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Autore: WillowG    15/07/2008    3 recensioni
"È accaduto solo un paio di mesi fa. Ma mi sembra che siano trascorse almeno due vite." Triste.McGee centrica.
Genere: Triste, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Timothy McGee
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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morto due volte Questo succede quando metti a disposizione di una persona depressa un computer ed una tastiera ...
Narrato in prima persona da McGee, preparatevi i fazzoletti ...

-MORTO DUE VOLTE-

Fuori piove. Il ticchettio incessante delle gocce d’acqua che cadono sulle lamiere che ricoprono il capannone è assordante. Eppure quasi non lo sento. È solo un sottofondo, per quanto penoso, di un epilogo. Epilogo che sembra tratto da una qualche vecchia tragedia, rivisitata in chiave moderna. Dai miei occhi scende pioggia, come a voler imitare il cielo. E guardo lo spettacolo raccapricciante che si apre davanti a me. È come se lo vedessi la prima volta, in realtà lo fisso da quasi un’ora. Un’ora in cui non ho fatto altro che restare seduto su questa cassa, a guardare il mio misfatto. L’odore della polvere da sparo si è oramai fuso da tempo a quello, più fresco, del sangue. Lascio ancora che il mio sguardo passi sul corpo dell’uomo che mi ha distrutto. Che mi ha fatto cambiare. Che ha trasformato Timothy McGee “Pivello”, in un uomo senza anima e senza futuro.

È accaduto solo un paio di mesi fa. Ma mi sembra che siano trascorse almeno due vite.

