lingua come ogni volta che si impegnava molto in qualcosa. Emmeline, con le mani sopra i pettorali di lui, trattenne a stento le risate. Era così buffo.
 «Ora ce la faccio, eh» le mormorò sulle labbra. «Accidenti a quando ho deciso di farti indossare questo coso» borbottò Henry, con le sopracciglia aggrottate. 
 Quando riuscì a slegarlo, il vestito sul petto le si allargò, scendendole di poco, quanto bastava a coprirle la parte inferiore del seno. Emmeline sorrise al sorriso soddisfatto di Henry. La prese per i fianchi e la tirò in alto, lasciandola agganciare le gambe attorno al suo corpo. 
 La sdraiò sul letto, raggiungendola a carponi. Henry si prese una brevissima pausa per sganciarsi i pantaloni, prima di tornare a baciarla e ad accarezzarle le cosce. Le labbra del Demone si posarono sul suo collo, in un punto sensibile, e a malapena riuscì a trattenere un gemito. 
 Le mani di Henry raggiunsero nuovamente il corpetto, tirandolo giù e lasciando nudo il petto di Emmeline. 
 La bocca di lui le viaggiava sulla pelle, scuotendola come scariche elettriche. Il suo tocco bollente era in grado di abbattere ogni suo pensiero e di introdursi nella sua mente e nel suo cuore con insistenza. Perdeva la connessione con tutto il resto, vittima felice dell’amore di Henry, della sua dolcezza.
 Tolti il resto dei vestiti, con un po’ di fatica, si avvinghiarono ed Emmeline non seppe più dove incominciava il suo corpo e dove finiva. Era una fusione di gambe e braccia, di respiri affannati, sguardi sfuggenti e ardenti, e bocche arrossate. Inarcò la schiena. La pelle le bruciava, ogni angolo del suo corpo e del suo spirito era caduto nelle fiamme dell’inferno.  A metà tra la dolcezza e l’aggressività, ogni dolore, ogni tristezza, ogni pensiero negativo, si annullava. Tra le braccia di Henry, Emmeline scopriva la vera se stessa. 
 Tutto quello che poi sentì, prima di svegliarsi, fu: «Ti amo, più di quanto valgono queste stesse parole.»




Angolo Autrice 
♦♦♦♦♦


Ehilà! :)

Ho visto la foto di un castello molto bello (che poi è parecchio diverso da come l'ho "descritto" qui ) e boh mi è venuta questa idea strana (?). Non so, però mi piacerebbe approfondire il loro rapporto. Boh, chissà.
Anyway, scusate ultimamente sono fissata con Beating heart di Ellie ed ho finito per piazzarla anche qui lol. 

Che dite vi è piaciuta l'os? Spero di sì ç__ç ci ho messo un po' di impegno. Mi piacerebbe sapere che ne pensate perché so che può essere noioso mettersi lì davanti allo schermo e dare un parere ad una sconosciuta, occupa tempo e la maggior parte di noi non ha voglia di sprecarlo. In genere, credo che sia così. Ma, sappiate, che questo è il modo migliore che una persona ha per migliorare. Anche due righe per dire "mi è piaciuto", "non mi è piaciuto", "penso che tu abbia sbagliato" è molto importante per chi scrive. Forse, non vi piacerà il mio stile, forse sì, ma come posso saperlo? Vorrei solo sapere se quel che scrivo è giusto o meno. Se riesco ad arrivare a qualcosa o se è solo robaccia inutile. Io non penso che lo sia. Penso di non avere questo gran talento, ma ho preso a cuore questo mio modo di esprimermi. Vi pregherei di sprecare un pochino di tempo per aiutare una persona, sì forse sconosciuta, ma so che almeno un po' di comprensione ci sia ancora. Quindi, grazie se mi concedete del tempo.

Beh, alla prossima! 

xoxo

Ven














 
  
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