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Autore: telesette    18/04/2014    0 recensioni
[Miami Supercops - poliziotti dell\\\'ottava strada]
Garret lo guardò perplesso.
Che razza di ragionamento era?
Forse che l'avergli salvato la vita faceva di lui un "amico", agli occhi del pellerossa?
Costui doveva essere matto.
Il detenuto si passò una mano sui lunghi capelli grigi, traendosi fuori un'altra sigaretta da accendere, e poco dopo sia Charro che il valore profondo della sua promessa erano già spariti dai pensieri di Garret assieme al fumo...
Genere: Azione, Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Miami Supercops - poliziotti dell'ottava strada è un film del 1985 ed è l'ultimo appartenente al fortunato ciclo della coppia artistica Bud Spencer e Terence Hill( ovviamente escludendo "Botte di Natale", uscito addirittura nove anni dopo nel 1994, non assolutamente all'altezza delle 15 precedenti pellicole girate assieme ).
Questo film in particolare viene ricordato per la sua vena di lieve malinconìa, decisamente insolita e pressoché inesistente nei loro film, con cui gli attori avrebbero voluto in un certo senso sottolineare che il loro "periodo d'oro" come coppia cinematografica fosse ormai giunto al termine. Da qui se ne deduce che, in accordo con la produzione, la scelta fosse stata quella di variare notevolmente il solito sfondo delle scazzottate da cartone animato con una trama che si riaffacciasse piuttosto al poliziesco e al genere molto più serio e avvincente di un action-movie in piena regola.
Steve Forrest e Doug Bennet, rispettivamente un ex-sbirro corpulento istruttore di elicottero e uno snello agente dell'F.B.I. dai modi affabili e seducenti, si ritrovano ancora una volta a lavorare insieme per svelare il tassello mancante di un caso che li ha visti coinvolti alcuni anni addietro. Uscito dal carcere di San Quintino, dopo essere stato arrestato da Bennet e Forrest per una famosa rapina ad una banca di Detroit di un bottino ammontante a ben venti milioni di dollari,Joe Garret viene ritrovato accoltellato in un vicolo di Miami. Le ipotesi della polizia riconducono ai complici del defunto Garret, uno dei quali però risulta essere già morto carbonizzato da tempo, e i due sbirri si occupano di indagare fingendosi due semplici agenti della stradale dal pugno facile. Con l'aiuto dell'energumeno indiano Charro, amico di Garret da che questi gli ebbe salvato la vita, Doug e Steve scoprono che il complice defunto Ralph Duran è in realtà vivo e vegeto e gode di una stimata e rispettabile posizione sociale sotto il falso nome di Robert Delmann. Non potendo però procedere legalmente contro di lui, per via dell'ottusità burocratica del dipartimento di polizia locale, i due intrepidi amici decideranno dunque di incastrare il diabolico criminale a modo loro.

 

clicca qui sotto per vedere la celebre sigla del film:
http://www.youtube.com/watch?v=gPREZQl-2Qg
  

Saggezza indiana

 

Prigione di San Quintino - contea di Marin, California

Visto da fuori, un carcere non è altro che un lungo edificio squallido, con muri di cemento e forse anche una tranquilla vedùta panoramica sullo sfondo.
Peccato che, quando vi si entra accompagnati da una scorta armata e con le manette ai polsi, la vista non appare più tanto suggestiva.
E quando vi si rimane dentro abbastanza, quando la concretezza di quelle mura diventa l'ostacolo principale ai propri pensieri, un uomo non può fare altro che trovare svago ed intrattenimento in qualsiasi cosa.
C'è chi si intrattiene buttando molliche di pane agli uccelli.
Chi si mette a contare le incrostazioni di muffa sulle pareti.
Chi chiede ed ottiene favori, per un pugno di sigarette o una bottiglia di whisky.
Oppure ancora, come in questo caso, accostando il muso alla recinzione per dare un'occhiata ai nuovi arrivati con cui dividere lo stesso pane, la stessa cella... e anche lo stesso cesso.
In genere, agli occhi dei carcerati, una faccia nuova è solo un altro mucchio di letame con indosso una divisa numerata.
Ma quando i poliziotti fecero scendere dal furgone quella specie di gigante nerboruto, con muscoli grandi come noci di cocco e i tratti del volto chiaramente tipici della razza indio-nordamericana, subito i detenuti si misero a lanciare fischi e grida acutissime all'indirizzo del bestione ammanettato.
L'indio, sia pure coi polsi saldamente ammanettati, aveva un'espressione di pietra.
Gli insulti e i commenti parevano non sfiorarlo neanche, così come le spinte e le percosse dei secondini che quasi non riuscivano a smuoverlo di un millimetro. Neppure il manganello gli incuteva timore, data la mole che gli permetteva di assorbire i colpi senza danno, cosicché gli agenti ebbero non poche difficoltà per farlo entrare al cospetto del direttore del carcere.
Il passaggio dal carcere preventivo alla detenzione definitiva non richiedeva particolare uso di cerimonie.
A San Quintino, i detenuti dovevano fornire numero e generalità. Il protocollo poi sancìva una scheda di riconoscimento, ed un certificato all'interno degli archivi per la registrazione, dopodiché al nuovo "ospite" veniva assegnata semplicemente la cella e una branda dove dormire.