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Eravamo in laboratorio, come sempre. Io ed Abby. La mia mente era ancora quella del “Pivello” di turno. E solo adesso, dopo tutto ciò che mi è successo, mi rendo conto che, anche se mi seccava, era davvero adatto a me. La scienziata mi passava della ecografie di una gravidanza ormai all’ottavo mese. Non sue, ovviamente.
-Una femminuccia! E guarda quanto è carina!-
-Abby, è solo una radiografia … Coma fai a sapere se è carina?- Cercai di farle notare, ma già sapendo che era una partita persa.
-Chiamalo istinto materno, o come vuoi. Ma se assomiglia ai genitori, deve essere carina per forza!- Scossi la testa, divertito ed esasperato al tempo stesso, mentre la dark fissava con sguardo intenerito la creaturina ritratta nelle lastre. Le guardai anch’io, più per approfittare della sua vicinanza che per vero interesse.
-Certo che te lo saresti mai aspettato che quei due facessero così sul serio? Insomma, ancora non ci credo che siano sposati da più di due anni e che … Stiano mettendo su famiglia!- I suoi occhi verdi si voltarono verso di me. Il suo sorriso era malizioso, ma non aveva ancora perso un grammo della tenerezza di poco prima.
-Sinceramente, tra Tony e Ziva potevano succedere solo due cose.-
-E … Quali?- Non credevo che si trattasse di una cosa particolarmente seria, ma mi tenni al gioco. Dopotutto queste conversazioni erano divertenti.
-Primo: si accoppiavano come pane e nutella, com’è successo. Oppure …-
-Oppure?-
-Oppure, seconda opzione, uno dei due finiva per uccidere l’altro. Probabilmente l’assassina sarebbe stata Ziva.-
-Però, opzione allegra …- Commentai, mentre Abby raccoglieva con cura le radiografie.
-Ad essere sincera, i primi tempi che Ziva era con noi avrei preferito di gran lunga la seconda opzione con Tony vincitore …- Sorrisi e scossi la testa, incredulo.
-Dai, non starai dicendo sul serio?!-
-Te lo giuro!- Non riuscii a trattenere una risata. Mi sembrava davvero incredibile che una volta Ziva ed Abby potessero provare così poca simpatia l’una per l’altra. E pensare che in quel periodo erano praticamente inseparabili. Specie da quando Ziva aveva annunciato la gravidanza. Gibbs, se non sbaglio aveva detto qualcosa a riguardo.
“Quando c’è una gravidanza di mezzo, anche le peggiori nemiche possono diventare come sorelle.”
E devo dire che non aveva torto. Una perla di saggezza che io e Tony ci eravamo affrettati ad appuntarci sull’universo femminile. Mi viene ancora da sorridere al ricordo di quando Tony e Ziva avevano annunciato di volersi sposare. Stavano insieme già da tempo, in realtà, ma avevano deciso di uscire allo scoperto. Dapprima Gibbs urlò un “CHE COSA?!” che aveva fatto balzare in piedi tutta l’NCIS, poi aveva dato un potente scappellotto a testa ai due fidanzatini. Dopodichè, calmo e tranquillo, aveva preteso di fare da testimone. Ed ora era già stato prenotato come padrino. Guardai ancora una volta le radiografie, mentre sparivano nella busta in cui Abby le stava richiudendo.
-Se è vera solo la metà di quello che dicono sui padri italiani, mi sa che Tony sarà un papà davvero geloso …-
-Perché, cosa si dice sui padri italiani, Pivello?- Lo scappellotto di Tony mi raggiunse prima che riuscissi a collegare la voce al proprietario.
-Oh, lo sai benissimo, paparino.- Lo canzonò Abby con un sorriso. -Dipenderà dal ragazzo.- Sentenziò Tony, facendo per prendere la busta delle ecografie, che però Abby gli tolse subito. -Avanti, Abby, dammele!-
-Niente storie, Tony. Ziva mi ha fatto promettere che le avrei restituite a lei, e che non ti sarebbero neppure finite in mano. Saresti capace di mostrarle a tutta l’NCIS!- Risi di gusto, alla vista dell’espressione colpevole di Tony. Me ne pentii subito, perché mi arrivò un altro scappellotto.
-Ahi!- Ad interrompere la nostra scaramuccia giocosa intervenne Gibbs, caffè in mano e sguardo di ghiaccio. Un altro caso. Tony tentò ancora una volta di impietosire Abby per avere le lastre, fallendo miseramente, e seguì Gibbs verso l’uscita. Io mi attardai un momento. C’era una cosa che volevo dare ad Abby … Ma non vi era il tempo. La salutai, un po’ troppo titubante. Lei se ne accorse, e mi regalò un abbraccio.
-Torna presto … Ok?-
-Gibbs volendo …- Risposi, mentre lei mi sussurrava all’orecchio.
-Fai in modo che voglia, allora … Perché ho una sorpresa per te!-
-Una sorpresa? E cosa?-
-McGee, non te l’hanno insegnato che non si rivela mai cos’è una sorpresa? Sennò che razza di sorpresa è?- Sorrisi, e le mie guance arrossirono leggermente, quando lei mi posò un bacio sulla guancia. Forse Tony non era troppo distante dalla realtà, quando diceva che ero proprio un pivello. Nell’ascensore con Tony e Gibbs, non feci che torturare la scatoletta che tenevo in tasca. Avrei voluto prendere a testate un muro. Mi ero fatto scappare di nuovo l’occasione. Era una settimana e mezza che giravo con quella scatoletta di velluto nero in tasca.
-Avanti, avrai un’altra occasione.- La voce di Tony mi fece sussultare. Sorrisi. Aveva ragione. L’ascensore si fermò. Tony e Gibbs scesero. Io mi attardai ad aprire la scatoletta, e mi persi nella contemplazione del suo contenuto. O meglio, di quel che rappresentava. Un anello in oro bianco, finemente cesellato, da fidanzamento. Al posto del classico brillante, luccicava una pietra nera. Una anello di fidanzamento dark. Solo se si ha una ragazza come Abby ci si può far venire in mente una cosa del genere. Potevo solo sperare che, se avesse accettato la mia immancabilmente impacciatissima dichiarazione, almeno l’abito da sposa se lo sarebbe messo bianco. Probabilmente un sogno senza alcuna possibilità di realizzarsi. L’abito bianco, ovviamente, non il matrimonio. Ero praticamente certo che Abby avrebbe accettato. Uno scappellotto di Gibbs mi fece risvegliare dai miei pensieri, costringendomi a concentrarmi, o almeno fare finta, sul lavoro.

Avevamo appena finito di analizzare la scena del crimine. Un capanno da caccia a quasi tre ore dalla sede dell’NCIS. Avevamo finito, e mi stavo occupando di riporre gli strumenti, quando il cellulare di Gibbs suonò.
-Gibbs- Rispose al cellulare, quasi scocciato. Ma dopo pochi istanti vidi il suo volto impallidire. Io e Tony ci fermammo un momento a fissarlo, incuriositi. Non l’avevamo mai visto così. Ingoiò a vuoto un paio di volte, prima di rispondere alla persona dall’altro capo del telefono. -Ho capito. Grazie Jen.- Chiuse la comunicazione. Lanciai uno sguardo interrogativo a Tony. Ma lui fissava Gibbs. La preoccupazione lampante sul viso. Ed io, come un bambino un po’ tardo a comprendere le situazioni, tornai a guardare il mio capo, che si passava una mano sulla faccia. Quando si girò verso di me, notai che aveva gli occhi lucidi. Allora un campanellino interiore si accese nella mia testa. Un senso di ansia mi chiuse lo stomaco.
-È successo qualcosa, capo?- La domanda mi uscì dalle labbra senza che neppure me ne accorgessi. Eppure la mia mente continuava a ripetermi: cosa vuoi che succeda? Che Palmer uccida uno dei pazienti di Ducky? O che Abby appestati di nuovo il laboratorio con le sue manie di aromaterapia? Ziva! Sì, di sicuro si trattava di lei! Aveva partorito in anticipo, e gli occhi lucidi di Gibbs erano semplice commozione! Sì, doveva essere per forza così! Continuai a ripetermelo, pregando che fosse così, ma lo stomaco restava chiuso.
-Dinozzo, McGee …- Gibbs mi mise una mano sulla spalla, mentre cercava le parole. Spalancai gli occhi, mentre il mio istinto urlava. La stretta allo stomaco si fece ancora più pressante. Lo supplicai mentalmente di dirmi cosa fosse successo. Lo rimpiansi per sempre. Mi guardò negli occhi. -Hanno sparato a Ziva ed Abby.- Sentii Tony irrigidirsi accanto a me. Era pallido come un morto. Eppure la sua voce non tremò neppure per un secondo, mentre si rivolgeva a Gibbs. Una cosa di cui fui sempre geloso. Riuscire a controllarsi in quelle situazioni. Neppure tra cent’anni, sarei mai riuscito a farlo.
-Come stanno?- Sapevo che si riferiva a tre persone. Abby, Ziva e la piccola che ancora doveva venire al mondo.
-Non … Non mi hanno saputo dire molto.- L’incertezza che sentii nella voce di Gibbs non mi piaceva. Stava mentendo. Ma non feci domande. Mi limitai a seguire Tony nel furgone.

Dopo meno di due ore eravamo all’ospedale di Bethesda.