- Nome?

L'indiano fece, appunto, l'indiano e ignorò la domanda.

- Ehi, muso rosso, ti ho chiesto il nome - brontolò il secondino.

Silenzio.

- Cos'è, manco sei arrivato e già vuoi farmi incazzare?

L'indiano lo osservò senza battere ciglio.

- Il tuo nome, pezzo di merda - ruggì il secondino. - Come cazzo ti chiami, si può sapere ?!?
- Dai documenti, risulta: "Charro Nahcomence" - intervenne dunque l'addetto al trasporto dei detenuti. - Arrestato per rissa, distruzione di locale pubblico, e danni fisici alle persone!
- Ah, capisco - fece il secondino con una smorfia. - Cos'è, non ti piaceva la cucina?

Charro ignorò le risatine soffocate dei presenti e, aprendo finalmente bocca, pronunciò poche ma chiare parole.

- Volevano farmi pagare otto dollari una bistecca da quattro!
- E ora ti farai quattro anni qui dentro, così avrai tutto il tempo per digerirla - tagliò corto il secondino, scribacchiando due righe sull'apposito modulo e aprendo il cancello. - Cella cinque, corridoio nord, braccio A... portatemelo via, puzza da fare schifo!

Ignorando il commento, Charro si lasciò condurre in cella senza piantare altre grane.
Aveva già avuto un esempio della "giustizia dei bianchi", il giorno in cui il giudice lo aveva condannato, e sapeva che era inutile discutere con loro.
C'erano ben altri problemi in serbo per lui, ora che le autorità avevano deciso di schiaffàrlo in una sezione piena zeppa di razzisti. Tra gli ergastolàni, infatti, il più intollerànte di tutti era Martin Brown: 45 anni, un metro e ottantacinque, novantadue chili, capelli biondo cenere, occhi chiarissimi e uno spiccàto odio verso coloro che non gli andavano a genio... ossìa, praticamente tutti.
Fin dal suo arrivo, Charro era stato additàto come lo "sporco indiano" da castigare.
Martin e i suoi non persero tempo, nell'organizzargli un comitato di accoglienza durante l'ora d'aria, e si strinsero attorno a lui nel cortile con intenzioni più che evidenti.

- Aùgh - esclamò Martin, sollevando il braccio verso Charro con tutta l'intenzione di sfòtterlo apertamente.

Charro, tuttavìa, non si scompose certo per così poco.
La saggezza indiana, infatti, riteneva estremamente sbagliato dare considerazione alla stupidità dei bianchi, in quanto ritenuti "inferiori" sotto vari aspetti.
Prendendo Martin come esempio, oltretutto, la saggezza dei pellerossa non aveva tutti i torti.
Finché si trattava di insulti e di offese gratuite, Charro poteva benissimo passarci sopra. Malgrado l'aspetto lasciasse intendere tutto il contrario, non era un uomo aggressivo.
Il punto era che Martin aveva già deciso di castigare quello "sporco indiano", contando probabilmente sul silenzio e sull'indifferenza delle guardie, e dunque prese a passare subito dalle parole ai fatti.

- Lo sai che sei proprio un maleducato - sibilò Martin, traendo fuori una scheggia appuntita da sotto la giacca. - Ti ho salutato, no? Come minimo, potresti rispondere...

Charro scrutò attentamente i volti dei suoi opponenti, uno per uno, percependo già odore di baruffa.

- Non ti vergogni, di farti vedere in giro, sporco muso rosso?
- Potrei farti la stessa domanda... viso pallido!

Gli occhi pieni di rabbia, Martin allungò il braccio, deciso ad accoltellare Charro al volto.
L'indiano scattò rapido, sfruttando i propri riflessi da ex-pugile professionista, e disarmò l'avversario con una velocità impressionante. Subito i compagni dell'ergastolano si fecero avanti, stringendo Charro con il peso dei loro corpi a mucchio, ma non avevano tenuto conto dei muscoli e della straordinaria forza dell'indiano. Dopo aver steso Martin con una sberla, Charro prese a distribuire cazzotti a destra e a manca. Un detenuto venne scaraventato in volo di un paio di metri, a seguito di un uppercut micidiale, mentre un altro si tastò le gengive nel tentativo di sentire i denti... ignaro che fossero, per la maggior parte, sparpagliati al suolo come tanti sassolini bianchi.
Altri amici di Martin, circa sei o sette, si unirono a dare man forte nel pestare quel grosso pellerossa insolente. Charro era davvero un osso duro, capace di tenere a bada tutti quegli avversari da solo, ma non si era accorto che Martin aveva appena recuperato la scheggia per potergliela conficcàre dietro le spalle.
In quella però, giusto un attimo prima che Martin potesse mettere in atto il suo proposito, qualcuno decise di prendere le difese dell'indiano.
Con la coda dell'occhio, Charro riuscì a scorgere un altro bianco dai capelli grigio-ferro. Questi era sbucato dal nulla, muovendosi furtivamente come se guidato dall'esperienza, e disarmò Martin con un colpo di taglio al polso per poi atterrarlo con uno sgambetto e tramortirlo definitivamente.
A quel punto, richiamati dal trambusto e dalle grida dei carcerati, i secondini giunsero finalmente a vedere cosa succedeva.
Per Charro, considerato il colore della sua pelle, era praticamente impossibile addùrre spiegazioni in propria difesa. Tutti i cosiddetti "testimoni" si sarebbero schierati dalla parte di Martin, sostenendo che l'indiano aveva attaccato per primo, e Charro sarebbe stato messo in isolamento senza tanti complimenti.
Fortunatamente per Charro, però, il suo inaspettato soccorritore non era di questo parere.