Se le porte dell’ospedale non fossero state scorrevoli, probabilmente io, Tony e Gibbs ci saremmo sfracellati contro l’entrata dell’ospedale. Benedetta tecnologia. La povera infermiera alla hall non ci chiese neppure i documenti, quasi travolta da quell’uragano umano che eravamo io ed i miei colleghi. Il direttore Sheppard ci venne incontro. Il volto tirato dall’angoscia. Una stretta più forte mi attanagliò le viscere. Di nuovo la voce dell’istinto urlò nella mia mente, angosciata, mentre mi barricavo mentalmente contro tutte le peggiori possibilità che il mio cervello impazzito tirava fuori.
-Allora? Cos’è successo?- Chiese Gibbs, con un tono più dolce del solito.
-Un tipo ha sparato a Ziva e ad Abby.- Un lungo momento di silenzio seguì le parole della Sheppard. Un silenzio che mi parve infinito. Ed allo stesso tempo brevissimo. Perché la mia mente non era in grado di sfornare un solo pensiero coerente.
-Come sta Ziva?- Fu Tony il primo a parlare. Quasi non ne riconobbi i lineamenti, da quanto erano contratti. Per un istante mi parve addirittura che fosse invecchiato di quasi dieci anni. Il direttore abbassò un momento lo sguardo, per prepararsi ad affrontare quello di Dinozzo.
-Le hanno sparato.- Per la prima volta, forse, in vita mia, vidi Tony tremare. Jen continuò. -I medici la stanno operando. Non è in pericolo di vita, ma …-
-Ma cosa?- Rimasi stupito nel sentire la voce del mio amico calma. Tesa, ma calma, controllata. Forse era davvero invecchiato, in quelle poche ore. Il direttore ci mise un po’ di più, prima di rispondere. Cercò Gibbs con lo sguardo, come a trarre da lui la forza per andare avanti.
-La piccola … Ha subito un forte shok, ed hanno dovuto fare un cesario.- Tony era pallidissimo. Ma Jen continuò. -Ora è stata portata in terapia intensiva neonatale.- Un’altra pausa. -I … I medici non sanno se sopravviverà.- Oramai accanto a me non stava più Tony. Ma un guscio vuoto. Senza dire una parola, si accasciò su uno dei divanetti della sala d’aspetto. Si coprì il volto con le mani. Feci per raggiungerlo, ma Gibbs mi fermò. E fece bene. Perché, in realtà, non avrei proprio saputo cosa dirgli. Poi, qualcosa catturò la mia attenzione. Una cosa che le rivelazioni lì per lì del direttore mi avevano fatto passare di mente.
-Dov’è Abby?- Il silenzio ripiombò sul gruppetto. Feci passare lo sguardo dal direttore a Gibbs. Anche Tony li fissava. Loro sapevano. Stavolta fu Gibbs ad interromper il silenzio.
-McGee … Abby è …- Non riuscì a terminare la frase. Fu Jen a farlo. E non l’avrei mai perdonata per questo.
-McGee … Abby è morta.-
Rimasi paralizzato. Non seppi mai cos’altro il direttore stesse dicendo. Perché già non lo sentivo più. Nelle orecchie, solo il suono della voce di lei, dell’ultimo saluto che mia aveva rivolto, prima che me ne andassi. Ero ancora troppo sotto shok, per trovare la forza di urlare. La mia Abby. La mia piccola Abby, dai codini neri e dall’abbigliamento aggressivo, non c’era più. Non avrei più sentito le sue battute, o subito le sue strampalate trovate. E, soprattutto, non avrei più potuto farle la mia dichiarazione. Non mi accorsi neppure che Jen aveva finito di parlare, e mi stava chiamando. Sentii solo la mano di Gibbs che mi scrollava leggermente la spalla, cercando di rassicurarmi. Non seppi mai se essergli grato o no. Dovette scrollarmi un po’ più forte, per costringermi a considerarlo. Mi costrinse a guardarlo in faccia. E vidi il suo terrore. Perché sapevo, sapevo benissimo che i miei occhi dovevano essere un incubo. Vuoti, spenti, annacquati. Più simili a quelli di un cadavere che a quelli di una persona.

Entrai nell’obitorio senza fare rumore. Ma Ducky si era accorto della mia presenza, e si era tirato su gli occhiali. Aveva ancora gli occhi leggermente lucidi. Probabilmente non era riuscito a trattenere qualche lacrima. Mi fece un cenno col capo. Mi avvicinai. Mi parve di essere tornato ad alcuni anni prima. Quando su quel tavolo vi era il corpo di Kate. Allora non ebbi il coraggio di andare a vederla. Non subito, almeno. Ma stavolta fui il primo ad andare da Abby. Era il minimo. L’unica cosa che mi spaventava era che non avrei avuto poi la forza di allontanarmi. Ma non me ne importava molto. Ci avrebbero pensato Palmer e Tony a trascinarmi via, se necessario. Le tolsi il panno mortuario. Mio malgrado, fui sollevato. La nera signora non le aveva deturpato troppo il volto. Solo il pallore innaturale e le lievi occhiaie bluastre indicavano che giaceva in un sonno eterno. I capelli corvini, sciolti, le ricadevano sulle spalle. Le labbra innaturalmente pallide, specie perché ripulite dal suo caratteristico rossetto nero. Una lacrima, l’ennesima, mi scese dagli occhi, mentre tiravo fuori di tasca la scatoletta di velluto nero. L’aprii, e guardai ancora una volta il contenuto. Poi la richiusi, e gliela misi in mano.
-Perché non glielo metti? Sono sicuro … Che le farebbe piacere.- Mi ero quasi scordato della presenza di Ducky. Scuoto la testa.
-No, non sarebbe giusto … Io … Lei non l’aveva ancora accettato …- Il medico mi posò una mano sulla spalla, comprensivo. Gli fui grato. Forse non saprà mai quanto.
-Capisco … Ma, per quel che vale, sono sicuro che l’avrebbe accettato ad occhi chiusi.- Annuii. Restammo ancora un po’ in silenzio, davanti a quella che mi sembrava più una statua di cera troppo realistica, che la mia Abby. Ed allora compresi. Compresi che il vecchio Timothy McGee, “Pivello” era morto, e si trovava su quel lettino. Perché il mio cuore era morto con lei, fulminato da quel proiettile. Decisi di andarmene. Ma prima dovevo raccomandare una cosa a Ducky.
-Senti …-
-Sono tutt’orecchi, ragazzo mio.-
-I … Codini. Senza non sarebbe lei.- Lui annuì, e mi diede una pacca sulla spalla. Finalmente mi decisi a voltarmi. E mentre mi dirigevo all’uscita, non potei fare a meno di farmi una promessa: trovare e uccidere il bastardo che fu la causa di tutto questo. Che mi ha portato via la mia Abby, che ha ferito Ziva, uccidendo quasi anche la piccolina che aveva in grembo.

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E adesso sono passati due mesi. E la mia vendetta è compiuta. Tutto è finito. Come la mia vita. Sento dei rumori di passi. So già di chi si tratta. Alzo la testa. Ed incontro gli sguardi spiazzati di Tony e Gibbs.
-McGee, ma cosa …- Non chiederlo, Tony, perché la risposta ce l’hai già davanti agli occhi. Sul sangue che sporca le mie mani, sulla mia pistola ancora fumante, sull’odore di polvere da sparo di cui l‘aria è satura. Non mi ha mai fatto così schifo. E se questo non bastasse, c’è il cadavere che sta ai miei piedi. Sono due mesi che lo rincorriamo. Incontro lo sguardo di Gibbs. Lui capisce. Sa come mi sento. C’è passato anche lui. Ma lui ha avuto la forza di riprendersi. Di lottare per superare il dolore. Io invece no. Io sono solo il “Pivello”. Io non sono così forte. Non lo sarò mai. Mi porto la pistola alla tempia. Sento Tony gridare di fermarmi, ma non lo ascolto. Ho ancora un colpo. L’ho tenuto apposta per questo. Passare dalla morte spirituale a quella fisica, non mi sembra neppure chissà quale passo. Io sono già morto due volte. Una volta due mesi fa nell’obitorio di Ducky, e l’ultima volta non più tardi di un’ora fa, quando ho ucciso l’uomo che ha sparato ad Abby. Un lieve sorriso mi passa sulle labbra, mentre leggo l’orrore sugli occhi di Tony. So che sto per dargli un brutto colpo. Ma lui è come Gibbs. Ce la farà. E poi ha Ziva, e la piccola Kate. Lo aiuteranno. Un altro sorriso. Lo sai, Tony? Sono rimasto davvero stupito quando hai annunciato il suo nome. Solo allora ho davvero capito quanto la morte della nostra Kate ti avesse colpito. Forse quasi quanto ha colpito me la morte di Abby. Ma tu sei molto più forte di me … Lo sei sempre stato … Tu sei come Gibbs. Siete come le rocce. Le intemperie possono segnarvi, ma non farvi volare via. Lancio un ultimo sguardo a Gibbs. I suoi occhi chiari mi stanno supplicando di non farlo. Ma ormai è tardi …
-Mi dispiace …- Mormoro, rivolto forse più a me stesso che a quelli che considero come parte della mia famiglia. E premo il grilletto.

-FIN … -

Un momento, un momento! Prima che qualcuno mi mandi a quel paese, ho creato un piccolo finale alternativo ...
  
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