- Si è trattato solo di una semplice discussione - si giustificò il detenuto, in tono confidenziale, tirando fuori di tasca alcuni pacchetti di sigarette ed offrendoli in mano alle guardie. - Chiudete un'occhio, per questa volta, okay?

I poliziotti si scambiarono un lieve cenno di intesa tra loro, facendo sparire le sigarette nelle tasche delle uniformi, dopodiché fecero cenno a Charro e all'altro di allontanarsi.
Charro non capiva il motivo dello strano comportamento del detenuto.
Anche lui era un bianco, come quasi tutti là dentro, ciononostante gli aveva salvato la vita e gli aveva anche evitato di finire in isolamento.

- Perché mi hai aiutato? - domandò sospettoso.
- Non ci pensare - rispose l'altro, guardandosi intorno con circospezione, quasi temesse che altri amici di Martin potessero saltar loro addosso non appena le guardie si fossero allontanate. - E soprattutto non ci fare l'abitudine: qui dentro, nessuno aiuta nessuno... E' la prima regola, se vuoi sopravvivere, ricordatelo!
- A maggior ragione - osservò Charro. - Sei strano, viso pallido, la tua razza non fa mai niente per niente!
- Infatti, io non ho fatto niente, anzi dimentica tutto - puntualizzò il detenuto. - Se si sparge la voce che ti ho aiutato, la prossima volta potrebbero ficcare quella scheggia nelle mie chiappe... Considera il tuo silenzio come un modo per ringraziarmi, e siamo pari, d'accordo?
- Come ti chiami, viso pallido?
- Garret - rispose questi in un soffio. - Joe Garret!

***

Quattro anni dopo, il giorno prima di essere rilasciato, Charro ritenne quantomeno doveroso salutare l'uomo che gli aveva salvato la vita il giorno del suo arrivo in carcere.
Garret era solo in cortile, intento a fumarsi una paglia, e Charro lo avvicinò impassibile tendendogli la mano.

- Ci eravamo detti di non conoscerci - mormorò Garret, guardandosi attorno.
- Infatti - sottolineò Charro. - Domani uscirò di qui, e nessuno vedrà che ti saluto!

Per tutta risposta, Garret buttò a terra la cicca ormai esaurita e la spense col piede.

- Che cosa vuoi, eh? - domandò calmo. - Non lo so perché ti ho aiutato: chiamalo istinto, se vuoi... fine della storia!
- Tu mi hai salvato la vita - gli ricordò dunque Charro serissimo. - A prescindere dal motivo, sono in debito con te per questo!
- Tu non mi devi niente - spiegò Garret. - Se avessi riflettuto meglio, avrei lasciato che Martin ti accoltellasse e mi sarei impicciato dei fatti miei; non ti ho aiutato per generosità, ficcatelo in testa!

Ciò detto, Garret tirò fuori di tasca un fascio di banconote e lo porse a Charro.

- Sono cinquecento dollari - disse. - Un piccolo extra, rispetto alla miseria che passano qui dentro per il "ritorno alla società"... Prendili e buona fortuna!
- Non posso!
- Perché?
- Perché tutto il denaro del mondo non vale un vero amico!

Garret lo guardò perplesso.
Che razza di ragionamento era?
Forse che l'avergli salvato la vita faceva di lui un "amico", agli occhi del pellerossa?
Costui doveva essere matto.

- Tu sei un brav'uomo - disse ancora Charro sincero. - Mi hai aiutato, senza chiedere nulla in cambio; questo fa di te un amico, secondo la mia gente, e io devo ricambiare il favore!
- Apprezzo ma, davvero, lascia perdere!
- E' una promessa indiana - sottolineò Charro orgoglioso. - Non come quelle dei visi pallidi, noi rispettiamo la parola data!

Garret fece per ribattere ma, considerando l'argomento chiuso, Charro lo mise a tacere con un cenno e la promessa sincera del suo impegno.

- Mi ricorderò di te, Garret - concluse. - Quando uscirai di qui, se avrai bisogno di aiuto, potrai sempre contare su di me!

Come ebbe detto così, Charrò lasciò Garret a meditare su quanto gli aveva detto.
Il detenuto si passò una mano sui lunghi capelli grigi, traendosi fuori un'altra sigaretta da accendere, e poco dopo sia Charro che il valore profondo della sua promessa erano già spariti dai pensieri di Garret assieme al fumo.

 

FINE

   
 
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